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Post n°1647 pubblicato il 13 Aprile 2013 da giacomoalpini
 

 

In certi giornali ed in molte televisioni a diffusione nazionale, si sentono ancora - e siamo nel 2013 - giornalisti ed opinionisti sperare, augurarsi, imprecare contro la possibilità di avere, dopo Giorgio Napolitano, un altro Presidente della Repubblica comunista (magari coi baffi scrive oggi Feltri: e che è? Il piccolo padre?).

Ora, io suppongo che giornalisti ed opinionisti siano persone di elevata cultura, indipendentemente dalle idee politiche, persone capaci di capire ed interpretare i fatti e ben consce che è impossibile riportare una notizia senza 'viziarla' con l' obbiettività: sono anch' essi persone in carne ed ossa, e di qualsiasi fatto rileveranno e riporteranno inevitabilmente solo quanto li colpirà. E' inevitabile.

A mio parere, tutte queste persone hanno l' obbligo di ricordare un fatto storico semplice quanto ovvio: in Italia il comunismo non esiste più. (E per il bene di tutti noi italiani, penso io, ma è una mia opinione). Credo inoltre che essi debbano ricordare perfettamente quali furono le posizioni assunte dal Partito Comunista Italiano nei confronti del PCUS a partire dalla Primavera di Praga, quando segretario del PCI era ancora Togliatti (di Togliatti e dei suoi modi intransigenti tutti si ricordano, però: strano?), e di come i rapporti fra il PCUS ed il PC italiano si deteriorarono fino a rompersi del tutto nel 1991, quando il PCI si sciolse definitivamente sotto la direzione di Achille Occhetto.

Conoscere alla perfezione questa parte rilevante della Storia d' Italia è un obbligo per coloro i quali scelgono di dedicare la vita all' informazione e discutere sugli eventi importanti che accadono, su quegli eventi che sono la Storia, che fanno la Storia. La nostra storia, la storia di tutti. Noi cittadini ci rivolgiamo a loro, li ascoltiamo, in quanto essi hanno – o meglio: dovrebbero avere – una conoscenza dei fatti più ampia ed una capacità critica molto migliore delle nostre. Non tutti noi cittadini abbiamo la possibilità di studiare, e pochissimi tra noi sono coloro i quali possono acquisire le conoscenze necessarie per ricoprire tali ruoli.

Inoltre: il mondo necessita di operai, agricoltori, collaboratrici domestiche, personale sanitario e tutto quanto serve a far funzionare questo sistema; alla fine della giornata, una persona comune non ha la possibilità di seguire tutto (appare superfluo ribadire questo concetto, ma non lo è assolutamente: spesso ce lo scordiamo noi stessi, proprio noi che siamo costretti a viverlo sulla nostra pelle).

Ed invece, da vent' anni a questa parte ancora tanti di questi giornalisti, opinionisti etc., di destra e di sinistra, gridano al pericolo rosso, ad una ormai prossima invasione comunista, ai giudici di estrema sinistra in odore di brigate rosse, sempre pronti ad una nuova marcia su Roma per ribaltare l' ordine costituito (naturalmente preferiscono dimenticare che fu un' altra persona, non proprio comunista, a marciare su Roma una novantina di anni fa). E quante altre variazioni possibili sul tema “pericolo rosso”.

Anche se finora è successo l' esatto contrario: l' Italia e noi cittadini con Lei siamo stati venduti per qualche euro a finanzieri senza scrupoli (non solo europei), e nessuno di coloro i quali ci ha venduto si è impiccato per la vergogna. Nessuna dignità.

E tanti paesi europei hanno fatto la nostra fine (vedi Grecia e Spagna) o la stanno facendo con noi (vedi Portogallo, Irlanda e Cipro).

Nessuna ombra di comunisti mangiapreti e mangiabambini. Almeno in Italia: altrimenti ci avrebbero subito avvertito!

Ma questo fatto non viene mai rilevato da nessuno.

 

Ciò che non va, secondo me è il modo in cui i cosiddetti giornalisti riportano i fatti, le notizie, ed il modo in cui i presunti opinionisti le discutono, in televisione, sui giornali, alla radio (in parte anche sul web, ma è importante ricordare che ancora in pochi in Italia sono in grado od hanno le capacità e/o i mezzi di utilizzare il web, e questo perché internet,utilizzato nel modo giusto, dà la possibilità di conoscere, quindi di farsi un' opinione, e questo i nostri sfruttatori non lo vogliono).

Del resto, cosa possiamo aspettarci quando a distribuirci opinioni dall' alto di una poltrona televisiva sono ex concorrenti del grande fratello (nel migliore dei casi), noti a tutti per l' incapacità di mettere correttamente una dietro l' altra due parole in corretto italiano? Non è possibile che esse/essi abbiano un' idea precisa su quanto accade, poiché idee e linguaggio sono strettamente legati: chi non ha un' ottima padronanza della lingua non sarà mai in grado di formarsi una buona idea in testa ed elaborarla; di conseguenza la sua opinione lascia il tempo che trova, non ha rilevanza alcuna all' atto pratico, se non di creare ulteriore confusione nelle nostre teste, necessariamente impegnate nelle beghe che la vita quotidiana ci regala.

E che dire di 'giornalisti' come Emilio Fede? Anche Berlusconi se ne è stancato … ma non è bello sparare sulla Croce Rossa. Ci sono in Italia tanti, troppi individui i quali si fanno paladini di un' ideologia ed affrontano qualsiasi fatto od evento importante solo ed esclusivamente attraverso i filtri mentali che si autoimpongono: è ovvio che, mettendoci davanti agli occhi un vetro azzurro (chissà perché mi è venuto spontaneo questo colore), vedremo tutto il mondo azzurro.

Avere questi filtri è normale; bisogna saperlo accettare ed avere l' umiltà intellettuale di ammetterlo a noi stessi: Indro Montanelli e Tiziano Terzani hanno ancora tanto da insegnare, ai giornalisti e non solo a loro.

 

Io credo sia giunto il momento, per giornalisti, opinionisti e quant' altro, di smettere di gridare furiosamente al pubblico – a noi cittadini - le peggiori bufale inventate al solo scopo di guadagnarsi lo stipendio a fine mese, e di smettere di abbaiare come cani rabbiosi quando qualcuno osa non piegarsi al volere del loro padrone, fino a farlo tacere e costringerlo a subire una brutta realtà, realtà che nessuno di noi cittadini comuni ha creato né voluto.

E ciò è possibile esclusivamente se torniamo a dare alla conoscenza, alla cultura (cultura non solo umanistica), alla scienza ed all' umiltà il valore che hanno.

 

 
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