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Post n°15 pubblicato il 07 Aprile 2010 da ginomoschella
Lo zio Piero arrivò al porto con notevole ritardo, i suoi compagni lo rispettavano, ma con il capo squadra non correva buon sangue perché questi era un fascista della peggiore specie. “Vi ho detto l’ultima volta che qui ognuno deve adempiere al proprio dovere dall’alba al tramonto e non è consentito arrivare in ritardo. Quindi siete licenziato.” “Verrà un giorno che non avrete più l’autorità di licenziare così i lavoratori e quel giorno sarà la fine del sopruso e il trionfo della libertà.” “Voi meritate il confino, siete un disfattista, un traditore adesso ci penso io, traditore, traditore.” Il caposquadra gridava come un ossesso nei confronti del suo sottoposto che stava per sferrargli un pugno; alcuni compagni presero zio Piero e lo trascinarono lontano, mentre l’altro continuava a gridare minacciando la fine del mondo, passeggiando su e giù e sbattendo il frustino sugli stivali. Calava la sera, zio Piero era seduto su uno sgabello innanzi alla porta, quando alla spicciolata arrivarono alcuni compagni di lavoro. Poi tutti entrarono nella baracca. “Su zio Piero siamo venuti e vogliamo cenare con voi ecco perché abbiamo pensato di portare qualcosa e così passare la serata insieme.” “Ragazzi che c’è? Ditemi subito di che si tratta.” “Niente zio Piero, questa volta siamo venuti a dirti che puoi tornare al porto. Sì, anche se la tua faccia mostra che non credi a queste parole, il capo ci ha più volte ripetuto che hai la possibilità di riprendere a lavorare.” “Non è che non credo in voi, ma conosco bene quei miserabili e se hanno stabilito così, si vede che sotto ci deve essere qualcosa. Mi fanno tornare al lavoro per tendermi una trappola e poi gettare la colpa, come sempre avviene in questi casi, su qualche innocente. E’ già successo. No, stavolta non permetterò di gloriarsi per una impresa fasulla, come fanno spesso. Resto qui in attesa di tempi migliori. Si guardarono negli occhi e nessuno ebbe più la forza di insistere perché capirono che zio Piero aveva ragione; si alzarono, il più giovane si avvicinò, e gli prese la mano. “Quando verrà quel giorno che tu aspetti?” “Verrà, abbi fede! E se quel giorno io non ci sarò, ricordati che i nostri sogni, sono tanto più belli quanto più è difficile realizzarli. Oggi noi desideriamo ardentemente la libertà perché non la possediamo. Purtroppo, spesso, uno, che possiede un bene non riesce ad apprezzarlo come dovrebbe e finisce col perderlo.”
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Un caro saluto. :)
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