Creato da ginomoschella il 20/11/2009

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Romanzo

 

 

LA BARACCA DI ZIO PIERO SEGNO DEL TERREMOTO

Post n°10 pubblicato il 26 Gennaio 2010 da ginomoschella

Rimasta sola, Eleonora si guardò intorno. Quanta differenza tra l’ambiente semplice e povero in cui viveva lo zio ed il lusso sfarzoso di cui amava circondarsi il comandante! Aveva ancora in mente il velluto dei divani. Le fini decorazioni della scrivania e della vetrinetta. Nella baracca, primo simbolo della devastazione, a distanza di trent’anni erano ancora evidenti, le conseguenze del terremoto. Il letto, pochi piatti e bicchieri, il tavolo di cucina e quattro sedie impagliate, un armadio semplice ne costituivano l’arredo indispensabile. Non c’era molto da rassettare ed in fretta portò a termine le scarse faccende domestiche.

 

 
 
 

LA RABBIA DI ZIO PIERO

Post n°9 pubblicato il 13 Gennaio 2010 da ginomoschella
 

Lo zio Piero era seduto davanti la baracca. Aveva la testa che gli martellava, da molto era passato mezzogiorno e ancora la nipote non tornava. Mille congetture, tante ipotesi, molte domande, a cui non riusciva a dare risposte adeguate. Infine, la rabbia covata dentro esplose, si alzò, con un calcio mandò lo sgabello a sbattere contro porta, e si avviò verso la città. Aveva fatto un centinaio di metri quasi di corsa, quando vide Eleonora, che giungeva sorridendo; si fermò di scatto e l’aspettò.

“Tutto bene” gridò Eleonora, ma il sorriso le morì sulle labbra perchè dal volto di lui traspariva un notevole turbamento.

“Mi fai stare in pensiero. E’ molto tardi…. Avevo preparato da mangiare..”

“Hai ragione zietto caro, il tempo vola, ma sono contenta perché finalmente c’è qualcuno che s’interessa di mio marito.”

Egli la scrutava, alla ricerca di qualche segno che poteva rivelare quanto  più temeva. “Adesso andiamo a mangiare. Dopo mi racconterai tutto”.  Erano seduti uno di fronte all’altra e a nulla erano giovate due ore di discussioni per fare intendere ad Eleonora che la cosa più prudente sarebbe stata quella di andare all’ospedale, fare visita al marito e ritornare subito in Calabria.

“No, il lupo non è così cattivo come lo descrivi tu, io ho la certezza che il comandante s’interesserà. Quindi domani vado all’ospedale e poi torno da lui.”

“Bene voglia la fortuna esser dalla tua parte. Io vado, se esci, chiudi la  baracca e  metti la chiave  sotto la pietra vicino alla porta, addio Eleonora.”

“Arrivederci zio Piero.”

 

 
 
 

AL COSPETTO DI ELEONORA VACILLA IL POTERE DEL COMANDANTE

Post n°8 pubblicato il 05 Gennaio 2010 da ginomoschella

Lungo il corridoio, gli impiegati, indovinando la meta della giovane signora, dopo averla sezionata da lontano, mostravano una generica deferenza, cercando di contenere reazioni sconvenienti. Lei ricambiava altera, tenendo lo sguardo diritto, mentre   appariva  altissima e irreale. Giunsero presso l’attendente. Il militare che la accompagnava, dopo averla presentata, velocemente, tornò sui suoi passi. Con neutra gentilezza fu invitata ad accomodarsi su un divano: “Solo qualche momento, per vedere se il Comandante può riceverla”. Mentre l’attendente portava  l’annuncio tanto atteso,  Eleonora si predispose all’incontro, tenendo le lunghe gambe affusolate, strette diritte unite. Per superare la tensione del primo impatto, l’ufficiale trasse un respiro profondo e quasi immediatamente uscì, pensando che in fondo ella era solo una donna e che davanti a lui, ad esclusione del prefetto, tremava la città intera.  Aveva programmato un benvenuto di rito,  seguito da un colloquio  aspro,  irto di difficoltà. Ma quando la vide seduta immobile, quando  gli occhi di lei si aprirono improvvisamente grandi e dolci, sentì  la terra vacillare sotto i piedi e tutti i suoi piani svanirono.  Nell’anticamera si era fatto il vuoto. “Orsù mia cara coraggio!” Ella allungò quasi sdegnosamente la mano. Lui la baciò con calore. “Prego accomodati”. Eleonora,  pigramente ondeggiò, quasi ostruendo il passaggio. Ebbe modo di ammirare il lusso ostentato ed immediatamente fece la sua scelta. L’uomo,  goffo, stava per andare a sbattere contro di lei. Quando si mise al passo, ella all’improvviso allungò il suo, lasciandolo decisamente indietro.  A  fatica il gerarca riprese il suo posto di comando. “Mia cara Eleonora il caso è difficile”. Ella negligentemente accavallò le  gambe eleganti e  rispose “Ma per te..” L’uomo, anche se lo aveva richiesto, ricevette quel tu come uno schiaffo. Quasi  avesse avvertito tale sensazione,  Eleonora rimarcò il tono: “Per te,  caro, nulla è impossibile.” Si rincorrevano come il gatto ed il topo, scambiandosi continuamente i ruoli. Egli avrebbe raggiunto il suo scopo, ma il percorso si sarebbe presentato più complicato del previsto. Quasi a stabilire chi fosse a comandare ella provò a troncare la discussione: “Tornerò, domani tornerò”. “Ascolta Eleonora; è molto facile che qui si possa spettegolare, perché saresti l’unica donna. E le udienze dedicate a te non passerebbero inosservate. Per questo d’ora in poi ti riceverò con discrezione a casa mia.” Bellissima, annuì, concedendogli l’ultima parola. Almeno per stavolta.

 

 
 
 

LA VIA DEL COMANDANTE

Post n°7 pubblicato il 21 Dicembre 2009 da ginomoschella
 

 

Nella sala delle riunioni, il comandante guardava continuamente l’orologio. La discussione sembrava procedere stanca. Tanto che egli, assalito dalla frenesia, sbottò: “Qui non cambia nulla. Nei fatti,  il fascismo  non guida la società. Continuano a comandare i vecchi nobili spesso ancora ricchi proprietari terrieri. E, ad esempio, i carabinieri  sembrano  fedeli ed ossequiosi a loro piuttosto che a noi.” “Cosa fare, come, quando intervenire?”  “ Ci vuole un episodio scatenante per potere avere le mani libere e colpire questi nemici della patria, i traditori ed i sovversivi. Ci penserò. Adesso ho una cosa molto importante da seguire.” Così si ritirò nella sua stanza,  pregustando l’arrivo di quella giovane che cominciava a scombinare i suoi pensieri.  Eleonora aveva imboccato una stradina che dal gruppo di baracche portava al viale spoglio della periferia; giunse in tempo per prendere l’autobus diretto verso il centro. Sul mezzo v’erano poche persone. Durante il viaggio, come in un film a ritroso più accelerato rispetto alla prima visione,  rivedeva i negozi davanti ai quali si era fermata e qualche commerciante con cui aveva scambiato frasi scarne. Il viaggio le apparve breve. Scese. Di tanto in tanto chiedeva informazioni. Tutti si mostravano gentili e si dilungavano con una sovrabbondanza di particolari. Grazie a questa pluralità di guide  si trovò a varcare un cancello in ferro battuto. Attraversò il cortile circondato da pietre sparse; alcune sembravano organizzate e recavano un numero, altre davano la sensazione  di vere e proprie macerie. Accanto all’impalcatura che reggeva un arco in stile gotico  c’era una tabella: “Lavori di restauro della “Chiesa S.Maria  Alemanna costruita nel XII secolo e distrutta dal terremoto del 1783”.  Girò l’angolo,  dopo un centinaio di metri, oltre una simbolica linea di confine stazionavano alcuni militi. Mostrò il biglietto ed un soldato immediatamente le fece strada.

 

 
 
 

UNO ZIO "SOVVERSIVO"

Post n°6 pubblicato il 14 Dicembre 2009 da ginomoschella
 

 

Si affacciò un uomo alto.  Dalla canottiera emergevano collo robusto spalle quadrate  bicipiti accentuati. Qua e là fiorivano cespuglietti di peli.  Eleonora, pronta, si lanciò per  abbracciarlo. Sul volto di zio Piero si dipinsero incredulità e stupore:  “Mio Dio! come sei cresciuta!”. E la voce si frantumò per l’emozione. Ripresosi la invitò: “Vieni in questa casa. Scusami non vi sono molte comodità,  ma solo ciò che è sufficiente per le mie esigenze.” Eleonora raccontò, con qualche lacuna, gli ultimi avvenimenti. Ma egli, temprato da molteplici esperienze,  già non era incline alle scorciatoie o alle soluzioni apparentemente facili ed in questo caso sentiva puzza di imbroglio. Non nascondeva la sua diffidenza e andava ripetendo avvertimenti e consigli: “Ti prego, non farti illudere dalle parole di quel soggetto. Tuo marito non ha bisogno di raccomandazioni. E’ un suo diritto il riconoscimento all’invalidità per cause di servizio. Quindi non vedo il perché tu debba andare da questo signore, che a quanto mi risulta è un poco di buono. Come tutti i fascisti del resto.”  “Tu sei sempre lo stesso. Ha ragione la mamma quando dice che sei il migliore della nostra famiglia, il più istruito, però, è un peccato che, con la tua intelligenza, devi accontentarti di lavorare al porto pur di non  chinare la testa.  Perché zio, perché fai questo? Che beneficio ne hai? Non corri il pericolo di passare per sovversivo?”

“Quando tua madre si sposò io fui molto felice, anche se fu costretta a trasferirsi da Messina in quel paesino sperduto in Aspromonte, e sai  perché?  Perchè lei in fondo era rimasta una bambina ed aveva bisogno di un uomo sano e sincero come tuo padre. Tu le somigli in modo impressionante. La tua ingenuità ti fa credere in un vampiro come se fosse il migliore dei galantuomini.”

“Ti prego, non parlarmi così. Sono sicura di quello che faccio e certamente ti ricrederai anche sul conto del comandante.”

Zio Piero pronunciò  un “Va bene”, che evidenziava  malumore e disappunto. E aggiunse:  “Ora cerchiamo di sistemarci prima di mangiare, così   potrai riposare con più tranquillità”.

 

 
 
 

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