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Peace on the road

Post n°40 pubblicato il 11 Gennaio 2011 da Wonderwife
 
Foto di Wonderwife

Guidare mi piace, anche se mi ostino a ignorare ogni più piccolo particolare che riguardi il mezzo. Un secondo dopo aver passato l’esame di guida (nel Pleistocene, anno più, anno meno) le candele sono tornate ad essere un romantico sistema di illuminazione, l’albero a camme una sconosciuta specie di vegetazione equatoriale e i cavalli esemplari fra i più nobili e affascinanti tra le specie animali.
La mia competenza tecnica si limita all'identificazione del foro in cui infilare la pompa del carburante, e che le quattro ruote siano un po’ più toniche di una scamorza grigliata. Tutto questo è motivo di compatimento e sconsolati scuotimenti di testa da parte di tutta la frangia maschile di casa. Mi salva solo la qualità della guida sulla quale non possono eccepire. Loro malgrado.
Sarà per questo disinteresse che l’auto è per me solo qualcosa di più veloce (e dispendioso) delle mie gambe per spostarmi da un punto all’altro. E sarà per questo disinteresse che, anche motorizzata, resto uguale a me stessa, senza mettermi le dita nel naso, sparare lo stereo a palla e trasformarmi in una stuntwoman sul set di Cannonball. Per la maggior parte della gente (uomini in primis), l'abitacolo dell'auto diventa invece la cassa di risonanza di tutte le peggiori nevrosi che sono costretti a occultare nel corso della giornata.
Gli anziani, ai quali avrebbero dovuto ritirare la patente almeno da dieci anni, procedono cauti nel delirio delle ore di punta, con il cappello regolamentare anche in agosto, e vengono colti da catalessi stuporosa agli incroci, guardando fisso in avanti, forse in attesa di una schiera di angeli che sollevi la loro macchina e la traghetti al di là del periglioso crocicchio.
Poi ci sono quelli che, fermi al semaforo, urlano e gesticolano furiosi, nonostante stiano viaggiando da soli. Se qualche anno fa li avresti etichettati come “pronti per la neuro”, adesso sai bene che si tratta di gente che usa il vivavoce come se fosse davanti ad un videocitofono. Per noi italiani la mimica è tutto.
I tamarri, invece, non paghi della tremenda croce che già portano inconsapevoli sulle spalle, vogliono gridare il loro stato a tutto il mondo, e viaggiano con i finestrini abbassati, la canottiera di rete e la canzone nazional-popolare a decibel stratosferici, lanciandoti occhiate lascive mentre tentano di superarti a destra, giusto per farti vedere “quanto ce l'hanno lungo”.
Il top, però, sono gli incazzati. Quelli che già si alzano la mattina con un ettolitro di bile che gli sciacquetta lo stomaco e che se solo, disgraziatamente, avessero un porto d'armi contribuirebbero volentieri alla selezione naturale. Generalmente sono uomini, guidano da schifo, e odiano le donne. Soprattutto le donne che guidano. Stamattina ne ho incontrato uno. Su una vecchia auto color cacca-di-piccione, non chiedetemi il modello perché non li distinguo. L'ho visto troppo tardi. L'interminabile fila prima di me, forte del diritto di precedenza, l'aveva inchiodato al suo posto già da qualche minuto. Ma io ero troppo addormentata per essere gentile e farlo passare nonostante il mio diritto sancito dal triangolo. Del resto la mia unica preoccupazione era di non finire nel portabagagli di quello davanti, visto il continuo stop-and-go del traffico mattutino. Ma il tipo decide che deve passare, a costo di sfasciare un' auto. La mia. Detto fatto: mi punta il fanale anteriore sinistro, ingrana la prima e parte a tavoletta. Per fortuna i miei neuroni dormivano ancora, così l'istinto (normalmente in vacanza perpetua) ha potuto avere il suo momento di gloria. L'ho evitato sterzando, ma non abbastanza per consentirgli di passare. Il tentativo frustrato ha avuto su di lui l'effetto di una muleta rossa per un toro andaluso. Il collo come un fascio di gomene, le froge fumanti e gli occhi sfrittellati sul parabrezza, mi ha urlato:“Puttanaaa!!!”
Omuncolo ignorante, senza fantasia, e per niente trendy, visto che ormai l’epiteto ha subito un upgrade. Certo, gridare “Escort” non avrebbe la stessa efficacia, e potrebbe essere scambiato per l’invocazione a una macchina vintage… Comunque, perché rispondere? L’ho fissato con un sorriso da madonna preraffaellita. Poi Nostra Signora dei Semafori ha miracolosamente sbloccato la mia fila, evitando che la portiera sinistra mi venisse sfondata dalla macchina color cacca-di-piccione. 
Se  Lennon avesse guidato per le strade di Milano una mattina qualunque, non avrebbe mai scritto Give Peace a Chance.

 
 
 
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