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« La Storia dei CollantLa Storia dei Collant »

La storia dei Collant

Post n°12 pubblicato il 31 Gennaio 2015 da LellaB59
 

 

 

La calzanella storia

Generalmentesi tende a pensare che le origini della calza siano piuttosto recenti. Inrealtଠnel momento in cui il corpo ha iniziatoad essere vestito anche legambe sono state coperte: nelle tombe dei faraoni egizi sono stati ritrovatiframmenti di calze lavorate a maglia, ad esempio, mentre degli antichi Romanisi sa che avvolgevano le gambe con fasce di tela o lana. Certo 蠣he lanascita della calza - cos젣ome viene intesa nell'eccezione moderna -risale al Medioevo, quando la seta cominci�essere lavorata proprio perrealizzare questo tipo di indumento. A indossarle per젣ome nei secoliprecedenti, erano esclusivamente gli uomini, ma nel momento in cui alle donnefu concesso di mostrare le gambe, le calze iniziarono a trovarsi un posticinofra i loro capi di vestiario, sino a diventare - nelle versioni velate in seta- simbolo del lusso. Un lusso destinato ovviamente a poche donne. Sino a quandonegli Anni Venti, con l'invenzione del rayon - ribattezzato "setaartificiale" - le calze relativamente velate diventarono accessibili aduna piu larga fascia della popolazione. Si trattava di calze prodotte colsistema della maglia sagomata e cucita.

1938E' la rivoluzione

Mabisogna aspettare la fine degli Anni Trenta per assistere ad una vera e propriarivoluzione. Rivoluzione alla quale certo non pensava il francese studioso dichimica Eleuth�Ir讨e DuPont de Nemours, quando - immigrato nello statoamericano del Delaware - nel 1802 apr젵n impianto per la produzione dipolvere nera. Proprio da quella piccola azienda di tipo familiare nel 1938usc젩l nylon inventato da Wallace H. Carothers, la prima fibra sinteticache veniva definita "resistente come l'acciaio e delicata come unaragnatela". L'anno successivo le calze di nylon iniziarono ad esserevendute in pochi negozi di Wilmington, il centro in cui aveva sede la DuPont deNemours. Ma dal momento che per acquistarle donne e uomini arrivavano persinoda New York, la distribuzione fu avviata subito in tutto il Paese americano,sino a raggiungere - dopo il primo anno - la quota di 64.000.000 di paiavendute. Nel 1940 con l'inizio della seconda guerra mondiale, la produzione dicalze in nylon nei titoli pi橮i venne interrotta e le donne finivano coldisegnarsi sulle gambe quella cucitura posteriore che caratterizzava le loroamatissime compagne quotidiane.Terminato il conflitto, riapparvero in tutta laloro desiderabilit஠E fu subito un delirio: davanti ai negozi si formavanolunghe code di donne (come pure di uomini "incaricati" all'acquisto)e, fra di esse, non manc஥mmeno qualche lite furiosa per I'accaparramento.

Con laminigonna arriva il collant

GliAnni Cinquanta portano con sé una nuova rivoluzione che si espande subito negliStati Uniti e in Europa, quella delle calze senza cucitura, le quali siarricchiscono di altre velature e nuovi colori, mentre i progressi tecnologicirendono il nylon meno costoso e, dunque, più accessibile. Con gli anni Sessantaarriva la seconda rivoluzione nei mondo della calzetteria: è ancora una voltafirmata DuPont. Il colosso americano lancia sul mercato il suo elastam Lycra.Inizialmente la fibra viene utilizzata nelle calze medicali, ma quando nellaprima metà del'65 André Courrèges e Mary Quant lanciano la minigonna, ilcollant si fà strada, portando con se una migliore vestibilità. E il collantcoprente s'impone come nuovo argomento di moda, frutto dell'incontro fra latecnologia della maglia su circolare con i nuovi filati di nylon testurizzato.Nei periodi successivi tecnica e moda continuano a procedere di pari passo,ravvivando la scena del mercato con l' avvento di calze e collant in pizzonegli Anni Settanta, imponendo i velati eleganti dall' aspetto setoso negliAnni Ottanta e culminando nella ricerca deI massimo comfort degli Anni Novanta.Ai posteri, ma anche a noi, la storia del Terzo Millennio.

 

Undistretto per le calze

Strumentodi seduzione, accessorio raffinato, elemento moda: sono molte le definizioniadatte a calze e collant. Come per molto di cio' che è "made inItaly", i collant prodotti nel nostro paese hanno conquistato il mondograzie a un mix esemplare di gusto, innovazione tecnologica, scelta accuratadelle materie prime e lavorazioni di qualità. Come per molto di ciò che e'"made in Italy", alle spalle del successo c'è un distretto. Perchè laproduzione di calzetteria femminile si concentra nei pochi chilometri quadratiintorno a Castel Goffredo, in provincia di Mantova. In quell'area, definita nontroppo scherzosamente "la capitale della calza", troviamo fianco afianco i grandi marchi e le realtà più piccole, che condividono così quellaconoscenza diffusa "che traduce il sapere scientico in ciò che la gente safare e cresce e si rinnova grazie all'intreccio di relazioni familiari eamicali" - come teorizzano gli economisti. Oggi, quell'area è riconosciutaufficialmente come Distretto industriaie n.12 della calzetteria femminile ecomprende quindici paesi. Tutto questo vale un fatturato d! 2.200 miliardi l'annoe un export pari a 1.135 miliardi. Elementi fondanti della crescita sono ancoraoggi la conoscenza diffusa del "saper fare" in calzetteria, unita auna forte dedizione al lavoro e a un continuo scambio d'informazioni su piccolee grandi innovazioni tecniche - il leader mondiale dei macchinari percalzetteria, Lonati, ha sede a Brescia. Né bisogna dimenticare l'attività delCentro Servizi Calze che mette a disposizione delle imprese un ampio ventagliodi servizi: tecnici, come le analisi di laboratorio o la certificazione diqualità, ma anche formativi o commerciali, come i corsi di formazione ol'assistenza nel marketing. Il "modello Castel Goffredo" racchiude insé, dunque, tutti gli elementi di vitalità della migliore industria italiana:dimensione medio-piccola, flessibilità, spirito d'inventiva, utilizzo ditecnologie avanzate. Problemi? Molte aziende denunciano già la difficoltà ditrovare mano d'opera, in particolare quella specializzata. Inoltre, lascolarizzazione dei giovani è piuttosto bassa: le piccole e medie aziende dioggi avranno forse qualche difficoità a reclutare i manager nel prossimofuturo. Intanto, nelle pagine seguenti, esaminiamo gli aspetti essenziali del"modello" Castel Goffredo.

 

 

CastelGoffredo, la capitale delle calze

L'industriaitaliana della calzetteria femminile si compone di circa 340 aziende; è ilrisultato di un processo di concentrazione,National Team Italy BlueSoccer Jerseys National Team ItalyWhite Soccer Jerseys Italy World Cup Home SoccerJerseys AndreaPirlo #21 2014 World Cup Soccer JerseysMuller #13 2014 World CupSoccer Jerseys BrazilWorld Cup Soccer Jerseys 2014 cheapoakley sunglasses cheap oakley sunglasses comune ad altri settori, che ha visto ridursi nel tempoil numero delle aziende a beneficio delle imprese che operano attualmente. Percapire I'importanza del settore in Italia, ma soprattutto quello cherappresenta nel mondo, è necessario ricordarne le origini. Nata negli anniTrenta in dimensioni modestissime, l'industria della calzetteria nel nostroPaese ha avuto uno sviluppo eccezionale dopo i primi anni post bellici,attraverso un percorso sempre all'insegna dello sviluppo, tanto da raggiungerein trenta anni la soglia produttiva di due miliardi di paia. II fatturatodell'industria di calze e collant, che si attesta su 2.200 miliardi di lire, èrealizzato al 67% dalle prime dieci imprese.

Lastruttura produttiva

Lastruttura produttiva è, infatti, caratterizzata da un gran numero di piccoleimprese e laboratori a gestione familiare, in genere specializzate solo inalcune fasi del ciclo produttivo: quasi la metà delle aziende ha meno di 10addetti, la stessa proporzione fattura meno di 1 miliardo, e I'80% non supera10 miliardi. Infine, quasi I'80% si occupa solo di una o due fasi dellalavorazione. L'esportazione si e orientata negli ultimi anni verso i paesiextra comunitari, est europei, nord americani e del sud est asiatico: per molteragioni, i consumi della vecchia Europa da tempo non attraversano più fasid'espansione e molti mercati segnano pericolosamente il passo. La scoperta dinuovi mercati è la dimostrazione della capacità delle imprese italiane diaffrontare nuove sfide e nuove forme d'internazionalizzazione.

IIdistretto

Inquest'ambiente, per altro molto vitale e complesso, ha avuto e ha tuttora unpeso decisivo il Distretto Industriale n° 12 della calzetteria femminile, conosciutoai più come la zona di Castel Goffredo. Questo straordinario fenomenocollettivo, modello economico-produttivo unico in Europa e senz'altro nelmondo, ha interessato anche studiosi di altre discipline per i risvolti e leimplicazioni sociali che ne hanno caratterizzato la nascita e lo sviluppo. Sisa che la struttura produttiva del distretto di Castel Goffredo s'identificanell'integrazione orizzontale o territoriale, dove una rete fitta e minuta dipiccole imprese, specializzate per fasi di lavorazione, contribuisce allarealizzazione del prodotto finito. D'altra parte, la complessità del comparto el'affermazione di imprese dell'area divenute le più importanti del settore(Golden Lady, San Pellegrino, Filodoro, Levante, per citare solo alcuni nomi)hanno prodotto, negli ultimi anni, una tendenza alla verticalizzazionedell'impresa, cioè all'assorbimento all'interno di fasi in precedenza esterne.Se nel 1990 le imprese di Castel Goffredo che si occupavano al massimo di duefasi di lavorazione erano il 93% del totale, nel 1996 sono diminuite all'85%.Ma è comunque prevedibile che questo processo non raggiunga le estremeconseguenze, e che il "sistema" mantenga le doti di flessibilità einnovazione, connesse alle relazioni fra imprese specializzate. I cambiamentiintervenuti fra i due censimenti delle imprese di Castel Goffredo realizzatidal Centro Servizi Calza (1990 e 1996) riguardano la struttura delle aziende,il prodotto, la presenza diretta sul mercato e le scelte gestionali realizzateaccanto a quelle auspicate. sensibile calo delle ditte individuali e dellesocietà di fatto, a favore delle società di capitali, segna il cambiamentostrutturale che investe anche le realtà distrettuali; dello stesso segno è lariduzione delle fasce di fatturato minori, il consolidamento della fascia mediae la concentrazione delle aziende più grandi. Anche la dimensione aziendalemedia si accresce leggermente, ma non altera il tradizionale tessuto produttivoimpostato sull'impresa familiare e sul piccolo laboratorio. Il segnodell'evoluzione del distretto trova una conferma nell'aumento del numero diimprese che accedono direttamente al mercato finale, che, dunque,devono dotarsidi strutture commerciali proprie. Questa decisiva scelta è stata adottata dal26% delle aziende, mentre il 74% lavora ancora esclusivamente per terzi. Sono,dunque, circa 70 (rispetto alle 250 del distretto) le imprese che in tutto o inparte si propongono sul mercato: poche commercializzano un marchio altrui,mentre la maggioranza si presenta con un marchio proprio, con un'offertaoriginale e conseguenti scelte distributive.

Ladistribuzione

Quantoalla distribuzione, l'ingrosso è ancora il canale privilegiato, spesso, però,in combinazione con altri: quasi tutte le aziende (89%) utilizzano il grossistae il dato non sorprende, perché questo canale distribuisce il 52% dellaproduzione nazionale. Ma altre forme di distribuzione sono importanti perqueste imprese: la grande distribuzione con il 45%, il dettaglio con il 36%,oltre ad altre combinazioni. In ogni caso, la situazione distributiva mostrasegni di evoluzione: rispetto alla rilevazione del '90, quando il 26% delleimprese utilizzava solo il grossista, la diversificazione dei canali utilizzatié molto più articolata. Anche il quadro dei rapporti internazionali mostra lavivacità delle imprese del comprensorio. E se Francia, Spagna, Polonia,Germania e Grecia sono i mercati frequentati in varia misura dalla maggioranzadelle aziende, la vocazione all'esportazione sembra occupare una posizioneprioritaria nelle opzioni strategiche degli imprenditori: tra quantiattualmente esportano, in larga misura l'obiettivo è il potenziamento deimercati acquisiti o la penetrazione di nuovi mercati. Altro elemento dispecificità del distretto è la tipologia di prodotto, anzi di monoprodotto,solo donna. E' vero che la percentuale di chi opera sul monoprodotto è scesadal 92% al 65%, ma la diversificazione avviene con una scelta sinergica, ovverolo sviluppo di articoli per bambina. Sul piano del livello di qualificazionedel prodotto, il dato più rilevante è il sensibile aumento delle aziende chefanno esclusivamente prodotto moda, coerentemente con il trend di mercato e conil vissuto attuale della calzetteria da parte delle donne. Le imprese piùattente al mercato si collocano nelle fasce medio fine, fine e moda, vale adire segmenti idonei a coperture distributive ampie, fuori dalla bagarre delprimo prezzo, e più ricettivi rispetto all'evolversi del gusto. Gliinvestimenti tecnologici hanno sensibilmente influenzato l'evoluzionestrutturale delle imprese, accentuandone !e caratteristiche di flessibilità equalità, che tanto hanno contribuito alla crescita dell'intero distretto. Lemacchine circolari, per fare un esempio, in pochi anni sono aumentate del 40%,e oggi quasi la metà degli impianti è di tipo evoluto. Anche la confezione,fase delicata per l'immagine e per i servizi alla distribuzione organizzata, epassata dalla soluzione manuale a quella automatizzata, ed è stata assorbitanel processo di integrazione aziendale. E veniamo al futuro. Le opzionistrategiche che porteranno il distretto nel nuovo millennio privilegiano trecampi: investimenti produttivi sugli impianti tesi alla razionalizzazione delciclo; investimenti commerciali per favorire l'esportazione; investimenti sulprodotto per ampliare la gamma dell'offerta. Senza dimenticare che il processodi integrazione verticale continua senza soste. E' un processo che va nelladirezione contraria alla matrice originaria del distretto, ma risponde alleesigenze dei grandi gruppi, ormai obbligati dalle vicende di mercato acontrollare direttamente quante più fasi possibili della lavorazione.

 

 

 
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