Creato da liberemanuele il 26/01/2009

Catallaxy

ordine spontaneo vs ingegneria sociale

 

 

E' sempre tempo di tasse ...

Post n°43 pubblicato il 07 Luglio 2009 da liberemanuele
 

Al mondo niente è inevitabile, tranne la morte e le tasse. Benjamin Franklin

Come la morte, le tasse sono tra le poche cose sicure nella vita; come la morte le tasse hanno pochi estimatori (si, Padoa Schioppa, ma lui si sfama di tasse, solo che, a differenza degli altri, ha anche la sfacciataggine di sbeffeggiare il tartassato).

Lavoro per le tasse, non nel senso che sono un imprenditore che paga tante tasse, magari lo fossi. No, nel senso che lavoro per "calcolare" le tasse ... vi lascio capire da soli che genere di lavoro posso fare e quanto sono orgoglioso di farlo ...

Poi questo è un periodo particolarmente pesante, l'Agenzie delle Entrate cambia le carte in tavola fino a pochi giorni dalla scadenza, le infinite detrazioni - tipiche degli inferni fiscali - complicano il gioco, le date cambiano, si infittiscono, gli interessi aumentano, no diminuiscono, anzi no ... ho la testa piena, voglia di fare niente e sono stanco di passare intere giornate tra numeri e gente giustamente esasperata.

Qualche settimana fa, durante l'interessantissima lettura di "Elogio dell'evasore fiscale" di Leonardo Facco - lo straconsiglio a tutti, è una fonte ricca di chicche filosofiche - mi ero segnato una frase di John Locke, su un post-it, seguita da un'altra e diceva:

"Laddove la podestà tributaria è usata come strumento per depredare alcuni cittadini a favore di altri e ha come suo unico limite quello della voracità delle corporazioni sul cui consenso il governo fonda il suo potere, la democrazia si riduce a farsa di se stessa e li esploderà la rivolta."

"Il mio non è un auspicio, né tanto meno un incoraggiamento, ma nella nostra situazione, il solo modo per sconfiggere la Casta e me pare non rimanere che la rivolta fiscale."

Piero Ostellino "Lo stato canaglia"

 

 
 
 

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Post n°41 pubblicato il 28 Giugno 2009 da liberemanuele
 

Un articolo apparso sul Wall Stree Journal del 18 giugno 2009, tradotto e pubblicato dall'Istituto Bruno Leoniche spiega lucidamente i nefasti effetti delle politiche intraprese dalla Casa Bianca in tema di salvataggi alle imprese e come queste siano l'apripista per trasformare gli Stati Uniti nel nuovo baluardo del socialismo.

 

Troppo grandi per fallire, troppo grandi per riuscire.
di Peter J. Wallison  

In un discorso tenuto ieri alla Casa Bianca il presidente Barack Obama ha illustrato a grandi linee la regolamentazione futura del sistema finanziario. Il presidente ha descritto sostenendo che esso pone le basi "per una crescita economica sostenuta" e "una trasformazione di entità mai vista dai tempi delle riforme seguite alla Grande Depressione". Su questo non gli si può dare torto.

Il piano, se verrà approvato, trasformerà in modo fondamentale la natura del nostro sistema finanziario e della nostra economia. Gli assunti e le preoccupazioni che sottendono il progetto di Obama sono chiari, e diventano ancora più chiari se prendiamo in considerazione gli altri modi in cui questa amministrazione ha affrontato le conseguenze della concorrenza, primi tra tutti gli pseudo-fallimenti di General Motors e Chrysler e gli imminenti cambiamenti nella politica antitrust. Per quanto il presidente abbia affermato di sostenere il libero mercato, queste iniziative confermano il sospetto che l'amministrazione tema la "distruzione creativa" prodotta dal funzionamento del libero mercato, preferendo la stabilità all'innovazione, alla concorrenza e al cambiamento.

Secondo il Libro Bianco fatto circolare dall'amministrazione poco prima il discorso del presidente, la Federal Reserve sarebbe autorizzata a creare un regime normativo speciale (con tanto di requisiti di capitale, leva debitoria e liquidità) per qualsiasi azienda che presenti una «combinazione di dimensioni, leva e interconnessione tale da presentare una minaccia alla stabilità finanziaria in caso di fallimento». Inoltre, qualora una grande azienda finanziaria dovesse rischiare di chiudere I battenti, al tesoro verrà attribuito il potere di evitare la bancarotta e di nominare invece un curatore o un amministratore speciale al fine di "stabilizzare" la società in questione.

La scelta di particolari società finanziaria per questo tipo di trattamento speciale indica chiaramente al mercato che questi istituti sono troppo grandi per fallire. Così facendo, si attenuerà la percezione del rischio connesso alla concessione di prestiti a queste società finanziarie, il che, a sua volta, permetterà a queste ultime di ottenere finanziamenti ad un costo interiore rispetto ai concorrenti più piccoli.

In altri termini, il piano dell'amministrazione creerebbe in sostanza imprese a sostegno pubblico, non molto diverse da Fannie Mae e Freddie Mac, in ogni settore finanziario: assicurazioni, società di gestione di titoli, società finanziarie, holding bancarie e hedge fund. In ciascun settore alcune aziende, ma non altre, verranno prescelte per questo particolare tipo di tutela. Per la concorrenza, il risultato sarà devastante. Le imprese più grandi metteranno alle strette quelle più piccole e le piccole società più intraprendenti avranno minori opportunità di superare I vincitori appoggiati dalle autorità.

Per giunta, la proposta di mettere a disposizione uno specifico meccanismo di salvataggio per le grandi aziende rafforza l'impressione che queste società non verranno mai chiuse o messe in liquidazione. Appellandosi allo sconvolgimento del mercato che ha fatto seguito al crollo di Lehman Brothers, l'amministrazione sosterrà che fallimenti siffatti sono "causa di disordine". Il fallimento, però, è una conseguenza dell'assunzione di rischi, ossia dell'origine stessa della forza della nostra economia mentre  lo scopo del piano dell'amministrazione, in ultima analisi, è proprio prevenire il rischio e le sue conseguenze.

Lo scompiglio successivo al crollo di Lehman si è prodotto perché I soggetti operanti sul mercato si aspettavano che, dopo il salvataggio di Bear Stearns, tutte le società più grandi sarebbero state salvate dal fallimento. Quando Lehman non è stata salvata, tutti I concorrenti sul mercato hanno dovuto ricalibrare I rischi connessi alle loro relazioni con gli altri soggetti, provocando un congelamento del credito e il tentativo di fare incetta di contanti. Di per sé, il fallimento di Lehman non ha causato perdite sostanziose e, meno di due settimane dopo l'annuncio del fallimento, il curatore ha potuto vendere a quattro diversi acquirenti le componenti di Lehman attive nel campo dell'intermediazione, dell'investment banking e della gestione degli investimenti.

Confrontiamo tutto ciò con AIG, l'azienda presa dall'amministrazione quale esempio paradigmatico di società salvata dai poteri pubblici perché "troppo grande per fallire". Sotto il controllo pubblico, la società sta lentamente andando in disfacimento, a danno dei contribuenti.

La paura mostrata dall'amministrazione nei confronti degli esiti della concorrenza si ravvisa anche in ambiti diversi dalle politiche relative al settore finanziario. Prendiamo General Motors e Chrysler: sul mercato, le due case automobilistiche erano state sconfitte. Molto semplicemente, non sapevano costruire automobili che piacessero ad un numero sufficiente di americani.

La loro scomparsa non avrebbe messo a repentaglio la stabilità del sistema finanziario, anche se, indubbiamente, avrebbe creato grossi problemi a fornitori, concessionari e dipendenti. Ciò nonostante, l'amministrazione non ha permesso che le due società fallissero. A dispetto di tutte le chiacchiere sulle priorità del credito, il punto essenziale è che l'amministrazione si è servita dei soldi dei contribuenti per rovesciare il verdetto del mercato. Se vogliamo un assaggio di quello che farà l'amministrazione con l'autorità che vuole avere in relazione alle grandi società finanziarie, non dobbiamo cercare oltre.

Lo stesso modello relativo alla concorrenza sui mercati può essere ravvisato nella nuova politica antitrust del Dipartimento della Giustizia. Christine Varney, nuovo sottosegretario alla giustizia incaricato della politica antitrust, ha affermato che le politiche americane devono assomigliare di più a quelle europee. Fino ad oggi le politiche antitrust adottate dagli Stati Uniti hanno cercato di tutelare la concorrenza. l'Europa, dal canto suo, cerca di proteggere I concorrenti. Mettere al riparo I concorrenti significa soffocare le capacità delle aziende più abili, vuol dire permettere a manager e piani industriali inferiori di rimanere in attività e, così facendo, impedire di emergere alle aziende più valide. Anche in questo caso, la stabilità prevale sul cambiamento e sul progresso.

Il presidente ha affermato in varie occasioni, non ultima il discorso dell'altro ieri, di «essere sempre stato un convinto assertore della potenza del libero mercato», ma la ricetta offerta dalla sua amministrazione mette a nudo un convincimento ben diverso. In AIG, General Motors, Chrysler, Fannie Mae e Freddie Mac possiamo vedere quale futuro immagina l'amministrazione Obama per la nostra economia: una struttura sclerotica e immutabile di grandi aziende che collaborano, sono protette e fanno affidamento su uno Stato onnipotente.

Peter J. Wallison è senior fellow dell'American Enterprise Institute 

 
 
 

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Post n°39 pubblicato il 26 Giugno 2009 da liberemanuele
 


Una misura per tutti. Il paese che meno aderiva a tale soluzione, gli Stati Uniti, alla fine c'è caduto. Certo, a noi europei ancora non ci batte nessuno: dopo il nazionalismo statalista (che nel novecento ci ha dato ampia prova di cosa voglia dire “una soluzione buona per tutti”), i nostri governanti hanno deciso che non era più sufficiente. Fortunatamente i popoli europei stentano ad andare dietro le decisioni prese dall'alto. Ma tant'è che volenti o nolenti, prima o poi il Leviatano europeo diventerà la realtà con cui la nostra libertà dovrà fare i conti.

 Torniamo oltreoceano. Scriveva Mingardi su “ilRiformista” del 31 maggio: “... il senso dell'emergenza e il carisma di Obama stanno imprimendo a quel Paese un'accelerazione invero rivoluzionaria. Il Presidente combatte, giorno per giorno, contro un principio che apparentemente godeva di grande consenso fra gli americani. L'idea che non ci siano soluzioni one-size-fits-all, "a taglia unica". Obama vuole automobili a taglia unica (sa perfino chi è giusto le costruisca), una sanità a taglia unica: sa lui cos'è meglio per i suoi elettori, e desidera che essi si acconcino a comprarlo, piaccia loro oppure no, coi soldi delle tasse.”

 Oggi il presidente statunitense si prepara a varare la riforma della finanza più grande dal 1929”, i cui punti cardine saranno: una Federal Reserve “super poliziotto”(come se il cattivo delle fiabe si mascherasse da eroe: se la cosa vi puzza siete mentalmente sani), una nuova agenzia che protegga i consumatori e i piccoli investitori (bene, ora se vi fregano sapete che è per il vostro bene e, soprattutto, sarete obbligati a mantenere chi ve lo dice) e il lancio di nuovi standard di capitale per le banche (la concorrenza tra piccole banche, dimostratesi sane, e grandi banche, che hanno amicizie importanti, ne risentirà in maniera decisa a favore delle seconde). Ovviamente da noi in Europa si plaude all'uomo che sta cambiando la faccia al mostro capitalista e appiattendo le differenze di regolamentazione tra i due continenti (che sia un primo passo verso il governo mondiale?).

 Ora il mondo finanziario si dovrà muovere come le trascendenti direttive del governo “comandano” - è bene chiarire, il governo non chiede: pretende -, come dire che il fallimento degli umani non sarà più ammesso e l'economia sarà supervisionata dal suo nuovo dio in terra.

 Se è ancora lecito scandalizzarsi, la cosa raccapricciante è che al principio di tutto questo c'è  una lettura palesemente sbagliata della crisi, fatta e propagandata dai responsabili.

“È un dato di fatto che questa crisi economica è stata causata da una mancanza di regole volte a prevenire abusi ed eccessi» ... «Una cultura dell'irresponsabilità si è diffusa da Wall Street a Washington fino a raggiungere la gente comune, e un settore finanziario regolato da misure varate durante la Grande Depressione del 20esimo secolo è stato spazzato via dalla velocità e dalla sofisticatezza dell'economia globale del 21esimo secolo”. Obama di economia probabilmente saprà poco, si fida della sua corte, ma sfiora il ridicolo con affermazioni di questo tipo – tanto più quando fatte con il tono grave e saccente di uno che sa cose che “noi umani non possiamo immaginare”.

 La crisi è figlia di un' inflazione galoppante, dovuta alle spese pazze del governo (intanto le misure di Obama – fonte sole24ore – sfiorano gli 850 miliardi di dollari di conto per i cittadini) e dall'immoralità di una FED che ha ridotto il dollaro a poco più che carta straccia - la stessa FED che sempre il governo promuove a guardiano.

Obama dice «il libero mercato è la forza generatrice della prosperità, tuttavia non deve essere un alibi per ignorare le conseguenze delle nostre azioni»: il problema più grosso di chi non crede nell'umanità, è la maschera paternale che puntualmente indossa. I dittatori coltivavano la loro iconografia, si facevano passare per i padri di famiglia della patria, eroi, modelli eterni, e ti dicevano: sei un bambino cattivo e io so cosa è meglio per te e i tuoi cari.

La stregua difesa del libero mercato non è la difesa di un sistema organizzato o comandato, in cui c'è chi decide e chi subisce – come in tutti i sistemi, democrazia compresa -, ma è la difesa dell'ordine spontaneo dell'umanità: la definizione migliore che gli si può dare – di cui io uso e abuso - è quella di Samuel Edward Konkin III “la somma dell'azione umana volontaria degli agenti produttivi”, che modificherei “di tutti noi”, perché bene o male per campare abbiamo tutti bisogno di interagire col prossimo e collaborare.

Quindi quando sento o leggo frasi come quelle sopra, che libero mercato va bene ma lo Stato deve vigilare sulla nostre azioni, vedo la falsità, l'inganno di chi velatamente vuole imporre il suo scetticismo verso l'umanità, vuole controllarci perché vede proiettata la propria grettezza d'animo su di noi e vuole salvarci.

Mi capita spesso di incontrare o parlare con persone che a parole sono tutte altruismo e amore per il prossimo. “Benone” dico io: se non ci fossero imposizioni e autorità “la libertà funzionerebbe” alla grande! Ma no! Puntualmente mi scontro con chi è solidale e altruista solo a imposizione e vuole uno stato che lo/la obblighi a ciò, che prenda i suoi beni e li ridistribuisca (andando ad arricchire i soliti noti, ma questo è un altro discorso): e allora ecco il successo di misure “one size fits all”, che magari non ci piacciono e non le reputiamo giuste, ma sono per il nostro bene e chi meglio del governo sa qual è il nostro bene?

Montanelli diceva: "La servitù, in molti casi, non è una violenza dei padroni, ma una tentazione dei servi".

 

La libertà non piace, Obama si. 

 

 
 
 

Don't tread on me.

Post n°38 pubblicato il 20 Giugno 2009 da liberemanuele
 

 

"...give me liberty or give me death"*

 

La "Gadsden flag" è stata per me una bella scoperta. Non la conoscevo fino a poco tempo fa, ma quel serpente che avverte "non calpestarmi" è davvero affascinante.

Mi sono documentato un po' e che dire ... gli americani sono unici.

Essa è un emblema di libertà, è apparsa dopo la Guerra di Indipendenza come simbolo della vittoria contro il l'Impero britannico. Le istituzioni non ci devono "passare sopra" a loro piacimento: non possono schiacciare i nostri i diritti! Non possono mettere in gioco le nostre libertà!

- Cosa rischiamo.

Oggi si avverte nell'aria che i "governi" stanno prendendo una piegaccia: la crisi sta realizzando la profezia di William Graham Sumner per  cui "arriverà un tempo in cui vi saranno due grandi classi, i socialisti e gli anarchici. Gli anarchici vogliono che il governo sia nulla, i socialisti vogliono che il governo sia tutto. Bene, arriverà un tempo in cui ci saranno soltanto questi due grandi partiti, gli anarchici che rappresentano le dottrine del laissez faire, e i socialisti che incarneranno la visione estremista sull'altro lato della barricata ... allora io sono anarchico".

In fondo questa "piegaccia", è parte della natura stessa del governo e ora lo vediamo chiaramente. Torna di moda "l'uomo nuovo", il modello morale per uscire dalla crisi proposto/imposto dallo Stato: esso è un po' come l'ariano di "Mein Kampf", uno che "subordina volontariamente il proprio ego alla comunità e, se l'ora lo richiede, lo sacrifica persino".

L'economia che si prospetta per il futuro ha il sapore antico dell'economia fascista: Berlusconi e Obama sembrano in prima linea per scrivere regole su regole per il mercato finanziario, asservire l'iniziativa privata al "bene pubblico", sovvenzionare a piene mani  i fallimenti del big business. Corporazioni e varie èlite godranno dei privilegi che la cristallizzazione del sistema gli darà.

Hans-Hermann Hoppe ci aveva avvertito: "... una volta che la premessa del governo è stata accettata, i liberali sono rimasti senza argomenti quando i socialisti hanno sviluppato questa premessa, fino al suo logico fine: se il monopolio [statale] è giusto, allora anche una maggiore tassazione è giusta, allora la centralizzazione è giusta. E se l'uguaglianza democratica è giusta, allora espropriare diritti personali è giusto (mentre non è giusta la proprietà privata)".

-"L'Europa è stata creata dalla storia. L'America è stata creata dalla filosofia." Margaret Thatcher

La Thatcher centrava il punto: gli Stati Uniti godono di un popolo attento alla sua libertà, vigile, armato della sua "Costituzione" contro il potere. Il principio che ha dato vita agli Stati Uniti è il coraggio stesso della libertà.

"... Ma ciò che più li distingueva dagli altri, era lo scopo della loro impresa. Essi non erano spinti a lasciare il luogo nativo dalla necessità, ma abbandonavano anzi una invidiabile posizione sociale e una vita sicura; non andavano nel nuovo mondo per migliorare la loro situazione o per accrescere le loro ricchezze, ma si staccavano dalle dolcezze della patria per obbedire a un bisogno puramente spirituale: esponendosi alle inevitabili miserie dell'esilio, volevano far trionfare un'idea ..."  Alexis  de Toqueville "La democrazia in America"

Non stupisce quindi che, se si va a guardare un po' di storia americana, si vede come un popolo "libero" può liberarsi agilmente dal potere illegittimo: riprendo quindi il filo della "Gadsden flag".

Christopher Gadsden è stato uno dei più appassionati promotori della "rivoluzione" americana contro l'imperialismo inglese, la "Guerra di Indipendenza": è suo il disegno della "Gadsden flag".

L'imperialismo inglese si manifestava in tasse e iper-regolamentazioni che avevano come fine la salvaguardia dell'Impero stesso e il finanziamento delle guerre.

Da wikipedia: "Dal momento che «La libertà consiste nell'obbedire alle leggi che ci si è dati e la servitù nell'essere costretti a sottomettersi ad una volontà estranea» (Robespierre), e «Nulla denota uno schiavo se non la dipendenza dalla volontà di un altro» (Algernon Sydney), essere sottoposti a leggi che non si è contribuito a formare equivaleva per i coloni alla schiavitù; i coloni sentivano cioè di essere trattati dall'Inghilterra come schiavi («miserabilmente oppressi come i nostri neri», per George Washington): «Non vogliamo essere i loro negri!» (John Adams)."

Quella che può sembrare una semplice rivoluzione contro le tasse, è in realtà la voglia di liberarsi da un autorità imposta.

Ancora da wikipedia: "L'ulteriore limitazione della libera espansione territoriale dei coloni, che l'Inghilterra voleva in sostanza confinare a oriente dei monti Appalachi, in favore degli indigeni che abitavano il resto del territorio, furono percepite come un atto di dispotismo e di inaccettabile limitazione della libertà dei coloni, che pretendevano di essere liberi - fra l'altro - di sterminare le popolazioni indigene per impadronirsi del «deserto» e trasformarlo in terre fertili coltivate: infatti, non solo gli indigeni erano ritenuti dei selvaggi inferiori, ma la loro terra non era considerata tale perché non lavorata: e secondo John Locke la base del diritto naturale alla proprietà è appunto il lavoro".

L'America non sarebbe quella che noi conosciamo se fosse rimasta al soggiogo degli inglesi, non si piegherà nemmeno oggi, anche se, non solo gli americani, ma noi tutti abbiamo davanti la prefigurazione di un nuovo ordine mondiale, basato su una moneta unica, sul controllo dei nostri movimenti: privati e pubblici, su poteri sempre più sconfinati e sconfinanti.

 

"La vita è così cara o la pace così dolce, da essere comprate al prezzo delle catene e della schiavitù? [...] Non so cosa decideranno gli altri, ma io dico: datemi la libertà, o datemi la morte!"

* Patrick Henry 

 

 

 
 
 

Riflessioni del dopo voto.

Post n°37 pubblicato il 12 Giugno 2009 da liberemanuele
 

libero di fare ciò che vogliono
di accettare qualsiasi decisione
 se la maggioranza vuole siamo vivi,
bel concetto di partecipazione 
ecco il mondo democratico, il suo funzionamento
è molto semplice: c'è qualcuno che ha il diritto di decidere 
e qualcuno che ha il diritto di obbedire
solo il diritto di obbedire senza dire una parola
democrazia ti hanno mai chiesto cosa ne pensi?

*Skruigners "Una mente democratica"

In Europa il disincanto la fa da padrone, non c'è bisogno di scienziati politici per dire che le istituzioni europee si sono spinte troppo in là e la loro burocrazia attanaglia la vita degli stati europei.

Questa astensione però credo non sia una vera e propria presa di coscienza: la gente ancora crede nelle istituzioni del potere, crede che l'economia (la somma dell'azione umana volontaria) vada controllata e che anzi questa sia origine dei "mali" che hanno dato vita alla crisi. Tutti continuano a desiderare di godere dei frutti del saccheggio a mano armata dello stato,  per una sicurezza e una ricchezza garantita. Niente di nuovo, se non il fatto che dover dividere il bottino del saccheggio con le istituzioni europee per aiutare chissà quale fallimentare piano economico sociale, a favore di chissà quale stato e mantenerne inoltre l'apparato proprio non va giù.   

... non ti hanno ancora dato niente
ogni istituzione
 vive sulle spalle della gente
cammina sulle teste di chi non dice niente
 
è il loro spettacolo e tu lo segui ancora...

*Skruigners "Inutile Spettacolo"

 

Per le amministrative il discorso è diverso. Qua in molti casi si è cambiata bandiera, il Partito Democratico soffre della mancata novità e del logorio del potere, perde così comuni amministrati anche per più di vent'anni (come il mio).  Dall'altra parte, una banda di facinorosi  destroidi senza esperienza, vive la rivalsa tanto aspettata e pondera le prime mosse per far vedere chi comanda.

Ma la fiducia nell'azione politica rimane: Obama piace a noi europei (forse un po' meno agli americani), le sue formule di stimolo ci appassionano e coinvolgono (soprattutto quando per fare "un affare" con l'aiuto dello Stato, mettiamo in gioco il futuro pensionistico e i risparmi di un bel po' di americani).
Berlusconi nonostante passi per "attardato libertino" in cerca di giovincelle da esibire nelle sue ville ai superfotografi, gode di un certo consenso per la sua paternale presenza al potere che ci fa sentire tutti più coccolati. E nonostante la novità storica in Italia sia che Gheddafi viene a perdonarci (a pagamento, si capisce), i telegiornali dicono che l'economia è ripartita: "W il Re!".

Per chi non è abituato a bersi tutto quello che lo Stato e i suoi mezzi d'informazione ci propinano, c'è una novità interessante: dato che saranno i comportamenti individuali razionali che ci tireranno fuori dalla crisi economica, l'imprenditore Giorgio Fidenato ha preso la sua decisione. Coraggiosa, ma soprattutto rivoluzionaria. Se ne sono occupati vari blog, addirittura qualche quotidiano ("Libero" e "il Riformista"), ed è caldamente sostenuto dal Movimento Libertario di Leonardo Facco. In pratica Fidenato si rifiuta di essere schiavo dello Stato e fare il sostituto d'imposta gratuitamente ai suoi dipendenti. Così ora ai lavoratori paga il lordo (cifra che sfiora il doppio di quanto prendessero prima) come a qualsiasi altro fornitore di merci e servizi. Questo gli evita - data la crisi - di dover licenziare, risparmiando sul commercialista, ma soprattutto fa godere (che vuol dire "decidere") del frutto intero del loro lavoro, i suoi collaboratori

Si lavora meglio quando si sa che a fine mese la paga sarà tutta e che si avrà la possibilità di decidere autonomamente delle proprie risorse, senza lasciare che se ne occupi qualcun' altro.

 

Consiglio di seguire quanto accadrà di questa vicenda (l'imprenditore si è autodenunciato all'Agenzia delle Entrate e al Ministero e passerà tempi duri) , essa offre una delle soluzioni cruciali per uscire dalla crisi ed uscirne più liberi.

* Skruigners sono un gruppo punk che mi ha fatto scoprire un mio amico (grazie Nik!): la musica non è il massimo, ma che testi!

 

 

 
 
 

La libertą funziona!

Post n°36 pubblicato il 05 Giugno 2009 da liberemanuele
 

The R3volution - Manifesto

 

"Quando dico libertà non voglio semplicemente significare ciò a cui ci si riferisce come 'libera impresa'. Io voglio dire libertà dell'individuo di pensare i suoi  propri pensieri e vivere la sua vita come desidera di pensare e di vivere; libertà della famiglia di decidere come desiderano vivere i suoi componenti, cosa vogliono mangiare per colazione e per pranzo e come desiderano trascorrere il proprio tempo; libertà di un uomo di sviluppare le sue idee e avere altra gente che insegni quelle idee, se può convincerli che esse hanno un qualche valore nel mondo; libertà per ogni comunità locale di decidere come debbano essere istruiti i propri figli, come devono essere svolti i servizi locali e quali debbano essere i suoi leader locali; libertà di un uomo di scegliersi la sua occupazione; a la libertà di un uomo di  gestire i suoi affari come ritiene che debbano essere gestiti, sino a che non interferisca col diritto di altra gente di fare la stessa cosa".

Robert A. Taft  "A Foreign Policy for Americans"

Un libro davvero "da paura". Nonostante l'ho finito da qualche giorno sono ancora impressionato.

Che Ron Paul fosse un grande lo avevo capito, il web è pieno di articoli, video che riguardano il "Dr. No", ma alla luce della lettura del "La Terza America - The Revolution", non posso che rinnovare l'entusiasmo.

Il libro è stato scritto per dare un' identità culturale e politica, un "manifesto" - tant'è che il suo "significato" è intatto nonostante sia passata la campagna delle primarie - alla "Rivoluzione" in atto nel cuore dell'America (altro che Obama ... ). Il cuore dei valori passa attraverso la riscoperta dei precetti "costituzionali" e la saggezza dei Padri fondatori: le armi per salvare la libertà del popolo americano dagli abusi del governo di turno.

- Il governo è potere; potere è malvagità. Asserviamo il governo alla Costituzione.

"... La nostra Costituzione fu scritta per tenere a bada il governo non il popolo. Il governo ha sempre tentato di rovesciare la massima ..."

Ron Paul

"Il governo non è ragionamento; non è eloquenza; è potere. Come il fuoco è un pericoloso servitore e un temibile padrone".

George Washington

Usciti dall'esperienza dell'accentrato controllo inglese, gli americani sancivano con il Decimo emendamento che tutti i poteri non delegati al governo federale dagli Stati e  non proibiti agli Stati dalla Costituzione sono riservati a questi ultimi o al popolo: Thomas Jefferson vedeva in questo il principio cardine della Costituzione. ( Intanto da noi vogliamo dare all'Europa ancora più poteri ...)

Ron Paul mette sotto gli occhi del lettore i rischi di un popolo che abdica alle proprie responsabilità a favore di un governo sempre più presente e potente. Questo è stato un terribile passo verso la diminuzione della libertà: salute, educazione, autodeterminazione economica, autosufficienza, devono essere preoccupazioni nostre in quanto devono rispettare i nostri caratteri, ambizioni, volontà. Darle in mano ad un potere centrale, vuol dire accettare l'imposizione e la schiavitù che verrà a determinarsi.

- I miti della politica estera americana

L'America non può permettersi di essere "impero" con la scusa di fare il "poliziotto del mondo", finanziandosi con prestiti cinesi e giapponesi. I Padri fondatori avevano indicato un'altra impostazione alla politica estera americana, basata, usando le parole di Thomas Jefferson in occasione del suo insediamento, su "pace, commercio e onesta amicizia con tutte le nazioni; nessun vincolo d'alleanze".

Un' interessante citazione del primo Bush recita: "Facciamo una politica estera americana che rifletta il carattere americano. La modestia della vera forza. L'umiltà della reale grandezza" ... "Non dobbiamo andare in giro per il mondo e dire 'Questo è il modo in cui ci si deve comportare' ...". Lo stesso Bush che puntuale, una volta al potere, ha disatteso quanto detto in precedenza.

Ron Paul fa suo il richiamo di Quincy Adams, per cui l'America non deve andare in giro per il mondo in cerca di "mostri da combattere" e mette in guardia da chi condanna i non interventisti.

"Verso la fine del 2007 il senatore Jeff Session affermò: 'Qualcuno in quest'aula ama la Costituzione più di quanto ami la sicurezza di questa nazione. Dovremo tutti mandare una lettera di ringraziamento a Bush perché ci protegge'. Per quale tipo di pecore i politici scambiano gli americani se si aspettano che ci lasciamo convincere da una simile demoniaca propaganda".

Ron Paul

L'enorme crescita di misure di controllo che, anche nel non rispetto dei principi costituzionali, ha investito l'America del dopo undici settembre non ha giustificazioni. Il governo scavalca i principi fondanti della nazione con la scusa della pubblica sicurezza e questo non è accettabile, perché la Costituzione americana è la garanzia del popolo contro gli abusi del potere. 

Il pericolo di degenerare nel Big Government è concreto: ovviamente questo a vantaggio del Big Business  che oltre a essere protetto dalla sovra regolamentazione statale, può contare su squadre di avvocati pronti a massacrare la concorrenza e in più gode dei "favori" dell'amico speciale: il governo.

 Ron Paul spolvera la  memoria repubblicana e ricorda che la cosiddetta "Vecchia Destra" era contro il Grande governo in patria e all'estero - i due sono collegati a doppio filo: il Grande governo non è più onesto e competente in politica estera di quanto non lo sia in politica interna.

"Stiamo tentando di consentire a una repubblica federale di eseguire un lavoro imperiale, senza affrontare onestamente il fatto  che le nostre istituzioni tradizionali sono ideate in modo specifico per impedire la centralizzazione del potere  [...] Qualche volta in qualche occasione, tuttavia, questo conflitto fondamentale tra le nostre istituzioni e la nostra politica dovrà essere risolto".

 Felix Morley in "American Repubblic or Roman Empire"

Spiega poi perché, sempre in ambito di politica estera, è contrario agli aiuti all'estero. Essi sono uno spostamento forzato di ricchezza che mirano ad ingrassare istituzioni corrotte e despoti, che a loro volta minano la nascita di qualsiasi attività economica autonoma, indispensabile per poter uscire dal cono d'ombra della fame.

- Aborto

Ron Paul ha fatto nascere più di quattromila bambini, in più ha assistito all'operazione per effettuare l'aborto e la sua conclusione è che bisogna tutelare i diritti di chi sta per nascere. Personalmente condivido la sua contrarietà all'aborto, nonostante sono ateo "non devoto" e favorevole all'eutanasia -  in quanto espressione di una precisa volontà personale - non riesco a considerare il feto un "parassita" (espressione usata anche da Rothbard nel "L'etica della libertà": una delle poche cose che non mi è piaciuto del libro) che può essere eliminato.

- Un vaccino contro il razzismo? L'individualismo.

Il razzismo è una forma di collettivismo: ogni volta che rinunciamo a guardarci come individui, spariamo giudizi sulla base dell'inconsistente identità collettiva. In più c'è da considerare che le lobby razziali tenteranno sempre di promuovere programmi che aiutino il loro gruppo.

- Rivoluzione economica: che succederebbe se smettessimo di derubarci l'un l'altro?

"Lo Stato è la grande finzione attraverso la quale ognuno tenta di vivere a spese di tutti gli altri".

Frédéric Bastiat

Lo Stato non deve intromettersi nelle scelte, non deve pretendere attraverso la coercizione un tributo, ma deve lasciare alla libera iniziativa delle persone la soddisfazione dei loro bisogni. Questo riguarda tutto: eduzione e salute compresa. Il governo si deve limitare a fare leggi generali e universalmente applicabili.

Prima che lo Stato intervenisse in maniera invasiva, il volontariato in America perseguiva le finalità delle comunità con grande economia ed efficienza, a fronte degli sprechi e dei ritardi delle moderne burocrazie. Tutto questo si è in gran misura perso: il governo è un competitore sleale, può contare su risorse illimitate. Così disincintiva anche la nostra "buona volontà": tanto c'è qualcun'altro che ci pensa .... 

La tassa sul reddito? Lavoro forzato: "... L'imposta sul reddito implica ... [che] il governo vi possiede e graziosamente vi concede di tenere una percentuale qualsiasi dei frutti del vostro lavoro a suo piacimento": parola di Ron Paul.

- Ludwing von Mises: genio intellettuale e coraggio morale.

Credo sia abbastanza chiaro che chi tiene alla propria libertà, debba possedere una buona conoscenza di economia. La Scuola Austriaca è un formidabile strumento per destreggiarsi (ben vaccinati dalle fandonie) in questo mondo all'apparenza noioso e complesso. Mises è uno dei personaggi chiave.

"Non arrenderti di fronte al male, ma affrontalo con maggiore ardore".

                                                                                                                    Tacito  

Il libro riporta come Mises abbia inteso lo studio economico come sfida al potere: credeva nel libero commercio, nella pace e nella tolleranza: un personaggio scomodo nell'era dei totalitarismi e dei pianificatori.

- The R3volution.

"Se il popolo vuole essere libero, se vuole affrancarsi da un apparato statale che minaccia la sua libertà, sperpera le sue risorse in guerre inutili, distrugge il valore del suo dollaro, e erutta propaganda senza fine su come ciò sia indispensabile e su come saremmo tutti persi senza questo, non vi è forza che possa trattenerlo . Se è la libertà che vogliamo ce la dobbiamo prendere da soli.

Lasciamo che la rivoluzione cominci".

Ron Paul

 

Questo libro ha il merito di dimostrare come la "libertà funzioni": sfata il bisogno di un governo che ci dica cosa è meglio per noi, prova come la libertà sia l'essenza stessa delle nostre virtù e della "giustizia sociale", quella vera, senza coercizione, senza forzature: ognuno in virtù del suo buon senso decide cos'è bene per lui stesso e prende le sue decisioni. Il volontariato - e il Ron Paul medico è esempio pratico - dimostra di funzionare meglio di qualsiasi istituto pubblico: la libertà funziona! Ho riportato alcuni temi trattati e con essi le citazioni che mi hanno colpito di più: spero di aver invogliato qualcuno a comprare questo libro. 

 

 

 
 
 

Alcune ragioni all'egoismo.

Post n°34 pubblicato il 27 Maggio 2009 da liberemanuele
 


Sono  egoista, profondamente, ed è questo egoismo che mi dà la forza  di proteggere la mia dignità: forte della mia indipendenza e curioso nella consapevolezza di me stesso, delle mie capacità, ambizioni e carenze.

"... ciò che c'è di buono, di alto e di nobile sulla terra è solo ciò che mantiene la propria integrità".

 "La Fonte Meravigliosa" Ayn Rand

Mi è stato detto di essere conciliante nella vita, di non essere radicale nei giudizi: ma io sono "radicale". C'è la giustizia e l'ingiustizia, se mi piegassi alla seconda tradirei la prima, tradissi la prima non sarei più l'individuo libero che ritengo d'essere, perciò non esiste.

Lo faccio per puro egoismo, l'altruista perdona, si fa lacerare dentro dall'ingiustizia: dato che io credo nella giustizia e che essa sia libertà, non mi piegherò mai alla logica di chi vuol asservire gli altri.

 Non ora. Spero mai.

" ... E qui l'uomo fa fronte ad un' alternativa fondamentale: egli può sopravvivere in uno solo di due modi: per mezzo del lavoro indipendente della propria mente o come parassita della mente altrui. Il creatore agisce. Il parassita acquista. Il creatore fa fronte alla natura da solo. Il parassita attraverso un intermediario. Scopo del creatore è la conquista della natura. Scopo del parassita è la conquista degli uomini. Il creatore vive per il proprio lavoro. Egli non ha bisogno degli altri. Suo scopo principale è lui stesso. Il parassita ha bisogno degli altri. Gli altri diventano il suo scopo principale. Il bisogno principale del creatore è l'indipendenza. La mente che ragiona non può vivere sotto alcun tipo di obbligo. Per il creatore, ogni relazione con gli uomini è secondaria. Il bisogno fondamentale  del parassita è quello di assicurarsi i legami con gli uomini per venir nutrito. In primo luogo egli considera le relazioni. Dichiara che l'uomo esiste per servire gli altri. Predica l'altruismo. L'altruismo è la dottrina che chiede che l'uomo viva per gli altri e pone gli altri al di sopra di se stessi. ..."

Howard Roark nel "La Fonte Meravigliosa" di Ayn Rand

 

 

 

 
 
 

La virtł del taccagno.

Post n°33 pubblicato il 19 Maggio 2009 da liberemanuele
 

Ebbene si, oltre che anarco-capitalista sempre più convinto, apolide nella propria terra sono anche uno "sporco" taccagno! Dato che sembra, a sentire Tremonti e gli economisti di corte, che la crisi sia finita e si debba parlare d'altro che non sia economia, io "intigno"  (espressione credo tipicamente umbra -alla faccia dell'apolide - che si riferisce alla parola "tigna", ovvero insistere tenacemente, talvolta rompendo le scatole) a parlare di economia alla faccia loro. Lo faccio sfoderando un asso dalla manica "austriaca" (ringrazio il solito "Gongoro" per il post sul discorso di Hans-Hermann Hoppe che parla proprio del risparmio) una difesa del risparmiatore per eccellenza: il tirchio.

 Da quando sono bambino ho una sana (o insana, a seconda dei punti di vista) propensione all'accumulo di valori. Da subito (una qualche genialità me la riconosco) ho preferito i denari ai giocattoli: quest'ultimi si degradavano, si rompevano, poi quando sono troppi non sai nemmeno che farci, allora sin dalla tenera età di sei, sette anni, chiedevo ai miei di regalarmi le mille lire e non il lecca lecca. Poi li nascondevo, non li spendevo: sapevo che erano ammucchiati, mi davano sicurezza e ciò mi bastava perché quelli sarebbero stati la mia indipendenza a fronte delle molte incognite (non esageriamo! A sei anni che problemi avrai mai!) della vita.

Crescendo la cultura corrente mi ha fatto capire che il mio era un atteggiamento sbagliato, privavo della società di denari preziosi. Infatti il risparmio in cassa (o in un conto corrente di deposito) è sterile, improduttivo e non rende: bisogna investire o consumare. Tra l'altro aggiungo io, mi sono ritrovato con banconote di mille lire sparse per i posti più disparati; pochi mesi fa ho ritrovato in un vecchio vasetto che avevo in camera quattro banconote da mille - parliamo sempre di lire.

"Un atto di risparmio individuale equivale ad una decisione di non pranzare oggi. Ma non implica la decisione di pranzare o comprare un paio di stivali tra una settimana o un anno o per consumare una qualsiasi cosa specifica ad una qualsiasi data specifica. Quindi deprime il commercio di preparare il pranzo oggi, senza stimolare il commercio di prepararsi  per un certo atto futuro di consumo. Non è una sostituzione di futuro consumo-domanda per presente consumo-domanda, è una diminuzione netta di tale domanda". "Teoria Generale" John Maynard Keynes

Ma da sempre, quello che mi ha reso scettico di fronte questo tipo di ragionamento (che, non scordiamocelo, è fortissimo nella cultura corrente: Berlusconi è il primo a dire che bisogna consumare, "far girare l'economia", e intanto i nostri risparmi si assottigliano sempre più, consumando così "capitale") è la possibilità, nella vita di ognuno, di andare in contro eventi imprevedibili e imprevisti. In questo il risparmio è la fonte più importante di indipendenza. Da piccolo poteva essere una sciocchezza, ti dimentichi la merenda a casa, ti compri con i risparmi del pomeriggio prima un panino all'alimentari senza dover chiedere niente a nessuno; ma da grandi è pura indipendenza: perdere il lavoro, una malattia (tocchiamo ferro), la macchina si rompe ecc ...

Il risparmio sarebbe inutile nella condizione che von Mises chiama di "economia che gira uniformemente", dove ogni incertezza è rimossa , tutti sono onniscienti delle condizioni di tempo e luogo di ogni azione e del futuro: "in un sistema senza cambiamento in cui non c'è incertezza alcuna per il futuro, nessuno ha bisogno di tenere i contanti. Ogni individuo conosce precisamente di quale somma di denaro avrà bisogno in qualsiasi data futura. E' quindi nella posizione di prestare tutti i fondi che riceve dacché i prestiti saranno resi alla data in cui ne avrà bisogno"."L'azione umana"  Ludwing von Mises

Si potrebbe replicare che, anche nella peggiori delle crisi, un investimento è preferibile per le ragioni del "far girare l'economia": non credo proprio! Da noi c'è il vezzo di investire in case, ma provate a chiedere ad un americano che si è visto valutare il proprio immobile fino alla metà del prezzo d'acquisto se il suo sia stato un buon affare e ... preparatevi a correre dato che la prenderà come battuta di cattivo gusto.

Insomma von Mises aveva di nuovo ragione quando scrive che "ci sarà per i meno commerciabili di una serie di beni usati come mezzi di scambio, una tendenza inevitabile ad essere uno per uno rifiutati finchè non rimarrà un solo prodotto, che era stato impiegato universalmente come mezzo di scambio; in una parola, la moneta".

 

  Senza contare che questa crisi è figlia di un "immoralità" diffusa per cui si può spendere più di quanto si guadagna, la gente si fida delle istituzioni - bancarie e statali -: si indebita e investe. Si elimina il denaro improduttivo. Poi arriva la stretta creditizia e tutto finisce. Il risparmio, la diminuzione di consumo, è l'unica ancora di salvezza per la ripresa economica: l'abbassamento dei prezzi e dei salari aumenterebbe il potere d'acquisto della singola moneta. Così aumenterebbe la nostra sicurezza e si ristabilirebbe il "livello voluto di protezione dall'incertezza": la crisi terminerebbe.

 

 

 
 
 

L'inflazione, principio di tutti i mali.

Post n°32 pubblicato il 12 Maggio 2009 da liberemanuele
 

Anche il più convinto liberale... "... Ammetterà che il lassismo monetario della Federal Reserve ha diluito la responsabilità di quanti operano nella finanza. Se ha qualche conoscenza tecnica, sarà d'accordo sul fatto che la finanza è sovra regolamentata, con regole stupide come quelle di Basilea 2. Enfatizzerà forse il suo scetticismo dinanzi ai 'fondi sovrani' e altri marchingegni dirigisti immaginati dagli uomini politici. Ma alla fine vi sorprenderà affermando, con un qualche turbamento nella voce, che nel momento in cui la crisi c'è bisogna pur ricorrere ad un intervento delle finanze pubbliche. Bisogna salvare le banche dal fallimento, iniettando a tale scopo le liquidità monetarie necessarie, e per far questo le banche centrali devono abbassare i tassi di interesse e gonfiare la massa monetaria. ...". Così Jacques Garello ci avvertiva del virus keynesiano diffuso anche fra i più ferventi liberali, che dopo una soglia non sono più disposti a credere in quella che Frédéric Bastiat chiamava la "fede nell'umanità", ergo nel mercato.

In economia ci sono due scuole di pensiero che si scontrano frontalmente: quella keynesiana e quella austriaca. E' bene da subito capire la differenza alla base delle due: la prima è stata fondata da un santone che, cosciente della portata delle sue teorie, era altrettanto consapevole che la sua visione era più adatta ad una società totalitaria piuttosto che ad una libera. La seconda, quella austriaca, afferma la dispersione della conoscenza e quindi che l'azione umana debba essere lasciata libera. Insomma mentre gli austriaci si limitano ad un' osservazione curiosa e micro-economica, la scuola keynesiana osserva dall'alto le regolarità delle formiche che formano la società, ne sentono l'inclinazione autodistruttiva e ne pongono i rimedi. Tralasciando il fatto fondamentale che, se ciò che osservano sono formiche, loro stessi sono formiche.

Al dunque mentre l'economia austriaca sostiene una libera economia sostenibile, che produce quanto o più di quanto consuma, i keynesiani studiano e promuovono tutte quelle soluzioni di aggiustamento che trascendono l'economia spicciola.

" ... Se un'azienda consuma risorse per produrre beni che nessuno vuole, quelle risorse mancheranno al resto dell'umanità. Se il consumo viene spinto dal credito - o dalla moneta creata dal nulla, che è praticamente la stessa cosa - e non dal risparmio, vengono consumate delle risorse future. E se quel consumo non riesce a produrne almeno altrettante, quelle risorse domani non ci saranno più."

Paxtibi "la Voce del Gongoro" - La legge dei numeri

Parità aurea.

Chiunque nello studio economico - direi sociale -, prediliga un punto di vista macro-economico a quello micro-economico, sarà più disposto a concepire modelli economici ideali (pianificare), a sospettare quindi dei processi spontanei della società e così proporre delle soluzioni di controllo.

La prima misura storicamente adottata per realizzare ciò è stato l'abbandono del gold-standard, cioè che la quantità di moneta in circolazione equivalesse ad un quantità di oro e argento: la moneta è così mera unità di misura di preziosi. Questo vuol dire che non si può produrre moneta a piacimento (arma essenziale delle moderne politiche economiche), ma la produzione si basa su valori reali di ricchezza ed è indipendente dalla volontà politica. Agli inizi del novecento il noto ed influente economista americano Irvine Fisher , non riconosceva alla parità aurea la sua funzione economica e voleva così che i governi si appropriassero di tale funzione. La stabilità del potere d'acquisto della moneta , quindi il livello dei prezzi, devono essere mantenuti.

Dato che nel capitalismo è naturale che i prezzi scendano, visto che produttività e offerta delle merci aumentano in continuazione  - accrescendo così il valore reale degli stipendi -, Irvine Fisher fu responsabile delle politiche inflazionistiche che portarono ad ultimo alla Grande Depressione del 1929. Fatto il danno, durante gli anni '30 è facile capire come lo stesso Fisher fosse su posizioni pre-keynesiane auspicando: l'ampliamento della massa monetaria da parte della Fed e la spesa di deficit con imponenti programmi di lavori pubblici. 

" ... Con un sistema di corso legale, il nome valuta - dollaro, franco, marco (euro) - diventa il definitivo standard monetario, ed il controllo assoluto della fornitura e dell'uso di queste unità è necessariamente conferito al governo centrale. In breve la moneta inconvertibile è congiuntamente la moneta dello statalismo assoluto. ..."

Murray N. Rothbard "Milton Friedman svelato"

L'inflazione.

Come si autofinanzia un governo? La riduzione della spesa pubblica e la tassazione sono i metodi più sani e trasparenti. Ma attraverso l'inflazione un governo può promuovere imponenti politiche economiche senza dover rendere conto a nessuno.

Ovviamente i governi fanno finta di combattere l'inflazione, e lo fanno sostituendogli significato: Ludwing von Mises parla di una pericolosa "confusione semantica" introdotta dai governi per evitare di far riconoscere al pubblico il "responsabile", in quanto se ne ignorano le cause. Sono le "conseguenze" quindi, l'aumento dei prezzi, ad essere spacciate per "inflazione" - che ne sarebbe la causa - e non per l'inevitabile effetto. Come dice l'economista austriaco "Ne consegue che nessuno si preoccupa per l'inflazione nel senso tradizionale del termine. Dato che non potete parlare di qualcosa che non ha nome, non potete combatterla." L'inflazione è invece l'aumento della quantità di moneta e di banconote in circolazione e della quantità dei depositi bancari.

Il governo si trova molte volte a far fronte a ingenti spese, come quelle per la guerra, come fa a finanziarsi? Immanuel Kant, con il suo libro per la "Pace Perpetua", disse che per scoraggiare lo spirito guerresco dei governi, essi non avrebbero dovuto finanziare le guerre con il debito. Il fatto è che quest'ultimo si riveva il modo più agile ed efficace di farlo. Il debito a sua volta si può finanziare attraverso i titoli di stato (che non hanno controindicazioni essendo risparmio) e dalle banche commerciali, ma come scrive von Mises "il prestito dalle banche commerciali equivale a stampare banconote supplementari e ad ampliare la quantità di depositi contabili".

I governi adotteranno inutili iniziative per il controllo dei prezzi, ma sarà vano dato che alla radice sono impegnati in "una politica di aumento della quantità di moneta che li farà necessariamente salire".

Proviamo a ricordare cosa succedeva prima della crisi, tutti eravamo scagliati contro i fruttivendoli, i distributori di carburante, i commercianti, le gradi aziende: ai nostri occhi erano loro i responsabili dell' "aumento generalizzato  dei prezzi". Ne siamo proprio sicuri?

La svalutazione della valuta.

E' di gran moda oggi strombazzare per la diminuzione del tasso di interesse della moneta come politica di stimolo per le esportazioni. Come scriveva von Mises, l'esportatore "... dà via i prodotti interni ad un prezzo che gli permette di comprare soltanto una piccola quantità di prodotti esteri. E' vero, la nazione la cui valuta è stata svalutata esporta di più durante questo intervallo, ma ottiene nello scambio soltanto di meno o, come minimo, non più di quanto otteneva in precedenza per una minore quantità di beni esportati". Insomma questo porta a far si che dietro guadagni nominali si nascondano vere e proprie perdite - con consecutivo consumo del capitale - , che arrivati al dunque - la crisi che viviamo ne porta esempio - si fanno sentire.

"La fuga nei valori reali": il crollo.

L'espansione del credito e l'aumento di liquidità che derivano dalle politiche inflazionistiche e d'abbassamento del tasso di interesse, porta a una maggiore propensione al consumo e una minore selettività degli investimenti. Infatti dopo un periodo di inflazione, preso coscienza che i prezzi non scenderanno come promesso dal governo, inizia "la fuga nei valori reali". La gente non ha molta considerazione di fogli di carta che di giorno in giorno valgono sempre meno, così si corre a spendere.

Tutto ciò fa si che ... "i prezzi aumentano vertiginosamente, il valore della moneta precipita", quando le banche, data la fuga di risparmi ... "decidono di fermare l'espansione del credito, il movimento di crescita si trova inceppato, si percepisce bruscamente che l'impressione di 'redditività' creata dall'espansione del credito ha condotto ad investimenti ingiustificati.  ... Talune aziende riducono le loro attività e altre le fermano del tutto o dichiarano fallimento. I prezzi crollano; la crisi e la depressione che la prolunga nel tempo sono la conseguenza della fase di investimenti ingiustificati che è stata causata dall'espansione del credito. Le imprese che non dovevano esistere e che sono sembrate per qualche tempo in grado di produrre profitti  nelle condizioni fittizie create sul mercato dall'espansione del credito e dall'aumento dei prezzi, hanno smesso di essere 'profittevoli'. Il capitale investito in  queste aziende è perduto, dal momento che non è possibile rientrarne in possesso. L'economia deve adattarsi a tali perdite e alla situazione che determinano. In questo caso, si tratta innanzi tutto di restringere i consumi e costituire, grazie al risparmio, nuovi capitali, al fine di adottare l'apparato della produzione ai bisogni effettivi ..."

Ludwing von Mises "La teoria austriaca del ciclo economico"(1936)

 

E "basterebbe", davanti a politiche assurde, domandare al governo:

 "Quanto costa?" "Chi paga?"

 

Ringrazio l'Istituto Bruno Leoni e il blog "La voce del Gongoro",  per la possibilità di visionare alcuni documenti importantissimi per il post e non solo. Un altro ringraziamento va a Sara, che con la sua consulenza  - da bravissima studente di economia - in ore improbabili, mi ha permesso di sviscerare temi come inflazione, espansione creditizia e mi ha chiarito alcune tematiche di Keynes  confrontandoci - talvolta a testate - sui scritti di von Mises e von Hayek. Questo mi ha fatto scoprire che la "Scuola Austriaca" latita i libri universitari, pur essendo la scuola economica di gran lunga più coerentemente liberale e lo strumento di previsione più efficace contro le crisi.  

Scrivendo questo lungo post (mi scuso con chiunque abbia preso la briga di leggerselo), spero interessante, mi è divenuto chiaro quanto cause e soluzioni della crisi si somiglino. La stagflazione (i telegiornali parlano già di un aumento della benzina al distributore) è alle porte e tutto questo grazie alle politiche dei governi mondiali.

 

 

 
 
 

La "vergogna" di essere italiani.

Post n°31 pubblicato il 06 Maggio 2009 da liberemanuele
 

Per chiunque guardi telegiornali, sarà stato inevitabile non posare gli occhi su una delle più grandi porcherie che ultimamente siamo riusciti a combinare ... No, no, non parlo di Veronica e Silvio, sono affari privati ... No, nemmeno delle veline e Mastella per le europee!! Che diamine! Candidassero chi vogliono mica bisogna votarli per forza!!! Parlo di una cosa ben più immorale e furfantesca.

La Fiat la conosciamo tutti, chi non ne ha una in famiglia? Io stesso sono felice possessore di una Grande Punto nera fiammante e in casa tre su quattro, sono auto della casa torinese. Questa, considerata una delle più importanti aziende nazionali, con la scusa che la produzione di auto è un settore strategico dato che crea molta occupazione e per ogni occupato se ne contano sei d'indotto, ha sfilato dal portafoglio del contribuente italiano diversi miliardi. Diciamo pure che i possessori di Mercedes, Bmw, Audi ecc.. possiedono inconsapevolmente e involontariamente, molte delle varie Tempra, Duna, Thesis, Dedra e chi più ne ha più ne metta, dei modelli quindi rimasti invenduti della gruppo Fiat.

Marchionne sembra abbia sistemato le cose. Certo rimangono pur sempre i più di cinque miliardi di debiti finanziari, sette miliardi e più di debito obbligazionario (degradato al rango di junk bond, ovvero titolo spazzatura) , ma sembra che per lo meno nel mestiere di costruire macchine, qualche passo in avanti lo abbiamo fatto - pur sempre lontani dagli standard di qualità di Volkswagen e lontanissimi da quelli di Toyota.

La cosa che mi inquieta, a dir poco, è che un' azienda come questa invece di concentrarsi nel suo rinnovamento, magari con una maggiore diversificazione dato che Alfa e Lancia, al contrario di Fiat, propongono ben pochi modelli e poco appetibili (gli appassionati mi potrebbero obbiettare che Lancia Delta e Alfa Mito sono due arieti da sfondamento sul mercato, il problema è che puntare su poco più di un modello per marchio porta a una svalutazione del marchio stesso). Soprattutto quando Marchionne dice "in cinque anni, ciò che Toyota ha fatto in cinquanta", sembra un presa in giro per chiunque avesse una minima conoscenza di "gestione aziendale" e della rivoluzione del "Lo spirito Toyota"*.

Così ci ritroviamo con questa Fiat, che entra nel gruppo Chrysler con il venti per cento, senza sborsare un euro, ma soltanto trasferendo tecnologie motoristiche e l'esperienza nel settore delle piccole. Chi pagherà quindi? Ovvio! Il contribuente americano che si ritroverà forzatamente a dover appoggiare e finanziare una mossa industriale decisa da Obama. Fiat sfrutterà, come ha già fatto con i contribuenti italiani, i miliardi che lo stato americano estorce ai suoi taxpayers, e in questo molti vedono una grande mossa industriale!!

Per essere chiari: non entriamo in un grande gruppo automobilistico, ma in un dissesto finanziario arrivato a chapter 11 , cioè l'amministrazione controllata - nonostante la valanga di miliardi immessi dal governo - e lo facciamo per sfruttare i benefici che vengono da uno stato iper interventista e che sta inflazionando come pochi altri nella storia degli Stati Uniti.

Il fatto di entrare nel mercato statunitense è una giustificazione che aggrava l'operazione. Infatti i mercati emergenti asiatici supereranno le vendite del mercato americano, ma proprio questi sono il terreno dove Marchionne ha registrato i peggiori fallimenti internazionali e dove il gruppo di Detroit non è presente!

Un'altra questione non meno rilevante, anzi che riguarda proprio il gruppo torinese, è il controllo dell'azienda. Obama ha pilotato la ristrutturazione di Chrysler  trasferendo il controllo ai sindacati, ovvero la categoria tra i maggiori responsabili del fallimento (basti pensare che un operaio Chrysler prende un cinquanta per cento in più di un suo collega che lavora in un gruppo giapponese in America).

Vergognatevi alla Fiat, non sono successi quando a pagare le spese è chi non può scegliere ... ovvero il contribuente! 

 

*Libro di poco più di centocinquanta pagine, leggero, scritto molto bene da uno dei protagonisti del successo Toyota, Taiichi Ohno. Acquisto che consiglio a tutti.

 

 

 
 
 

Sul lavoro.

Post n°30 pubblicato il 02 Maggio 2009 da liberemanuele
 

Lavoro da qualche anno. Mi faccio le mie ore, spesso più, meno mai - se ne faccio più non mi pagano, se ne faccio meno pago io con le ore della busta paga. Riporto il mio stipendio che difficilmente decolla sopra le tre cifre e sono un precario. Non mi sento un discriminato, ma tanto meno mi sento realizzato!

Ieri è stato il primo maggio. Lo studio era chiuso, quindi mi sono alzato con comodo alle nove - lusso che, dato la rigidità dell'orario, di solito non mi posso permettere -, ho fatto un abbondante colazione e mi sono immerso nelle mie letture. Una giornata di relax, coronata da una cenetta al ristorante messicano (alla faccia dell'epidemia) con la mia morosa e un concertino in centro niente male.

Festeggiato? In pratica si, ma non sposo la causa del dogma "lavoro". In primis per me lavorare non è una scelta o uno stile di vita: è la vita. Grazie alla ricchezza della nostra società, abbiamo il lusso di poter dedicare meno tempo dei nostri nonni e comunque decisamente meno di ere precedenti alla nostra, al lavoro. La vita personale ha quindi acquisito una dimensione tutta sua e prevalente nella nostra esistenza. Ma in principio lavorare, procacciarsi la sussistenza, era attività totalizzante. Oggi, diciamolo con chiarezza, il "capitalismo", l'accumulo e l'investimento di valori, ci ha dato un sistema razionale con cui creare ricchezza e quindi permettere a tutti un vita più agiata. Molti operai oggi, hanno privilegi sconosciuti a molta aristocrazia dei secoli scorsi.

In Italia, l'articolo 1 della nostra Costituzione recita: "L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro". Che vuol dire? Che centra il lavoro con il sistema istituzionale? Niente, se non seminare il principio di una delle più importanti religioni civili: il lavoro.

Personalmente io non voglio essere "dipendente" da nessuno, non voglio legare il mio destino alla responsabilità di un altro, voglio essere io responsabile di me stesso! Cosa c'è di bello nel festeggiare il "lavoro dipendente"? I morti sul lavoro sono qualcosa di tragico; ferirsi, menomarsi, è purtroppo il rischio del "fare". Ma non si può delegare a poche persone la responsabilità di molti. Tutti dobbiamo essere responsabili per noi stessi e bisogna rispondere in prima persona quando le regole non vengono rispettate. Allora alleggeriamo il carico fiscale per il lavoro che appesantisce, direttamente l'imprenditore, indirettamente la nostra busta paga, e riserviamoci le risorse per tutelarci! Caschetti, tute, conoscere ciò che andremo a toccare: non deleghiamo nessuno, facciamoci partecipi in prima persona dei rischi legati al nostro lavoro.

Solo prendendoci il carico delle proprie responsabilità, mettendo in gioco se stessi e le proprie capacità, insomma diventando imprenditori della propria persona, smettendo di far rappresentare i propri bisogni e le proprie prospettive dal sindacato (legato a doppio filo col potere), si potrà pretendere ciò che ci spetta. Facendoci pagare profumatamente per il nostro lavoro, creando le condizione che ci aggradano, pretendendo di essere considerati per quello che siamo! Uguali! Senza reverenziali verso datori, capi o che so io, ma semplicemente istaurando rapporti tra persone libere che vogliono creare, produrre e offrire servizi.

Insomma, io credo che non sia tanto il lavoro, ma quella " fonte meravigliosa" che ci permette di realizzarci e dar forma alla natura secondo la nostra idea, a dover essere celebrata. 

Ecco cosa volevo dire sul "lavoro". 

 

 

 
 
 

La "difficoltą" di essere italiano.

Post n°29 pubblicato il 27 Aprile 2009 da liberemanuele
 

                          vs

 

Pur essendo italiano, ho sempre pensato che la mia individualità non dovesse essere ridotta ad alcun insieme, tanto meno alla nazionalità.  Non sento l'appartenenza ad una bandiera, né nutro alcun sentimento, che sia patrio o istituzionale, che sconfini la mia razionalità. Il tricolore, a cui non nego il rispetto dovuto, non mi fa tremare il cuore, né mi inorgoglisce di alcun valore proprio della retorica nazionale.

"Patria, famiglia e Iddio", o la triade libertà, eguaglianza e solidarietà, cuore valoriale della nostra Costituzione, non mi scaldano il cuore, né sono disposto a riconoscerli - nell' accezione costituzionale - come caratteri del mio essere [italiano].

La storia, quella più recente, che possiamo definire "contemporanea", non mi ha dato molto di cui andare fiero, a parte che nel "Risorgimento" - che per lo meno ad un occhiata superficiale, è l'unico periodo decoroso, fatto di grandi statisti e personaggi: da Cavour (il mio statista "italiano" preferito), a Garibaldi, finendo con Vittorio Emanuele II; anche se approfondendo, non è privo delle sue ombre.

La nostra "Costituzione" è l'insieme di norme che ha dato vita ad un moderno Leviatano in cui l'individuo, la sua iniziativa, la sua proprietà sono sacrificati in nome della collettività.

La nostra Repubblica non si fonda sul diritto dell'uomo, sulla libertà, né uguaglianza; insomma non su quei principi che l'umanesimo ha riconosciuto come propri della società aperta, ma sul lavoro.

Dove anche riconosce i diritti dell'uomo, definisce però che esso deve far fronte al "l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale". Il lavoro deve essere inquadrato nel "dovere di svolgere [...] un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società"

L'articolo 33 prescrive che l'esercizio professionale è autorizzato solo dopo esame statale; l'articolo 41 sancisce invece che l'iniziativa privata "non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale"; la proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge (badate bene: è riconosciuta, è un fatto, non un diritto; lo Stato può sempre violarla in nome dell'utilità sociale)  che ne "determina i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale".

Il virus che sta alla base è il metabolizzato e diffuso giacobinismo: "I rivoluzionari del 1789 hanno commesso l'errore di credere che le libertà dei governati sarebbero state meglio garantite aumentando il potere dei governanti attraverso la cessione di gran parte dei diritti individuali al titolare del monopolio della forza legittima, lo Stato". Piero Ostellino 

Il Fascismo è stato un movimento giacobino; i partigiani sono stato una forza giacobina; la Costituzione è il precipitato.

L'unico liberale che ha avuto una qualche rilevanza in Italia, Benedetto Croce, professava un liberalismo completamente compromesso con l'hegelismo: "la libertà" è una categoria dello spirito; "le libertà" pratiche sono una mera categoria della realtà, nemmeno troppo essenziali. Per Croce lo Stato è le sue istituzioni sono la sede dei valori etico-politici, che trascendono l'individuo, e che realizzano la libertà.

Non amo il mio paese; amo le campagne umbre, i bellissimi paesaggi che si scorgono passando per le autostrade d'Italia, i paesini, le città, le bellissime persone che si incontrano. Ma non amo gli italiani e non credo sia così semplice parlarne; per me non esistono gli insiemi: le generazioni, le razze, i meridionali o i settentrionali. L'uguaglianza è il dato di fatto che avvalora, rende irriducibile e libero l'individuo. La presenza di alcune regolarità non ci deve indurre nella tentazione di sentirci parte di qualcosa, di migliore o peggiore. Siamo unici, con la responsabilità che ne consegue:  che è grande, immensa.

Ciò che spesso si associa all'idea di italiano non lo onora, a volte è l'alibi per lo stesso italiano per non migliorare, per non pretendere i suoi diritti e quindi accettare lo stato delle cose così com'è.

La letteratura montanelliana è piena di tirate di orecchia agli italiani, che mal celava un profondo amore, un romanticismo amaro e sofferto, di un sogno perduto. Ignorava o quasi le cause strutturali e istituzionali, ed è così nato il fenomeno dell'anti-italiano: colui che è convinto che lo Stato non vada bene perché guidato da disonesti e incapaci, che non si occupano del famigerato "interesse generale". Non si indica il "nesso causale": il rapporto tra causa (cultura e natura dello Stato) e conseguenza (sprechi, inefficienze e privilegi).

La mia invece è la presa di coscienza di un paese - di cui per fortuna o purtroppo faccio parte - che non ama la libertà.

" .... 'Stato canaglia' che attraverso i rappresentanti del popolo al governo, quale ne sia il colore, utilizza l'eccesso di potere di cui dispone per estorcere quanta più ricchezza può al popolo. E distribuirla, sottoforma di benefici personali (pur sempre la parte minore), alla classe politica di governo e degli enti locali, nonché agli alti dirigenti della pubblica amministrazione; e, per la parte maggiore, sottoforma di facilitazioni - dalle tariffe dei servizi pubblicidati in concessione ai sussidi più o meno occulti - alle corporazioni con le quali è collusa; nonché in fine, sottoforma di assistenzialismo, alla fetta della popolazione della quale chi governa può garantirsi il consenso". Piero Ostellino "Lo Stato canaglia"

 
 
 

Perchč č meglio non guardare il Grande Fratello.

Post n°28 pubblicato il 21 Aprile 2009 da liberemanuele
 

 

 Il Grande Fratello è il programma “non senso” per antonomasia. I concorrenti entrano e sono premiati non per il loro valore, né per aver messo in gioco le loro capacità, ma semmai per la capacità di mettere in gioco la loro dignità.

Ma quello che mi inquieta di più, è il ruolo del Grande Fratello stesso all’interno della trasmissione. Il nome del programma è esplicitamente ispirato all’opera orwelliana “1984”, dove il Partito con a capo il “Grande Fratello”, vuole possedere l’anima e il pensiero dei suoi sudditi (i concorrenti nel nostro caso). Le persone vengono osservate ventiquattro ore su ventiquattro e interrogate; le emozioni schiacciate. Nel programma avviene qualcosa di simile: le emozioni sono banalizzate a tal punto da dar vita al fenomeno del rubinetto lacrimoso a comando e  a scambi amorosi e sentimentali vacui.

La mancanza di senso è un elemento importante, solo così, con la perdita di ogni valore e misura, si è a disposizione del “potere” del “Grande Fratello”. Qualsiasi idea evada la banalità e l’evanescenza  intrinseca del programma è nemica dello stesso.

Nel libro il Partito per mantenere il controllo dei suoi sudditi, fa continua propaganda che induce ad amare il Grande Fratello e odiarne i nemici, esercita la distruzione della verità attraverso la rimodulazione continua alla linea del Partito della storia, si annienta il linguaggio per rendere impossibile il pensiero. L’introduzione del “bis pensiero”  mette fuori gioco la logica.

Interessante è la strumentalizzazione della guerra: il Partito fa’ in modo di essere sempre in guerra con un’ altra nazione per tenere in soggiogo le volontà (analogamente nel programma le prove gioco e le divisioni in squadre, creano tensioni facilmente controllabili e prevedibili).

“Come fa un uomo ad imporre il proprio potere su un altro? Facendolo soffrire”* , come si spiega sennò quel sadismo nel voler riaprire le vecchie ferite dei “concorrenti”, facendole sanguinare e scontrare con la realtà di plastica della “Casa”?!

Viene da chiedersi, cosa c’è di così interessante nel guardare il Grande Fratello? Forse provare il sottile piacere del osservare da una posizione privilegiata, umani ridotti a pagliacci prevedibili, violenti e in guerra tra loro? Potendo addirittura decidere della loro sorte  - a guardare le reazioni, l’uscita dalla ‘Casa’ è assimilata ad una morte – con il “televoto”?  

“Il Partito cerca potere esclusivamente ai fini del potere. … Il potere non è un mezzo, è un fine. … Nel nostro mondo non ci sarà alcuna emozione eccetto che per la paura, la collera, il trionfo e l’auto-umiliazione. Un mondo composto da paura, tradimento e tormento. …” 1984(*)

Negli incontri dei grandi della terra si parla già di "nuovo ordine mondiale", di controllo su tutte le informazioni economiche e sociali che ci riguardano (la logica delle black list dei paradisi fiscali è un esempio), tutti o molti dei nostri movimenti sono catalogati e registrati con la scusa della pubblica sicurezza e utilità. I santoni dell'ambientalismo profetizzano un futuro buio se non cominciamo a vivere come dicono loro, consumiamo quello che dicono loro e augurano che lo Stato provveda a controlli sempre più attenti - auspicando addirittura il controllo delle nascite. Il revisionismo storico sta a dimostrare che la storia può essere riletta e modulata a piacere: "La libertà è schiavitù, la guerra è pace, l'ignoranza è forza"* . 

Prestiamo attenzione alla nostra "umanità": il "Grande Fratello" ha la capacità di spegnerla.

  

 

 
 
 

Uno strano politico.

Post n°27 pubblicato il 15 Aprile 2009 da liberemanuele
 

Ho già espresso la il mio interesse per uno dei pochi politici che stimo e che vorrei aver la possibilità di votare.

Conosciuto come "Mr. No" o "Dr. No", a causa della ferrea riottosità ai disegni di legge che non avessero riguardo dei principi costituzionali, Ron Paul ha una conoscenza dell'economia che farebbe impallidire la maggior parte dei nostri parlamentari (Ministro dell'Economia compreso) e molti degli economisti di corte italiani.

L'antipatia trasudata dai suoi discorsi verso i poteri forti o le grandi imprese e multinazionali (cosa comune della critica libertaria), hanno fatto si che fosse il candidato più di successo in internet e uno dei meno citati dai media.

Medico di successo, ha interrotto la carriera per servire il suo paese all'aggravarsi della crisi a Cuba, rimase sotto le armi fino al 1965. Ripresa la carriera medica, si distinse per il fatto di offrire spesso la propria opera gratuitamente ai pazienti poveri, e di concordare sconti o pagamenti rateali per coloro che non potevano permettersi cure essenziali ma costose.

Entra in politica sostenendo posizioni liberali e liberiste, tanto che inizialmente si candida nel Libertarian Party, propone la cancellazione di ogni tassazione sul reddito, da coprire attraverso un taglio radicale delle spese militari.

Le proposte di Paul, sono il precipitato politico della "Scuola Austriaca" in economia e della cultura libertaria nella vita sociale. Libero mercato, tassazione bassa (da qui il soprannome Taxpayer's Best Friend), cancellazione di ogni sovvenzione e assistenzialismo: ecco le parole d'ordine del programma politico di Ron Paul.

Durante le primarie non ho avuto modo di notarlo, dato che il candidato più importante all'inizio pareva essere Rudy Giuliani - poi i repubblicani hanno preferito eleggere Mc Cain. Ma negli ultimi mesi, in molti siti e soprattutto blog, ho potuto conoscere questo splendido esemplare di politico, un modello per chiunque e soprattutto paladino - in tempi difficili - del principio eterno che è la libertà.

Grazie alle traduzione del sito luogocomune.net, ecco un contributo sulla crisi - quando ancora non era così evidente - di Ron Paul:


È da 35 anni che vado esprimendo le mie gravi preoccupazioni per il futuro dell'America. La strada che abbiamo intrapreso nel secolo scorso ha messo a rischio le nostre libertà, la nostra sicurezza e la nostra prosperità. Nonostante queste preoccupazioni di lunga data, vi sono giorni - che diventano sempre più frequenti - in cui mi sento convinto che siamo giunti ad un momento nel quale accadranno dei fatti di grande importanza. 

L'arrivo imminente di questi fatti non passerà inosservato. Essi toccheranno le vite di tutti noi. Non saranno limitati ad alcune zone del paese, ma l'intero mondo economico e il sistema politico saranno coinvolti nel caos che sta per scatenarsi. 

Per quanto il mondo abbia già sofferto a lungo per l'insensatezza di guerre che potevano essere evitate, la mia paura maggiore è che la rotta in cui ci troviamo porterà ancora maggiori conflitti e sofferenze economiche per tutti gli innocenti del mondo, a meno che cambiamo drasticamente la nostra direzione. 

L'America, con la sua tradizione di libero mercato e di diritto alla proprietà ha aperto la strada verso grande ricchezza e progresso, sia nel mondo che a casa nostra. Da quando abbiamo perso la fiducia nei principi di libertà, autosufficienza, duro lavoro e frugalità ... e ci siamo invece messi a costruire imperi finanziati con il debito e l'inflazione, tutto questo è cambiato. Questo è certamente un evento storico spaventoso. 

Il problema che abbiamo di fronte non è nuovo nella storia. L'autoritarismo esiste da lungo tempo. Per secoli inflazione e debito sono stati usati dai tiranni per mantenere il potere, promuovere le aggressioni, e offrire "panem et circenses" alla popolazione. L'idea che si possa avere la botte piena e la moglie ubriaca ["guns and butter" = letteralmente, "fucili e burro"], senza pagarne le conseguenze in maniera significativa, esisteva già prima degli anni '60, quando divenne uno slogan popolare. In quei tempi ci fu detto che la guerra del Vietnam e una forte espansione dei sussidi statali non sarebbero stati un problema. Gli anni '70 hanno dimostrato il contrario. 

Oggi le cose sono diverse, sia dai tempi antichi che dagli anni '70. Non ha torto chi sostiene che viviamo in una economia globale. Il mondo è più popolato, ed è più integrato grazie alla moderna tecnologia, alle comunicazioni, ai viaggi
. Se la moderna tecnologia fosse stata usata per promuovere le idee di libertà, di libero mercato, di moneta solida e di scambi commerciali, avrebbe introdotto una nuova età dell'oro, e una globalizzazione che potremmo accettare.

Invece la ricchezza e la libertà di cui disponiamo si stanno restringendo, e poggiano su una fragile infrastruttura ideologica. Un po' come le dighe e i ponti del nostro paese, che il nostro sistema di guerre e sussidi statali ci ha portato ad ignorare. 

Temo che le mie preoccupazioni fossero legittime, e che le cose possano essere ancora peggio di quanto pensassi all'inizio: ormai sono giunte alla soglia di casa nostra. C'è poco tempo per fare una correzione di rotta, prima che questo grandioso esperimento di libertà venga messo in profonda ibernazione. 

Vi sono buoni motivi per credere che la crisi in arrivo sarà diversa, e molto più grande di quanto il mondo abbia mai vissuto prima.
Invece di usare il globalismo in maniera positiva, è stato usato per globalizzare tutti gli errori dei politici, dei burocrati e dei grandi banchieri. 

Essere l'unica superpotenza senza avversari non è mai stato vissuto da noi con senso di umiltà e rispetto. La nostra arroganza e aggressività sono state usate per promuovere un impero mondiale sostenuto dal più poderoso esercito della storia. Questo interventismo globale crea dei problemi a tutti i cittadini del mondo, e impedisce di contribuire al benessere della popolazione mondiale. Pensate soltanto a come sono state calpestate le nostre libertà personali negli ultimi dieci anni. 

La crisi finanziaria, ancora allo stadio iniziale, è evidente per tutti: prezzo della benzina oltre i 4 dollari al gallone, costi di educazione ed assistenza medica alle stelle, crollo della bolla edilizia, crollo della bolla NASDAQ. Borse che crollano, disoccupazione che cresce, sotto-occupazione massiccia, eccessivo debito governativo, e incontrollabile debito personale. Ci sono pochi dubbi che arriveremo a una 
stagflazione. La domanda che presto verrà fatta è questa: quando la stagflazione diventerà depressione inflazionaria?

Vi sono vari motivi per cui l'economia mondiale è stata globalizzata, e i problemi che ci troviamo di fronte sono mondiali. Non possiamo comprendere ciò che abbiamo di fronte senza capire la "fiat money" [soldi creati dal nulla] e la bolla a lungo termine del dollaro. 

Vi sono state diverse fasi. Dalla formazione del sistema di Riserva Federale, fra il 1913 e il 1933, la Banca Centrale si è imposta come controllore ufficiale del dollaro. Dal 1933 in poi, gli americani non potevano più possedere oro, togliendo così l'impedimento per la Federal Reserve di inflazionare a favore della guerra e del sussidio pubblico. 

Nel '45 altri impedimenti sono stati tolti, con la creazione del sistema monetario di Bretton Woods, che ha fatto del dollaro la moneta di riserva nel mondo. Questo sistema è durato fino al 1971. Fra il '45 e il '71 i federali avevano ancora qualche limitazione. Gli stranieri, ma non gli americani, potevano convertire dollari in oro a 35 dollari all'oncia. A causa dei troppi dollari che venivano stampati, questo sistema ha avuto fine nel 1971. 

Il sistema post-Bretton Woods è stato responsabile per la globalizzazione dell'inflazione e dei mercati, e per la nascita della gigantesca bolla del dollaro mondiale. Quella bolla sta per esplodere, e stiamo vedendo cosa significa pagare le conseguenze per troppi errori economici fatti in precedenza.

Ironicamente, negli ultimi 35 anni noi abbiamo beneficiato di questo sistema profondamente distorto. Poiché il mondo accettava dollari come se fossero oro, dovevamo semplicemente falsificare altri dollari, spendere oltre oceano (incoraggiando in maniera indiretta anche il trasferimento del nostro lavoro all'estero) e goderci una prosperità immeritata. Coloro che prendevano i nostri dollari, e ci davano in cambio dei servizi, non vedevano l'ora di poter tornare a prestare quei dollari a noi. Questo ci ha permesso di esportare la nostra inflazione e ritardare le conseguenze che ora stiamo iniziando a vedere. Ma non era comunque destinato a durare, e ora ci tocca pagare il conto. 

Il nostro debito estero deve essere pagato o liquidato. Gli altri debiti sono maturati proprio ora che il mondo è diventato più riluttante ad accettare dollari. La conseguenza di quella decisione è un'inflazione dei prezzi nel nostro paese, questo è ciò a cui stiamo assistendo oggi. L'inflazione all'estero è addirittura più alta che da noi, come conseguenza della volontà delle banche centrali estere di monetizzare il nostro debito. 

Stampare dollari per un lungo periodo di tempo può anche non far aumentare immediatamente i prezzi, ma nel tempo lo farà certamente. Ora stiamo assistendo alle conseguenze per avere inflazionato nel passato la disponibilità di moneta. Per quanto possa sembrare grave oggi 4 dollari al gallone, siamo solo all'inizio. 

È una grossolana distrazione mettersi a dire "perforiamo, perforiamo, perforiamo" come soluzione alla crisi del dollaro e all'alto prezzo della benzina. Va bene aumentare le disponibilità sul mercato e le perforazioni, ma l'argomento è di grave distrazione dalle colpe del deficit e dai peccati commessi dalla banda monetaria della Federal Reserve.

Questa bolla è diversa e più grande delle altre per un altro motivo. Le banche centrali del mondo si accordano segretamente per centralizzare la pianificazione dell'economia mondiale. Io sono convinto che degli accordi fra le banche centrali, per monetizzare il debito americano negli ultimi 15 anni, siano esistiti, per quanto in forma segreta e fuori dalla portata delle orecchie di chiunque, specialmente del parlamento americano, che non se ne preoccupa o semplicemente non capisce. 

Ora che il nostro "regalo" si esaurisce, i nostri problemi peggiorano. Le banche centrali e i diversi governi sono molto potenti, ma prima o poi i mercati si saturano, e quando la gente si ritrova in mano il sacco di dollari senza valore comincia a spendere in un'economia di tipo emotivo, scatenando la febbre inflazionaria. 

Questa volta - poiché abbiamo a che fare con così tanti dollari e così tante nazioni - la Fed è riuscita a "cartolarizzare" ogni crisi in arrivo, negli ultimi 15 anni, specialmente sotto la presidenza di Alan Greenspan alla Federal Reserve, che ha permesso alla bolla di diventare la più grande di tutta la storia. 

Gli errori commessi con troppo credito concesso a tassi artificialmente bassi sono enormi, e ora i mercati richiedono una correzione. Questo riguarda l'eccessivo debito, gli investimenti mal diretti, gli investimenti eccessivi ed altri problemi causati da un governo che spendeva soldi che non avrebbe mai dovuto avere. 

Militarismo all'estero, elargizione di sussidi statali, e 83 biliardi [trillion] di impegni in titoli stanno tutti per venire a termine. Non abbiamo nè i soldi nè la capacità di creare una ricchezza che ci permetta di rispondere a tutte le necessità di oggi, poiché abbiamo rifiutato l'economia di mercato, la moneta solida, la fiducia in noi stessi e i principi di libertà. 

Poiché la correzione per l'errata allocazione delle risorse è necessaria, e dovrà arrivare, si può cercare di vedere anche degli aspetti positivi mentre questi grandi eventi accadranno. 

La gente ha di fronte due scelte. La scelta che non è disponibile per noi è quella di continuare a trascinarci nella presente situazione, cercando di sorreggere il sistema con ulteriore debito, inflazione e bugie.
Questo non accadrà. Una delle due scelte, che è stata praticata così sovente dal governo nel passato, è quella di rifiutare i principi di libertà e ricorrere ad un governo ancora più burocratico e autoritario [quando si urla alla mancanza di regole]. Qualcuno sostiene che dovremmo dare al Presidente dei poteri dittatoriali, nello stesso modo in cui gli abbiamo permesso di comandare l'impero americano. Questo è il grande pericolo, e in questa atmosfera post-11 settembre troppi americani preferiscono la sicurezza alla libertà. 

Abbiamo già perso troppe delle nostre libertà personali, e la vera paura di un crollo economico potrebbe portare i pianificatori centrali ad intervenire con misure che farebbero apparire il New Deal degli anni '30 come la Dichiarazione di Indipendenza di Jefferson. 

Più si concede al governo di gestire l'economia, più profonda diventa la depressione, e più a lungo questa dura. E' stata la storia degli anni '30 e '40, e gli stessi errori saranno commessi di nuovo, se non ci sveglieremo. 

L'aspetto positivo è che le cose non devono per forza essere tragiche, se faremo le giuste scelte.
Ho visto "qualcosa di grosso" succedere negli ultimi 18 mesi di campagna elettorale, e sono stato incoraggiato dal fatto che noi siamo in grado di svegliarci e fare le giuste scelte.
Ho conosciuto letteralmente migliaia di studenti, del liceo e dell'università, che sono particolarmente disposti ad accettare le sfide e le responsabilità di una libera società, rifiutando quel sussidio statale "dalla culla fino alla tomba" che ci viene promesso da così tanti politici "benefattori".

Se più persone ascoltano questo messaggio di libertà, più persone si uniranno in questo sforzo. I fallimenti della nostra politica estera, del sistema di sussidio statale e delle politiche monetarie, e virtualmente tutte le soluzioni governative sono così chiare all'apparenza, che non ci vuole molto per convincere la gente. E' urgente un messaggio positivo su come funziona la libertà e sul perché sia possibile ottenerla. 

Uno degli aspetti migliori nell'accettare la fiducia in se stessi, in una libera società, è che possiamo raggiungere nella nostra vita delle vere soddisfazioni individuali. Questo non avviene quando il governo si assume il ruolo di guardiano, genitore o custode, poiché ti toglie il senso dell'orgoglio. Ma il vero problema è che il governo non è in grado di farci avere la sicurezza economica di cui va parlando.

I cosiddetti vantaggi che il governo sostiene di poterci procurare vengono sempre ottenuti a spese della libertà altrui. E' un sistema fallimentare, e le giovani generazioni lo sanno. 

Ritornare ad una libera società non elimina la necessità di mettere le cose in ordine, per pagare le spese stravaganti. Ma il dolore non durerebbe a lungo, se faremo le cose nel modo giusto, e soprattutto l'impero avrebbe fine per motivi finanziari. Le nostre guerre finirebbero, gli attacchi alle libertà civili finirebbero, e la prosperità farebbe ritorno
. Le scelte sono chiare: non dovrebbe essere difficile, ma il grande evento che sta per avere luogo ci offre la grande opportunità di invertire la marea, e riprendere la vera grande rivoluzione americana iniziata nel 1776. 

L' opportunità si presenta nonostante l'urgenza e i pericoli che abbiamo di fronte. Facciamo in modo che il "Grande Evento" ci porti alla scoperta che la libertà funziona e diventi popolare, e che il grande evento politico ed economico al quale stiamo assistendo sia in realtà una benedizione sotto mentite spoglie.

Ron Paul

 


 

 
 
 

Terremoto. Tra uomo e natura.

Post n°26 pubblicato il 07 Aprile 2009 da liberemanuele
 

 

 Le scene di questi giorni, riportano noi umbri indietro di più di dieci anni, al 1997. La stessa scossa, quella delle tre e mezzo - decisamente avvertita anche da qui -, ha subito riacceso in noi quelle paure, la consapevolezza di poter perdere tutto, la speranza che questa volta sia più lieve. I secondi sono stati un interminabile aspettare, attendere per capire se sia soltanto una scossa o il ripetersi di una tragedia. Finiti quegli attimi, presa coscienza che è stata più paura che altro, abbiamo cercato di riprendere sonno, alcuni invano: il ricordo è ancora forte.

Ma la mattina i telegiornali ci hanno detto che qualcosa è successo. Brutto, anzi tremendo. L'inizio di un tragedia, questa volta però è toccato a qualcun'altro. Nemmeno il tempo per rendersi conto di averla scampata e si comincia la crudele ed impietosa conta: di morti, dispersi, feriti (a cui non si presta mai la dovuta importanza) e i “salvi” - che però dopo un terremoto sono “sfollati”.

Comincia la corsa: agli aiuti, alle donazioni (che oggi hanno fortunatamente moltissime forme di raccolta) e non solo di denaro ma di sangue - salito sulla macchina per andare a lavoro la mattina, il sangue era un' emergenza; la sera gli addetti ringraziavano e avvertivano che ce n'era più che sufficienza.

Quindi arriva la sera è con essa si raccontano le storie personali, c'è chi ha perso un figlio, chi i genitori, molti “tutto”.

Ma non si perde mai "tutto". La “natura” ci può prendere molto, anche tutto è vero, ma poi come abbiamo costruito una volta, ricostruiremo ancora e meglio (alcuni tecnici spiegano come non è il terremoto che uccide, sono le costruzioni non adeguate: in California – seguivano ieri sera in televisione – un terremoto così non avrebbe fatto morti).

Stiamo dimostrando questi giorni che è possibile. Non bisogna – e lo so che in teoria è “troppo” facile – disperare, ma andare avanti, sempre, nella consapevolezza che non è la natura che ha costruito ciò che poi ha distrutto, e che quindi il futuro è in mano nostra.

Ciò che sta accadendo in questi momenti, non è riducibile ad un esile “aiuto”, ma è la vigorosa risposta umana ad una “natura” che non è né buona né cattiva. La forza vitale delle braccia che scavano e che salvano, i camion che portano un riparo e qualcosa da mangiare, uomini che non si riconoscono nemmeno una tregua per raggiungere il loro “scopo”.

Allora di fronte a questo non dobbiamo sentirci piccoli ma grandi, per la capacità di reazione, che però non si deve fermare a salvare: i salvati, o i salvi, poi devono ricostruire loro stessi, la loro vita. La disperazione non deve fermare la “forza vitale” dell'uomo; la natura non può bloccarci. Dobbiamo continuare e anche ripartire da zero. Nessuno ci ha mai regalato niente, siamo sempre noi che ci siamo costruiti e inventati tutto: possiamo e dobbiamo ancora farcela.

E' il nostro “scopo”.

“ …. Oggi nel cataclisma abruzzese, non il primo né l’ultimo, rileggiamo la filogenesi dell’Italia e la fierezza del suo ricostruirsi. I Marsi abruzzesi, al riguardo, sono campioni di muscolatura e volontà. La loro Primavera sacra non finisce qui”.

 Alessandro Giuli da “ilFoglio”

 

 
 
 

G20: la dittatura degli "inferni" fiscali.

Post n°25 pubblicato il 03 Aprile 2009 da liberemanuele
 

Domenica scorsa è apparso sulle colonne de "il Riformista" un articolo a firma di Alberto Mingardi - numero uno dell'Istituto Bruno Leoni -, titolava: "Che resistano i paradisi fiscali è la nostra fortuna". Un titolo del genere merita di essere letto: non è facile trovare qualche voce controcorrente sulla carta!

"... Se le parole hanno un peso, l'idea che a un paradiso fiscale vada preferito il suo contrario, cioè presumibilmente un inferno fiscale, riesce davvero curiosa. ..." e ancora "... i 'paradisi' hanno tenuto duro, anche perché il Satana francese [se c'è un sistema di inferni, c'è anche un capo] e i diavoletti compagnucci suoi sapevano bene che un po' di capitali espatriati facevano loro più bene che male. ..."; "... [L'esistenza dei paradisi fiscali] incentiva  i maledetti detentori di capitale a non lesinare gli sforzi. ...".

Infine: " .... Uno Stato dal quale non si può scappare è uno Stato dal quale non ci si può difendere. ...".

Ho trovato questo articolo semplicemente geniale, e ieri sera, di fronte ai "successi" del G20 non sono nemmeno riuscito a ridere delle gaffe di Berlusconi e Mrs. Obama.

Che i capi di Stato, guardino alle decisioni prese come la base di un nuovo ordine internazionale mi spaventa ancora di più. Quando Obama dice che sono state prese "decisioni dalla portata senza precedenti", o, come aggiunge Gordon Brown:"I problemi che la gente pensava ci divedessero, non ci hanno diviso affatto", non mi tranquillizzo. Le liste nere e grige dei paradisi fiscali e lo stimolo di mille miliardi, anzi, mi fanno ricordare che la Fed, ha dato il via all'espansione creditizia - responsabile della distorsione dei mercati quindi della crisi, proprio per incentivare e stimolare i mercati.

Il mercato è un processo volontario, spontaneo, che vive di rapporti "orizzontali" tra individui eguali, che crea ricchezza nello scambio e soffre gli stimoli dall'alto. Le autorità economiche hanno drogato i tassi di interesse e hanno iniettato liquidità come eroina ad un drogato. Ecco la crisi, "l'accumulo di errori". Che un imprenditore sbagli è normale: che quasi tutti gl'imprenditori occidentali sbaglino è segno evidente che il mercato è schifosamente drogato dalle banche centrali.

I paracadute offerti dai governi ritardano o neutralizzano l'aggiustamento naturale del mercato: questo vuol dire che la disoccupazione non verrà riassorbita velocemente e che non si riprenderà a creare ricchezza presto.

Come scrive Massimiliano Neri, sul suo "Blog about: Scuola Austriaca" , "... le banche centrali hanno il potere di fissare il tasso di interesse. Questa politica si basa sull'assunzione che i loro economisti siano talmente preparati da poter determinare in ogni momento il tasso d'interesse più adeguato per la società. ... Come ha mostrato il premio nobel per l'economia Hayek , nessun organo centrale direttore dispone dell'informazione necessaria per eseguire questo calcolo economico".

 Le informazioni (economiche) sono "disperse", questo è il motivo per cui le economie pianificate sono fallimentari e il capitalismo no (sempre che i prezzi svolgano fedelmente la loro funzione di "informazione" e non siano drogati dalle banche centrali).

Continua Neri:"... le banche centrali non possono determinare il tasso di interesse più adeguato, ne consegue che quello da loro calcolato non risponde ai reali bisogni della società e introduce inevitabilmente una distorsione rispetto alla necessità del libero mercato".

 

 

 
 
 

Inutili rischi e un'iniziativa importate.

Post n°24 pubblicato il 01 Aprile 2009 da liberemanuele
 


Per uno come me, fissato sin da piccolo a questo immenso principio chiamato "libertà", è stato naturale avere da sempre simpatia per la libera circolazione di persone e merci. Lo studio della storia, in particolare la presa di coscienza del rapporto tra "nazionalismo" e Seconda Guerra Mondiale, mi ha dato ragioni forti a sostegno di tale simpatia.

Da qui nasce un timore. Tanto più grande in quanto sono cittadino italiano; tanto più forte all'aggravarsi della crisi e dal pericolo delle politiche anticrisi.

- Italia e la "strategia" del debito pubblico.

Nel 2008 il debito pubblico italiano supera il centotre per cento del PIL; spendiamo per gli interessi settantasette "miliardi" di Euro l'anno. Rothbard spiega che il debito grava doppiamente sulla società: primo perché prende i risparmi dal privato per sperderli sull' "inefficiente" pubblico; secondo perché al debito dovranno far fronte i futuri contribuenti. Come non bastasse il solo modo possibile per ridurlo è aumentando le tasse: ma in Italia la pressione fiscale è già satura con il suo quarantatre per cento sul PIL. In più il nostro debito è proprietà di investitori stranieri: decisamente sconveniente in un momento di crisi, secondo i mercati internazionali. I tassi sul debito stanno aumentando: ciò evidenzia il cattivo giudizio sul nostro debito.

Cosa succederà se i tassi saliranno al punto che lo Stato italiano non sarà in grado di pagare le sue scadenze?
E' logico che il nostro Presidente annunci un aumento del debito pubblico per far fronte alla crisi?

A mio parere la risposta è NO. Se succedesse la situazione sopra citata il nostro Stato andrà in bancarotta come l'Argentina nel 2001.

- Eliminando la guerra, il "libero scambio" salva la vita (il pericolo delle tentazioni protezionistiche).

Ecco finalmente qualcosa cui aderire con entusiasmo: un appello per il "Free trade, peace and prosperity".

Cito qui sotto i passi salienti del manifesto -scaricabile liberamente in molte lingue in formato  "Pdf" e "jpg":

Lo spettro del protezionismo è in forte avanzata. ...

... Il protezionismo crea povertà, non prosperità ...

... Aumentando i prezzi locali dell'acciaio - "proteggendo" le aziende dell'acciaio nazionali -, si incrementano solo i costi della produzione di macchine e di altre merci fatte con l'acciaio. ...

... Il protezionismo cancella anche la pace ...

... nazionalismo economico: un' ideologia del conflitto, basata sull'ignoranza e messo in pratica attraverso il protezionismo ...

"La pace è un effetto del commercio. Due nazioni ... diventano reciprocamente dipendenti: una nazione ha interesse nel comprare, l'altra nel vendere; la loro unione è fondata su reciproche necessità ..." Montesquieu

... Lo scambio promuove la pace, in parte, riunendo persone diverse  intorno alla comune cultura del commercio - in parte diffonde le lingue degli altri, le norme sociali, le leggi, le aspettative, i desideri e i talenti. ...

... Il libero scambio promuove la pace incoraggiando la gente a costruire legami di una cooperazione [volontaria] reciprocamente vantaggiosa ...

.... Lo scambio internazionale è crollato del settanta per cento tra il 1929 e il '32, in parte a causa dei dazi americani imposti con il Smoot-Hawley del 1930, insieme ai dazi "di rappresaglia" delle altre nazioni, L'economista Martin Wolf ha notato che: "Questo crollo dello scambio è stato un grande stimolo per la ricerca dell'autarchia (di "fascista" memoria) e dello "spazio vitale", soprattutto per la Germania e il Giappone". ...

... Il [suo] dono più grande è la vita umana, resa più libera, piena e molto meno vulnerabile dall'atrocità distruttiva della guerra. ...

Noi diciamo ad ogni governo: lasciate godere i vostri cittadini non solo i frutti dei loro campi, delle imprese e degli ingegni, ma anche dei frutti di tutto il Mondo. Come compenso avremo un maggior benessere, una vita più ricca e il godimento della pace. 

 

 

 
 
 

Chi comanda.

Post n°23 pubblicato il 27 Marzo 2009 da liberemanuele
 

Passa l'emendamento dell'Udc sulla legge sul testamento biologico che rende quest'ultimo un inutile pezzo di carta che andrà a rimpinguare la già piena dispensa dei regolamenti del cittadino italiano.

La nostra volontà non è rigida, comanda lo Stato, è lui che dice come e cosa bisogna fare. Non solo ci martoria di regole e ci tartassa come polli da spennare, ora anche da malati l'ultima parola è sua.

In tempi di crisi la gente ha paura, perde il posto di lavoro, le aziende chiedono aiuti, le banche ottengono persino più di quello che hanno la sfacciataggine di chiedere e i sindacati scioperano contro la mancanza di lavoro (è un paradosso, ma in mezzo a tanta caciara qualcosa dovranno pur fare, poveri sindacati ... ).

 Lo Stato fa la parte di padrone e così la nostra libertà è il corrispettivo che paghiamo per ciò che chiediamo - poi non è detto che otteniamo.

Ma questo non è accettabile. Pochi esempi per dare l'idea del momento: la legge sul testamento biologico - la tuonata del Cardinale Bagnasco è servita evidentemente - , il "divieto di cornetto" dell'assessore al Commercio di Roma Davide Bordoni,  il "problema demografico" di Jonathon Porrit - consigliere "verde" di Gordon Brown - e il divieto di indossare cappucci e passamontagna che sta promulgando il governo greco.

Il "divieto di cornetto".

 Dopo l'una di notte non sarà più possibile - per ora solo a Roma, ma il virus è in circolazione ... - farsi un cornetto, un gelato o una pizza passando una serata con gli amici (in compenso, grazie alla legge Orsi, da sedici anni i ragazzi si potranno alzarsi alle quattro, imbracciare il fucile e impallinare vari pennuti in compagnia del proprio vecchio). Pasticcerie, panettieri, yogurterie, pizzerie, gelaterie e quant'altro: all'una si chiude!

"L'una di notte ci sembra un orario congruo, che permette di esercitare bene la propria attività e che dovrebbe soddisfare tutti". Davide Bordoni

Città come New York, famose per "non dormire mai", rimangono un miraggio per noi poveri italiani imbrigliati dai nostri paterni politici.

Il problema demografico.

Che i "verdi" siano portati per l'ingegneria sociale già l'avevo scritto, ma ora si tocca il fondo! Infatti per questo simpatico signore, Jonathon Porrit, la popolazione britannica deve essere portata a  trenta milioni di abitanti.

"La crescita demografica, più lo sviluppo economico, sta mettendo il mondo sotto una terribile pressione". J.Porrit

Gli "esperti" dicono che la popolazione occidentale sta avendo un effetto tragico sull'ambiente: la "Terra" (chissà se dopo Dio, la Nazione e il Popolo, sarà la "Terra" degli ambientalisti la candidata a far da bandiera all'ennesima guerra dell'umanità contro se stessa) trarrebbe giovamento da una drastica riduzione degli occidentali.

Divieto di cappucci e passamontagna.

 Questa che sembra la più sciocca, in verità è l'unica delle tre che ha una parvenza di legittimità. Dopo i tumulti dell'anno scorso, la Grecia scossa vieta i due accessori riconducibili apparentemente ai disobbedienti anarchici.

Ma è evidentemente qualcosa di superfluo e iniquo, l'ennesima limitazione che non serve a niente se non, come gli esempi sopra citati, ... farci vedere chi comanda.


 

 
 
 

Tutti vogliono fare qualcosa.

Post n°22 pubblicato il 25 Marzo 2009 da liberemanuele
 

 Tornato a casa, questa sera sono incappato in una delle tante trasmissioni "inutili": "Ballarò". Il giornalista che la conduce, Floris, di per se è un buon diavolo: preparato, attento, acuto, ma gl'invitati sono sempre più o meno gli stessi, e sempre impegnati ad urlarsi addosso la solita minestra tra retorica e propaganda:

... "Bisogna fare di più per loro!" ... "Ma in realtà non si è fatto mai niente per questi!!" ... "E chi si è mai curato di quest'altri invece!?!" ..."Ci vuole ben altro!" ...

In tempi di crisi poi, come ho già scritto, la politica è presa dall'opera di lifting facciale e quindi è facile ritrovarsi discorsi infarciti di "bene comune" o di sacrifici per il paese e via dicendo con i soliti slogan. L'opposizione poi sembra aver ritrovato alcuni motti, tipo "tassare i ricchi per dare ai poveri" - il precipitato del principio "meglio avere meno, ma per  tutti" - che sembra portarla indietro di più di vent'anni.
 Ma verità vuole che all'aumentare delle tasse, non corrisponde un accrescimento o un miglioramento dei servizi.

 Lo Stato è una macchina complessa e troppo grossa per beneficiare di effetti diretti e proporzionali: ci vorrebbero tasse altissime, oltre il settanta per cento del PIL per poter mantenere le promesse politiche (e già ad oggi ne viene usato metà per far fronte alla spesa pubblica). Ma con una tassazione del genere, sparirebbero dal territorio nazionale le aziende e le imprese di qualsiasi tipo, con il risultato che non ci sarebbe più chi crea ricchezza e mancherebbero le opportunità per chi rimane. Ne viene che lo Stato crollerebbe.

La politica non ha etica; la politica vive per se stessa, quindi può dire quello che vuole per difendere il suo ruolo di pianificatrice della società.

Sono gli uomini che devono ragionare razionalmente per vivere; la politica afferma "dogmi", che oggi hanno la forma dello slogan e si pregiano artificiosamente della parola "sociale".
 Aristotele ha giustamente classificato l'uomo come animale sociale, ma abbiamo commesso l'errore di identificare "sociale" con "statale".
 La "ragione" vorrebbe infatti che non bisogna impoverire alcuni per far star meglio altri, ma bisogna creare le condizioni per cui anche gli altri possano arricchirsi. E questo vuol dire prima di tutto far fare un passo in dietro allo Stato: deregolamentare le attività economiche e la loro impresa, abolire gli ordini professionali e il valore legale dei titoli scolastici, infine detassare i redditi e il lavoro. Insomma lasciar spazio all' "azione umana".  

Non è il sacrificio, ma la "felicità"; non l'abnegazione, ma  la realizzazione di sé.

 Non è lo Stato, ma siamo noi che possiamo salvarci dalla crisi. Tutte le crisi economiche sono terminate non per l'intervento statale - che ne ha allungato e peggiorato gli effetti -, ma perché sono le aziende e gli uomini che ricominciano ad arricchirsi grazie al loro ingegno, alle loro passioni e la loro volontà.

"Ritengo l'azione del Governo e quella volontaria del mercato diametralmente opposta. La prima implica necessariamente la violenza, l'aggressione e lo sfruttamento. La seconda è per propria natura armoniosa, pacifica e mutualmente benefica per tutti".

Murray N. Rothbard

Dopo analisi quanto più fredde, razionali e specifiche - sempre nella limitatezza delle mie conoscenze ed interessi -, ho sentito la necessità di un di un post più "romantico", ispirato anche da un articolo apparso nel sito dell' IBL sull'attualità del pensiero di Ayn Rand, scrittrice appassionante, che mi ha tenuto in ostaggio con le sue letture per quasi un mese. Parlerò - spero - in futuro di questa magnifica autrice; per ora dico che in mezzo a tanta retorica del "tutti insieme", sento l'esigenza dell'affermazione dell'uomo come individuo capace e pensante, che credo sia l'unica e autentica "etica" per poter uscire da questo periodaccio: quella della"libertà".  

 

 
 
 

Sulle tasse.

Post n°18 pubblicato il 15 Marzo 2009 da liberemanuele
 

tasse

Il nuovo leader del PD, Franceschini, ha avuto la brillante idea di proporre una soluzione innovativa (qui sono sarcastico, ma le vere soluzioni "innovative" della politica mi fanno terrore) alla crisi: aumento delle tasse sui grandi redditi.

Vorrei lasciar perdere il fatto che i grandi redditi, per Franceschini, sono quelli superiori a centomila euro, che può anche esserlo per un economia emergente, ma non per una delle prime economie mondiali. Il fatto scoraggiante, è che la nostra politica ha fatto passare una sbagliata analisi economica della crisi, con tutti i pericoli demagogici cui si va incontro (magari cavalcandoli).

Non mi stupisce. E' il momento della rivalsa per la politica, una buona occasione per rifarsi una faccia decente, a scapito della ricchezza nazionale (se non europea e mondiale). I governi sono relativamente interessati allo stato dei loro cittadini: se stanno bene anzi, sarà più difficile che facciano passare le sciocchezze (chiamiamole così) dei loro governanti e magari avranno troppa fiducia in un' economia che crea opportunità;  in stato di crisi, "il fine giustifica ogni mezzo". La facilità che i governi hanno di attaccare l'economia, è proporzionale alla possibilità che hanno i stessi di ristabilire il loro primato.

Le analisi sbagliate al sistema.

Come suggerisce il nostro Tremonti, la Cina e i paesi in via di sviluppo ci hanno sottratto risorse, sporcano e in più conoscono le prime differenze sociali. Insomma, non è tanto importante che un miliardo di cinesi stiano uscendo dal cono d'ombra della fame, e che, mentre prima alcuni morivano di fame e altri si salvavano, ora alcuni si arricchiscono e altri lavorano. Ma la rilevanza sta nel fatto che le sue tesi assurde, abbiano avuto ragione - anche se grazie alla politica, di cui richiede il primato. Poco importa che lo sviluppo, la pace e la ricchezza che abbiamo conosciuto, si basino sul fondamentale principio che "il mondo non è a somma zero" - principio che da l'idea di quanto sia ingiusto chi dice che la tassazione è "restituzione" alla società di quello che si è preso: la ricchezza si crea. Ma quello di Tremonti, è un rispolverare tesi vecchie e di gran impatto. Il suo successo, legittima una medicina amara per la società mondiale.

Dalla "speculazione economica" alla "speculazione politica".

Quindi ogni opinione politica è sdoganata, sia quelle conservatrici di destra, sia quelle anticapitalistiche della sinistra: tutto è accettabile, e dalla speculazione economica "torniamo" alla speculazione politica. Con questo termine, "speculazione", infatti si è inteso tutto il male che è nell'economia e nella finanza, e anzi è servito a creare un' opinione avversa soprattutto alla seconda. Ma la "speculazione" non è altro che cercare di mettere a frutto la propria intelligenza o il proprio business e nel farlo si da modo, con la "mano invisibile" di Adam Smith, di creare e far vivere la società prospera e aperta. Ci dovrebbe essere chiaro: solo una società ricca può permettersi di perseguire l'umanitarismo e di combattere la povertà nel mondo.

Ma oggi i venti tirano verso la "speculazione" politica, e da perseguire non è la ricchezza, ma il potere, e il novecento credo ci dovrebbe aver insegnato cosa vuol dire questo ...

"Anche i ricchi piangano":  le tasse.

Detto ciò, "aumentare le tasse ai redditi alti", che fa molto slogan alla Berlusconi, è anacronistico e populista.
L'italiano medio sembra sognare - e la Robin Hood tax ne è stata prova - di mettere le tasche a chi ha più di lui, ma a sua volta lucida il fucile per chiunque voglia metterle nelle sue. Questo la politica lo ha capito, e promette tasse severe per i più ricchi, a cui a sua volta dice di allentare le maglie del controllo fiscale.

Tipico della nostra politica, a fronte di regole impossibili: io Stato ti permetto di evadere.

La borghesia italiana.

La mancanza di una borghesia illuminata, attenta alla propria libertà dallo Stato, fa il resto accettando la ricchezza attraverso lo Stato - fatta di giochetti sugli appalti e quant'altro -, praticando l'evasione e il piagnisteo.  "La nostra è una nazione cinica che gioca sul patetico, al grido: ho famiglia! Il vittimismo è una chiave di successo.", così Montanelli decifrava bene cos'è diventata l'Italia media, una nazione poca attenta ai principi, anche se in nome dei stessi è capace di tutto. Basti pensare che molto del successo berlusconiano è dovuto dal suo proclamarsi vittima delle "toghe rosse". Mentre la dignità del borghese illuminato, rifiuterebbe qualsiasi autocommiserazione pubblica, per un senso della dignità che in gran parte abbiamo perduto. Ma il Conservatorismo alla Prezzolini non ha mai attecchito da noi: "il vero conservatore sa che a problemi nuovi occorrono risposte nuove, ispirate a principi permanenti".  Mentre è molto in voga il tradizionalismo, il reazionarismo, i retrogradi: a sinistra come a destra (tanto che le risposte politiche e le analisi si avvicinano clamorosamente).

Conclusioni.

"Ogni imposta inutile è un furto ... tanto più odioso in quanto si effettua con tutte le solennità della legge ... tanto più odioso in quanto è perpetrato dall'autorità in armi, contro l'individuo disarmato".                   Benjamin Costant

Alzare la tassazione è una risposta vecchia, che porterebbe all'uscita dei capitali illuminati e all'imbarbarimento di quelli che rimangono. Perché imbarbarimento? Perché se ho un' azienda che lavora fino ad agosto per lo Stato, sarò molto più rigido verso i miei lavoratori, meno propenso all'ammodernamento e più incentivato all'evasione. Nonché molto più leggero nel chiedere l'aiuto allo Stato, spacciandolo per "aiuto sociale". La tassa alta, altro non è che  un furto a mano armata, legittimata dalla "giustizia sociale e redistributiva": "il cavallo di Troia attraverso il quale ha fatto il suo ingresso il Totalitarismo"  Friedrich von Hayek.    

Alla base dello Stato moderno, secondo John Locke,  c'è la scelta consensuale tra uomini eguali e liberi di essere governati da un potere giusto e legittimo: allo Stato viene perciò riconosciuto un tributo per garantire sicurezza interna ed esterna - principio in seguito messo in discussione dalla corrente anarchica, che personalmente reputo molto interessante, di Murray N. Rothbard -. Ma in Italia il rapporto sembra essersi rotto: tasse eccessive, regolamenti che strozzano la società, la malavita organizzata che controlla metà paese, rendono nullo il "contratto sociale" alla sua base. Ma invece di scandalizzarci, ci adattiamo alla regola del più furbo: vogliamo dallo stato qualcosa in cambio ... e non intendo servizi pubblici, ne ho già parlato in "Belpaese: stivale stretto".

Le tasse,  che sembrano piacere tanto, sono un arma a doppio taglio. Lo Stato non ha interesse all'arricchimento di una società, allo stesso tempo è da questa che trae le risorse: abbassarle, anche drasticamente (e sono portato a pensare anche ad una no-tax al sud, insieme ad un organico dimagrimento delle regolamentazioni per le attività economiche, al fine di far ripartire con slancio e libero dal racket questa parte d'Italia) e promuovere anche uno smaltimento delle leggi italiane* è la risposta che mi sembra più opportuna.

*A proposito di questo c'è un capitolo dello "Stato canaglia" di Piero Ostellino, che cita dei dati paurosi: " ... le leggi e i regolamenti sono troppi. Nessuno sa quanti siano. C'è chi dice cento - centocinquantamila (Sabino Cassese); chi cinquanta mila (Franco Bassanini);  chi trentasettemila (il Servizio studi della Camera dei deputati). ... Francia ha poco più di diecimila leggi e la Germania meno di novemila ...". Il sistema anglosassone ne conta poco meno di settemila. 


 

 
 
 

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