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BARACK OBAMA, il GURU del Rinnovamento Americano

Post n°284 pubblicato il 05 Novembre 2008 da gladiatore1973
 
Foto di gladiatore1973

"Il cambiamento è arrivato". Dopo averlo invocato durante la campagna elettorale, Barack Obama lo ha potuto annunciare da Presidente eletto degli Stati Uniti d’America, il 44esimo per l'esattezza . "La Nazione", ha assicurato nel suo primo discorso alla festa di Chicago, "ha davanti a sè una nuova alba" per la sua leadership. Parlando al Grant park davanti a migliaia di persone, il primo presidente afroamericano della storia si è mostrato sicuro di sè, per niente emozionato. Abbattute ogni forma di pregiudizi nei confronti dei "Neri d'America" e il crudele assassinio a Martin Luther King sembra lontano secoli e secoli.

Ma qualcuno scontento per la vittoria di Barack Obama ci sarà pure nel mondo? Ma a leggere i giornali oggi non pare. E' un coro di consensi, che si allarga negli angoli più impensati e arriva anche a The Sun, quotidiano britannico solidamente  scandalistico che rinuncia per un giorno  alle tette in primo piano per raccontare con partecipata emozione il cambiamento dell'America.  "Change has come to America" è lo slogan che si ripete nei titoli dei giornali on line di tutto il mondo. E Obama dovrà essere anche più del grand'uomo che si è già dimostrato per mantenere fede - contemporaneamente - a tutto quello che ci si attende da lui. In Israele ci si aspetta, come sottolinea Haaretz,  che il legame privilegiato con gli Usa continui e anzi si rafforzi. Ma di più, da quel politico che già ha compiuto il miracolo di piacere agli ebrei come agli arabi, ci si aspetta il più grande miracolo della pace.
Anche Hamas pone a modo suo un'opzione su di lui. Al Arabiya riporta le dichiarazioni tra il lusinghiero e il minaccioso del portavoce Fawzi Barhum, che detta un'agenda precisa: "Deve imparare dagli errori delle precedenti amministrazioni e rafforzare i legami degli Usa con il resto del mondo invece di fare la voce grossa". 


Quasi scontato è l'entusiasmo dell'Africa. Lo riassume il quotidiano indipendente Mail&Guardian, che sotto una enorme ritratto di Obama titola: "La politica cambia volto".  Il riferimento, per l'intero continente è all'eroe della lotta all'apartheid, Nelson Mandela, che ha già salutato la sua vittoria. Ma il dato importante ora è questo: l''Africa avrà una voce a Washignton. O almeno così si spera.
In realtà fra tante speranze e dichiarazioni c'è chi lo snobba. Il Theran Times, voce del regime che con gli Stati Uniti e in particolare con l'amministrazione Bush ha molti conti in sospeso, non commenta il voto americano, relegando a una ultima ora. A meno che non si voglia considerare un giudizio una dichiarazione non aggiornata dell'ambasciatore iracheno a Teheran a metà pagina dove si dice che "democratici o repubblicani che siano,in ogni caso non ci saranno grossi cambiamenti". 


La Russia di Putin/Medvedev, dove le elezioni sono coincise con il primo, solenne discorso alla nazione del presidente, osserva a distanza. Il Kommersant offre segnali per lo più negativi. C'è un minaccioso Mikhail Margelov, presidente della presidente della commissione Esteri del Consiglio della Federazione russa, il quale, dito levato, ammonisce: "La vittoria di Obama non basterà a sgelare i rapporti" Del resto, si ricorda, l'odiato presidente georgiano Saakashvil ha definito tanto Obama come McCain amici e questo è abbastanza per diffidare. D'altra parte la storica ItarTass apre scrivendo che Medvedev "spera in un dialogo proficuo con il nuovo presidente americano". 
Sulla prossimità islamica di Barack Hussein Obama gioca con evidente piacere l'indonesiano Jakarta Post che mette in prima pagina una foto dove due ragazzine pudicamente velate e tutte sorridenti posano accanto a una sagoma di cartone raffigurante Obama. E' l'istantanea di un sentimento condiviso. Un reportage racconta degli studenti che nelle scuole hanno accolto la notizia scandendo "Obama, Obama, Obama, ti amiamo". "Ogni mattina - raccontano - prima di iniziare le lezioni pregavamo che Barry vincesse le elezioni". 


Per Barry dal Pakistan è giè pronta una richiesta. La formula su Dawn il primo ministro Gilani: "Il nuovo presidente deve fermare i missili sul versante pachistano del confine afghano o si rischia di perdere la guerra contro Al Qaida e i taleban". "Voti americani, speranze afghane" rilancia Persino il venezuelano Chavez, che agli Stati Uniti non ne fa passare una, su El Universal spende parole di elogio per "La storica elezione di un uomo di ascendenze africane alla testa della Nazione più potente del mondo". Di più: "è il sintomo - dichiara - del fatto che il cambiamento epocale generatosi in Sud-America da lì potrebbe essere arrivato a bussare alle porte degli Stati Uniti".
Anche i cinesi che hanno seguito con appassionata curiosità il meccanismo per loro insolito delle elezionivsi aspettano molto da Obama a cui il China Daily dedica una fotogallery corposa che lo mostra in fasce, poi nei '70, giovane studente con l'acconciatura afro, con i nonni bianchi e con quelli neri, sorridente e fascinoso con americani di ogni età sesso e colore, commosso alla morte della nonna fino a chiudersi sulla Casa Bianca che lo aspetta. Un outsider, figlio di "un padre nero del Kenya e di una madre bianca del Kansas", che forse realizzerà l'aspettativa di "un'America meno arrogante". 
Al Jazeera, che apre pure con una sagoma di Obama, circondato stavolta da matrone afghane. Anche qui, anzi qui più che mai si aspettano che quella paroletta magica, Change, diventi realtà.
Ma se nell'Asia musulmana Obama suscita nuove speranze di comprensione, in Sud America piace perché viene accomunato alla nuova ondata dei presidenti outsider, che non sono bianchi e non sono nati ricchi. L'indio Evo Morales, dalla Bolivia lo saluta così sul giornale cubano 
Granma È una vittoria storica e a nome del governo nazionale ci felicitiamo, perchè si tratta di un signore che proviene dai settori più discriminati, che viene da settori schiavizzati...”. 

Naturalmente le aspettative sono tantissime e ogni Stato del Mondo, come fa ogni bambino quando chiede un regalo a Babbo Natale, impreca desideri e sogni a colui che viene definito "Change-Man". Nel suo primo discorso da Presidente degli Stati Uniti d'America ha esclamato da buon americano che "Nulla in questo Paese è impossibile". La fortissima crisi finanziaria, la politica estera deficitaria di Bush e il linguaggio molto populista utilizzato da Obama hanno di gran lunga favorito la sua netta vittoria sull'avversario McCain. Tutti sperano in un vero CAMBIAMENTO senza però dimenticare che l'America di Cristoforo Colombo è lontana milioni di miglia sia dal punto di vista geografico e sia dal punto di vista mentale. Ma se Obama lancia il suo slogan "You We Can" allora il mio sogno di vedere seduto sul trono della Casa Bianca finalmente un vero INDIANO d'AMERICA, unico legittimo CITTADINO d'AMERICA, non morirà di certo e resterà vivo nel mio CUORE. Dopo tutto in America nulla è Impossibile!

 
 
 
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