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Don Bosco e Manfredini

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oatteo Rigoni (don Bosco, don Antolise, don Festa)

Post n°4 pubblicato il 10 Dicembre 2008 da my.point.of.view

MESSAGGIO NUMERO 10
Memorie di Don Matteo Rigoni degli anni 1884/1888
Ex Direttore della Scuola Manfredini - Salesiani di Don Bosco

Ero forse io quel tale, di cui narrò Dn. Bosco allora? Che vorrebbe dire quel: voltare le spalle a Dn. Bosco? Direi la mia ripugnanza a farmi Salesiano, il fuggire sempre fino alla fine la presenza di Dn. Bosco per timore delle sue parole in contrasto colla mia creduta vocazione. Che poteva significare quel: Dux aliorim? Forse era uno sguardo all'avvenire, o anche al presente: la piacevolezza della voce nel canto, una certa attitudine per le recite sul palco, il buon esempio nella condotta e nello studio, tutto questo doveva essere una spinta, un invito al bene per tutti i miei compagni. E quel mazzo di fiori che portava in mano? Nessuna meraviglia che rappresentasse quella bontà oratoriale, senza merito, che veniva da un'educazione semplice avuta lassù tra i monti del mio altipiano, dove allora non arrivava la ferrovia, non si parlava ancora di cine, sconosciuti sport, gli scii, sconosciuta ogni moda del presente in una vita primitiva primordiale. A 13 anni son venuto all'Oratorio di Torino in un ambiente nuovo, ma sempre sano, tutto studio, scuola, chiesa, musica e grandi giuochi chiassosi in ricreazione. Nei tre anni passati all'Oratorio non riconosco alcun merito e nessuna fatica nell'affermare di non aver mai commesso un peccato veniale deliberato, tanta era la serenità di quella atmosfera, sotto il manto di Maria e l'influsso salutare di buoni superiori, e specialmente di Dn. Bosco che tutto e tutti informava del suo spirito. Oh, quale immensa schiera di buoni compagni che colà ho incontrato che potevano ben dire di portare quel mazzo di fiori. Se questo mazzo si fosse sempre conservato! Pur troppo la vita ci riserba tante improvvisate non sempre fiorite. Ma grazie al buon Dio, Maria e Dn. Bosco sono sempre presenti e pronti a salvare i loro amici e devoti. Dn. Bosco in un'altra volta mi domandò se era mia  intenzione di andare a passare un po’ di vacanze a casa. «Oh, Sig. Dn. Bosco», risposi «se Lei è contento, questa volta mi fermerei qui; il viaggio è lungo e dispendioso, e poi Lei sa che questa volta non troverei tutto in pace». «Se i tuoi sono contenti, io pure lo sono, tanto più che temerei che andando non avessi più a far ritorno. Andrai poi più tardi, e anch'essi verranno».dieci anni dopo, alla mia prima Messa furono presenti ad Este padre, madre e due mie sorelle: Dn. Gallo, valente oratore fece il discorso, Dn. Caviglia ora celebre scrittore da pari suo preparò le declamazioni per l'accademia e il geniale compositore di musica Dn. Antolisei compose un magnifico inno da cantarsi per l'occasione. Si sparsero lagrime di commozione, non però ancora tutto di piena conformità alla volontà di Dio. Così mi decisi di fermarmi all'Oratorio per tutte quelle vacanze mentre cominciai ad essere spettatore della scomparsa di alcuni miei compagni che erano partiti per casa loro al fine di prepararsi prossimamente ad esami pubblici. Non li invidiavo punto; in Dn. Bosco e nelle sue parole io avevo posta ogni mia piena fiducia. Una sera presso al tramonto del sole mi recai a far visita a Dn. Bosco. M'incontrai dapprima col segretario Dn. Festa. Appena mi vide: «Ho capito,» mi disse, «vieni che ti accompagnerò io da Dn. Bosco», e mi condusse nel corridoio al di là della cappella, dove Dn. Bosco stava seduto sopra la sua solita poltrona che ancora si conserva come ricordo. «Sig. Dn. Bosco, c'è qui Rigoni che desidera ossequiarla». «Oh, sì, vieni, vieni» disse Dn. Bosco. Io mi avanzava e Dn. Festa ritornava sui suoi passi. «Vedi,» mi disse Dn. Bosco, «come Dn. Festa  ti vuol bene». Poi cominciò a farmi alcune domande, a cui rispondevo come sapevo con tutta semplicità, ma non ricordo più ne domande, né risposte. Passati circa 10 minuti in discorsi di grande vantaggio all'anima mia, a un certo punto all'improvviso uscì con questa espressione. «Ora dobbiamo fare una gran cosa. E sai quale?». Io mi aspettavo che mi acclamasse a qualche grande impresa da compiere, e stavo proprio in grande attesa. «Dobbiamo», disse, «andare a cena che è tempo». […] ho sorriso, e Dn. Bosco continuò: «Vediamo ora se sei capace di alzare Dn. Bosco dalla sua sedia». E in questo mi porgeva le sue santissime mani, come fa la madre che vuole scherzando mettere alla prova un suo bambinello. Io ho preso le sue mani tra le mie, e dopo averle baciate con somma riverenza, ho provato con due o tre inutili sforzi di rialzare Dn. Bosco. «Ho capito,» mi disse quasi subito, «non sei capace; ebbene ti aiuterò anch'io, e allora vedrai che tra tutti e due riusciremo ad alzare questa povera carcassa di Dn. Bosco». E lasciò le mie mani per appoggiarsi sui braccioli della poltrona, e allora con qualche sforzo riuscì ad alzarsi in piedi. «Hai visto che ci siamo riusciti?», e piano piano c'incamminammo verso l'uscita di quel corridoio, passammo nella cappella, e attraversando l'anticamera uscimmo sul ballatoio esterno. Intanto si era già a noi unito Dn. Festa e qualche altro che l'aspettavano per accompagnarlo fino alla porta del refettorio, sempre fra qualche amena uscita di Dn. Bosco rivolta or all'uno, or all'altro.

 
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