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Don Bosco e Manfredini

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Don Matteo Rigoni (la profezia di don Bosco)

Post n°5 pubblicato il 10 Dicembre 2008 da my.point.of.view

MESSAGGIO NUMERO 12
Memorie di Don Matteo Rigoni degli anni 1884/1888
Ex Direttore della Scuola Manfredini - Salesiani di Don Bosco

Qualche volta alcuni pochi andavamo colà ad aiutare nel canto di certe solennità; ci trattavano veramente da nobili, quantunque noi non ne avevamo proprio l'aria, ecco: si sentiva da tutti di essere figli di uno stesso Padre. Dn. Bosco si trovava proprio là in quella specie di romitaggio nel primo piano dell'ultimo braccio di palazzo vi era un atrio spazioso, a sinistra del quale nell'angolo precedute da un secondo atrio assai minore del primo vi erano due stanzette, e tutto questo esiste ancora al presente come allora. Nella seconda stanzetta stava appunto Dn. Bosco. Sono entrato da solo dopo aver battuto, e udito la sua debole voce, che diceva: «Avanti», sono entrato e l'ho visto là seduto sopra un piccolo sofà nel suo solito atteggiamento. Mi ha ricevuto come accoglie un padre; io gli ho baciato la mano, e sono rimasto là immobile dinanzi a lui. Mi ha fatto subito alcune domande sui fatti dei giorni passati a Brescia; a mia volta gli ho espresso qualche leggera difficoltà sulla mia vocazione, che egli mi ha subito sciolta, incoraggiandomi al gran passo, ed esprimendomi anzi il suo desiderio che anche i miei genitori fossero presenti alla mia vestizione, ciò che non avvenne: la distanza era troppa, né io ero caldo per questo. Ad un certo punto, dopo breve sospensione, si fece serio in volto, e mi disse: «Senti…quando avrai compiuto tre volte quattordici anni, chiamerai Dn. Bosco in Paradiso». Ed io gli domandai «Devo contare cominciando d'adesso, o dal principio della mia vita?».Ed egli subito senza stare a far calcoli, o a domandarmi la mia età presente che io non gli avevo mai detta. «Comincerai a contare da adesso, cioè quando sarai vicino ai 60 anni». Di quell'incontro con Dn. Bosco ho sempre ricordato queste sue parole precise: quando avrai compiuto 3 volte 14 anni, chiamerai Dn. Bosco in Paradiso. Non sapevo a che cosa Dn. Bosco alludesse, né io potevo immaginare qualche cosa di reale. Appena uscito dalla stanza di Dn. Bosco, a Dn. Gastaldi ripetei le parole di Dn. Bosco, domandandogli cosa possono significare quelle parole. «Sono parole di Dn. Bosco, e non si devono dimenticare». […] Dopo pochi giorni di riposo passati a Lanzo Torinese, mi sono trasferito a S. Benigno per attendere agli Esercizi Spirituali, terminati i quali, circa la metà di ottobre abbiamo raggiunto la nostra nuova sede a Foglizzo Canavese. Durante gli esercizi spirituali abbiamo tutti capito che eravamo quasi un centinaio venuti da  tutte le case salesiane d'Italia per riunirci nella nuova sede preparataci da Dn. Bosco e quivi compiere l'anno di noviziato. Era un bel palazzo dei Conti Ceresa con adiacenze, prato, cortili e giardini. «Dn. Bosco ci ha preparato una villeggiatura», dicevamo fra noi. Vi era un cortile superiore, da cui per una scaletta si discendeva ad altro cortile rettangolare, tutto messo ad aiuole ricche di fiori. Di qua per una stradicciuola si discendeva ancora, girando attorno ad un campo tutto erba e alberi di grosso fusto, il tutto ben chiuso da mura di cinta. Il palazzo con delle belle stanze signorili, ancora tuttavia bisogno di adattamenti; mancava p. es. la Cappella; e questa fu il nostro primo pensiero. Ci venne indicata una rimessa che si prestava a divenire una cappella. Quindi tutti pronti al lavoro; carriuole, badili, zappe, e picconi tutto era al nostro servizio. Si sa, i lavori di fatica erano per i grandi e robusti che avevano del virile. Noi piccolomini eravamo al loro servizio per liberare la rimessa dagli oggetti minuscoli ingombranti. Venne quindi il lavoro delle zappe e dei badili e della carriuole, si trattava di uguagliare il pavimento, e di trasportare il terreno soverchiante altrove; ed ecco i futuri chierici e missionari, vestiti ancora da uomo in maniche di camicia al lavoro più faticoso; i badili, i picchi, le carriuole tutto è in azione per abbassare, livellare il pavimento; mentre i pittori, meglio i tintoretti come li chiamavamo ridendo, preparavano i colori per dare una prima mano alle pareti, e renderle presentabili. La benedizione della cappella e la vestizione dei chierici doveva avvenire il 4 novembre, e si sapeva già che Dn. Bosco stesso sarebbe venuto a compiere le due funzioni. Questa epoca si avvicinava, e il lavoro era ancora molto in arretrato come succede quasi sempre. Ad una voce di allarme, ecco che si accresce l'ardore, il lavoro si moltiplica, arnesi che si eliminano, scope in movimento, con modesti mobili attrezzi che occupano il loro posto. Siamo verso la fornitura completa della nostra modesta cappella. Noi piccoli stavamo da parte ad incoraggiare, a osare di avanzare qualche paroletta di consiglio, almeno sottovoce, a simulare almeno correndo da una parte, dall'altra qualche interessamento al lavoro, finché alla vigilia ci accorgemmo che tutto era pronto per la solenne funzione e pel ricevimento di Dn. Bosco. La cappella non ha certo l'aria di una Cattedrale, ma prelude già in qualche modo alla bella Chiesa che si costruirà dalle basi sul lato sinistro del secondo cortile; come avvenne dopo non pochi anni. […] Aiutato a discendere l'altare, ci impartì, sempre coll'aiuto degli altri la benedizione col Santissimo.

 
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