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ENRICO FERMI: LA SCIENZA E IL POTERE

Post n°1379 pubblicato il 14 Gennaio 2012 da MANUGIA95
 

Enrico Fermi: la scienza e il potere 
 
 
 
 

Prologo

La sera del 6 dicembre 1938 Enrico Fermi, insieme con la sua famiglia, parte da Roma per Stoccolma. Ufficialmente si reca a ritirare il premio Nobel per la fisica, di cui è stato insignito dall'Accademia svedese. Farà ritorno in Italia soltanto dopo la fine della guerra: la moglie di Fermi, Laura Capon, è di famiglia ebrea e il 17 novembre di quello stesso anno [1938] era stata promulgata dal governo fascista, a suggello di una martellante campagna di propaganda e di una serie di altri provvedimenti legislativi, la famigerata "legge per la difesa della razza".

Alla cerimonia di conferimento del Nobel Fermi non indossa né l'uniforme di accademico d'Italia né la divisa del partito fascista, ma il frac, e invece di levare il braccio nel saluto romano stringe la mano al re Gustavo V. Dopo una breve sosta a Copenaghen, il 24 dicembre, da Southampton, si imbarca sul piroscafo Franconia per gli Stati Uniti: lavora dapprima alla Columbia University di New York, nel 1942 si trasferisce all'università di Chicago, dove progetta e realizza la "pila atomica", il primo reattore nucleare. Tra il 1943 e il 1945 partecipa al progetto Manhattan per la costruzione della bomba atomica: le sue competenze teoriche, unite alla sua straordinaria abilità sperimentale, si rivelano determinanti per il successo dell'impresa scientifico-tecnologica responsabile delle centinaia di migliaia di morti di Hiroshima e Nagasaki.

Le vicende di Fermi sono emblematiche di un'epoca in cui gli scienziati, sempre più spesso, si trovano a doversi confrontare con interrogativi di carattere etico e politico. Quali principî devono regolare i rapporti con i governi e con le industrie? È giusto - quantomeno in certi momenti storici - mettere le proprie conoscenze al servizio del potere militare? Ha ancora senso rinchiudersi nel proprio laboratorio come in una torre d'avorio nel nome della "ricerca pura" se così forti sono gli interessi in gioco e così profonde le implicazioni morali?

Le scelte di Fermi, come vedremo, furono contraddistinte da non poche ambiguità: certamente non furono scelte obbligate. Altri suoi colleghi fisici, come Bruno Pontecorvo o Franco Rasetti, tennero condotte diverse.

La migrazione intellettuale

A partire dagli anni '30, l'aggravarsi della situazione politica, le persecuzioni razziali e, da ultimo, la guerra costrinsero molti uomini di cultura - letterati, filosofi, economisti, storici, romanzieri, registi, musicisti, architetti, artisti, medici, biologi, fisici, matematici - ad abbandonare l'Europa per rifugiarsi negli Stati Uniti (si ricordi che in questo Paese la legge di immigrazione esentava i professori universitari dalle quote fisse di immigrazione, facilitando così l'ingresso degli studiosi invitati da una qualche istituzione statunitense; inoltre, il cosiddetto Emergency Committee for Displaced German Scholars, in seguito esteso a tutte le nazionalità, offrì molti posti a termine a coloro che non avevano un contratto con qualche università, spesso con il sostegno economico della Rockfeller Foundation). Questa migrazione non fu certo un movimento di massa, ma ebbe conseguenze di grande portata: 1) creò i presupposti del predominio degli Stati Uniti in campo scientifico e tecnologico nel dopoguerra; 2) modificò in maniera definitiva la struttura stessa dell'impresa scientifica e fu all'origine della big science dipendente dagli interessi economico-industriali, dalla politica, dai progetti di ricerca militari; 3) sancì l'importanza della conoscenza scientifica all'interno della società e ridefinì il ruolo dello scienziato in quanto uomo di potere e non solo di sapere.

Einstein e von Neumann. Tra i molti fisici teorici e matematici che emigrarono negli Stati Uniti, forse le personalità più di spicco furono Einstein, Fermi e von Neumann. Le figure Einstein e von Neumann sono emblematiche di due atteggiamenti antitetici dello scienziato nei confronti del "potere".

  • Einstein (Ulm 1879 - Princeton 1955), approdato all'Institute for Advanced Studies nel 1933, fisico teorico la cui fama eguaglia quella dei divi del cinema, ha una concezione elitaria del sapere scientifico e non manifesta alcun interesse alle applicazioni della fisica. Si atteggia ad anticonformista (ma forse sarebbe ora di analizzare criticamente questo mito dello scienziato sempre spettinato e apparentemente trasandato - forse Einstein è stato il primo scienziato a curare davvero la propria immagine pubblica) e vive un'esistenza sostanzialmente isolata. Nonostante sia un pacifista convinto e attivo, scrive (1939) la famosa lettera che convince Roosevelt ad avviare il progetto Manhattan per la costruzione dell'atomica (ma Einstein non partecipa al progetto, anche perché sospettato dall'Fbi di avere simpatie comuniste). A costo di semplificare, potremmo dire che Einstein si presenta solo come uomo di sapere e non di potere.
  • John von Neumann (Budapest 1903 - Washington 1957), professore all'Institute for Advanced Studies dal 1933, matematico di straordinario e poliedrico talento, oltre ai risultati puramente teorici ha idee innovative anche nel campo applicativo (crea la teoria dei giochi, rinnova la meteorologia, getta le basi della computer science e della teoria degli automi). Von Neumann, sempre in giacca e cravatta, non esibisce comportamenti anticonformisti ed è perfettamente integrato nell'ambiente accademico: è un uomo di potere. Ha un ruolo importante nel progetto Manhattan (suoi i calcoli che permettono l'esplosione della bomba di Nagasaki) e dopo la guerra diventa consulente della Cia, della National Security Agency, dell'Ibm, membro della Atomic Energy Commission. Von Neumann contribuì ad orientare la politica degli Stati Uniti come superpotenza militare e tecnologica: a lui si deve la lucida teorizzazione, sulla base della teoria dei giochi, dell'idea di "nuclear deterrence", da attuarsi mediante la minaccia di missili balistici intercontinentali [von Neumann è il più probabile ispiratore del personaggio del dottor Stranamore dell'omonimo film di Stanley Kubrick]. Von Neumann è l'esempio paradigmatico dell'uomo di sapere che è anche uomo di potere [vedi scheda allegata per ulteriori dettagli biografici].

Si può dire che la figura di Fermi si collochi, per molti aspetti, a metà strada tra questi due opposte tipologie: è un emblema dello status ambiguo dello scienziato, in bilico tra compromesso, compromissione e libertà intellettuale. 
 
 

La rinascita della fisica italiana

Agli inizi degli anni '20 la fisica teorica è terra di nessuno, al contrario di quel che accade in altri paesi europei (soprattutto la Germania). L'unica scuola fiorente in Italia è quella fisico-matematica, che ha in Tullio Levi-Civita la personalità di maggior spicco.

Fermi (Roma 1901 - 1954) - la cui adolescenza è tragicamente segnata dalla morte del fratello Giulio, di un anno più giovane - ha una formazione essenzialmente da autodidatta (per la biografia di Fermi vedi De Maria o Cordelli et al.). Fermi non solo diventerà uno dei maggiori fisici teorici del '900, imponendosi l'ultimo fisico "completo", al contempo teorico e sperimentale, ma riuscirà a creare ex novo una solidissima e feconda scuola di fisica teorica italiana, le cui propaggini arrivano fino ai giorni nostri.

La carriera di Fermi (fino al 1926). All'esame di ammissione alla Scuola Normale Superiore di Pisa lascia stupefatti gli esaminatori trattando il tema "Caratteri distintivi del suono" non come un ragazzo appena uscito dal liceo, ma come un fisico professionista. Poco più che ventenne Fermi è sostanzialmente l'unico in Italia (a parte, forse, il suo amico Franco Rasetti) ad avere una conoscenza approfondita della relatività e della meccanica quantistica. Il suo professore di Fisica sperimentale alla Normale, Luigi Puccianti, non lo tratta come uno studente, ma come un collega e un consulente (addirittura, chiede a Fermi di tenergli alcuni seminari privati).

La carriera accademica di Fermi è rapidissima: si laurea nel 1922, nel 1923 passa vari mesi a Gottinga (all'epoca la più prestigiosa università tedesca - Fermi vi conobbe Born, Heisenberg e Pauli, tutti futuri premi Nobel), nel 1926 - al suo attivo, nonostante la giovanissima età ha già vari importanti lavori scientifici, tra i quali quello (1925) sulla statistica delle particelle a spin semi-intero (ad esempio, elettroni, protoni e neutroni), oggi denominata statistica di Fermi-Dirac - viene nominato professore all'Università di Roma.

A Roma Fermi riunisce attorno a sé un gruppo di giovani fisici (forse dovremmo piuttosto dire studenti, data la loro età), i "ragazzi di via Panisperna" (la via dove aveva sede l'Istituto di Fisica): Emilio Segrè (classe 1905), Franco Rasetti (classe 1901), Edoardo Amaldi (classe 1908), Ettore Majorana (classe 1906).

Mario Orso Corbino. Il mentore e il protettore del gruppo - l'intelligenza politica che guida il rinnovamento della fisica teorica italiana - è Orso Mario Corbino (1876-1937). Fisico di formazione, direttore dell'Istituto di fisica dell'Università di Roma dal 1918 all'anno della morte (1937), ministro della Pubblica istruzione nel 1921-1922, ministro dell'Economia nel primo governo Mussolini, legato agli ambienti industriali, in particolare alle aziende elettriche (Edison), è Corbino a ottenere per Fermi la prima cattedra di Fisica teorica in Italia e a potenziare le strutture dell'Istituto di via Panisperna. Lungimirante organizzatore culturale, Corbino, pur senza apportare contributi scientifici di rilievo, è consapevole della portata rivoluzionaria della meccanica quantistica e accoglie le ricerche condotte da Fermi sotto la sua egida: in un famoso discorso alla SIPS (Società Italiana per il Progresso delle Scienze), nel 1928, proclama che "la nuova frontiera è la fisica atomica". In particolare, Corbino capisce l'importanza di istituire grandi laboratori nazionali, in grado di competere con gli analoghi centri di ricerca degli altri paesi europei (soprattutto Germania, Francia, Inghilterra, Olanda). In fondo, a prescindere dai suoi indubbi meriti, Corbino pare agire in perfetta consonanza con la politica fascista di rivalutazione della grandezza del "genio italico".

I ragazzi di via Panisperna. Il gruppo di via Panisperna è compatto attorno alla figura carismatica di Fermi. Lo spirito - tra il goliardico e l'elitario - che anima questi giovani ricercatori è testimoniato dai soprannomi che usano tra di loro: Fermi è il "papa", Rasetti il "cardinal vicario", Emilio Segrè e Edoardo Amaldi sono gli "abati" (Corbino è invece il "padreterno", mentre Enrico Persico - amico di Fermi fin dai tempi del liceo e lui stesso fisico teorico - è il "prefetto de propaganda fide" per il ruolo fondamentale che svolge nella diffusione della nuova fisica in Italia).

Più isolato, intellettualmente e umanamente, appare invece Ettore Majorana, soprannominato non a caso il "grande inquisitore", perché sempre critico e pieno di sfiducia verso se stesso e verso gli altri, Fermi compreso. Come fisico teorico, Majorana è l'unico che, in qualche misura, possa reggere il confronto con Fermi (i contributi scientifici di Majorana hanno un accentuato carattere matematico, con intuizioni spesso in anticipo sul proprio tempo). Personalità schiva e complessa, incapace di adeguarsi alle logiche del potere accademico, Majorana scompare in circostanze misteriose il 26 marzo 1938, pochi mesi dopo essere stato nominato professore "per alta e meritata fama" all'università di Napoli (la nomina per chiara fama permette alla commissione di far rientrare nella terna dei vincitori normali anche Giovanni Gentile jr., figlio di Giovanni Gentile). Leonardo Sciascia, nellaScomparsa di Majorana, ipotizza che Majorana fece perdere deliberatamente le proprie tracce - ritirandosi in un convento, oppure emigrando in qualche paese sudamericano, forse l'Argentina - perché aveva intuito le apocalittiche potenzialità distruttive dell'energia nucleare: questa interpretazione, per quanto suggestiva, fa di Majorana un profeta capace di prevedere timori e scenari che potevano essere fondati solo dopo il 1939, quando Meitner e Frisch correttamente interpretarono il fenomeno della fissione osservato da Hahan e Strassmann.

La radioattività artificiale. Le ricerche del gruppo di Fermi sono inizialmente dirette verso la spettroscopia; successivamente, si orientano verso la fisica nucleare. Negli anni 1933-34 Fermi sviluppa la teoria del decadimento beta, con il quale consolida definitivamente la propria fama a livello internazionale.

La radioattività artificiale (o indotta) è scoperta, nel 1933, dai coniugi Joliot-Curie (Jean F. Joliot e Irène Curie, figlia di Marie Sklodowska - "madame Curie" - e Pierre Curie: una famiglia che ha raccolto ben cinque premi Nobel) bombardando con particelle ? un foglio di alluminio. Il gruppo di via Panisperna, in cui svolge un ruolo importante, ma talvolta sottovalutato, anche il chimico Oscar D'Agostino (specializzato in radiochimica presso l'Institut du radium di Parigi) ha l'idea di usare come proiettili, invece delle particelle ?, neutroni. Tra il 1934 e il 1936, in rapida successione, vengono individuati circa quaranta nuovi isotopi radioattivi. "Con questo lavoro il gruppo di Fermi fece di Roma" uno dei maggiori centri mondiali della fisica nucleare del quel tempo" (A. Pais). Questo successo si deve più all'ingegno e alla serendipity di Fermi e compagni, che non alla ricchezza di mezzi e di strumentazione, molto inferiori, ad esempio, a quelli del laboratorio di Joliot-Curie (è Giulio Cesare Trabacchi, direttore del Laboratorio di Fisica dell'Istituto di sanità pubblica di Roma dal 1928 al 1958, a regalare a Fermi un grammo di radio per effettuare gli esperimenti - il significativo soprannome di Trabacchi è "divina provvidenza"). In particolare, Fermi e i suoi scoprirono che i neutroni rallentati con paraffina sono proiettili molto più efficaci di quelli veloci (e su suggerimento di Corbino, sempre attento al lato pratico delle cose, depositarono una richiesta di brevetto per questo procedimento). Questa scoperta del "potere selettivo dei neutroni lenti" varrà a Fermi il premio Nobel e, negli sviluppi successivi, si rileverà di cruciale importanza per la costruzione del primo reattore nucleare.

Fermi e il regime. Fermi si impegnò sempre attivamente (anche negli Stati Uniti) nella politica universitaria: fu non solo un grandissimo fisico, ma anche un "barone", nel senso non necessariamente deteriore del termine. Nei confronti del fascismo nutre un'iniziale simpatia (secondo la testimonianza di Emilio Segrè); successivamente, quando diventa una personalità della cultura italiana, il fiore all'occhiello della ricerca scientifica italiana (insieme al monumento Marconi) Fermi ha bisogno di rimanere in buoni rapporti con il regime per ottenere fondi di ricerca, per avere cattedre per i suoi allievi, eccetera. Fermi iscrive al PNF, nel 1929, il giorno prima di entrare a fare parte dell'Accademia d'Italia, l'impennacchiato pantheon culturale nato per volontà di Benito Mussolini, in esplicita concorrenza con l'Accademia dei Lincei, presieduta dall'antifascista Vito Volterra. Com'è recentemente venuto alla luce (S. Fiori, "La Repubblica" 18-3-2002) nell'Accademia d'Italia vigeva una rigida discriminazione antisemita - imposta da Marconi, presidente dal 1930 al '37: ad esempio sono pubblicamente respinte le candidature di scienziati illustri come Tullio Levi-Civita, Vito Volterra, Federigo Enriques. Insomma, la feluca da accademico non è solo un copricapo da parata, ma anche un segno se non di fedeltà al regime, quantomeno di tacita accettazione della politica di grandeur e di esaltazione nazionalistica di Mussolini. Nel 1934 Fermi fa parte della giuria della sezione scienze dei primi Littoriali della cultura; è conservata una lettera del 193?(1?), nella quale Fermi dichiara senza mezze parole di accettare nel suo gruppo il giovane fisico ebreo Gian Carlo Wick purché questi rinunci a manifestare apertamente il proprio antifascismo. In conclusione, non si sbaglierebbe troppo a definire Fermi un intellettuale organico al regime.

"Il pesce inizia a puzzare dalla testa". La fuga di Fermi negli Stati Uniti e il suo comportamento alla cerimonia di premiazione del Nobel furono duramente criticati dalla stampa di regime (e non solo); già da qualche tempo, tuttavia, erano affiorati sospetti e accuse per la impurità razziale non solo della sua famiglia, ma anche del gruppo di fisici suoi collaboratori (Amaldi, Wick, Segrè erano ebrei, così come Giulio Racah a Pisa). La battuta che circolava a commento della fuga di Fermi era che "il pesce inizia a puzzare dalla testa": nel clamoroso gesto di un accademico d'Italia si scorgeva cioè l'indizio di un irreversibile processo di deterioramento nei rapporti tra il regime e la nazione.

Ma perché Fermi abbandona l'Italia nel 1938? Non soltanto per la minaccia delle leggi razziali. Il fatto è che in Italia non ci sono più le condizioni per continuare a fare ricerca di punta in fisica nucleare: 1) nel 1937 muoiono Corbino e Marconi; 2) in conseguenza dell'autarchia e, soprattutto, dell'impegno militare nella guerra di Etiopia ('35-'36) i finanziamenti alla ricerca fondamentale subiscono una drastico ridimensionamento; 3) come scrive lo stesso Fermi in una lettera al CNR nel gennaio del 1937, gli esperimenti con le sorgenti naturali non possono più competere con quelli effettuati con gli acceleratori di ultima generazione (il primo ciclotrone fu realizzato agli inizi degli anni '30 dal fisico americano Ernest Lawrence) [A, p. 18]; nel giugno del 1938, la presidenza del CNR boccia la proposta di Fermi per la creazione di un "Istituto nazionale di radioattività", il che fa naufragare ogni speranza di costruire un ciclotrone italiano.

Per proseguire la propria attività di ricerca in fisica nucleare ai massimi livelli, Fermi deve emigrare all'estero.

Dalla fissione atomica alla bomba

L'evento che dimostrò incontestabilmente l'enorme potere della scienza - e consacrò la scienza al potere - fu la costruzione della bomba atomica. Questa realizzazione - che avvenne in tempi brevissimi - non fu l'esito diretto e inevitabile delle nuove conoscenze scientifiche sulla struttura del nucleo atomico: richiese gli sforzi congiunti e organizzati di una folta compagine di scienziati - fisici, chimici, matematici, ingegneri - che misero le proprie competenze specifiche e il proprio ingegno al servizio dei militari, consapevoli di lavorare alla costruzione di un ordigno di immane potenza distruttiva.  

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Commenti al Post:
PENSIERO_STUPENDO12
PENSIERO_STUPENDO12 il 09/02/12 alle 03:45 via WEB
bel blog, complimenti. Stefania ^_^
 
 
MANUGIA95
MANUGIA95 il 09/02/12 alle 17:11 via WEB
Sei molto gentile :)
 
 
MANUGIA95
MANUGIA95 il 10/03/12 alle 22:06 via WEB
Grazie infinite!
 
 
MANUGIA95
MANUGIA95 il 07/10/13 alle 17:37 via WEB
Grazie :)
 
 
MANUGIA95
MANUGIA95 il 16/10/16 alle 12:39 via WEB
Un periodo dorato finito troppo presto a causa di persone vili. Ciao!
 
fabpat72
fabpat72 il 12/02/12 alle 10:23 via WEB
grazie per le visite , buona domenica , ciaoo ^___^
 
 
MANUGIA95
MANUGIA95 il 15/02/12 alle 20:08 via WEB
Ciao! :)
 
fabpat72
fabpat72 il 19/02/12 alle 11:41 via WEB
Cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile e all’improvviso vi sorprenderete a fare l’impossibile.Buona domenica ^_^ ciaooo
 
 
MANUGIA95
MANUGIA95 il 21/02/12 alle 23:31 via WEB
Bellissima frase! Ciao ;)
 
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