Creato da marina3210 il 28/12/2009
di tutto e di più

Area personale

 

Archivio messaggi

 
 << Giugno 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
          1 2
3 4 5 6 7 8 9
10 11 12 13 14 15 16
17 18 19 20 21 22 23
24 25 26 27 28 29 30
 
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 

FACEBOOK

 
 
Citazioni nei Blog Amici: 14
 

Ultime visite al Blog

flautomagico38carloguggiasaldo1212aPerturbabilemanueldaromaPerturbabiIemarina3210nahansvetlana90francesca_84tu_e_iodgl1tanmikil.caso_roby4das.silviamatteo.tak
 

Ultimi commenti

Salutami Tanto Max Piazza Eco..y ahahahahahaha
Inviato da: carloguggias
il 09/01/2022 alle 02:02
 
lo so, tutto finisce... ma a volte dispiace.
Inviato da: svetlana90
il 10/01/2018 alle 23:44
 
Ops, sono stato un vero cafone... Estendo l'abbraccio...
Inviato da: panglos
il 24/09/2014 alle 07:52
 
By Panglos's [no] Blog
Inviato da: panglos
il 09/09/2014 alle 09:48
 
Benedetta Benedetta... ove mai ripasserai di qui Panglos...
Inviato da: panglos
il 09/09/2014 alle 09:48
 
 

Chi puņ scrivere sul blog

Solo l'autore puņ pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 

 

« Il sorriso di BennyL'Italia che vorrei »

Quelli che "tanto sono tutti uguali".

Post n°24 pubblicato il 23 Febbraio 2013 da marina3210

Se l’ultimo post ha raccolto più o meno lo stesso numero di commenti pubblici degli altri, in compenso mi ha permesso di stabilire un nuovo piccolo record in quanto a commenti privati, va da sé non sempre benevoli.

Vediamo di riassumere: al primo posto, e di gran lunga superiori agli altri, i consigli su dove e con quale parte del corpo, preferibilmente, dovrebbe andare a battere una troia comunista. Ho preso accuratamente nota, la crisi economica è innegabile e, chi lo sa, magari un domani questi appunti potrebbero tornare utili.

Subito a ruota quelli che, irrilevanti ai tempi del testo di Enzo Jannacci, marea dilagante nei giorni di Laura Pausini, a votare non ci andranno, perché “tanto sono tutti uguali”.

Infine la perla, il messaggio che aspettavi come da bimbi si attendeva la mamma all’uscita della scuola: Dora, una lettrice attenta anche se non sempre presente fra i commentatori per qualche suo eccessivo timore verso il corretto utilizzo della lingua italiana, che, anche commuovendomi un po’, mi regalava i ricordi di quello che significava votare negli anni del crepuscolo dell’Unione Sovietica  e poi, nell’orgia di quella pseudo democrazia rappresentata dalla Russia di Eltsin e Putin.

Le ho chiesto il permesso di citarla e riassumere il suo pensiero: non nascondo l’ambizione che qualcuno di voi domenica o lunedì ne faccia tesoro quando dovrà decidere se continuare a godersi il calduccio della propria cucina o condividere i previsti fiocchi di neve con chi sceglierà di recarsi alle urne.

Votare in Unione Sovietica era come andare allo stadio: assistevi a quell’incontro liberamente e senza alcun obbligo ma senza nemmeno poter far nulla per cambiarne le sorti. L’applauso era tanto gradito quanto inutile, il pallone andava dove doveva, dove l’accompagnava il più spregiudicato fra i contendenti.

Poi un giorno Boris Eltsin salì su un carro armato, riuscì ad occultare per qualche minuto  la fedele fiaschetta della vodka e cominciò ad arringare la piazza (ops, lo sapevo che ci sarei caduta… vi prego, dovessi cominciare a grillare anch’io, scuotetemi pure, ve ne sarò grata).  Arrivarono gli altri, i giovani rampanti, quelli che la tessera del PCUS avevano appena fatto in tempo a prenderla e già, frettolosamente, dovevano farla scomparire, in nome della nuova Internazionale, potente ed imbattibile, sul campo e fuori, quella del capitale.

Il nuovo potere, ancora una volta, aveva un solo volto, sorridente e rassicurante, ma spaventosamente unico, insostituibile anche quando momentaneamente scambiava il volto di Putin con la maschera di Medvedev.

Ascolta, Dora, gli italiani lamentarsi ogni giorno dei mille partiti. Percepisce che la voce maggioritaria è quella di chi li mette al bando quali inutili megafoni della stessa mediocre idea. Se ne indigna, Dora, mi scrive che è tipico di chi ha avuto tutto, il non accorgersi dell’importanza di quello che si ha.

Hai ragione Dora, ragione da vendere.

Regalo i tuoi ricordi a chi quando va in pizzeria ama farsi scegliere la pietanza dal cameriere ben istruito sul piatto da dar via subito perché quasi avariato, a quelli che decidevano dopo la messa domenicale, mentre un nuovo dipinto iniziava a lacrimare ed un prete operaio veniva scomunicato, a chi passava a ritirare il pacco di pasta del Comandante Lauro insieme alla scheda precompilata, ai tifosi di Balotelli, elargito agli elettori milanisti subito dopo essere stato pubblicamente definito “mela marcia”, a chi lascerà nel carrello della spesa il decuplo del rimborso dell’IMU dandone la colpa al proprietario del negozio.

Li regalo, Dora, a chi infine, magari in buona fede, si è fatto mettere in testa dai tribuni con barba in faccia e capitali in Svizzera, che “tanto sono tutti uguali”. No amici, non sono tutti uguali: non ho notizia di minorenni nel letto di Bersani né di vulcani eruttanti in casa Vendola. Non credo abbia governato mai l’economia italiana il coraggioso Ingroia o il sindaco Renzi. Chi ha guidato l’Italia negli ultimi anni, quelli dello sfascio, ha un nome ben preciso e, per una volta ed a scanso di equivoci, quel nome lo scriverò senza ricorrere a sinonimi utili ad attenuare quel vago senso di nausea ricorrente ad ogni suo materializzarsi ai miei occhi: Silvio Berlusconi.

A chi altro dovremmo attribuire colpe e demeriti se non a chi ha spadroneggiato per lustri dall’alto del suo capitale, sostenuto da schiere di camerieri prezzolati e da una infame legge elettorale?

Facile anche individuare i compagni di cordata della prima e dell’ultima ora: una scelta compagnia di razzisti sgrammaticati, economisti da barzelletta, politicanti voltagabbana, giuda da avanspettacolo, principi del foro monouso e baldracche rifatte.

A votare ci andrò, con le idee più chiare che mai, le parole di Dora in mente, una bandiera rossa nel cuore, la voglia di esserci quando finalmente arriverà qualcuno a cacciare i mercanti dal tempio e a ridarci il gusto di vivere in un Paese che una volta, e a giusto dire, amavamo chiamare il “Bel Paese”.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 
Vai alla Home Page del blog
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963