Marvelius
Elrond lands :dove il mito e la fiaba, la realtà e la fantasia si incontrano al crocicchio del vento
"Hic lapis est subtuste, supra te,
erga te et circa te"
L'ETERNITA' E' UN FUOCO CHE CONSUMA E CONSUMANDO VIVE
TASFORMANDO IL SOFFIO IN UN ALITO IMMORTALE...
MARVELIUS...
LE PAROLE SONO NOTE SULLE ALI DEL VENTO
SONO TRATTI DI LACRIME E APOSTROFI D'AMORE
STILLE DI MELOGRANO COME LUCE DI LUNA
IN UN POZZO D'EMOZIONE...
M.LIUS
Leggere uno scritto è un esercizio di fede,
il difficile tentativo di sfiorare l'animo dell'autore,
e il senso nascosto delle sue parole
Solo attraverso la musica trovo la chiave
per penetrare in esse
filtrando dalle dita su un foglio bianco
o dalle nere consistenze
di questo spazio virtuale...
buona lettura e buon ascolto
M.lius
La sapienza è il giaco che respinge
vili metalli
è lo splendore che rende giustizia
al saggio e all'umile pastore
che dellapropria ignoranza fa tesoro
indagando prima se stesso...
M.LIUS
Sono qui come un randagio
tra la radura del bosco,
come falco sul cipiglio di una sporgenza
ad ammirare ciò che lo circonda.
Annuso l'odore della sera
e le parole della gente,
come il profumo dei fiori
nell'afrore del mattino
Scrivo d' emozioni che si svestono
nell'ora tarda della sera.
Sogni rapiti tra tenebre nascoste
e ombre vacillanti di demoni rapaci
agli occhi del cuore.
Oscure pergamene
stillate da gocce a gocce
nell' inchiostro della carne.
Non cerco altro in queste terre,
ne asilo in altre lande,
sarò lieto del vostro passo,
delle orme che qui deciderete se lasciare,
dei rumori e dell'eco di vostri cenni,
delle parole che qui pianterete
come virgulti e teneri germogli ...
Al Cuore prestai sempre Fede
come alla Ragione il Lume
e al Corpo ignudo lo Scudo
che tenne fiero e indomito
il Sigillo della mia
Anima...
MARVELIUS
Marvelius
è il mio nome
scritto nelle rughe
di una roccia
Marvelius
è il segno di un
libero pensare
la mano che vi
invita a entrare
la voce che vi
sussurra i lemmi
di un dolce sentire...
Marvelius
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Abitava in un carrozzone vecchio e malmesso brandelli di tende e stracci consunti ne celavano l'ingresso ed era come un puzzle di toppe e rabberci cuciti con cura e seguendo anche un certo ordine, tuttosommato l'intimità del suo ingresso era stata preservata. La vidi uscire la prima volta sul fare del giorno un alba imbelle nel vento smorzato che la precedette, e nella luce pallida e fredda dell'algore uscì dal suo carro. Aveva i capelli sfatti e un viso tirato e ambrato, gli occhi ancora pieni di sonno e mi sembrava scendesse i gradini del carro più per inerzia e abitudine che mettendovi un minimo di senziente metodo.
Ma era bella...dannazione se lo era. Chiusa nel suo shalle nero sopra un vestito a fiori senza pretese ma che sfacciatamente mostrava la rotondità dei suoi seni, i suoi fianchi generosamente custoditi nelle cuciture del vestito sempre in bilico tra il resistere e il cedere alla spinta delle anche. La vita stretta e la curva delle natiche un monte troppo arduo da scalare e troppo liscio da poter discendere senza rischiare di morirne affascinati. Mi venne incontro accigliandosi un po' ma io feci finta di nulla, seduto vicino ai resti del suo bivacco mescevo un po' di caffè in un bicchiere di latta. Aveva un sapore insapore anzi di sapore ne aveva fin troppo ma acre e mefistofelico da far attorcigliare lo stomaco ma lo trangugiai come fosse nettere d'ambrosia. Poi presi la sua chiatarra e feci scorrere le dita su di essa. Quando mi fu davanti mi girai e alzandomi la salutai
"Buongiorno Bella ... ti ricordi di me?" E guardandola fissa negli occhi le feci un lieve inchino. Lei rimase come un sasso lanciato nel terreno fangoso le orbite le si spalancarono come avesse visto un fantasma e i suoi occhi smeraldo vibrarono nella luce del mattino trascinando dentro di sè i riverberi delle fiamme del bivacco e ...null'altro. Io potei vedermi nelle sue pupille, nel suo specchio incantato come lei non avrebbe potuto ma vedeva me davanti a lei e questo le bastava e le faceva sussultare il cuore. Lo sentivo battere come tamburi nel folto della foresta, un ritmo crescente quasi furente, ascoltavo lo scorrere vorticoso del suo sangue sulle anse delle sue vene, il gorgoglio del flusso nelle sue arterie, le ondate di calore sulla sua pelle come vento e calura d'estate. Avvertivo i suoi pensieri farsi materia, le sue emozioni trasmutare in affetto e un ritrovato amore, affollarsi nei meandri piu remoti della sua testa e negli spazi più abbandonati riconciliarsi con se stessa. Poi staccò le mani che avevano stretto fino ad allora lo shalle sul petto e mi parlò... "Ti ho atteso per tre anni ...tre anni oggi da San Germain".
Vidi le prime lacrime sbocciare tra gli occhi, indugiare tra le ciglia rigate di bistro e poi staccarsene come coltre di neve cristallina dalle fronde dei pini, scorrere come acqua di sorgente dalle cascate su tra i monti e adagiarsi sulle gote turgide e calde e poi dipartire fendendo l'aria fino a concimare e dissetare la terra... Dalle prime goccie germogli di fiori di loto, le altre le raccolsi nel palmo trasmutandole nel brillìo di piccole pietre scintillanti , gingilli così cari a tutti i mortali ... La strinsi tra le braccia e lei si sciolse dentro me come neve al sole, le sue braccia cercarono nell'abbraccio un calore dimenticato dal tempo e la sua bocca si aprì ad accogliere la mia lingua e le mie labbra nel respiro che avrebbe bruciato in eterno ed insieme ad esso la mia anima dannata, costretta a vagare in quel corpo immortale. La sentii ripetere il mio nome chiuso nelle sue labbra, imprimerlo come un calco sul suo cuore e serrrarlo in uno scrigno nel fondo della sua anima per custodirlo per sempre.
Nel fuoco che stava morendo altre fiamme divamparono nei corpi che andavano spogliandosi e che riflettevano sulla pella la luce pallida del giorno che stava nascendo. Baci si rincorsero tra la mischia dei corpi, muscoli tesi tra umori e sapori mai dimenticati e in quel congiungersi anche le ultime tenebre cedettero il passo, in quel nascere e morire, finanche il vento placò la sua sete e volse oltre i propri occhi nel fruscìo soave tra le cime degli alberi . Poi, quando quella lotta di corpi ebbe fine, raccogliemmo la nostra passione, i nostri baci strappati con impeto e dolcezza alla notte bugiarda e lentamente ci immergemmo nel buio ovattato della sua alcova... Marvelius
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Una parte di me avrebbe voluto restare ma tutto mi portava via da quel mare … Immersi i piedi nella schiuma tra le piccole pieghe delle acque, riccioli d’onda chiare e fresche e nel mio sguardo ancora lei … I suoi occhi castani e l’ovale di un viso perfetto. Il nero crine mosso dal vento e la grazia delle sue mani sul mio corpo. Senza accorgemene mi ritrovai nelle profondità delle acque tra l’ azzurro smagliante e i riverberi caldi del sole. Mi scioglievo tra le gocce come pulviscolo d’aria e lei era lì con la sua timidezza a celare le sue forme con lembi di corrente e vortici d’ombra ma per quanto l'amavo quel suo essere delicato tanto me ne staccavo.
Con me era stata sempre misurata, dubbiosa come unuccello sul ciglio di un ramo che non riesce a librarsi in volo. Un timore costante di non essere bastevole, inadatta a soddisfarmi ma anche impossibilitata a farlo per le sue paure, eppure quella sua timidezza sembrava scomparire in mezzo agli altri. Quel suo ritegno si dileguava come una serpe tra i fili d’erba alta, quel suo freno si scioglieva se non ero io quello con cui parlare confidando ansie e segreti. La moderazione e il controllo sparivano d’incanto fuori dalla mia presenza e lei diveniva normale, un cigno che incanta nel cuore di un lago libera di danzare. Mezze parole mi erano destinate, torsoli di lusinghe, brandelli masticati di moine senza il nerbo di quella lussuria che pure sapeva appartenermi. Quella discrezione cosi controllata non era forse la misura delle nostre distanze, il bisogno di porre un limite ad un rapporto che stava morendo o forse non era mai nato. La ritrovavo nei discorsi degli altri, la vedevo leggiadra esprimersi in disinvolti pensieri, entusiasmarsi per ciò che leggeva nelle persone, nei loro scritti, nei loro occhi d’estraneo. Ma quando restavamo insieme tutto questo sembrava spegnersi e tornava l’ansia di un non detto, il soffoco incepparsi di un espressione, l’incarto delle frasi, l’incertezza di passi troppo prudenti sul selciato del mio viale. Eppure qualcosa dentro di lei pulsava incessante come tamburi nella notte ma trovava sulla su strada i tronchi divelti di una fiducia che si stemperava nella lontanza degli echi deisuoi battiti.
All'orizzonte piccole barche segnavano con le loro scie bianchi sentieri di spuma e i gabbiani strillavano nel vento stagliandosi nell'indaco del cielo. Una parte di me avrebbe voluto restare Ma tutto mi portò via da quel mare … Marvelius
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Post Dedicato
Ho il potere e la ricchezza che viene disprezzata, quando ostentata e invidiata e non nascondo che ciò crea quella misteriosa miscela di fascino e interesse. Ho eleganza nei modi e so muovermi in ogni ambiente, tra i vicoli di Calcutta o la le casbe magrebine, nei saloni di palazzi principeschi di antiche e decadute nazioni, fin negli esclusivi circoli della nobiltà esangue. Ho accumulato una cultura sterminata tra i porti di città marinare e le biblioteche di Bisanzio anche se ciò è solo un briciolo di sapere nell’immenso calderone del tempo.
Conosco i segni occulti dei pagani e il linguaggio criptico dei sapienti, ho appreso la cabala e il fine nascosto dei numeri, sono stato un mistico e un monaco guerriero, un encratico Dominus e un Lord lussurioso, sono un esoterico quanto un occulto dispensatore di piacere. La mia mente si è affinata nel tempo, un fine cervello cesellato dalla scienza e dal pensiero, modellato sui crocicchi di un libero pensare, tollerante e indagatore. Penetrante arguzia popola gli spazi del mio vedere come un grimaldello nelle pieghe della terra, ma mai sono punto dall’arroganza, dal piglio superbo di uno spocchioso millantatore, né dalla maldicente incontinenza dei costumi. Mi muovo tra gesti misurati ma non’è il calcolo che li sostiene, solo vento e zefiro di mare, così la mia natura è sciolta e tutto sembra un batter d’ali, un guizzo tra le onde e le acque di un pelago profondo, uno scatto felino tra il folto della boscaglia o un salto sontuoso di uno stallone impaziente. Non rinnego i piaceri che colmano gli occhi di bellezza e incanto né disprezzo l’ingegno di un umanità che sa creare e affinare il bello e il terribile costrutto dell’arte, ma non mi guidano le sirene di un forziere di gioie diamantine, non placo l’anima di gingilli, non mi piega il peso dei metalli né mi incatena la carne malnutrita di sangue e di intelletto. Amo quel tanto la materia quantunque sia forgiata nei vecchi crogioli di armaioli chiusi nelle officine di un vulcano ma è lo spirito che mi avvince e rende nobile e pulsanti i corpi che vibrano al tocco delle dita .
Mi muovo nella danza dei miei passi soffici come Colui che si accompagna al vizio con morbidi calcesi sull’erba di un prato e come un serpente tentatore scivolo intorno al collo bisbigliando gemiti e profferte dissolute. Con voce calda e ferma cucio merletti di parole e trini suadenti, lego col comando spiriti indomiti e dolci delizie come funame e stralli ai legni di una nave. Suono col timbro della voce cetre e arpe d’oltre mare, violini dal petto e fiati dalle remote regioni alpestri, così plano coi gesti e le labbra sulle verdi colline dove sugge l’ape il nettare e le corolle in fiore d’estro si vestono cedendo il ventre al soffio gravido di seme, così finanche il vento arrossisce e cova bolso gelosie e rancore. Nel vizio nuoto come nel fuoco ardo, nei mie occhi il colore dei prati, nelle mani la roccia dei monti, nel cuore rive di un amore cristallino e nella mente fuochi perenni e bastioni di un carapace inespugnabile. Vuoi dunque ancora giocare Lumil ? … Un gioco ardito fin oltre le mura di Tiro vuoi provare ? Tra corse di carri trainati da leoni e lotte senza sosta fra la seta di lenzuola complici e pudiche, tra pizzi sciolti sui lastroni di marmo e tra l’organza delle tende violate dal vento dimorerai, nei deliri e nei fremiti disinvolti di vestali e baccanti sosterai. Sarai legata dai fili invisibili delle voglie, sui tuoi occhi come un sudario di piacere scenderà un velo di lussuria , torbidi e incestuosi pensieri nei domini dei sensi, mentre l’ombra delle labbra disegnerà sulla tua pelle riccioli d’ambra e nel calore del respiro brucerai dentro come fiammella che s’agita nello spasmo della carne e nel tremore del sangue le tue brame mai si spegneranno … Nuda nell’anima come roccia che imbianca al sole rovente d’agosto e lucida sotto l’onda che l’infrange costantemente … incessantemente … ripetutamente … come un dolce maglio nella schiuma che la bagna … Sicura ancora di voler giocare con un Immortale Lumil ?… Marvelius
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Vi incontro ancora Messere mi seguite come un falco che
Oh certo Milord … le brume dei ricordi si schiudono e vi E la mia la vostra Juan. Siamo randagi dispersi come pula
Nessuno mi suggerisce ciò e vi chiedo venia mio caro Juan solo Tarda è l’ora Gadriel amico mio, le tenebre già avvolgono i nostri volti Marvelius
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Sabbie attraverso negli spazi sconfinati della mente,
mari dorati e montagne senz'ombra nel sole che brucia
brandelli di pelle .
Negli occhi un orizzonte senza fine e i rossi riflessi di un
astro impietoso.
Le mani artigliano le redini di una cavalcatura che
arranca affondando gli zoccoli in questo lago di
filigranate biglie, riarse come la mia gola che brucia di
un avidità di fonte.
Desidero le fronde di alberi maestosi che sogno a occhi
aperti sulle infuocate distese di questi spazi sconfinati
che sembrano inghiottire ogni rumore, persino il mio
respiro m'appare come un ramingo pellegrino perso nel
suo sostare nel buio di queste sue stanze.
Così il pensiero si plasma tra il sogno degli immensi
querceti delle mie pianure o le grandi faggete
di superbe montagne, tra i passi ghiacci e sentieri battuti
dalla pioggia nel richiamo di giovani sorgenti
d'acqua cristallina, i verdi e lussureggianti prati filiformi
tra caule e fiori di una sterminata genià di colori.
Ma tra queste sabbie dove nulla cresce oltre granelli
di terra, microcosmi di silicio erranti e silenti come
scogliere sferzate dal vento nel torpore dell'estate,
vedo la vita artigliarsi al suo bacolo nodoso come
serpi in amore .
Eppure in queste sabbie amo restare come un pugnale
nella sua custodia. Mi sento simile a una lama ageminata
chiusa nel suo fodero di cuoio e argento nel buio di queste
freddi notti, ma so che arriverà prima o poi l'alba e
nell'istante in cui il suo raggio colpirà i mie occhi
quella lama, come verde baleno, stridula graffierà l'aria
come una bestemmia nei riverberi scintillanti del suo filo
tagliente.
Sabbie attraverso come passi nel destino che mi sorride
beffardo, il fato arrogante gioca con la mia vita
nascondendosi tra le pieghe del suo grigio mantello,
scombina la mia esistenza tirando i dadi chiusi nella sua
mano sul tavolo delle infinite possibilità.
È come un pugno che colpisce nello stomaco e non
lascia ferite, che non conosce cibo eppure sazia e scortica
la pelle levigata dal mare, ma scava profondi pozzi irrorati
dai desideri che scorrono nei solchi delle sue cicatrici,
devastando la mia eternità con aghi intinti in un passato
che sembra non avere inizio.
Un maglio potente sulla mia torre che non crolla tra queste
sabbie ardenti, che accompagnano il mio viaggio lungo le
sponde del mio fiume come clessidre vive e pulsanti .
In questi sterminati cumuli di bionde arene che scivolano
dalle mani come cascate d'oro zecchino, colgo il senso
del mio passo, tra la polvere che resta tra le dita, una lieve
patina bianca che segna le mie rughe e le colma del suo
rosso unguento.
All'orizzonte il sole sta morendo sciogliendosi in una
pozza di sangue, un cielo pugnalato si chiude nella sua
agonia cedendo alle ombre che disegnano i contorni di
figure filiformi ... mi fermo ad osservarle come un viaggio
della mente fuori dal suo corpo. In lontananza già vedo i fuochidei bivacchi tra ciuffi
sparsi di vegetazione, piccole lamine di luce che vibrano in
questa notte che avanza puntellata da un popolo sterminato
di bianche stelle e da un mare di sogni, nel cuore vigile che batte l'ora della veglia ...
Marvelius
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Entro in questa stanza come si entra tra
Tenebre d'inchiostro e sono
avvolto da un ventaglio d'ombra e spine.
Nel petto cuspidi e chiodi a infingersi nelle carni e il respiro un crogiolo di braci fredde e guizzanti.
La pelle si imperla di sudore
e il fuoco del sangue è febbre
di lussuria che arde e consuma.
Ha un corpo ambrato che si confonde tra le sete che stringe nelle dita frenetiche e frugano impazienti come un avido pirata nei forzieri di una stiva colma di tesori.
Poi danza sulle corde di note suadenti che sfilano tra le mani i nervi di un piacere senza fine .
Si snoda tra i fili della schiena
come spire di ofidi torti mentre gli sguardi come condense di smanie e fregole di capricci stillano brame disinvolte che tagliano la frenesia del fiato serrando gli impulsi nel caldo ventre.
Profumi dolci e fumigati nei recessi
di quel cubicolo di perdizione
Afrori d'alba mattutine e umori aspri
d'una libidine insoddisfatta
si condensano nei pensieri della testa.
Languide movenze si plasmano tra mani esperte e avide come coppe in cui versare gocce di rugiada nel cuore della notte.
La guardo come irretito prima di prenderne possesso e nello stupore del viso contemplo ogni sua forma nelle cavità oscure di un dromos che stilla resinose goccie di miele
Scivolano oltre i segreti di ginecei incustoditi
le mie voglie e in questo intreccio
che travolge i sensi e la carne ingorda mi perdo come lampo di luce nel cosmo della sua carnalità gaudente ... MARVELIUS
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Ascolto il rumore molesto dei miei passi sul ciottolato della stradina che dal molo porta verso le prime case oltre il porticciolo di San Nicola Arcella. Cammino assorto tra pensieri fumosi mentre la notte mi avvolge con le sue ombre e la bruma di mare. Le luci dei lampioni sembrano disegnare aria rarefatta e indicarmi un cammino che porta verso solitudini condensate nei vuoti di androni diroccati e case pulsanti di vita come vestiti ormai desueti, foto di uomini e donne dagli occhi neri e penetranti, sguardi persi su un mondo in rovina di un tempo romantico e sfavillante. Ascolto il rumore della risacca alle mie spalle , onde infrangersi sugli scogli e la battigia di questo meraviglioso tratto di costa. Ho le mani in tasca come se avvertissi i primi freddi al giungere dell'autunno ma è solo il desiderio di chiudermi in qualcosa che non mi faccia avvertire il tocco lieve del vento. La giacca chiusa in un bottone di madreperla e i capelli arruffati concessi al divagare della testa e al soffio di un notturno che va coprendo col suo manto di tenebra anche le ultime lampare che segnano l'orizzonte sperduto del mare. Alzo la testa sulle case del paese e mille lucine sfavillanti mi penetrano il viso come pagliuzze d'oro e argento che volano nella notte come falene senza una meta. Il corso è un pullulare di vita, gioiose compagnie di ragazzi scivolano con le loro ombre sui muri di case pittoresche immerse nei profumi di gelsomino e glicine. Mani si tengono come cordami intrecciati , bocche si cercano come primizie da assaporare nei cuori che battono in questa notte d'estasi e incanto, mentre una musica avvolge i vicoli stretti tra case abbarbicate l'una all'altra come alberi che si contendono le pendici di un monte . Siedo al tavolino del primo locale che incontro e la musica si fa pressante, una dolce melodia che dal locale si fa strada tra i tavoli all'aperto dove donne dai vestiti colorati siedono con sguardi sorridenti. Le guardo con curiosità e un misto di interesse e disincanto ma la testa è oltre queste vite e danza sulle note di questa musica che amo come si ama una donna tra i fili della carne e l'essenza della sua anima, sottili corde che pizzicano fin dentro l'intimo midollo dello spirito e cuciono pensieri sempre diversi, come una torre d'avorio che brilla di luce in mezzo al mare. Più d'una ricambia il mio sguardo che vaga solitario, un sorriso appena accennato non riesce a farsi spazio sul mio viso trasognante. Accavallano le gambe nei loro vestitini succinti, ne potrei riconoscere orli e svolazzi chiudendo gli occhi e le forme della loro pelle disegnata sotto la loro stoffa o il colore di ciò che resta nell'ombra, custode di segreti e di virtù, ma resto a dondolarmi su quelle note, tra profumi che stordiscono e l'odore del mare che trasporta polvere d'ambra e salsedine come fosse un sidro d' assenzio . Poi una di quelle donne che siedono di fronte si alza come punta da una zanzara e staccandosi dalle altre viene verso di me. I capelli neri e mossi incorniciano un viso regolare con due occhi vispi che non stanno fermi un attimo, segnati solo da un lieve tratto di bistro. La sua voce mi entra dentro la testa trasportata dalla musica, mentre osservo le sue labbra tumide e perfette e la leggera piega del naso all'insù. Un lieve smalto di efelidi rende glii occhi unici e la fa sembrare più giovane, ma molti sono gli anni che ci separano ed io resto a guardarla riempiendomi gli occhi. Non capisco cosa dice ma apro la mia giacca come un invito a proseguire e il bianco della mia camicia sembra rapirle lo sguardo. Poi allunga una mano e mi chiede di ballare, un gesto armonioso come il battito d'ali di una farfalla che resta ferma sul suo fiore in attesa di suggerne nettari dolcissimi. Vi sono uomini seduti ai tavoli che guardiano di sbieco come a voler intendere con un velo di invidia e coppie che sorridono di tanta curiosa intraprendenza. Le sue amiche ci fissano divertite e si stringono tra di loro sussurrando come bambine eccitate mentre l'orchestrina si dirige lentamente verso di noi. Rimango incerto e divertito da questa donna col suo svolazzante vestitino come una nuvola bianca e sanguinante, tacchi da mozzare il fiato di un rosso acceso. La musica ora è intorno a noi così mi alzo con un po' di imbarazzo, mi abbottono la giacca avvitata e resto immobile nei miei pantaloni stretti, tutto sembra avvolgermi in un manto di tenebra solo la mia camicia dà un tocco di colore alla mia figura. Anche la pelle ambrata sotto il sole d'estate sembra un ombra o il cupo risvolto di una maschera di bronzo, così lei sorride e con le dita mi scuote i capelli e quel riso lo sento dentro come se battesse i tasti della mia anima. Poi la bocca sembra chiudersi come un sipario sul suo teatro e il suo sguardo si fa un po' triste, sugli occhi sembra calare un velo e le sue pupille dilatate penetrano nelle mie con la forza di urugano. L'orchestra si allarga e nella piazzetta tutto si fa silenzio mentre balliamo tra gli sguardi irretiti. Movenze misurate e sensuali disegnano forme intrecciate e plastiche figure mentre gli occhi bruciano la distanza e si promettono ben altre battaglie nel cuore di una notte che ha il profumo degli oleandri e il sapore dolce di un melograno... Marvelius
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Avrei dovuto svuotare fino in fondo il bicchiere che invece come una pozza di olio salmastro era rimasto pieno sul tavolino. Una mano in tasca e l'altra a sostenere la testa puntellandomi sul gomito a mordicchiarmi le labbra mentre folate di vento mi infastidivano il viso scombinandomi i capelli . Sarei dovuto andare via, pagare il conto al cameriere che con discrezione avrebbe ritirato il bicchiere e la bottiglia facendo finta di niente salutando con voce chiara e professionale... "Arriverla Signor Marvel". Ma non lo avevo fatto, ero rimasto ingessato e muto come un pesce a fissare la strada popolata di gente e quel bicchiere pieno e immacolato accanto ad uno vuoto e trasparente. Figure decadenti e solitarie, icone di una giornata svilente lungo la terrazza di un mare gaudente. Azzurre pennellate d'acqua cristallina tra le scogliere tinte di un bianco schiumare e lì, arroccate come un falco alla sua roccia, le case di pietra e le cascate di tetti rossi di Scalea. "Ciao Marvy" fu il primo suono che udii giungermi alle spalle ma non mi mossi come se fossi ancora sotto l'effetto di un ipnosi che mi bloccava la gambe e le mani, legato com'ero da un profondo senso di debolezza con la testa infissa tra i fasci irrigiditi dei muscoli del collo. Come rigide intelaiature senza più molle e articolazioni, solo duri cordami tesi allo spasimo e costretti alla rinuncia, impossibilitati a convergere in ogni direzione che non fosse l'orizzonte splendente davanti ai miei occhi. "Ehi Marvy" mi urlò con un entusiasmo ovattato da una fugace perplessità e girandomi intorno mi si pose davanti facendo scivolare una mano sul bavero della giacca. Sentii il profumo della sua pelle ancor prima che la sua mano mi sfiorasse, un afrore di cedro e bergamotto, di foglie di arancio e limone, una intensa cascata di sensazioni estive e ancestrali rimandi a una selvaggia natura che scendeva a picco sui greppi della costa. Ora mi fissava con un sorriso raggiante ... "Marvy" mi disse con una voce che andava scemando nelle remote cavità del petto "Che hai?". Non dissi nulla . Restai in silenzio come una maschera di un dio pagano tra le rovine di Lilyum.
Così quel suo sorriso temerario pian piano si spense come un tramonto troppo veloce oscurato da nuvole e monti. "Bevi"... dissi avvicinandogli il bicchiere e la mia voce somigliò a una fune da strangolamento che scivola intorno al collo, ma lei lasciò cadere le mani lungo i fianchi e si impresse nella sua immobilità. Le sue labbra da sempre avevano un qualcosa che mi turbava, regolari e perfette terminavano in un ricciolo sottile, una piega quasi impercettibile all'insù che rendeva la sua bocca una costante promessa di delizie di intimità. "Bevi..." insistetti penetrandola con gli occhi e lei ne fu oltraggiata come se un ago le penetrasse le carni e tenni per me il bicchiere vuoto. Mi guardò con un velo di meraviglioso incanto, ma non quel torpore d'estasi che tende a irretire o a fermarsi a contemplare per rapire e farsi rapire da una visione, no era piuttosto il curioso incedere del dubbio, il rimando vertiginoso a qualcosa che era dovuta succedere e che non riusciva a ricordare, capire afferrare. "Che ti succede ... perche fai così?" disse cercando di apparire ferma nel suo vuoto precipitare. "Mi vuoi spiegare cosa c'è non va?" aggiunse vacillando dalla sua torre che sembrò flettere sotto i colpi di un assedio silenzioso quanto terrificante. Le mie labbra si allargarono dolcemente in una smorfia poi un sarcastico sorriso prevalse imperioso sul viso contratto che ora andava distendendosi per afferrare con imperio il dominio del campo. "Non lo sai ?" replicai con voce tagliente come un coltello affilato passato tra le fiamme. Scossi appena la testa allungandomi verso di lei che ancora in piedi somigliava una statua di marmo, una di quelle cariatidi che sostengono gli archi e le travi dei templi di Sibari tra gli acroteri dorati e fastigi ornati dai sapienti . "Cosa dovrei sapere ..." balbettò consumando nell'attesa le ultime lettere di quelle parole che uscirono da quelle labbra meravigliose come bruciate dal vento. Mi alzai dalla sedia con un certo effetto, tutto nei movimenti sembrava studiato da un grande regista e da un attore consumato, raccolsi il cappello e lo indossai con eleganza, poi tirai fuori dalla tasca una banconota e la spinsi vicino al bicchiere pieno, picchiettai con le dita lungo il bordo del tavolo e con l'indice accarezzai il collo della bottiglia, infine alzai lo sguardo su di lei e la fissai con insistenza. Bruciai la distanza che ci separava come le fiamme di un averno irrompe nei covoni di un campo di grano. Uno sguardo intenso penetrò i suoi occhi tremanti, le mie labbra piano si chiusero sul biancore sfacciato di denti serrati in una morsa. Ascoltai il mio cuore rullare e mi sentii come un cane che fiuta la sua preda in quell' intenso guatare e alla fine sotto l'assedio della mia collera tenuta al guinzaglio lei crollò, abbassò lo sguardo e le lacrime iniziarono a scorrere sulle guance e i bordi della labbra, cercò di asciugarsele con le mani con una tale eleganza che fece presa su di me come una fune che trascina in mezzo al guado, ora eravamo due veri attori o due grandi amanti che si dicono addio sul molo di un antico porto. Mi avvicinai a lei senza un grande entusiasmo ma ero lì di fronte ai suoi occhi arrossati, lei cercò di poggiare il suo capo sulla mia spalla in un estremo tentativo di diradare labruma che ci stava avvolgendo, mi ritrassi di quel poco che la fece desistere dal farlo ma che dette ancora più vigore al suo pianto. Le sfilai dal canto e le diedi un bacio impercettibile su una guancia e sembrò che il vento l'avesse sfiorata col soffio caldo delle sue labbra poi giratomi le passai oltre immergendomi nella luce abbacinante del tramonto. Camminai con passi misurati sulla strada piena di gente senza voltarmi ma dentro di me sapevo che lei si era girata e col cuore in gola aveva atteso che mi fermassi e che voltandomi alzassi un pò il cappello sulla testa e poi infilando le mani nelle tasche con i fronzoli e le pieghe della giacca a rendermi un maledetto bastardo le sorridessi ... lei sarebbe corsa ad abbracciarmi e stringendomi avrebbe sussurrato tra singhiozzi di una gioia ritrovata "Ti amo ... perdonami ..." Ma il sole era oramai dietro le colline e se anche la gente seduta al bar attendeva che quella scena fosse l'epilogo possibile di quella storia tutto rimase come in un film senza lieto fine. Non sono mai tornato indietro nella mia vita, sempre volto ad andare avanti, nella cieca speranza di un orizzonte, di un avventura che mi consumasse tra i tentacoli delle sue meraviglie. Sparii per sempre da quel posto immergendomi pian piano nella folla e non la rividi mai più. Quei lucidi capelli bruni annoccati dietro al capo, gli occhi felini di un castano profondo, quell'incarnato bianco e delicato nei profumi d'oltremare, chiusa in un abito nero stretto sui fianchi, le gambe perfette velate da calze e da un filo nero che spariva sotto il vestito tra le cosce serrate dalle stringhe della sua guepiere ...
la rivedo nella mente come tra fumo di china, la ricordo così quella mattina di agosto, la ricordo ancora ... la ricorderò per sempre ... Marvelius
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Ho librato tra rupi e scogli, tra le fiamme e le tempeste di mare, su deserti infuocati ho spiegato le mie ali d'argento e quando stanco ho cercato un riparo ho trovato solo sibili d'aria tra la grandine ghiaccia .
Eppure i mie occhi hanno visto le meraviglie del creato e la mia pelle saggiato la frusta del tempo senza che una lacrima si sciogliesse in un alito di vento e in questo viaggio lungo tutta una vita non ho avuto un attimo per riavvolgere il filo della memoria. Solo ora raccolgo, come grani di un rosario, le gocce dei ricordi, come pietre di mare che gorgogliano tra la risacca che smuta.
Pongo ai miei piedi biglie di cristallo, le lascio cadere una a una nella schiuma che va morendo .
Simili a lampi di luce malferma si rincorrono come fiammelle d'oro luccicante e bruciano nell'attesa della mutazione.
Non ho passato e non ho futuro, ma ciò è solo un inganno al mio presente, alla mia indole dolce e testarda, al cuore che come un mantice aspira nettare d'oltremare. Nel corpo chiuso tra il suo giaco di metallo e alla mente che si arrocca nel suo castellare resto fuso come nel basalto dei miei sovrumani silenzi.
Silenzio è lo spazio che mi circonda nelle notti di luna,
Silenzio non Solitudine.
Piccoli fruscii d'ombra tra l'organza smossa dal vento.
Silenzio è il mio nome sussurrato tra corpi indomiti e nudi. Scivola tra le mie labbra come parole corrose da languidi bisbisci e in questo vagare, tra soffici tappeti d'erba, intingo le dita tra la calura d'acque vespertine, come il suggere d'api tra fiori dormienti ... Marvelius
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Giunse tra due fila di canapi rossi seguita da musici festanti e una moltitudine di ancelle danzanti Sostò sull'uscio dell'orizzonte come una chiave dinnanzi al suo serraglio ne contemplò i limiti e le ombrose frescure
Tra quei fiori e quelle ghirlande profumate ebbi l'impressione che fosse felice Solo un piccolo esitante guizzo negli occhi chiari e trasparenti sembrò attraversarla Un dubbio che invitava alla prudenza come un fugace stridulo fischiare del vento o un lieve tremolio d'ombra in quella luce accecante. Ma fu un attimo e tutto scomparve tra i canti della gente e i suoni gentili degli strumenti ... M.lius
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R.B alias Marvelius