Creato da mitakuye.oyasin67 il 06/04/2013

LAKOTA

We are all related

 

COCHISE

Post n°21 pubblicato il 17 Settembre 2013 da mitakuye.oyasin67
Foto di mitakuye.oyasin67

 

"Parla con sincerità cosicchè Ie tue parole possano arrivare nel nostro cuore come raggi di sole."


Cochise fu il più potente Nantan Chiricahua, Tsokanendè del XIX secolo. Non esistono foto di Cochise, e quella che viene solitamente pubblicata è alquanto incerta; in effetti non corrisponde alla sua descrizione. Tuttavia, recentemente, è stato trovato un dipinto che ora si trova in un museo.

Cochise, figlio di un Capo Chiricahua di nome Nachi, verso la fine degli anni trenta del XIX secolo prese il posto di suo padre come Capo della tribù. Come per molti altri grandi personaggi, le sue doti fuori dall'ordinario si misero presto in luce. La continua guerriglia con i messicani fornì al giovane Cochise sufficienti opportunità per formare le proprie qualità di combattente e di grande stratega.

Per natura era generoso aperto e coraggioso, ma non poteva assolutamente perdonare i cacciatori messicani di scalpi e il fatto che con loro fu molto crudele è stato ingiustamente considerato un lato oscuro del suo carattere. Non si tiene conto però che i cacciatori di scalpi se la prendevano di preferenza con bambini e donne, perchè era più facile guadagnare le taglie; si può quindi comprendere la crudeltà degli Apache.

Anche dopo la firma dell'unico trattato concluso tra gli Stati Uniti e gli Apache, del 1" luglio 1857, i Chiricahua ebbero pochissimi contatti con gli americani. Negli accordi erano stati garantiti i loro confini e sembrava che si fossero poste le basi di un futuro pacifico. Nel 1858 fu creato il primo servizio postale per San Francisco, il famoso percorso della Butterfield Overland Mail, che attraversava la terra dei Chiricahua dall'altrettanto famoso Passo Apache.

In una riunione sul Passo Apache, Cochise si dichiarò pronto a garantire la sicurezza del percorso e i suoi guerrieri aiutarono anche nella costruzione delle stazioni di posta, tenendo a bada la marmaglia bianca che si aggirava nei dintorni. Questo buon rapporto di Cochise con gli americani era dovuto al fatto che non aveva subito aderito all'invito di suo suocero, Mangas Coloradas, di combattere gli invasori.

Del resto, non sarebbe certamente entrato in guerra se I'atto folle di un ufficiale inesperto non avesse distrutto la reciproca fiducia: John Ward era un colono che viveva con una messicana; aveva un figlio per metà indiano, Felix Ward, ed era stato più volte avvertito di guardarsi dagli Apache. Fu attaccato dagli stessi Apache, gli fu rapito il bambino e venne derubato del bestiame Quando il colono informo Fort Buchanan dell'accaduto, il luogotenente Bascom fu incaricato di indagare sul caso.

Bascom, che era da Poco uscito da West Point e ardeva dal desiderio di farsi un nome andò al Passo Apache con sessanta soldati per vendicarsi di Cochise. Il capo arrivò con dei parenti armati solo dl coltelli, perché una bandiera bianca sulla tenda dei soldati non lasciava sospettare nulla di male.

Quando Cochise assicurò di non essere al corrente dell'incidente, Bascom urlò che stava mentendo, diede il segnale prestabilito e i suoi si gettarono sugli Apache per farli prigionieri. Ma Cochise tagliò la tenda con un coltello e fuggì con un balzo felino, nonostante Bascom avesse ordinato di sparargli, mentre i parenti di Cochise rimasero nelle mani dell'incapace luogotenente.

Senza perdere tempo Cochise radunò i suoi guerrieri e aggredì i soldati che furono costretti a ritirarsi nell'edificio della stazione della posta. Durante la notte uno degli uomini di Bascom riuscì a fuggire inosservato per chiedere aiuto. Fu così che da Fort Buchanam giunse un gruppo di quindici uomini al comando del capitano Irwin che, nei pressi del passo trovò i resti carbonizzati di una carovana attaccata da Cochise. Bascom rifiutò l'offerta di Cochise di scambiare i prigionieri e di conseguenza l'infuriato Capo fece giustiziare i sei ostaggi che aveva catturato.

Irwin, intanto, era riuscito a raggiungere Bascom e i due, di comune accordo, ordinarono di impiccare per vendetta i sei Apache prigionieri. Come monito fecero esporre i corpi appesi degli impiccati. Fu per questo che Cochise si alleò con Mangas Coloradas e da quel momento gli Apache divennero I'incubo dell'Arizona e del New Mexico.

Il giovane Ward non fu mai ritrovato e passò molti anni fra i Western Apache.

Cochise cominciò ad assalire carri e diligenze e diede inizio ad una serie di omicidi e di razzie per vendicare la morte del fratello durante la prigionia al campo di Bascom. Uno di questi attacchi si verificò alla stazione di posta di Stein Peak, dove Cochise non risparmiò nessuno.

Fra il 1861 e il 1863 gli Apache uccisero più di cento uomini nel Sud dell'Arizona, e alla fine del 1861 era un territorio per metà praticamente disabitato, in cui gli Apache avevano ripreso il dominio. Fu in questo periodo che Cochise con I'aiuto di Mangas Coloradas prese il controllo di tutte le bande Chiricahua fra l'Arizona e il New Mexico.

Intanto negli Stati Uniti la Guerra di Secessione era in pieno sviluppo. Il Generale Henry Carleton, al comando dei Volontari della California, entrò in Arizona e, quando giunse a Tucson, i Sudisti erano gia stati scacciati. Per il resto della guerra il suo ruolo fu quello di rendere I'Arizona e il New Mexico un luogo sicuro per i coloni e i commercianti.

Carleton fece compiere al Tenente Colonnello Eyre una perlustrazione del territorio con un reparto di centoquaranta uomini, che si accampò nei pressi della stazione abbandonata di Apache.

Eyre si incontrò con Cochise, ma alcune ore dopo I'incontro si scoprì che tre soldati erano morti e si lanciò all'inseguimento degli Apache. Dopo aver girato in tondo per tutto il New Mexico senza alcun risultato, il reparto raggiunse Fort Thorn e Cochise si preparò ad attaccare la prima colonna di cavalleria che metteva piede ad Apache Pass.

In seguito a questo ennesimo attacco, Carleton fece costruire un nuovo forte alla stazione di Apache Pass, Fort Bowie, costruito nell'estate del 1862, e la campagna contro gli indiani proseguì.

Dopo I'assassinio di Mangas Coloradas, il generale Carleton ottenne parecchi successi, perché gli Apache erano rimasti turbati e confusi dalla perdita del loro capo piu famoso. Nel 1865 alcuni Capi Apache, fra cui Victorio e Nana, e una parte dei Mescalero si arresero e subito vennero condotti a Bosque Redondo, sul Rio Pecos, una specie di campo di concentramento per indiani. L'unico capo che rifiutò la resa fu Cochise, arroccato sulle Drangon Mountains, inaccessibili ai bianchi, che continuava la sua personale battaglia contro il nemico e la guerriglia proseguì con immutata intensità. Cochise aveva radunato trecento guerrieri intorno a sé e per altri quattro anni combatté per tutto il Sud Arizona ritirandosi spesso in Messico, tenendo col fiato sospeso tutto il Sud Ovest, nonostante Carleton facesse di tutto per portare a termine I'ordine ricevuto di annientarlo. Arruolò come scout guerrieri Marikopa, Papago e Pima, oltre ad altri nemici storici degli Apache. Si assicurò inoltre I'aiuto delle autorità messicane e mobilitò anche la popolazione civile contro gli Apache.

Tuttavia, nonostante questa gigantesca caccia all'uomo, non riuscì a normalizzare la situazione della regione. Lo spirito battagliero di Cochise era rimasto intatto, al punto che con alcune centinaia di guerrieri teneva testa a forze preponderanti. Parecchie migliaia di soldati e sei generali erano in campo contro di lui. E migliaia di bianchi trovarono la morte fino al 1871.

Il paese ne uscì devastato. Riscontrando che la strategia tenuta fino ad allora non aveva dato buoni risultati, il governo congedò Carleton. Nel 1865 gli americani tentarono di avviare nuove trattative, ma Cochise non ci pensava neppure, perché i ripetuti inganni degìi ufficiali americani lo avevano amareggiato al punto che, nella primavera del 1871, respinse l'invito di Ely Parker, Commissario irochese per gli Affari Indiani, di andare a Washington, sostenendo che gli americani non erano affidabili.

C'era però un bianco a cui Cochise accordava fiducia: Tom Jeffords, il gestore della stazione di posta di Tucson, che, dopo aver perso sedici carri, si era recato da Cochise per chiedergli di porre fine alle aggressioni. Cochise apprezzò questo coraggio e promise che da quel momento la gente di Jeffords non sarebbe piu stata disturbata. Dopo questo primo incontro nacque una profonda amicizia, che in seguito avrebbe avuto un ruolo importante nelle trattative per la pace. Lo spaventoso massacro messo in atto dai vigilantes di Tucson il 30 aprile 1871 nei pressi di Camp Grant, a spese dei pacifici Aravaipa, del Capo Eskiminzin, fece rimanere Cochise, per il momento, sulle proprie posizioni. (Poco prima dell'alba, otto uomini e centodieci donne e bambini furono brutalmente assassinati nel giro di trenta minuti a Camp Grant. In aggiunta, ventotto bambini Arivaipa Apache furono rapiti per essere venduti come schiavi. I cadaveri lasciati al sole dell'Arivaipa Canyon furono la macabra scoperta del Dottor Conant B. Briesly, primo testimone bianco a giungere sul luogo del massacro alle sette e trenta di quel mattino. Alle otto, gli infami responsabili dell'eccidio stavano facendo colazione, celebrando la loro vittoria su una tribù di Indiani, vittime innocenti addormentate. La banda di criminali era composta da 148 americani, tra cui sei inglesi, 94 San Xavier Papagos e 48 messicani.)

Il totale disprezzo di qualsiasi senso di giustizia evidenziato dai fatti successivi al massacro e l'impunità degli assassini rafforzò nelle autorità governative la convinzione che fosse necessario fare ogni sforzo per trattare con gli Apache, soprattutto con Cochise.

Decisiva fu la sconsolante notizia della rovinosa sconfitta del Flying Squadron del luogotenente Cushing , ritenuto invincibile e con un gran numero di Apache sulla coscienza , che, alla fine, era caduto in un agguato di Cochise. Nel giugno 1871, il generale Crook prese il comando dell'Arizona e subito fece partire cinque reparti di cavalleria con il compito di riportare Cochise, vivo o morto.

Il Capo tornò nel New Mexico, ma fece pervenire al generale Granger, a Santa Fé, il messaggio di essere disposto a incontrarlo nell'agenzia di Alamosa, in Canada, dove si era ritirato in seguito a una trattativa iniziata nel 1869 e condotta dal Capitano Frank Perry, di Fort Goodwin. Durante l'incontro, il generale Granger ripeté che i Chiricahua avrebbero dovuto andare in riserve a loro destinate e impegnarsi a non lasciarle più.

Cochise rispose:

"Le mie parole sono sincere; non voglio imbrogliarti, ma non voglio neanche essere imbrogliato. Cio che voglio è una solida e duratura pace. Quando Dio creò la terra, ne diede una parte ai bianchi e un'altra agli Apache. Perché si sono scontrati? Mentre parlo, sole, luna, terra, acqua,uccelli, animali e persino bambini non ancora nati dovrebbero rallegrarsi: i bianchi mi hanno cercato a lungo, ora sono qui. Che cosa vogliono? Perché danno tanto valore alla mia persona? Non sono piu il Capo di tutti gli Apache, non sono ricco, sono solo un povero uomo. Il mondo non è stato sempre così. Dio non ci ha creati uguali a voi. Siamo nati come gli animali tra l'erba secca, non in un letto come voi. Per questo di notte ci muoviamo come animali, rapiniamo e rubiamo. Se avessimo ciò che voi possedete, non avremmo bisogno di comportarci così. Non ho alcun potere sugli indiani che rubano e uccidono, altrimenti lo impedirei. Dio mi ha ordinato di venire qui. Mi ha detto che sarebbe bene vivere in pace, per questo sono venuto. Quando il mondo girava tra le nuvole e I'aria, Dio è entrato nei miei pensieri e mi ha ordinato di fare pace con tutti, dicendo che il mondo era stato creato per tutti. Quando ero giovane e percorrevo questo paese, vedevo solo Apache e nessun'altra persona. Molti anni dopo viaggiai di nuovo in questo paese e vidi che altre persone erano venute per prenderne possesso. Perché?".

Granger comunicò a Cochise i piani del governo di trasferire I'agenzia di Alamosa, in Canada, a Fort Tularosa, ma il Capo rifiuto categoricamente perché quella regione non era adatta alla sua gente. Granger cedette e Cochise promise che si sarebbe comportato in modo pacifico. Un testimone oculare del colloquio esprime così l'impressione che gli fece il Capo Chiricahua:

"Mentre parlava, ci fu offerta I'occasione di osservare quest'uomo straordinario... Era alto 1 metro e 85, snello, e nel suo solido corpo si vedeva ogni singolo muscolo. Tra i suoi capelli neri e lucidi, tagliati circa all'altezza del mento, si vedevano ciocche d'argento. Il suo aspetto dava I'idea di una forza inconsueta. Quando il governo, qualche tempo dopo, si intestardì sul trasferimento degli agenti, Cochise e i suoi Chiricahua tornarono in montagna. Con la mediazione di Tom Jeffords si svolse un incontro tra Cochise e il generale Oliver O. Howard, che si trattenne nel campo apache per undici giorni, ottenendo un'ottima impressione di Cochise e, nell'insieme, degli Apache.

Howard riconobbe che gli Apache avevano subito gravi torti e si preoccupò di arrivare a una pace onorevole, arrivando a rinunciare alla propria proposta, negoziata fino a quel momento, in base alla quale i Chiricahua avrebbero dovuto essere trasferiti in una riserva sul Rio Grande, promettendo invece a Cochise una riserva nelle Chiricahua Mountains. Il generale era anche consapevole delI'importanza di avere un buon e, soprattutto, onesto Agente per gli Indiani e propose la carica a Tom Jeffords che, dopo alcune esitazioni, accettò.

All'inizio Jeffords riuscì a svolgere I'incarico piuttosto bene, nonostante le numerose difficoltà provocate principalmente da un potente gruppo di uomini d'affari di Tucson, che non vedeva di buon occhio una pace con gli Apache.

Del resto lo stesso governo di Washington fece la sua parte per far fallire il progetto iniziato con la migliore volontà di entrambe le parti. Non si preoccupò delle promesse fatte del generale Howard a nome del presidente Grant, non costruì negozi né scuole, inviò vettovaglie inutilizzabili o addirittura non le fece spedire e propose per giunta ai Chiricahua di diventare agricoltori, senza tener conto che il terreno non era adatto e mancavano gli attrezzi per lavorare la terra.

Per risparmiare, alla fine, il governo decise di sciogliere la riserva di Chiricahua e di trasferire gli Apache che vi vivevano nella riserva di San Carlos. Cochise non reagì a questa notizia funesta con I'asprezza che ci si sarebbe aspettati. All'inizio del 1874 si ammalò gravemente e capi che non gli rimaneva più molto tempo da vivere. Chiese ai vicecapi, tra cui vi erano i suoi figli Taza e Naiche, di non permettere ad alcuna forza di spingerli a lasciare la loro patria. Anche Tom Jeffords protestò ma senza successo.

Poco dopo, Cochise fu assalito da forti dolori, anche se nessuno fu in grado di stabilire di che cosa soffrisse, neppure il medico dell'esercito che Jeffords aveva portato da Fort Bowie. Il Capo morì prima che Jeffords avesse potuto portare di nuovo il medico, per aiutarlo e ancora oggi non si sa dove Cochise sia stato sepolto, perché Jeffords protesse questo segreto fino alla propria morte.

In memoria del grande Capo Chiricahua, fu dedicato il Cochise Memorial Park nelle Dragon Mountains, in cui si trova una targa alla memoria con la seguente incisione:

"Nel 1874 Cochise morì qui nel suo rifugio di montagna, che amava più di ogni altra cosa."  Fu il piu grande guerriero apache e i suoi lo seppellirono in segreto, tanto che il luogo della sua tomba è rimasto sconosciuto.

Quando Jeffords volle lasciare I'incarico, addolorato per la morte dell'amico, furibondo perché gli americani non avevano mantenuto la parola, i figli di Cochise lo pregarono di rimanere. Anche in seguito Jeffords fu un amico fedele dei Chiricahua e appoggio con tutte le proprie forze Taza, che il padre aveva scelto come successore, tuttavia non riuscì a far breccia sull'influenza che la potente cricca di uomini d'affari dl Tucson esercitava sulle autorità.

Alcune centinaia di Chirlcahua dovettero perciò mettersi in viaggio verso la riserva di San Carlos, paludosa e infestata dalla malaria. Le condizioni di vita nella riserva erano indescrivibili e gli Apache si incupirono, alcuni cercarono una fuga nell'alcool, perdendo sempre di più la capacità di reagire. Il primo a porre fine a questo insostenibile stato di cose e a lasciare con i suoi guerrieri quella valle di disperazione fu il Capo Mescalero Victorio, che mise in atto una vera e propria evasione di massa.

Ma questa è un'altra storia...

 
 
 

CAVALLO PAZZO

Post n°20 pubblicato il 29 Giugno 2013 da mitakuye.oyasin67

 

Crazy Horse disse che non avrebbe mai permesso alla macchina fotografica dell'uorno bianco di "rubargli I'anima". Non esiste infatti alcuna sua immagine autentica, sebbene siano state pubblicate diverse fotografie con la pretesa di essere il suo ritratto.

CAVALLO PAZZO

(1840? - 1877)

Nessuna immagine ufficiale, nessuna fotografia di Tashunka'Witko, Cavallo Pazzo. Silenzio delle immagini, come silenzio delle parole dei discorsi ufficiali, registrati sulla carta dell'uomo bianco. Silenzio che è la voce del Grande Mistero, che non può esprimersi con le parole.

Silenzio i cui frutti sono il vero coraggio, la sopportazione, Ia pazienza, la dignítà, la considerazione per tutte Ie cose.

È nel silenzio che si sente la musica incessante dell'energia della Terra, è nel silenzio che si raggiunge la percezione che va oltre Ia forma delle cose. Nel villaggio dei Sioux Oglala ai piedi dei Paha Sapa, le Colline Nere, dove lo Spirito soffia più forte, Verme e sua moglie Donna dalla Coperta a Sonagli guardavano, preoccupati il loro figlio, I'esile fanciullo scontroso e silenzioso, dai chiari capelli ricciuti, che forse non sarebbe cresciuto fino a diventare guerriero. I Wichasha Wakan, gli sciamani, riconoscevano nello sguardo del fanciullo, che non si fermava sulle cose ma guardava oltre alla loro essenza, il dono della visione e il suo destino.

Sapevano che al fanciullo si preparava l'ardua e dura via della Wakanya Wowayanke,la Grande Visione, se fosse sopravvissuto al consumante fuoco della via spirituale.

Chioma Ondulata sopravvisse e divenne il grande mistico delle Pianure. Un mistico che avrebbe voluto, come disse più volte: "Spendere la vita nella contemplazione del Grande Mistero", e che invece dovette combattere diventando un grande guerriero, con quelle qualità estreme che portava in tutte le cose.

"Ho conosciuto la violenza fin da piccolo", disse, la violenza dei Corvi, degli Shoshone, degli Omaha e delle altre tribù che si contendevano i ricchi territori di caccia del Powder e dello Yellowstone; violenza permanente a cui sua madre non resistè, uccidendosi e marcando così la prima infanzia di Chioma Ondulata anche con il dolore della sua perdita. La vioienza dell'impatto con i Bianchi doveva segnarlo per sempre.

"Ho visto morire lentamente Orso Che Conquista, ferito dal lungo fucile dei Bianchi per una stupida storia di mucche; ho visto massacrare i Cheyenne; ho visto massacrare i Sicangu di mio zio Coda Maculata che voleva essere amico dei Bianchi; ho visto le donne, i bambini, i vecchi, chiusi come bisonti nel cerchio e massacrati, mentre i guerrieri che cadevano sotto le pallottole del grande fucile intonavano i canti di morte... I'ho visto, e non lo dimenticherò. Nessun patto, nessuna mediazione è possibile con i Wasichu, i mangiatori di grasso, che credono di poter possedere la Madre Terra, insieme agli aiberi, ai fratelli che stanno in piedi, all'acqua e all'aria."

"Nessuna mediazione è possibile, nessun patto, ed è pazzo chi lo crede. ll cane che lecca una mano, non vede il coltello nascosto nell'altra".

Questo disse Chioma Ondulata, quando aveva poco piu di quindici anni, dopo il massacro di Ash Hollow, e questo dirà fino alla fine della sua vita.

Nessuna mediazione in una guerra che doveva essere vinta, altrimenti i Sioux sarebbero scomparsi per sempre dalla terra amata che avevano calpestato per primi. Lo aveva visto Beve Acqua nella sua visione, e Chioma Ondulata non I'aveva dimenticato mai.

"Ho sognato che una grande rete di ragno cadeva dal cielo sui popolo dei Sioux, una rete forte e fitta che piano piano lo soffocava e i ragni che I'avevano intessuta, e che vi brulicavano sopra, avevano il volto chiaro di uomini di una razza sconosciuta".

Beve Acqua non sapeva chi fossero i ragni dal volto chiaro, ignorando l'esistenza dei bianchi, ma Chioma Ondulata lo sapeva.

Solo la guerra ad oltranza era possibile, e le modalità dovevano essere chieste al Grande Spirito.

"Non attesi che mia madre finisse di tessermi il mantello per I'hanblechia", la ricerca della visione, ricamato con la stella del mattino dai colori dell'aurora.

"Non attesi che fosse pronta per me la raganella dal suono di pioggia sulla roccia, che mia nonna avrebbe riempito con quaranta pezzetti della sua carne, il suo sacrificio per me, il suo primo takoya."

"Non attesi che i wichasa wakan mi venissero a prendere per condurmi alla grotta sulla montagna, la fossa della visione, il grembo della Madre Terra."

"Non potevo aspettare. Avevo bisogno che il Grande Spirito mi parlasse subito, che mi indicasse la via. Sapevo di esserne degno."

"Mio padre mi aveva insegnato che un uomo, perche potesse essere chiamato uomo, doveva avere nel suo cuore coraggio per affrontare le prove più difficili, forza d'animo per non lamentarsene mai, generosità per dare agli altri e saggezza per non sentirsi pitù grande del fratello. E io sentivo ardere queste virtu nel mio cuore."

"Perciò, con la pelle che ancora bruciava del calore dell'inipi, il sacro vapore purificatore che è il respiro del Grande Spirito, mi stesi nudo sui sassi aguzzi che mi laceravano la pelle in riva al lago azzurro, lontano dai passi degli uomini, e attesi. Attesi, avendo scelto nel mio cuore che non sarei diventato, con i doni della visione, un yuipi, un veggente guaritore, ma che avrei chiesto ai poteri del sogno di guidarmi nella guerra contro coloro che, nati al di la del grande mare, dimentichi della loro terra e delle ossa degli antenati, volevano impadronirsi di questa terra dove, dall'inizio dei tempi, non c'eravamo che noi e il vento."

"Attesi e vidi il sole, che mi bruciava e prosciugava, salire e scendere nel cielo. Attesi e vidi le stelle e la luna nascere e tramontare nel cielo della notte e sentii il freddo gelarrni fin nelle ossa."

*Attesi e misi sotto la mia schiena sassi sempre piu aguzzi, che si coloravano del rosso del mio sangue, ma lo Spirito non mi parlava. 'Attesi ancora; aspettavo la visione, il canto sacro, lo spirito dell'animale fratello, più avidamente dell'acqua, anche se la sete mi inaridiva la gola, la bocca e le narici. Attesi, ma la visione non venne. Non ne ero degno. Non avevo rispettato i sacri riti. L'orgoglio mi aveva accecato, pensai, e il quarto giorno mi arresi. Non riuscii ad alzarmi, per andare verso I'acqua. Strisciai, trascinandomi sulle pietre e, mentre cadevo sul greto e il respiro mi abbandonava e la luce si spegneva nei miei occhi, sentii un'ala sfiorarmi la pelle sanguinante delle spalle. Sentii il grido acuto di un uccello e seppi che stava arrivando. La Grande Visione era arrivata."

"Un cavaliere emerse dal lago col suo cavallo, galoppando sull'aria verso di me. ll guerriero non portava piumaggi ne colori dipinti sul volto, ma solo una penna di falco rosso nei capelli, un sassolino e un ciuffo d'erba rossa dietro l'orecchio."

"Non riuscivo a distinguerne il volto, ma vedevo i lunghi capelli chiari che, come i miei, si arricciavano al vento. Foschi e indistinti come ombre, i nemici gli si affollavano intorno, una folla, e scagliavano frecce e sparavano pallottole, un turbinio che oscurava il cielo e assordava gli orecchi, ma niente colpiva il guerriero. I colpi si dissolvevano prima di toccarlo. ll guerriero veniva verso di me. Mi avrebbe parlato, lo sapevo, ma improvvisamente la folla del nostro popolo gli si accalcò intorno, lo fermò, lo afferrò per le braccia... no, non cosi, gridò qualcosa dentro di me. Il guerriero si divincolò e riusci a raggiungermi. 'Hai avuto la tua visione', disse. 'Quindi, come me, poiché non sono altro che la visione di ciò che dovrai essere, dovrai portare solo una penna di falco rosso tra i capelli e mai indossare i piumaggi, i colori e gli ornamenti che inorgogliscono i guerrieri... 'Solo polvere adornerà il tuo corpo e il tuo cavallo, e sarà questa polvere che ti renderà invincibile. Nessun proiettile nessuna freccia nemica potrà ucciderti. Sentirai la voce del Grande Spirito nel tuo cuore e avrai i poteri della visione, che in sogno ti guideranno per quello che hai chiesto in cambio del tuo sacrificio. Chiederai e avrai, per il tuo popolo. Nulla chiederai per te.'

Uno scoppio di tuono chiuse le sue parole e un fulmine lo colpì, mentre la grandine punteggiava il suo corpo e quello del suo cavallo.

l poteri di Wakyian, lo spirito del tuono, i poteri di Tunka, la pietra, i poteri di Cetan Luta, il falco rosso, i poteri di Santu Bu, I'erba rossa, per rendermi invincibile contro i nemici...ll mio cuore batteva forte, mentre la tempesta improvvisamente finiva, e di nuovo la nostra gente lo afferrava per le braccia. 'No, non cosi!', urlai dentro di me, e il cavaliere cadde, rnentre un falco rosso emetteva un grido acuto e sibilante nel cielo che si arrossava al tramonto.

ll Grande Spirito aveva parlato. Ero degno delle sue parole. Pilamya, grazie.

"Ora sapevo qual era la via e me ne sarei assunto la responsabilità.

L'aveva visto anche mio zio Coda Maculata, quando, sanguinante e ferito dopo Ash Hollow, mi aveva detto di fuggire: 'Il tuo sacrificio servirà al nostro popolo'.

"Polvere su di me e sul mio cavallo, solo uno straccío intorno ai miei fianchi, segni bianchi, i chicchi di grandine, disegnati sulla mia pelle e sul mio cavallo, nei capelli una sola penna e un piccolo falco rosso impagliato, ho messo alla prova i poteri della visione.

Lo Spirito aveva parlato. Le frecce e le pallottole degli Shoshone, che stavano vincendo il mio popolo, si dissolvevano intorno a me, senza colpirmi.

'Niente poteva fermarmi. Nessuno avrebbe potuto uccidermi. Nessuno, se non uno dei miei. L'ho capito quando Piccolo Lupo mi ha ferito accidentalmente al ginocchio, Solo uno dei miei. Nessuno e niente poteva fermarlo ed era un prodigio, gridarono i nemici dandosi alla fuga. Grande onore e gloria, per quell'impresa, e anche un altro messaggio dal Grande Spirito: non avrebbe mai dovuto prendere scalpi al nemico, anche questo onore era sottratto al suo orgoglio. L'unica fucilata che l'aveva colpito di striscio al polpaccio, I'aveva raggiunto mentre prendeva uno scalpo al nemico. Grande onore e gloria per lui, al suo villaggio; grande gloria per la sua famiglia che lo onorò, nella grande festa tribale, con il nome che era stato di suo nonno e di altri antenati, Tashunka Witko, Cavallo che si impenna, Cavallo Pazzo. Tashunka Witko, ll nome del guerriero che segnò le grandi imprese contro I'uomo bianco con il suo acume bellico e che fu insignito dell'alto titolo di "portatore di camicia".

"l ladri di grasso ci stanno strappando la terra che ha conosciuto i mocassini dei nostri avi e che è estranea ai passi duri delI'uomo bianco. Dobbiamo lottare tutti insieme, batterci per le nostre donne, per il nostro popolo, per noi. Chi vuol battersi da solo fa la fine del cervo che attacca a corna basse il lupo mentre arriva il branco.

Questo ho detto e i Capi dei Sette Fuochi della Nazione mi hanno ascoltato, perché ora che le tribù dei Sette Fuochi sono tutte riunite, le "Pance Grosse", i Capi, stanno scegliendo i guerrieri per guidarci in questa guerra. Saranno sei, questi guerrieri, e indosseranno la camicia sacra, giurando di proteggere tutti coloro che non hanno forza e potere; faranno il loro dovere con il volto sorridente, grati per il grande onore ricevuto, e combatteranno contro il nemico con il cuore impavido. Stanno già scegliendo i guerrieri. Sento da qui che li acclamano. Perchè gridano il mio nome, chi mi chiama cosi

'Tashunka Witko, vieni fuori a ricevere I'onore della camicia!', hanno gridato le Pance Grosse, e io sono uscito dal tipi, spinto da mio padre; non riuscivo ad alzare la testa perché non volevo che l'orgoglio entrasse nel mio cuore, mentre tutto il popolo riunito urlava il mio nome, battendo i piedi con un suono di tamburo.

Un grande onore; ed ho potuto accettarlo con cuore leggero, perchè mi hanno detto che i passi delle Pance Grosse sono stati guidati dal volo di un falco rosso.

La camicia di Tashunka Witko, dei colori della terra, del cielo, delle rocce e del sole, come le altre, portava duecentoquaranta ciocche di capelli come ornamento, più d'ogni altra camicia. Le decorazioni corrispondevano a ogni atto di valore e di sacrificio.

Tashunka Witko era il nome del guerriero che cercava la comunione mistica con lo Spirito nel fondo oscuro dei boschi o sulla cima solitaria dei monti.

"Dicono che sono piu strano di un winkte, I'uomo che vive al contrario, perchè non amo ridere con la gente e vado lontano da tutti, solo. Ed è vero, perché da solo, nel silenzio, posso sentire il warna kaskan, I'incessante voce della Terra e delle sue creature.  Da solo, nel silenzio, posso sentire lo Spirito che si allarga a tutte le cose, come cerchio nei cerchi, fino ad arrivare nel centro del mio cuore. Da solo, nel silenzio, posso guardare nel cielo della notte Wanagi Ta Concu, iI Sentiero della Via Rossa, la Via Degli Spiriti, il cammino di chi vive per il suo popolo, e pregare di non allontanarmene mai. Da solo, nel silenzio posso sentire il potere delle Quattro Direzioni e dei quattro colori:

nero, l'Ovest, la notte, il sole che è tramontato;

rosso, il Nord, la terra, il sangue del popolo;

gialio, I'Est, la luce del sole che si leva;

bianco, il Sud, la neve, lo splendore del sole al punto piu alto del cielo,

e indirizzare verso di loro le mie preghiere.

Da solo, nel silenzio, posso guardare oltre I'ombra che è il mondo delle cose e arrivare a sognare il mondo reale. al di la delle cose.

Se vedo me stesso in quel mondo, che ondeggia e salta come il mio nome, allora so che potrò sopportare qualunque cosa.

Se vedo,me stesso in quel mondo, so che vincerò.

E' da quel mondo che mi arriva la voce dello Spirito e io devo ascolrarla, in qualunque momento, perchè sono nato alla vita per fare quello che lo Spirito chiede".

Lo Spirito ha chiesto molto a Tashunka Witko. Ogni onore, ogni errore, veniva marcato dal dolore della perdita.

Ho offeso lo Spirito prendendo per me, di nascosto, Donna del Bisonte Nero e portando la discordia tra la mia gente.

E lo Spirito, per Tashunka Witko, non dimentica mai.

La perdita della donna, I'onta della restituzione della camicia e dello sfregio, sono il prezzo che lo Spirito subito chiede. Prima del prezzo piu alto; la morte di Piccolo Falco, I'inseparabile fratello, e quella di Essi la Temono, la figlia che aveva preso ogni spazio del suo cuore, avuta dall'unione con Scialle Nero.

Spogliato di tutto e sempre piu solo, ora Tashunka Witko poteva guidare il suo popolo nella guerra di resistenza "Hoka hey, hoka hey, seguitemi, seguitemi, oggi è un buon giorno per combattere, oggi è un buon giorno per morire!".

I guerrieri Sioux, Cheyenne e Arapaho lo seguivano nell'epopea che ha segnato Ia conquista bianca dell'Ovest con il marchio della sconfitta.

Gli uomini bianchi sono potenti e numerosi come quando le cavallette oscurano il cielo, ma possono cadere nelle trappole, perchè nella loro presunzione, vedono solo quello che vogliono vedere.

"Cosi sono caduti in trappola le giubbe blu di Piccolo Capo Bianco, seguendoci mentre fingevamo di arrancare sui nostri cavalli che scivolavano sul ghiaccio, reputandoci cavalieri incapaci, proprio come la volpe segue la "sheo", la gallinella della prateria, che arranca fingendo di avere un'ala spezzata per allontanare il pericolo dai suoi piccoli. "ll massacro del capitano Fetterman e del suo drappello, il massacro del tenente Bingham e dei suoi soldati ...volpi che avevano seguito la sheo diritti nella trappola.

"L'uomo bianco diventa sempre piu aggressivo e minaccia anche i Paha Sapa, dove dice vi sia il metallo giallo che fa brillare d'ingordigia i suoi occhi. Sono tornato sui monti dove sono nato, le sacre colline dove lo Spirito ascolta le nostre preghiere e ho pregato sotto gli alberi fitti e scuri come la notte, di darmi ancora i magici poteri per portare il mio popoio alla vittoria.

Ho pregato dal profondo del mio cuore e ii Grande Spirito mi ha mostrato la via. Nel sogno mandatomi dallo Spirito combattevo come non avevamo mai fatto prima. Non spingevo, come le altre volte, i guerrieri contro le giubbe blu e il loro fuoco, ma dividendoli come un grande fiurne si divide in rapidi ruscelli, li spingevo ad attaccarle da un fianco e dall'altro, di fronte, alle spalle, sempre in corsa, mutando direzione come ii fuoco nella prateria spinto dal vento.

Cosi vincemmo Ia Battaglia in cui la Ragrzza Salvò Suo Fratello, cosi vincemmo ia battaglia dell'Erba Grassa, con mio fratello Hunkpapa Tatanka lyotake (Toro Seduto)."

Le vittorie indiane del Rosebud e di Little Big Horn segnarono, con la violentissima reazione bianca, il punto di non ritorno della guerra di resistenza dei Sioux e dei loro alleati Cheyenne e Arapaho. L'uomo bianco sconfitto è come il bisonte ferito maldestramente, che attacca a corna basse qualunque cosa sul suo cammino. Le nostre tribù devono fuggire, davanti alla sua ira, come un cervo messo in fuga da un branco di lupi, che non può mai fermarsi a mangiare e riposare.

"Nelle Lune del Caldo, nelle Lune del Grande Freddo, siarno andati errando, fuggendo davanti alle giubbe blu che sparavano da lontano; i bambini sui travois muti per la fame, in un silenzio più doloroso del pianto; donne, vecchi e poche centinaia di guerrieri sempre in movimento, senza riposo né cibo ne fuoco. Non c'è tempo per i sacri riti deila caccia, non c'è tempo per attendere il dono della carne dell'animale fratello. Appena ci fermiamo, le giubbe blu ci incalzano, le vediamo da lontano, macchie blu nella prateria, sulla cima dei monti, nel fondo della valle. Finito è il dono sacro del bisonte, i cuí zoccoli non rimbombano più sulla pianura, insanguinata dalle sue carcasse lasciate a imputridire. Finito è I'uomo rosso, e con lui finisce la gloria, e forse la vita. L'hanno detto gli antenati.

Se lo vedrete sparire (il bisonte), saprete che la fine dell'uomo rosso è vicina, hanno detto, seguendo la voce del Grande Spirito, e sento che è così.

"Alla tua gente servirà il tuo sacrificio..."

"E' giunto per me il momento, devo andare dall'uomo bianco, che cerca solo me, il suo nemico, perchè la mia gente viva. Il cervo è stato raggiunto dai lupi. Non posso andare con la mia gente malata e allo stremo oltre il "chanku wakan", il confine, nel Paese della Nonna, il Canada, come mi chiede Tatanka lyotake. È arrivato per me il momento di morire. Niente ha mai potuto colpirmi, niente avrebbe potuto fermarmi se non la necessità del mio popolo. Devo andare dove vuole il Grande Spirito. Devo portare la mia gente a sud, verso la salvezza, e aspettare che il mio destino si compia."

Nel 1877, a meno di quaranr'anni, il suo destino si compì, secondo la profezia.

Nessuno aveva potuto colpire o disarcionare il cavaliere della visione, se non le mani della sua gente. Nessun bianco, in ventidue scontri campali, aveva potuto ferire Cavallo Pazzo. Solo le mani di Piccolo Grande Uomo, che l'avevano immobilizzato, avevano potuto permettere che la baionefta delI'uomo bianco gli portasse via la vita.

"No, non cosi".,.

"Solo uno dei miei. Era questo che mio padre aveva visto e che portò I'ombra nei suoi occhi, quando gli raccontai la visione. Soio uno dei miei".

"Cavallo Pazzo è tornato", dicono oggi, senza ombra di dubbio, tutti i popoli delle Pianure e, quando guízza il lampo nel cieli e romba la voce del tuono o quando vola un falco rosso, abbassano gli occhi e hanno timore di pronunziare il suo nome.

 
 
 

COME IL COLIBRì RUBO' IL TABACCO (CHEROKEE)

Post n°19 pubblicato il 22 Giugno 2013 da mitakuye.oyasin67

 

Molto tempo fa, quando gli uomini e gli animali parlavano la stessa lingua, in tutto il mondo esisteva un'unica pianta di tabacco e le creature giungevano da ogni parte per prenderlo. Un giorno tuttavia le avide oche Dagul'ku rubarono la pianta e la portarono lontano, a sud, sorvegliandola attentamente. Non passò molto tempo che gli uomini e gli animali iniziarono a soffrire molto per I'assenza del tabacco. (Il tabacco aveva numerosi usi in medicina: veniva usato come antidolorifico per l'otite e il mal di denti, e occasionalmente come impiastro. Presso gli indiani del deserto veniva fumato come cura per il raffreddore (anche per I'asma e la tubercolosi), spesso mescolato a altre foglie o radici. A volte il tabacco non conciato veniva mangiato, usato nei clisteri o bevuto sotto forma di infuso.)

Un' anzianadonna che stava male da molto tempo era diventata così emaciata e debole che tutti pensavano sarebbe morta, e I'unica cosa che poteva salvarla era il tabacco. La donna era molto amata da tutti gli uomini e

gli animali, e la sua condizione li preoccupava molto.

Decisero quindi di convocare un consiglio per escogitare un piano per recuperare il tabacco. Gli animali dissero che avrebbero cercato di riprenderlo. Ci provarono uno dopo l'altro, ma ogni volta venivano avvistati dalle oche Dagul'ku e uccisi prima di riuscire a raggiungere la pianta.

Dal più piccolo al più grande, tutti gli animali a quattro zampe fallirono. Poi la Talpa parlò.e disse che sarebbe andata lei. Tutti pensarono che fosse una buona idea, dal momento che poteva scavare un tunnel sotto il tabacco e rubarlo. Tuttavia, quando si avvicinò alla pianta, le Dagul'ku videro la sua traccia, e aspettarono che uscisse. Quando la Talpa sbucò fuori andò incontro alla stessa sorte di tutti quelli che I'avevano preceduta.

Da quel momento all'interno del consiglio ci fu grande discordia. Nessuno riusciva a pensare a un altro modo per sotrarre il tabacco alle avide Dagul'ku. Nessun animale voleva andarci.

Il colibrì aveva ascoltato tutte le proposte, e aveva un'idea sua. Alla fine disse che avrebbe riportato lui la pianta. Tutti lo guardarono e dissero: "Com'è possibile? Sei così piccolo! Come farai ad avvicinarti con le Dagul'ku?".

Lui rispose che poteva farcela, e che se volevano potevano metterlo alla prova. Allora gli indicarono un albero inmezzo al prato che tutti potevano vedere, poi gli dissero: "Vai su quella pianta, ma non farti vedere da noi".

Neanche il tempo di dirlo, che tutti videro il Colibrì posato in cima all'albero in mezzo al prato. Poi scomparve sotto il loro occhi e riapparve al centro del consiglio. Nessuno lo aveva visto andare o tornare. Stupiti dall'impresa,

decisero di dargli una possibilità. Il Colibrì non perse tempo. Sfrecciò sulla

pianta di tabacco, proprio sotto il naso delle oche Dagul'ku, che non sospettavano nemmeno che lui fosse lì. In un batter d'occhio con il suo lungo becco strappò la sommità della pianta, che aveva alcune foglie e i semi. Poi tornò al consiglio. La vecchia donna ormai sembrava morta, ma quando le soffiarono del fumo di tabacco nelle narici lei aprì gli occhi gridando "Tsa'lu" e guarì.

 

 
 
 

COME L'APE EBBE IL SUO PUNGIGLIONE (CHEROKEE)

Post n°18 pubblicato il 18 Giugno 2013 da mitakuye.oyasin67
Foto di mitakuye.oyasin67

 

Nei tempi antichi, quando gli uomini erano più puri, riuscivano a conversare con gli animali e il Creatore faceva loro visita, gli chiesero qualcosa di dolce da mangiare. Il Creatore plasmò l'ape, che non aveva ancora il pungiglione.

L Ape arrivò sulla terra e trovò un albero dove poter costruire il proprio alveare, per fare il miele, moltiplicarsi e nutrire i piccoli. Presto gli uomini giunsero dall'Ape e le chiesero un po' del suo dolce sciroppo. Le Api diedero a ognuno un recipiente pieno di miele. Gli uomini lo apprezzaroîo molto e lo mangiarono avidamente, poi tornarono per averne ancora.

L Ape rispose: "Per un po' non avrò più miele da darvi. Dovete aspettare". Gli uomini non furono felici, perché desideravano ardentemente il dolce sciroppo. Chiamarono il Creatore e gli dissero: "L'Ape non ci dà abbastanza sciroppo dorato. Ne vogliamo di più!". Il Creatore allora inviò sulla terra il Popolo dei

Fiori, che iniziò a produrre un'enorme varietà di fiori da impollinare perché le Api potessero produrre più miele. Per attrarle, sbocciarono meravigliosi fiori di tutti i colori: azzurri,rossi, arancioni, viola e gialli. Vennero create più Api per impollinarli tutti. L'alveare si ingrandì molto. Gli uomini, vedendo che era diventato così grande, arrivarono per avere ancora sciroppo dolce. Le Api diedero loro molto miele, ma ne tennero per sé abbastanza per nutrire i loro piccoli. Gli uomini divorarono lo sciroppo e ne vollero ancora. Le Api risposero:

"Non ne abbiamo più, dovete aspettare".

Gli uomini erano arrabbiati, e chiesero al Popolo dei Fiori di produrre più fiori, per poter avere più miele. Il Popolo dei Fiori rispose:

"Abbiamo fatto più fiori che potevamo, e sono stati impollinati tutti. Dovete aspettare fino a primavera".

"No", dissero gli uomini, "Ne vogliamo di più adesso!". Ritornarono all'alveare e lo distrussero, uccidendo quasi tutte le Api e prendendo il miele che restava. Le Api superstiti erano in collera. Chiesero consiglio al Creatore. Anche lui era irritato per il comportamento degli uomini, così chiese al Popolo dei Fiori di far crescere dei rovi spinosi, perché le api li mangiassero. Le Api mangiarono le spine, che si trasformarono in pungiglioni. Il Popolo dei Fiori creò un recinto di rovi attorno all'alveare. Il giorno dopo gli uomini tornarono chiedendo più miele; ma i rovi attorno all'albero graffiarono e ferirono i loro corpi. Alcuni riuscirono ad arrivare all'alveare e, coperti di lividi, urlarono alle Api: "Dateci del miele, adesso, o faremo come abbiamo fatto ieri, distruggendo il vostro alveare e uccidendo i vostri piccoli!". Le Api si arrabbiarono, un forte ronzio uscì dalI'albero, e sciamarono fuori. Punsero gli uomini finché non furono pieni di piaghe, facendoli scappare.

Da quel giorno, gli uomini trattarono le api, i fiori e le piante con grande rispetto, promettendo sempre di rimpiazzare ciò che prendono, di non essere mai avidi e di non raccogliere mai più di ciò di cui hanno bisogno.

 

 
 
 

LA STORIA DELLA PIPA DELLA PACE (Sioux Lakota)

Post n°17 pubblicato il 12 Giugno 2013 da mitakuye.oyasin67

 

 

bisonte sacro

 

Due giovani stavano passeggiando nella notte parlando dei loro problemi amorosi. Girarono intorno a una collina e giunsero a una piccola gola. All'improvviso videro salire dalla gola una bellissima donna. Aveva la pelle dipinta e il suo abito era di fattura finissima.

 

"Che splendida ragazza", disse uno dei giovani. "Sono già innamorato di lei. La rapirò e diventerà mia moglie".

"No", disse I'altro, "non farle del male. Potrebbe essere una creatura sacra".

La giovane estrasse una pipa, che offrì prima al cielo e poi alla terra, poi avanzò reggendola con le mani aperte. "So quello che avete detto; uno di voi due è nel giusto, I'altro si sta sbagliando", disse.

Appoggiò a terra la pipa e immediatamente si trasformò in un bisonte. L'animale batté il suolo con la zampa, con la coda dritta dietro di lui, poi sollevò di nuovo la pipa con gli zoccoli e immediatamente divenne di nuovo una ragazza.

"Sono venuta per offrirvi questo dono", disse, "è la pipa della pace. Da qui in avanti tutte le cerimonie e tutti i trattati dovranno essere fatti dopo averla fumata. Essa porterà pensieri di pace nelle vostre menti. Dovrete offrirla al Grande Mistero e alla madre terra".

I due giovani corsero al villaggio e raccontarono quello che avevano visto e sentito. Tutti si recarono allora dalla giovane. Essa ripeté anche a loro ciò che aveva detto ai fagazzi, e aggiunse:

"Quando liberate gli spiriti (i fantasmi delle persone defunte) dovete indossare la pelle di una femmina di bisonte bianco".

Diede la pipa agli uomini medicina del villaggio, si trasformò di nuovo in un bisonte e corse via, nelle terre dei bisonti.

 
 
 

COME L'UOMO TROVO' LA SUA COMPAGNA (CHEROKEE)

Post n°16 pubblicato il 05 Giugno 2013 da mitakuye.oyasin67
Foto di mitakuye.oyasin67

 

Dopo che Vecchio Uomo creò un uomo che gli assomigliasse, lo lasciò a vivere con i Lupi e se ne andò. L'uomo ebbe molte difficoltà, senza abiti per poter scaldarsi e una moglie che lo aiutasse, quindi se ne andò a cercare Vecchio Uomo. L'uomo trovò la capanna di Vecchio Uomo solo molto tempo dopo, ma non appena fu lì entrò e disse: "Vecchio Uomo, mi hai creato e mi hai lasciato a vivere con il Popolo dei Lupi. Non mi piacciono per niente.

Mi danno da mangiare brandelli di carne e non accendono il fuoco. Hanno delle compagne, ma io non voglio una Donna-Lupo. Penso che avresti dovuto prenderti maggior cura di me".

"Beh", replicò Vecchio Uomo, "stavo proprio aspettando che tu mi venissi a cercare. Ho sistemato le cose. Scendi lungo questo fiume finché non raggiungi un ripido pendio. Là vedrai una tenda. Poi lascio a te fare il resto. Vai!".

L'uomo partì subito e viaggiò tutto il giorno. Quando giunse la notte si accampò e mangiò delle bacche che crescevano lungo il fiume. Il mattino dopo continuò a seguire il corso d'acqua, cercando il ripido pendio e la tenda.

Appena prima che il sole tramontasse, vide una bella tenda vicino a una collina scoscesa, e seppe che era quello che stava cercando, quindi attraversò il fiume e entrò nella tenda. Seduta vicino al fuoco c'era una donna. Indossava un vestito di pelle scamosciata e stava cucinando della carne che emanava un buon profumo, ma quando vide I'uomo nudo, lo cacciò fuori e chiuse la porta.

Questo non andò giù all'uomo, che per mettersi al livello della donna salì sulla ripida collina e iniziò a far rotolare giù verso la sua tenda delle grosse pietre. Continuò finché una delle rocce più grandi non cadde sulla tenda e

la abbattè, e la donna corse fuori, piangendo.

Quando l'uomo sentì la donna piangere si dispiacque molto e corse giù verso di lei.

Lei si sedette per terra, e l'uomo andò da lei e le disse: "Mi dispiace di averti fatto piangere, donna. Ti aiuterò a riparare la tua tenda. Starò con te, se tu me lo permetterai".

Questo fece piacere alla donna, che mostrò all'uomo come sistemare la tenda e raccogliere della legna per il fuoco. Poi lo lasciò entrare a mangiare. Infine gli fece dei vestiti, e da quel giorno andarono molto d'accordo.

Così è come I'uomo trovò sua moglie. Oh!

 
 
 

QUANDO IL MONDO ERA GIOVANE (PIEDI NERI)

Post n°15 pubblicato il 03 Giugno 2013 da mitakuye.oyasin67

Quando il mondo era giovane, Vecchio Uomo Coyote e Vecchia Donna Coyote vagavano qua e là.

"Decidiamo come dovranno essere le cose", disse il Vecchio Uomo Coyote.

"Va bene", rispose Vecchia Donna Coyote, "Come potremmo fare?".

"È stata una mia idea, quindi io parlerò per primo", disse Vecchio Uomo Coyote. "Sono d'accordo", rispose Vecchia Donna Coyote, "ma sarò io ad avere l'ultima parola".

Per un po' camminarono osservando ogni cosa. Infine Vecchio Uomo Coyote disse: "Gli uomini saranno dei cacciatori. Ogni volta che vorranno colpire un animale lo chiameranno ed esso verrà".

"Anch'io penso che gli uomini dovrebbero essere dei cacciatori", disse Vecchia Donna Coyote, "ma se gli animali si potessero raggiungere così facilmente la vita sarebbe troppo facile per loro. Gli animali dovranno scappare e nascondersi. Questo renderà le cose più difficili per i cacciatori, ma li farà diventare più forti e più astuti". "Tu hai I'ultima parola".

Continuarono a osservare ogni cosa. Vecchio Uomo Coyote disse: "Ho pensato a come dovrebbero essere fisicamente gli uomini.

Avranno gli occhi su un lato del viso e la bocca sull'altro. La loro bocca si muoverà su e giù. Avranno dieci dita per ciascuna mano".

"Anch'io credo che gli uomini debbano avere occhi e bocca sul viso, ma i loro occhi saranno sulla parte alta del volto e la bocca su quella in basso, tutti sulla stessa linea", disse Vecchia Donna Coyote, "e credo anch'io che debbano avere delle dita, ma dieci per mano sarebbero troppo scomode. Avranno cinque dita su ciascuna mano". "Tu hai I'ultima parola", disse Vecchio Uomo Coyote.

Poi continuarono a camminare, e giunsero infine a un fiume. Vecchio Uomo Coyote disse: "Decidiamo della vita e della morte. Io farò in questo modo: getterò questo sterco secco di bisonte nel fiume. Se galleggerà, quando gli uomini muoiono potranno ritornare in vita dopo quattro giorni e vivere per sempre".

Vecchio Uomo Coyote gettò il frammento, che galleggiò.

"Credo anch'io che dovremmo decidere in questo modo", disse Vecchia Donna Coyote, "ma io userò una pietra anziché dello sterco di bisonte. Getterò questo sasso nell'acqua. Se galleggerà, quando gli uomini muoiono

potranno ritornare in vita dopo quattro giorni e vivere per sempre. Se non galleggerà, allora non potranno più tornare dopo la morte".

Vecchia Donna Coyote gettò il sasso, che affondò.

"Così è come dovrebbe essere", disse Vecchia Donna Coyote. "Se gli uomini vivessero per sempre la terra diventerebbe troppo affollata e non ci sarebbe abbastanza cibo. In questo modo impareranno la compassione".

Vecchio Uomo Coyote non disse nulla.

Passò del tempo, e Vecchia Donna Coyote ebbe un bambino. Lei e Vecchio Uomo Coyote lo amavano moltissimo, ed erano molto felici. Un giorno, però, il bambino si ammalò e morì. Allora Vecchia Donna Coyote andò da

Vecchio Uomo Coyote e gli disse: "Cambiamo la nostra decisione sulla morte".

Ma Vecchio Uomo Coyote scosse la testa e rispose: "No, tu hai avuto I'ultima parola".

 
 
 

LA STORIA DELLA CREAZIONE (IROCHESI)

Post n°14 pubblicato il 31 Maggio 2013 da mitakuye.oyasin67
Foto di mitakuye.oyasin67

 

All'inizio il mondo non era come lo conosciamo ora. Era un mondo d'acqua, abitato solo dagli animali e dalle creature dell'aria che potevano sopravvivere senza terra. Sopra c'era il Mondo del Cielo, che era piuttosto diverso. Là vivevano esseri simili agli uomini, con infinite varietà di piante e animali. Nel Mondo del Cielo c'era un Albero della Vita che era considerato molto importante: cresceva all'entrata del mondo di sotto ed era proibito danneggiarlo o toccarlo.

Una donna che stava per avere un bambino, però, un giorno si incuriosì e convinse suo fratello a sradicare l'albero. Sotto c'era un grande buco. La donna si sporse oltre il bordo e all'improvviso perse I'equilibrio e cadde.

Mentre stava scivolando annaspò con le mani per trovare un appiglio e le rimase in mano un po' di terra del Mondo di Cielo. Mentre cadeva gli uccelli del mondo di sotto vennero disturbati e messi in allerta dalle sue grida. Allora si radunarono in gran numero per interrompere la sua caduta e la deposero sul dorso di una grande tartaruga marina. Le creature dell'acqua pensarono che lei avesse bisogno di terra dove stare, quindi cercarono di raccoglierne un po'. Si immersero fin nelle profondità dell'oceano per trovare il materiale per crearle un posto per vivere. In molti cercarono di prendere il terreno dal fondo del mare, ma solo il topo muschiato ci riuscì: l'Isola della Tartaruga iniziò a crescere grazie al pezzettino di terra che riuscì a portare con le sue piccole zarrrpe fino al dorso della tartaruga.

La Donna del Cielo presto diede alla luce una figlia, che crebbe in fretta. Non c'erano uomini sull'Isola della Tartaruga, e lei si sposò con un essere conosciuto come Vento dell'Ovest. Presto diede alla luce due gemelli. Uno era nato in maniera naturale, e si chiamava Gemello dalla Mano Destra; I'altro, che si chiamava Gemello dalla Mano Sinistra, nascendo causò la morte di sua madre. La nonna, Donna del Cielo, mise sulla tomba della figlia la terra che aveva strappato dal Mondo del Cielo cadendo. Questa terra conteneva speciali semi del mondo celeste, che germogliarono. Dal corpo della figlia crebbero il Tabacco Sacro, la Fragola e l'Aveva Profumata. Noi chiamiamo queste piante Kionhekwa, coloro che danno la vita.

Gemello Destro e Gemello Mancino erano dotati di speciali poteri creativi. Il Gemello Destro creò gentili colline, bellissimi fiori profumati, quieti ruscelli, farfalle e numerose creature, piante e formazioni terrestri. Il Gemello Mancino fece i serpenti, le spine sui cespugli di rose, il lampo e il tuono e altri attributi molesti del mondo di oggi. Insieme plasmarono I'uomo e le sue caratteristiche. Il Gemello Destro credeva nella diplomazia e nella risoluzione

dei conflitti; il Gemello Mancino credeva che i conflitti fossero la soluzione. Erano molto diversi, ma tutto quello che hanno creato è parte integrante del mondo. La loro nonna, Donna del Cielo, un giorno arrivò alla fine della sua vita. Quando morì, i due Gemelli lottarono sul suo corpo e lo fecero a pezzi,Ianciando la testa in cielo. Come parte del Mondo del Cielo, rimase lassù a brillare sulla terra come Nonna Luna. I Gemelli non potevano stare insieme senza lottare, si accordarono quindi per vivere sulla terra in domini

diversi. Il Gemello Destro continuò a vivere alla luce del giorno, e il Gemello Mancino divenne una creatura della notte. Entrambi continuano a rispettare i loro doveri verso la loro Madre, la Terra.

 
 
 

SAGGEZZA PELLEROSSA

Post n°13 pubblicato il 29 Maggio 2013 da mitakuye.oyasin67
Foto di mitakuye.oyasin67

 

Prima che coloni e missionari arrivassero, in America esistevano centinaia di tribù, clan e popoli dalle credenze e dai costumi più svariati.

Anche se le loro culture erano differenti, tutte le loro forme di spiritualità erano radicate nell'animismo. Essi credevano che l'universo fosse popolato da spiriti che animavano ogni forma di vita naturale: piante, animali, uomini, e anche la terra e l'acqua stesse. Ogni cosa era abitata dalla divinità, anche le persone, gli animali e i luoghi erano divini.

Spesso i protagonisti delle loro leggende non hanno un nome né una caratterizzazione psicologica, poiché i principi universali sono ritenuti più importanti dei tratti individuali.

Ognuno di questi racconti (verranno esposti nei prossimi post ndr) è una testimonianza della forza vitale che sta dietro ogni identità spirituale e personificazione del divino, a volte chiamata Grande Mistero.

In queste storie il ruolo degli animali è importante, essi spesso parlano con gli esseri umani e li aiutano. A volte un individuo di una specie viene considerato un'espressione delI'archetipo spirituale di quella data specie, che incarna un particolare potere spirituale.

Le leggende native americane includono tutte le tipologie riscontrabili anche in altre culture, come miti di creazione o di viaggi eroici. Un'altra tipologia ricorrente è quella della "divinità culturale", cioè di una figura divina che conferisce a una tribù riti, cerimonie od oggetti sacri e insegnamenti spirituali.

La cultura nativa americana è sopravvissuta attraverso i secoli agli spostamenti e all'assimilazione, e in questo periodo le loro storie e i loro miti sono stati tramandati oralmente di generazione in generazione, rifiutandosi di morire. Pochi di questi miti sono stati messi in forma scritta prima del XIX secolo, e le incongruenze tipiche della tradizione orale spesso sono ancora evidenti. Frank Lindermann (uno dei primi a raccogliere queste storie e a pubblicarle) nel 1915 scriveva: "Il grande nordovest sta rapidamente diventando un paese 'colonizzato', abbiamo perso molto del folklore originario [...]. Questi racconti mi colpiscono perché meritano di essere conservati. [...] Queste storie sono state tramandate di padre in figlio per innumerevoli generazioni, senza grosse variazioni, finché l'uomo bianco

non ha massacrato i bisonti per aprirsi la strada e ha reso l'uomo rosso poco più che un mendicante".

Questi racconti ci tramandano ancora oggi un messaggio comune e senza tempo di pace e armonia con la natura (che appare come un tema attualissimo): mantenendo viva la cultura nativa americana possiamo continuare a imparare qualcosa sul mondo in cui viviamo.

 
 
 

Dovere di un indiano

Post n°12 pubblicato il 03 Maggio 2013 da mitakuye.oyasin67
Foto di mitakuye.oyasin67

 



" ...Nella vita di un indiano c'era un dovere, del cui adempimento non si scordava mai:

era il dovere di onorare ogni giorno l'eterno ed invisibile con la preghiera. sempre,

quando egli incontra, durante la caccia quotidiana, un'immagine di bellezza

che impone profondo rispetto: un arcobaleno davanti ad una nube nera carica di pioggia

sopra le montagne, una cascata bianco-schiumante nel cuore di un verde precipizio;

un'ampia prateria, irradiata dal rosso intenso del tramonto,

il cacciatore pellerossa rimane fermo un istante,

 in atteggiamento di adorazione.
Tutto quello che fa, ha per lui un significato religioso.

 Egli sente lo spirito del creatore in tutta la natura, e crede fermamente

che la forza interiore che riceve provenga da lui.

Egli rispetta l'immortale nell'animale,

suo fratello, e questo profondo rispetto si prolunga spesso a tal punto che egli

adorna con colori simbolici o con piume la testa di un animale abbattuto.

 Poi tiene in alto la pipa colma, quale segno dell'aver liberato in modo onorevole

lo spirito del fratello, il cui corpo era stato costretto ad uccidere, per continuare a vivere egli stesso..."

Ohiyesa: nativo d'America Dakota-Santee

 

 
 
 

L'amore

Post n°11 pubblicato il 30 Aprile 2013 da mitakuye.oyasin67

 

L'AMORE - Capo Dan George 
da: "Il Grande Spirito parla al nostro cuore" 
Amici miei, quando disperatamente abbiamo bisogno di essere amati e di amare. Quando Cristo disse che l'uomo non vive di solo pane, parlava di una fame. Questa fame non era quella del corpo. Non era la fame di pane. Parlava di una fame che ha origine nel profondo del nostro essere. Parlava di un bisogno necessario come l'aria che respiriamo parlava del bisogno d'amore. 
L'amore è qualcosa che tu ed io dobbiamo avere. Dobbiamo averlo perché il nostro spirito si nutre di esso. 
Noi dobbiamo averlo perché senza di esso noi perdiamo le nostre forze e ci indeboliamo. Senza amore la nostra autostima viene meno. Senza di esso il nostro coraggio viene a mancare. 
Senza amore non sappiamo affrontare con sicurezza il mondo. 
Ci ripieghiamo su noi stessi e cominciamo a trovare nutrimento nelle nostre stesse personalità. 
E così, poco a poco, ci distruggiamo. Grazie ad esso siamo creativi. Grazie ad esso procediamo infaticabilmente. 
Grazie ad esso, e solamente grazie ad esso, siamo capaci di sacrificarci per gli altri. 

 
 
 

cosa vorrei....

Post n°10 pubblicato il 27 Aprile 2013 da mitakuye.oyasin67
Foto di mitakuye.oyasin67

 

 

Non Mi Interessa



Non mi interessa cosa fai per vivere, voglio sapere per cosa sospiri

 e se rischi il tutto per trovare i sogni del tuo cuore.

Non mi interessa quanti anni hai, voglio sapere se ancora vuoi rischiare

 di sembrare stupido per l'amore, per i sogni, per l'avventura di essere vivo.

Non voglio sapere che pianeti minacciano la tua luna, voglio sapere se hai toccato

 il centro del tuo dolore, se sei rimasto aperto dopo i tradimenti della vita

 o se ti sei rinchiuso per paura del dolore futuro.

Voglio sapere se puoi sederti con il dolore, il mio o il tuo;

 se puoi ballare pazzamente e lasciare l'estasi riempirti fino

alla punta delle dita senza prevenirti di cautela, di essere realisti,

o di ricordarci le limitazioni degli esseri umani.

 Non voglio sapere se la storia che mi stai raccontando sia vera.

Voglio sapere se sei capace di deludere un altro per essere autentico a te stesso,

se puoi subire l'accusa di un tradimento e non tradire la tua anima.

Voglio sapere se sei fedele e quindi hai fiducia.

Voglio sapere se sai vedere la bellezza anche quando non è bella tutti i giorni.

Se sei capace di far sorgere la tua vita con la tua sola presenza.

 Voglio sapere se puoi vivere con il fracasso, tuo o mio e continuare a gridare

 all'argento di una luna piena: SI!

Non mi interessa sapere dove abiti o quanti soldi hai,

 mi interessa se ti puoi alzare dopo una notte di dolore, triste o spaccato in due,

e fare quel che si deve fare per i bambini.

 Non mi interessa chi sei, o come hai fatto per arrivare qui,

voglio sapere se sapresti restare in mezzo al fuoco con me e non retrocedere.

 Non voglio sapere cosa hai studiato, o con chi o dove,

voglio sapere cosa ti sostiene dentro, quando tutto il resto non l'ha fatto.

 Voglio sapere se sai stare da solo con te stesso,

e se veramente ti piace la compagnia che hai ....nei momenti vuoti.


Scritto da un'indiana della tribù degli Oriah - 1890

 

 

 

 
 
 

saggezza pellerossa

Post n°9 pubblicato il 12 Aprile 2013 da mitakuye.oyasin67
Foto di mitakuye.oyasin67

Pensiero degli Americani Nativi


Un anziano Cherokee parlava al nipote della vita: ”Dentro di me c’è una lotta”, disse al ragazzo. “C’è un terribile combattimento tra due lupi. Uno è cattivo, è rabbia, invidia, dolore, rimorso, avidità, arroganza, autocompatimento, colpa, risentimento, inferiorità, bugie, falso orgoglio, superiorità ed ego”.

Poi continuò: ”L’altro è buono, è gioia, pace, amore, speranza, serenità, umiltà, gentilezza, benevolenza, empatia, generosità, verità, compassione e fede. Lo stesso conflitto c’è anche dentro di te e dentro ognuno di noi”.

Il nipote riflettè un minuto su queste parole, poi domandò al nonno: ”Quale lupo vincerà?”. L’anziano Cherokee disse semplicemente: ”Quello che nutri!

 
 
 

per una persona speciale

Post n°8 pubblicato il 08 Aprile 2013 da mitakuye.oyasin67

Ti auguro tempo per vivere

Non ti auguro un dono qualsiasi,
Ti auguro soltanto quello che i più non hanno.
Ti auguro tempo, per divertirti e per ridere;
se lo impiegherai bene, potrai ricavarne qualcosa.
Ti auguro tempo, per il tuo Fare e il tuo Pensare,
non solo per te stessa, ma anche per donarlo agli altri.
Ti auguro tempo, non per affrettarti e correre,
ma tempo per essere contenta.
Ti auguro tempo, non soltanto per trascorrerlo,
ti auguro tempo perchè te ne resti:
tempo per stupirti e tempo per fidarti
e non soltanto per guardarlo sull'orologio.
Ti auguro tempo per toccare le stelle
e tempo per crescere, per maturare.
Ti auguro tempo, per sperare nuovamente e per amare.
Non ha più senso rimandare.
Ti auguro tempo per trovare te stessa,
per vivere ogni tuo giorno, ogni tua ora come un dono.
Ti auguro tempo anche per perdonare.
Ti auguro di avere tempo,
 tempo per la vita.

poesia Lakota

 
 
 

L'Albero degli Amici

Post n°7 pubblicato il 08 Aprile 2013 da mitakuye.oyasin67
Foto di mitakuye.oyasin67

 

L'Albero degli Amici

Esistono persone nelle nostre vite che ci rendono felici
per il semplice caso di avere incrociato il nostro cammino.
Alcuni percorrono il cammino al nostro fianco,
vedendo molte lune passare, 
gli altri li vediamo appena tra un passo e l'altro.
Tutti li chiamiamo amici e ce sono di molti tipi.
Talvolta ciascuna foglia di un albero rappresenta uno
dei nostri amici. 

Il primo che nasce è il nostro amico Papà e la nostra amica Mamma,
che ci mostrano cosa è la vita.
Dopo vengono gli amici Fratelli, con i quali dividiamo il
nostro spazio affinché possano fiorire come noi.
Conosciamo tutta la famiglia delle foglie che
rispettiamo e a cui auguriamo ogni bene.

Ma il destino ci presenta ad altri amici che non
sapevamo avrebbero incrociato il nostro cammino.

Molti di loro li chiamiamo amici dell'anima, del cuore.
Sono sinceri, sono veri. Sanno quando non stiamo bene,
sanno cosa ci fa felici. E alle volte uno di questi amici dell'anima
si infila nel nostro cuore e allora lo chiamiamo innamorato.
Egli da luce ai nostri occhi, musica alle nostre labbra,
salti ai nostri piedi.

Ma ci sono anche quegli amici di passaggio, talvolta una
vacanza o un giorno o un'ora. Essi collocano un
sorriso nel nostro viso per tutto il tempo che stiamo con loro.

Non possiamo dimenticare gli amici distanti, quelli
che stanno nelle punte dei rami e che quando il vento
soffia appaiono sempre tra una foglia e l'altra.
Il tempo passa, l'estate se ne va, l'autunno si
avvicina e perdiamo alcune delle nostre foglie, alcune nascono
l'estate dopo, e altre permangono per molte stagioni.

Ma quello che ci lascia felici è che le foglie che sono cadute

continuano a vivere con noi, alimentando le nostre radici con allegria.
Sono ricordi di momenti meravigliosi di quando
incrociarono il nostro cammino.

Ti auguro, foglia del mio albero, pace
amore, fortuna e prosperità.
Oggi e sempre... semplicemente perché ogni persona che
passa nella nostra vita è unica.
Sempre lascia un poco di se e prende un poco di noi.
Ci saranno quelli che prendono molto,
ma non ci sarà chi non lascia niente.

Questa è la maggior responsabilità della nostra vita e
la prova evidente che due anime non si incontrano 
per caso.

 Paul Montes
Missionario Sud-Americano.

 
 
 

preghiera

Post n°6 pubblicato il 08 Aprile 2013 da mitakuye.oyasin67
Foto di mitakuye.oyasin67

preghiera

 

Se guardi il mondo da Lakota, esso cambia nome diventa una persona, diventa Madre Terra. Allora vedi gli uomini che la abitano sotto una prospettiva diversa. Vedi i continenti e gli oceani, vedi le forze che la percorrono. E poi guardi alle costellazioni, alle galassie e ti rendi conto che ogni cosa nell'universo ha bisogno l'una dell'altra. Allora sei in grado di capire che anche noi facciamo parte di tutto questo, in un grande, immenso disegno d'amore universale. La nostra comprensione del significato del Cerchio Sacro viene da una prospettiva come questa. ( Lakota)

 
 
 

IO CHIEDO SCUSA AGLI INDIANI D'AMERICA

Post n°5 pubblicato il 08 Aprile 2013 da mitakuye.oyasin67
Foto di mitakuye.oyasin67

IO CHIEDO SCUSA AGLI INDIANI D'AMERICA

 

Io chiedo scusa agli Indiani d'America,
rimasti in pochi ormai,
ma che comunque fanno sentire la loro Forza,
poiché in passato e forse anche oggi
ho fatto parte degli sbagli umani,
com'è normale fare
e a cui bisogna subito rimediare.

Ho contribuito all'inquinamento,
alla morte,
alla fame,
alla povertà,
alla distruzione
della nostra Terra.

Ho sporcato le Sacre Acque,
ho incenerito le Sacre Foglie,
ho annerito il Sacro Cielo,
ho ucciso i Sacri Animali,
senza ringraziare Nostra Madre.

Perciò chiedo scusa agli Indiani d'America,
che più di chiunque altro,
combattono per il Bene del nostro Pianeta.
E loro sanno cosa dice la sua Voce,
perché hanno ancora orecchie per Ascoltare
e occhi ben aperti per Vedere,
e Giuste Mani per Aggiustare.

Chiedo scusa agli Indiani d'America,
da parte di coloro che hanno ucciso i loro Antenati,
ma più importante i loro Padri e Madri, e Fratelli e Sorelle.
Possano le loro Anime,proteggere quello che è rimasto.

Chiedo scusa agli Indiani d'America,
e chiedo scusa a chi crede nel Risanamento
di questo spettacolare Mondo in cui viviamo.
Io,credo nella sua Rinascita.

Chiedo scusa a tutti i miei Fratelli,
che sino ad oggi sono finiti nel mio stomaco.
Pietà abbiate di me,
la mia decisione è arrivata a conclusione
di essere l'ennesima Persona a lasciarvi Liberi.

Oh, Grande Spirito del Passato,
ti sento vicino a me,
sento la tua Mano che si poggia sulla mia spalla,
e con il tuo lieve Sorriso
e saggio Sguardo,
con quegli occhi color della Terra,
so che mi dici:
"Non tutto è andato perso".

-GG-

questa "verità" è stata pubblicata qualche giorno fa da "GG", tutti ne facciamo parte. Parole profonde che rendono onore al Popolo Rosso.

Diffondiamo questa verità, affinchè tutti ne possano prendere coscienza e fare il proprio "piccolo" per migliorare la nostra madre terra.

Un grazie anche a Piuma Rossa.

 
 
 

chi sono i Nativi...

Post n°4 pubblicato il 08 Aprile 2013 da mitakuye.oyasin67
Foto di mitakuye.oyasin67

 

gli indiani massacrati, gli indiani ingannati, rubati, deportati, usati, strappati e umiliati...si è tutto vero, ed è la vergogna e il sangue che continua fino ad oggi a parlare di loro e ad attaccare manifesti in nome della loro rivendicazione.

ma gli indiani, i nativi americani, i red skin non sono solo questo, sono uomini, sono donne, ragazzi bambini, che lavorano, che mangiano, che ridono che vivono, che hanno i loro usi e costumi, che hanno le loro cerimonie e i loro uomini e donne medicina, che come noi parlano, spettegolano, sognano, litigano si offendono, dicono parolacce e danno carezze, amano, si sposano, vanno a scuola, ridono, tradiscono, si aiutano, si telefonano e guardano la tv.

hanno rubato e tolto l'identita' alla loro terra, si è vero, ed ora è un popolo difficile combattuto tra antichi insegnamenti e la vita di tutti i giorni che non per tutti (come noi) è facile, ci sono molti di loro che hanno conosciuto alcool e droghe e ci sono molti che vivono come senza tetto e molti in lussuosi palazzi, c'è chi si è aperto uno store o un piccolo negozio o chi ancora coltiva l'orto o chi va al supermercato o chi non mangia tutti i giorni.

gli indiani li amo profondamente, davvero profondamente si, e non per quello che ha sconvolto la loro esistenza, ma per quello che semplicemente sono sempre stati e che oggi sono. non sono santi, sono UOMINI!

non rimango indifferente al loro massacro (massacro che avviene ancora oggi, ma che non viene dichiarato), ma mi insegnarono e io imparai che la vera dignita' non potra' mai essere venduta ne comprata ne rubata ne calpestata.

questo è per ogni colore di pelle e per ogni terra!

piumarossa70

 
 
 

pat

Post n°2 pubblicato il 08 Aprile 2013 da mitakuye.oyasin67
Foto di mitakuye.oyasin67

"I sogni aiutano a vivere, le speranze a guardare avanti e gli amici sono la medicina contro tutti i mali..

 
 
 

preghiera per il Grande Spirito

Post n°1 pubblicato il 08 Aprile 2013 da mitakuye.oyasin67

Preghiera per il Grande Spirito

 

 

 

Tatanga Mani  


(Bisonte che Cammina)


Oh Grande Spirito, la cui voce ascolto nel vento,
il cui respiro dà vita a tutte le cose.
Ascoltami; io ho bisogno della tua forza e della tua saggezza,
lasciami camminare nella bellezza,
e fa che i miei occhi sempre guardino il rosso e purpureo

tramonto.
Fa' che le mie mani rispettino la natura in ogni sua forma

e che le mie orecchie rapidamente ascoltino la tua voce.
Fa' che sia saggio e che possa capire le cose che hai pensato

per il mio popolo.
Aiutami a rimanere calmo e forte di fronte a tutti quelli che

verranno contro di me.
Lasciami imparare le lezioni che hai nascosto in ogni foglia

ed in ogni roccia.
Aiutami a trovare azioni e pensieri puri per poter aiutare

gli altri.
Aiutami a trovare la compassione senza la opprimente

contemplazione di me stesso.
Io cerco la forza, non per essere più grande del mio fratello,
ma per combattere il mio più grande nemico: Me stesso.

Fammi sempre essere pronto a venire da te con mani pulite

e sguardo alto.
Così quando la vita appassisce, come appassisce il tramonto,
il mio spirito possa venire a te senza vergogna.

 
 
 

CONTATTA L'AUTORE

Nickname: mitakuye.oyasin67
Se copi, violi le regole della Community Sesso: M
Età: 56
Prov: EE
 

ULTIME VISITE AL BLOG

Eu_Red_Squirrelmitakuye.oyasin67zebmakeyIndianaOglaladyerkessHunkpapa.Siouxpoxpocipausacaffe70hurricane2O1mary.dark35mynamesabriestempora_neadoveravamorimasti2bluaquilegia
 

ULTIMI COMMENTI

 

 

 


"Se l'uomo bianco vuole vivere in pace con gli indiani, può vivere in pace. Tratti tutti gli uomini nello stesso modo. Dia a tutti loro la stessa legge. Dia a loro tutti una possibilità anche per vivere e crescere. Tutti gli uomini sono stati creati allo stesso modo dal Grande Spirito. Siamo tutti fratelli. la Terra è la madre di tutte le persone, e tutte le persone dovrebbero avere uguali diritti
su di essa. Lasciate che io sia un uomo libero, libero di viaggiare, libero di fermarsi, libero di lavorare, libero di commerciare, libero di scegliere i miei maestri, libero di seguire la religione dei miei padri, libero di pensare, parlare e agire per me stesso, e io obbedirò ad ogni legge o pagherò la pena.

 

FACEBOOK

 
 

AREA PERSONALE

 
Citazioni nei Blog Amici: 4
 

 

Ogni alba è un simbolo sacro. Sì, perché sacra è ogni giornata,quando nostro Padre Wakan-Tanka ci manda la luce. (Alce Nero)***

 

 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Maggio 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
    1 2 3 4 5
6 7 8 9 10 11 12
13 14 15 16 17 18 19
20 21 22 23 24 25 26
27 28 29 30 31    
 
 

ALCE NERO PARLA

 


"Non è come nasci, ma come muori, che rivela a quale popolo appartieni".

Alce Nero, 1890
 

 

 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963