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Il fantasma del Campidoglio

Nel luglio del 1731, un garzone di barbiere, arrestato per una rissa, venne tradotto in cella nelle prigioni dei sotterranei di Palazzo Senatorio, sul Campidoglio.

Là il giovane incontrò un vecchio ben vestito al quale chiese il motivo del suo arresto. Il vacchio raccontò di essere un senatore romano dei tempi di Giulio Cesare e, data la gentilezza del ragazzo, gli donò una moneta d'oro. Il giovane, stupito e avido, ne chiese subito delle altre; al che il vecchio rispose di dover prima portare al carceriere le scodelle del pranzo, ormai vuote.

All'ora dell'ispezione, il carceriere vide le stoviglie davanti alla porta della cella e pensò che il garzone fosse fuggito. Entrato, ve lo ritrovò e si sentì raccontare dell'incontro col vecchio. La sera, mentre il giovane prigioniero cenava, si aprì la porta eriapparve il fantasma.

Il vecchio redarguì il garzone perché aveva riferito la storia al secondino e gli disse che in tal modo aveva perduto l'occasione della sua vita per arricchirsi; ciò detto, pose in terra tre scatole piene di monete e, senza dire altro, se le riprese subito; quindi mise sul braccio la camicia e il giustacuore, e uscì. La porta rimase aperta e il garzone lo rincorse, ma cadde ed iniziò a gridare.

Subito accorse il guardiano che diede l'allarme. La camicia fu ritrovata fra la prima e la seconda porta della segreta, mentre il giustacuore era in un cantone, coperto di polvere e sporcizia. Sul pavimento della cella, al posto delle scatole di monete, c'erano tre mattoni.

In seguito il fantasma riapparve altre volte, parlò con altri carcerati, nuovamente ne suscitò l'ingordigia e sempre se ne andò lasciando per terra inutili mattoni "che nella carcere non vi erano né erano stati ivi portati ... questo è il puro fatto".

Notizie più dettagliate in merito a questa storia -riportata da Francesco Valesio, del quale è il virgolettato finale, nella sua opera "Diari di Roma 1700 -1742"- è possibile trovarle sul sito del Comune di Roma.

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