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Messaggi di Maggio 2020

Ho avuto un sogno, ma era ieri.

Post n°1257 pubblicato il 31 Maggio 2020 da fedechiara
 

I have a dream

E' di tutta evidenza che anche i sogni più nobili si infrangono e lasciano il tempo che trovano. 
Quel tale che aveva un sogno (I have a dream, raccontava dai palchi dei suoi comizi, commuovendoci) non ha lasciato eredi o, se ne ha lasciati, se ne stanno rintanati in casa impauriti ad assistere al fuoco delle distruzioni e delle violenze di coloro che avrebbero dovuto essere i figli e i nipoti dei sognatori d'antan e sono, invece, i violenti guerrieri metropolitani che saccheggiano, bruciano palazzi a Minneapolis e negozi e uffici pubblici.

Se è vero che il fuoco cova sotto la cenere, la cenere è il sogno non violento di Martin Luther King e la sua maestosa e condivisibile leadership non più ripresa da alcuno e il fuoco è quello a cui assistiamo allibiti: che possa darsi nell'America del terzo millennio il ri-esplodere di una guerra civile ed 'etnica' che ci racconta di una integrazione mai portata a compimento e l'odio razziale che a tutt'oggi anima entrambe le parti in conflitto.

E ci tocca parteggiare per coloro che riporteranno l'ordine, da qui a breve, con il solo strumento che è dato di usare quando gli argini della ragionevolezza vengono rotti e la rabbia tracima e si arma e distrugge ogni cosa: l'intervento dell'esercito e lo stato di allerta nazionale e il coprifuoco.

E nessun sogno più condivisibile di pastori non violenti in tivù e sui giornali che ci dica il melting pot di genti diverse e diverse culture conviventi un orizzonte di futuro aperto e chiaro. Che perfino il viaggio spaziale della navetta che è andata in orbita stanotte ci appare predizione sinistra di conflitti che andremo ad esportare nel cosmo delle migrazioni future.

REP.REPUBBLICA.IT
Il presidente sulle proteste alla Casa Bianca dopo l'uccisione di Floyd in Minnesota: “Cani feroci contro i manifestanti” L’ira della sindaca di Washington: “Le sue parole un attacco agli afroamericani”

 
 
 

Amedeo Nazzari dixit.

Post n°1256 pubblicato il 30 Maggio 2020 da fedechiara
 

Que reste-t-il de nos virus / que reste-t-il de ces beaux jours? Già. Che cosa resta di tutti questi nostri virus che ci hanno fatto buona compagnia lungo la fine inverno e quasi tutta la primavera dell'anno fatale 20-20, adesso che ci toglieremo le mascherine e torneremo a respirare liberi e a pieni polmoni, finalmente? Confesso di aver provato un segreto filo di affezione (to be affected) per questa pallina buffa con la coroncina in coppa su ogni antennina che, forse, ho ospitato nel mio corpo nella primissima fase della pandemia, quando ancora Conte mandava a dire spavaldo sui telegiornali che era cosa tutta 'cinese' e non dovevamo temere per la salute pubblica degli italiani. Se te ne stai rinchiuso per mesi due e giorni sei in casa, afflitto dalla spaventosa infodemia televisiva che ha costruito i nostri incubi notturni, finisci per dare un nome e affezionarti anche a un pallone su cui hai dipinto occhi naso e labbra, come è successo a Tom Hanks, il protagonista del bel film 'Cast away'. Dunque saliremo anche noi sulla zattera di Tom Hanks e torneremo liberi, alleluia! e già si fa ricordo tutto il baillamme di menate ridicole che abbiamo letto su facebook: propinate dagli inflessibili supporters teutonici delle mascherine da tenere incollate sui visi anche al bagno e a letto – o mentre nuoti, come mi è capitato di vedere in un video virale. Mascherina che, forse, diventerà la moda del prossimo semestre e già ci hanno dipinto e cucito sopra cuoricini e bandiere serenissime e il dito medio eretto – e qualche buontempone ci riserverà altre ardite sorprese in proposito, ne siamo certi. Né mancheranno le vezzose mascherine rosse o nere modello 'ganchos' o 'boleos' nelle milonghe, ad esorcismo della ingiusta condanna al digiuno comminata agli amanti del genere. Resta ancora un residuo di diffidenza da parte di coloro che ci erano 'una faccia una razza' fino a ieri e oggi ci discriminano e toccherà andare alla Maldive o a Mauritius o a Capo Verde piuttosto che a Mikonos, che rabbia! Ma quella dei greci è solo la cattiva battuta di teatro di chi vuole fotterci una fetta di turismo balneare e non dovremmo tenerla in troppo conto, bensì preoccuparci di aprire, aprire, aprire tutto come le finestre di casa in una giornata ventosa e il vento che ci porta dentro il sole dell'estate e fan.... a tutti i menagrami dell'ondata di ritorno, o.m.s. compresa - che Trump fa benissimo a castigare perché di tutte le organizzazioni sovranazionali, Europa compresa, non abbiamo più nessuna stima, dopo gli esempi che hanno mostrato di scarsa efficienza e nessuna solidarietà effettiva fino all'ultimo giorno del nostro tormento. E' finita. Fi-ni-ta: leggete il labiale. E chi non festeggia con me corona virus lo colga (A. Nazzari dixit). 

 

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Si parva licet.

Post n°1255 pubblicato il 29 Maggio 2020 da fedechiara
 

 

Ho scoperto che noi 'leoni da tastiera' abbiamo un ascendente nobile, una madre, una patrona: santa Caterina da Siena. Donna di straordinario temperamento donna Caterina non prese i voti (non poteva, all'epoca era opzione nobiliare) bensì fu mantellata domenicana e scrisse lettere veementi a destra e a manca (la destra e la manca di allora) in cui menava fendenti politici di gran peso e ne 'disse quattro' perfino al quel pontefice, Gregorio XI, che pontificava in Avignone, persuadendolo a ripristinare la sede pontificia nella sua sede storica e capitale della cristianità.

Non usava la tastiera di noi leoni, è ben vero, la nostra patrona, bensì la penna intinta nel calamaio, ma le sue lettere costituiscono, si parva licet, il corrispondente della rivoluzione dei blog su internet che ha conteso al giornalismo professionistico la palma della autorevolezza e della credibilità esclusiva ed ha scalzato i giornaloni e la stampa 'mainstream' perfino sul terreno della verità dei fatti riferiti nelle cronache politiche e li ha inchiodati alla scoperta faziosità dei partiti di riferimento e degli 'editori impuri'.
E, nell'era di internet, un post in un blog (vedi il blog di Grillo), può sconvolgere la scena politica tanto quanto una lettera piena di passione di Caterina ad un protagonista della scena politico-religiosa del suo tempo.

Ed è donna e santa capace di transitare indenne da polemiche dal solenne, imbarazzante, riconoscimento voluto dal fascismo, che la indicò a esempio di donna forte e patriottica comme il faut, al tempo presente che la vede patrona d'Italia e perfino d'Europa. Potenza dei simboli, piegati ad ogni esigenza politica transeunte.

Le lezioni dei 'Maestri' sui canali rai (rai3 e rai storia) che surrogano le lezioni dei professori di riferimento delle scuole chiuse per pandemia ci offrono, tra gli altri, interessanti, argomenti anche le 'vite dei santi' (ora di religione?) commiste con la Storia del tempo in cui vissero - e la vita di santa Caterina da Siena è, certo, tra le più interessanti proprio per lo straordinario coinvolgimento di Caterina-la-Mistica negli eventi tormentati del suo tempo politico e sociale.

E vien da riflettere sui protagonismi politici dell'epoca strettissimamente legati alle vicende religiose che consentirono ad una donna del popolo per nulla 'titolata' di ascendere al livello massimo della scala sociale: mistica e santa di lì a pochi anni dopo la sua morte - e Papato e Impero erano i due pilastri e i Moloch che si disputavano la primazia sui campi di battaglia di questo o quell'imperatore e/o con gli assedi e i 'sacchi di Roma' e le fughe dei pontefici che ne seguivano.
Bei tempi di 'cavalier, l'armi e gli amori'.

Qui sotto i link per chi avesse voglia di approfondire.

https://it.wikipedia.org/wiki/Caterina_da_Siena

https://www.studenti.it/papato-di-avignone-storia-cattivita…

IT.WIKIPEDIA.ORG
Caterina di Jacopo di Benincasa[1], conosciuta come Caterina da Siena (Siena, 25 marzo 1347 – Roma, 29 aprile 1380), è stata una religiosa, teologa, filosofa e mistica italiana.

 
 
 

L'Arte che salva il mondo

Post n°1254 pubblicato il 28 Maggio 2020 da fedechiara
 

Ieri accadeva - 28 maggio 2016

L'architettura, come l'Arte, salverà il mondo? E' lecito dubitarne, dal momento che il mondo è stato distrutto da due guerre mondiali e un intero paese, la Siria, è affondato nel suo Medioevo islamico di guerre e sette religiose e tribali - e perfino le meravigliose rovine dell'antico (Palmira e altri siti archeologici) sono incorse nelle distruzioni a botte di esplosivo da parte di fanatici islamisti rincoglioniti provenienti perfino dalle famigerate 'banlieues' islamiche delle maggiori metropoli europee.

Il mondo non verrà salvato dall'Architettura e dagli architetti (che solo l'altro ieri erano detti, in un famoso libro, 'maledetti'), però ci ri-provano a incantarci coi loro progetti spesso un tantino astratti e cervellotici, ma suggestivi e affascinanti.
E pazienza se molti padiglioni, la Germania in testa, hanno dedicato l'intero spazio e le tesi e gli elaborati al dramma degli immigrati che ci assediano e che il nostro mondo, ahinoi, lo stanno cambiando davvero - e non in meglio, ad ascoltare le cronache dai quartieri dove la polizia teme di mettere piede e solo i clamorosi attentati e le centinaia di morti innocenti la obbligano a fare i 'blitz' delle teste di cuoio per scovare i terroristi-serpi in seno ivi annidati e che trovano solidarietà e protezione nelle 'enclaves' immigratorie a maggioranza islamica.

E, scorrendo lungo e dentro i padiglioni uno via l'altro, ho conferma che i nostri ospiti immigrati si affollano nelle metropoli e snobbano i piccoli centri, per le ovvie ragioni delle opportunità che vi si offrono e gli apparentamenti familiari e i riconoscimenti dei valori religiosi di provenienza – che è quanto dire che di integrazione quale panacea del presente malessere europeo in crisi immigratoria esplosiva è ridicolo parlare e la tendenza del melting pot globale è quella del proliferare tribale in ambito urbano e metropolitano e del covare degli atavici conflitti sotto la cenere, estote parati.

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L'Arte che salva il mondo (2)
 

Viva l'Arte viva (2)  - 28 maggio 2017

Dobbiamo includere l'Azerbaigian nelle nostre rassegne-stampa quotidiane. Perché, a detta dei curatori dell'esposizione che gli artisti azerbaigiani ci mostrano a campo S. Stefano (palazzo Lezze), è il paese esemplare della convivenza possibile e del più pacifico melting pot che si dà sul pianeta Terra.
Verifichiamo la cosa e teniamolo in palmo di mano e indichiamolo ad esempio planetario, un tale paese felice. Perché l'affermazione del curatore (Martin Roth) è perentoria e ci stupisce per la sua perentorietà: 'L'Azerbaigian è un esempio assoluto di convivenza tollerante tra genti di culture diverse.' Perbacco.

La cosa va studiata e, di questi tempi, portata all'attenzione delle scuole europee di ogni ordine e grado e discussa con assoluta priorità nei parlamenti europei e nazionali che dovranno mandare i loro emissari nel paese asiatico per capire e vedere come si fa.
Magari si scopre che non ci sono fiumi di profughi richiedenti asilo che premono alle frontiere azerbaigiane come da noi sul Mediterraneo e nei campi profughi della Turchia - e ci costano una fortuna in assistenza diretta (paghiamo la Turchia per la loro contenzione) e in quella indiretta delle carceri che ne ospitano un buon numero; e i rimpatri dei non aventi diritto sono ostacolati e rimandati alle calende greche dai ricorsi giudiziari di primo e secondo grado.
E magari scopriremo che in Azerbaigian non sono cresciute a dismisura le enclaves islamiche con moschee a predicazione radicale incistate nelle periferie urbane delle loro città e l'integrazione laggiù funziona benissimo e possono insegnarci qualcosa, chissà.

L'Arte al servizio dell'esemplarità politica è una gran novità e ce ne rallegriamo e giuriamo di svolgere approfondite ricerche su questo paese magnifico nunzio di un grande futuro di pace e pacifiche convivenze sul pianeta Terra. Viva l'Arte viva che ci parla di politica e di società e culture diverse come si deve – ed esprimiamo voti che sia tutto vero, naturalmente.

 

 
 
 

Ars gratia artis

Post n°1253 pubblicato il 27 Maggio 2020 da fedechiara
 



L'Arte viva del terzo millennio. - 27 maggio 2017  

E l'Arte sarà anche viva e volentieri inneggiamo in coro 'Viva l'Arte' e tuttavia un monumentale riferimento al mortuario seppellito nella Storia e i molti ripescaggi di dejà vu da parte di molti artisti un po' ci raffreddano, in questo nostro vagare di palazzo in palazzo negli itinerari relativi agli 'eventi collaterali'.
E Damien Hirst aveva dato il 'la' già ad Aprile col suo fantasioso recupero marino di monumentali demoni e vari reperti di civiltà diverse di area mediterranea sapientemente incrostati di concrezioni coralline e alghe e crostacei e polipi tenacemente aggrappati ai corpi e ai capelli delle statue – ed è un bel vedere come l'Arte torni all'Antico della statuaria elladica e dei magnifici bronzi, ma ci corre il sospetto che l'esibizione di tanto talento ricostruttivo e sapienza imitativa gli venga dal tarlo di quei visitatori delle sue mostre precedenti che continuavano a ripetere davanti ad ogni sua opera (e di altri artisti) 'lo so fare anch'io'. Eccovi serviti. 
Provatevi voi a rifare il gigantesco demone alto 18 metri che campeggia nella corte interna di palazzo Grassi (e chissà chi se lo compra e in quale adeguato spazio campeggerà in futuro) o compratevi un grosso pezzo di giada per riprodurre il busto di una dea o il molto oro necessario a riprodurre il busto di una regina faraona e vediamo di che siete capaci. 
Arte viva, certo, e che si tuffa nel passato remoto per dare volto al futuro – non diversamente da quanto avviene nella politica e nella società del terzo millennio che coniuga il futuro prossimo con i califfati di ritorno e con i guerrieri jiahdisti che fanno strage di civili inermi - donne e bambini compresi - nel nome di un preteso dio u akbar. 
Un passo avanti e due indietro. Il futuro è alle spalle. Viva l'Arte del terzo millennio.

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L'Arte alle prese col buonismo - 27 maggio 2015 

 

E c'è un palazzo, qui in città, occupato manu militari e per intero da una quantità incredibile di artisti - e fino al sottotetto, magistralmente organizzato dai curatori con le travi secolari che sembrano più 'artistiche' delle opere esposte e interposte e miracolosamente sospese. 
E si son messi insieme artisti delle Seychelles, delle Filippine, della Mongolia insieme a tedeschi e statunitensi, e chi più ne sa più ne elenchi, nel dar vita a una kermesse artistica visitatissima e apprezzatissima – non come in altri palazzi parecchio deserti che ti fanno venire in mente come nell'arte contemporanea talvolta l'offerta superi la domanda e molti artisti non ce la fanno più a 'stupire i borghesi' con messaggi forti, troppo forti da strappare a un visitatore, a mezza bocca, un 'disgusting' che gli saliva dallo stomaco.

E quel desso ne aveva ben donde, trattandosi di una serie di fotografie e un video di un artista tedesco che raccontano una performance di donne ignude distese su croci e cosparse di sangue e folpetti neri e grigi dazu a completare l'immangiabile e incomprensibile menù.

E il sangue attrae un sacco i pensieri dolenti di molti artisti – se perfino la Marangoni, al Pesaro, ci mostra un lungo filo al neon rosso-sangue che parte da una struttura circolare sospesa sull'acqua e sale, sale – e le fotografie all'interno della sua sala ci parlano e denunciano l'intolleranza che dilaga nel nostro mondo di cinici e indifferenti; e quanto dovremmo essere buoni e generosi, invece e il Mondo trasudare amore universale e farsi carico di povertà e angosce, amen e così sia.

E, tornando a palazzo Mora (Strada Nuova) e ai suoi molti e diversi artisti che ne riempiono le sale con i linguaggi e le invenzioni le più varie, ci è venuto di soffermarci su un nastro trasportatore color del mare che trasportava due barconi pieni di gatti dorati migranti – e naturalmente era chiara la metafora e la denuncia di quell'artista tedesco dei tragici eventi quotidiani che hanno fatto del Mediterraneo una tomba liquida – andasse a dire ai suoi governanti, la Merkel in testa, che 'facciano di più' e 'non ci lascino soli', noi italiani, nel fare fronte all'arrembaggio di un intero continente in guerra e affamato e boko aram, che non sappiamo più dove stiparli, e, se qualcuno tra loro simpatizza con l'Isis, lo vedremo presto in azione rifocillato, col telefonino satellitare e con passaporto europeo in viaggio tra Siria e Gran Bretagna.

E c'è un tale che, invece, torna tranquillamente al figurativo e ci mostra dei moderni barboni alle prese coi molti oggetti di recupero della loro vita grama e, di fronte, un emulo di Caravaggio illumina volti e corpi con quella luce specialissima che fu del Nostro. E, qualche sala più avanti, un altro artista ci da resoconto fotografico di un suo specialissimo 'Dejeneur sur l'herbe' e speciale riflessione sulla Natura che abbiamo dimenticato e vilipeso - e mi veniva in mente la Susanna coi vecchioni, ma qui le Susanne sono due e molto ben disposte a vellicare il vegliardo che le accompagna a spasso nella foresta.

Andateci e divertitevi. In fondo l'Arte contemporanea mira anche a questo: a farvi pensare, si, ma col segreto proposito di sapervi segretamente felici (seppure esteriormente dolenti) nella vostra condizione di privilegiati e cinici. E che i 'barconi' mediterranei coi loro gatti dorati arrembino, che possiamo farci. Questi sono i tempi che ci sono dati da vivere.

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