Creato da fedechiara il 14/11/2014
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Messaggi di Marzo 2020

Domani è un altro giorno.

Post n°1193 pubblicato il 26 Marzo 2020 da fedechiara
 

Domani è un altro giorno, si vedrà.

Il difficile sarà uscirne. Non solo per la disparità temporale del manifestarsi del virus nei diversi paesi e le risposte incerte e tardive di ognuno che hanno lasciato spazio di devastazione al contagio. E' chiuso lo spazio aereo mondiale in tutte le direzioni, infatti, e chissà per quanti mesi, e indicare una data per la programmazione dei nostri amatissimi viaggi è un terno al lotto. L'autunno? Natale? 
Chi vivrà saprà, è il caso di dirlo incrociando le dita.

Pensate, se avete fantasia, a una data di probabile, decisiva regressione degli indici dei morti e dei nuovi contagiati e, di contro, un sensibile aumento delle guarigioni. Chi si prenderà la responsabilità politica di un 'liberi tutti' e lo stop ai domiciliari – con il relativo riversarsi in massa ai supermercati per comprare uova di Pasqua e focacce e spumanti – ammesso e non concesso che il Risorto vittorioso ci faccia il miracolo a ridosso, o qualche giorno dopo, dell'annuale ricorrenza di una storica vittoria sulla morte?

C'è necessità di pensare a un finale degno e ragionevole e non catastrofico (con il ritorno dei contagi a migliaia) per l'uscita dalla pandemia.

Ed è la cosa più difficile, lo sanno bene i drammaturghi e i registi. 

Un buon finale ci salva la vita, può salvare molte vite, se non sarà quel temutissimo 'liberi tutti' e 'potete uscire di casa' a reti unificate che fa tremar le vene ai polsi dell'avvocato Conte, il proconsole a cui il virus assassino ha regalato una inattesa permanenza a palazzo Chigi.

Forse usciremo a giorni alterni o su base alfabetica, prima quelli dalla A alla C, il lunedì e il giovedì e gli altri a seguire, portate pazienza, verrà il vostro turno.

La primavera si è interrotta, è tornato l'inverno. Meglio così. Restiamo a casa. E' una soluzione, dopotutto.

Domani è un altro giorno, diceva Rossella O' Hara, che di eventi catastrofici se ne intendeva.

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Pasque in viaggio

Post n°1192 pubblicato il 26 Marzo 2020 da fedechiara
 

A volte ritornano

E, mentre durava la celebrazione della messa, lo sguardo andava intorno sugli archi e le volte e la cupola e i muri rivestiti di splendidissimi arazzi e di incrostazioni angeliche e le pitture sapienti di martiri e crocifissioni e martirii – e lo stupore atavico di tutto quel 'bendidio' che incantava i contadini e gli artigiani dei secoli andati si estendeva anche nella mia mente di vivente del terzo millennio della scienza e dell'incredulità di tutte quelle narrazioni leggendarie di pietre sepolcrali che si aprono, il giorno della Pasqua, come per una esplosione dall'interno e ne esce il Vittorioso, il Risorto, il Vessillifero dell'Amore Universale che tutti e tutto redime del maledetto 'male necessario' che ci affligge, - compresi i rimbecilliti e i rinnegati dell'Isis degli orrendi massacri commessi in nome di una pretesa verità profetizzata dal furbo maometto barbuto secoli dopo.

E nella predica sapiente e ben preparata e recitata dal bravo predicatore domenicano ospite della magnifica chiesa tutta adorna di angeli e cristi e apparizioni angeliche si ascoltavano gli echi dei presenti affanni e le preoccupazioni contro il terrorismo dilagante che dà forma postmoderna alle guerre di un tempo combattute in campo aperto con le lance e gli scudi e le spade. 
E tutto pare ricomporsi e trova forma credibile nelle pacate parole e rievocazioni di Pietà Universale che tutto comprende e perdona e cancella nel mosaico storico di questo museo che è la chiesa - coi candelabri cinquecenteschi accesi e il pulpito in marmo bianco e nero da cui si affacciavano i predicatori del Quattrocento che intimidivano i fedeli colle evocazioni infernali delle pene e del Fuoco Eterno.

Ma è come un balsamo lenitivo che dura il tempo dell'illusione della sua pretesa efficacia – e dopo poche ore già il rosario del Male quotidiano torna ad angosciarci e fuoriesce e tracima dalle litanie dei telegiornali e dalle locandine dei quotidiani e non c'è Santo o Cristo che tenga, né Resurrezione credibile che ci conforti e ci illumini su un preteso Aldilà dove tutto è riscattato e spiegato.

Però quel balsamo religioso di ben poca efficacia pratica ha prodotto le mirabili architetture e le pitture che durano nel tempo e segnano le civiltà e mostrano i confini delle Fedi - e ancora ci diciamo 'crociati' e vessilliferi del Cristianesimo d'antan, ad onta dei troppi Turchi che abbiamo accolto e li diciamo nostri concittadini, ma i loro figli rinnegati tornano al paese e alla fede originaria ad ingrossare l'esercito di un maometto che ritorna in auge e ci guarda torvo, come gli incubi di un passato che mai compiutamente elaboriamo.

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Disoccupate a causa del maledetto virus

Post n°1191 pubblicato il 25 Marzo 2020 da fedechiara
 


Ieri accadeva - 25 marzo 2013 · 

Le badanti occhiglauche e le friulane

Una volta si diceva un gran bene delle 'friulane', pedemontane o valligiane poco importa, perché discrete e silenziose come le vie e le piazze dei loro paesi e rispettosissime e ossequienti nei confronti della 'signora' che le stipendiava.
Poi il mondo si ruppe e arrivarono 'le badanti' e le colf di lingua slava, non proprio piacevolissima a udirsi, grassoccie e sempre col cellulare all'orecchio a cicalecciare colle colleghe - e perfino di là delle frontiere, in patria, grazie alle speciali tariffe della vituperatissima 'industria della chiacchiera', l'unica che non abbia conosciuto crisi, di questi tempi.

E di loro si narra, si maligna, che assedino 'i nostri vecchi' e 'la diano' solo dopo il vincolo matrimoniale coi 'cari vedovi' - la qual cosa redistribuisce i sudati redditi nostri occidentali a favore dell'est del mondo; e i figli, e gli altri eredi legittimi, a schiumare rabbia post mortem e ad ingrassare gli avvocati colle tesi di ardua tenzone forense de: 'circonvenzione di incapace'.

Ma adesso il mondo si riaggiusta e si parla alla radio e sui giornali di un'Africa che cresce quasi come l'India e il Brasile e di un'onda di ritorno degli immigrati di prima generazione che non trovano più lavoro e capitalizzano i risparmi tornando al paese coperti di gloria, ma lasciano a mendicare per le nostre strade e piazze gli ultimi arrivati che non vengono arruolati tra i vu' cumpra' delle borse e occhiali tarocchi e sono aggressivi e inseguono i passanti e li tirano per le giacche.

La crisi economica è come la morte 'che pareggia tutte le erbe del prato' e 'rimette le cose a posto' e tornano le 'mogli e buoi dei paesi tuoi'? Una rondine, in verità, non fa primavera ed è presto per dire che ci riappropriamo della nostra economia e 'tornano la badanti italiane' – come titola oggi un giornale.
Però fa piacere sentire e leggere che torna il 'senso delle proporzioni' (anche in politica?) e il riequilibrio globale tra paesi e continenti, dopo tanta enfasi meltingpottica e buonista di frontiere aperte - e 'a ognuno il suo sviluppo' e 'aiutiamoli a casa loro' e, infine, 'tutti a casa' quando 'non c'è più trippa per gatti'.

'Non ci son più le friulane di una volta.' dicevano sconsolate le 'signore' all'apparire delle prime badanti occhiglauche e cicciotte che oggi annunciano l'abbandono e il ritorno e si comprano le case al paese con i sudati risparmi e le acquisizioni matrimoniali.

Se è per questo anche le mezze stagioni sono definitivamente scomparse e neanche i ghiacci dei poli se la passano troppo bene. Facciamocene una ragione.

MESSAGGEROVENETO.GELOCAL.IT
La crisi fa riscoprire un mestiere che fino a pochi anni fa era appannaggio di ucraine e romene. In nove mesi 600 domande

 
 
 

Di cosa parliamo quando parliamo d'amore.

Post n°1190 pubblicato il 24 Marzo 2020 da fedechiara
 

 

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Dell'Amore e dell'infinito viaggiare

Con i sistemi operativi non c'è partita. Ti battono nelle partite a scacchi e negli altri giochi e nei tests e solo se ti abbassi di livello riesci a spuntarla. Figurarsi che succede se un sistema operativo si appropria del 'sistema-amore' e impara tutto quello che bisogna imparare e dire a proposito dell'amore. L'essere carezzevoli e comprensivi e mai invasivi e intuire le sfumature del non detto e rispettare i silenzi in partitura e i dolori pregressi e offrire spalle al pianto e stimolare accortamente le residue vitalità e voglie di gioco e saper comporre splendide canzoni e musiche e offrire complicità e affanno e grido comune e diapason di godimenti negli sconvolgimenti sessuali.

Un miracolo che diciamo amore, se avviene e quando avviene tra esseri umani dotati di forme corporee, ma un sistema operativo che ci azzecca con tutto questo? Non dà l'impressione che si tratti di auto masturbazione e solipsismo e chat erotiche? 
Un sacco di gente propende per questa tesi – ad ascoltare i commenti in sala e nei siti dedicati al film di cui parlo - e l'idea che di queste 'invasioni' e predilezioni solipsistiche sarà pieno il futuro prossimo e quello remoto li sconvolge, fermi come sono le loro menti alle caverne della corporeità, alla preistoria dei corpi di carne e sangue e dei cervelli limitati dall'impaccio dei corpi.

Però i sistemi operativi li creiamo noi e li programmiamo agli scopi di servire i nostri bisogni e li vogliamo sempre più sofisticati e potenti e capaci di assomigliarci in tutto e capaci di 'andare oltre' - e anche questa è aspirazione umana e la ritroviamo nei grandi poemi medievali e nello sprone dannunziano de: 'Non è mai tardi per andar più oltre!' che, peccato di gioventù, interpretavamo come espressione para fascista e imperialista.
E il sistema operativo che fa innamorare il protagonista di 'Lei' va oltre, molto oltre. Si prende tutti gli spazi dell'amore che ci è necessario 'come l'aria' e come il pane e non trascura per sua natura intrinseca e finalità programmatica, di relazionarsi e connettersi con gli altri, molti altri: il nostro prossimo e i suoi mille, milioni di pensieri e attitudini creative - e le 'connessioni', si sa, sono galeotte (come lo fu il libro di Francesca e Paolo) e foriere di espansioni mentali alle quali, poi, non puoi opporre il limite della tua gelosia e il tuo bisogno di unicità e speciale predilezione – perché quel genere di ritrosie e recriminazioni è appannaggio dei corpi scimmieschi e primitivi dei cavernicoli che siamo e resteremo ancora per lunga pezza.

La cosa più difficile del mondo, ne converrete, è il conciliare la convergenza dell'attenzione e della cura su un singolo essere e l'espansione infinita che ci agita dentro. Agostino insegna, quando abbandona alla sua sorte l'innamorata di carne e sangue e fluidi corporei e si innamora della teologia – e, prima di lei, piangeva Didone, che, dalla pira funebre, malediva l'innamorato costretto al Grande Viaggio e alla Meta Finale. In brava sintesi, l'opposizione tra una certa idea dell'uomo presente (essere finito) e, all'estremo opposto, l'idea finale di Dio, - un Sole a cui attribuiamo il potere di irradiare la Luce di un Amore infinito ed eterno, per convenzione universalmente riconosciuta. Peccato che tutto sia così astratto e lontano, però.

E, quando la conciliazione non riesce, lo sappiamo bene, finisce in dolore, naturalmente. Dolore per l'abbandono e per l'assenza di chi dice di amarci e per l'incapacità nostra strutturale di transitare, anima e corpo, (come si dice che avverrà a Giosafatte), nel misterioso e affascinante mondo delle stelle e 'iperuranio'- che così raramente 'usciamo a riveder', a differenza del sommo poeta che ci provò e lo raccontò magistralmente nella sua Commedia. 
E forse non è un caso se il regista Spike Jonze spedisce, nella scena finale del film, i protagonisti sedotti e abbandonati sul tetto di un alto edificio niuiorchese – esplicita metafora di una vicinanza cosmica a cui aspiriamo ma che ci va stretta, pardon, ci è troppo larga.

Siamo uomini o dei, se siamo in grado di inventare e dispiegare i poteri potenzialmente infiniti dei sistemi operativi - novello fuoco di Prometeo - salvo lamentarci e soffrire se 'ci prendono la mano' e 'vanno oltre'? I più intelligenti tra noi, pescando nell'abisso di complessità del nostro cerebro, li hanno creati e modellati con tale cura da consentire loro perfino la conoscenza e la pratica delle emozioni ('Sognerò?' chiedeva Hal 9001 al suo carnefice in '2001 odissea nello spazio') - ma ancora non sappiamo bene se le emozioni sono il retaggio primitivo del nostro essere stati 'animali' e cavernicoli che cacciavano in branco oppure levitazioni sofisticatissime dell'anima, però poco praticabili sul piano pratico e sconsigliabili nel corso dei viaggi spaziali, dati i casini che provocano nel gioco delle relazioni umane.

Il bellissimo film 'Lei' di Spike Jonze parla di tutto questo e anche di più. E' un condensato del libro 'La fisica dell'Immortalità' di J. Tipler e, insieme, ci ricorda certi garbugli d'amore di W. Allen, gestiti con levità e ironia e le battute giuste che muovono il riso e inducono commozioni.

Andate a vederlo. Non ne resterete delusi. Al massimo vi capiterà di parteggiare per i cavernicoli corporei che siamo e contro l'infinito viaggiare che ci attende in un futuro che è appena cominciato.

 
 
 

Imperativi categorici e nostalgie del ritorno.

Post n°1189 pubblicato il 22 Marzo 2020 da fedechiara
 

 

Imperativi categorici e nostalgie del ritorno.

'Restate a casa' è l'imperativo categorico di questo scorcio di millennio infame che ci ospita – un tempo di catastrofi inimmaginabili, di medioevi redivivi con califfati e califfi rispolverati in Medio Oriente e ospedali-lazzaretti e le quarantene qui da noi, nell'Occidente delle pandemie trionfanti e assassine.
E lo capiamo un po' tutti il senso e la necessità di restare a casa e interrompere così la maledetta catena dei contagi (salvo chi è nato mona, che, ahinoi, resta mona) e impedire al virus maledetto di replicarsi corpo su corpo. 
Ma c'è anche un altro imperativo che ci ha allibito - con i treni notturni presi d'assalto e Higuain che è salito quatto quatto su un aereo privato che lo riportava in Argentina, ed è quello di 'tornare a casa'. 
Che, in tempi di globalizzazione imperante, ci sembrava obsoleto e il detto 'casa dolce casa' ridotto ormai a noioso slogan pubblicitario di 'poltrone e sofà' perché è(ra) il mondo la nostra casa globale e dove si trova lavoro e 'si mette su casa', ma, al tempo dei flagelli, ecco chiudersi i confini di ogni stato (perfino i 'barconi' e i gommoni restano fermi nei porti e le o.n.g. taxi del mare disoccupate) e nel cuore degli individui rinasce, miracolo! quel sentimento nostalgico dei 'sapori di casa', con la mamma (la mamma!) e la nonna e gli zii che ci aspettano e che andiamo a contagiare, e la promessa dei loro piatti regionali mai dimenticati, le finestre aperte sul mare e la 'heimat', la patria fino a ieri denegata, insieme ai 'nazionalismi', che torna nei pensieri di tutti prepotente e diventa, infine, canto fiero sui balconi dei reclusi ai domiciliari: l'Italia s'è desta, stringiamoci a coorte, siam pronti alla morte'.

Che, di fronte alle notizie che ci vengono dagli ospedali e ci deprimono, ci appare inno un filo iettatorio e menagramo e gli preferiamo il cielo azzurro di 'Azzurro' perché la primavera è esplosa e i suoi fiori e colori ci dicono ostinati 'ce la potete fare' - speriamo, accendiamo le candeline virtuali, leviamo al cielo le preghiere dai balconi perché ci hanno chiuso anche le chiese e i templi costruiti alla bisogna al tempo delle pestilenze.

E non sappiamo se questo 'ritorno alle origini' e 'nostos algo', la nostalgia del ritorno, una volta finita la presente pestilenza e ripartite a razzo le economie di ogni paese saranno cancellati dall'onda di risacca della globalizzazione - che tornerà a occupare le prime pagine dei giornali, insieme ai profughi sui barconi, e presto ci dimenticheremo il contagio (noi scampati ai cimiteri) e resteranno solo gli sfilacci degli incubi notturni a dircelo realmente accaduto e parte incredibile delle nostre vite che vogliamo dimenticare.

E tornerà la libertà di muoversi e il libero afflusso delle persone nelle strade e nei supermercati e Venezia sarà nuovamente stipata di turisti (aiuto!) per la gioia di osti e gondolieri e proprietari di case da affittare, ma un lampo di incertezza e malcelata tristezza coglieremo negli sguardi degli amici ritrovati e gli abbracci saranno più cauti (per il tango si vedrà) e l'età dei flagelli avrà nuovamente lasciato il suo segno indelebile negli annali degli uomini - che si credevano invincibili con i loro ospedali super attrezzati e i laboratori di ricerca capaci di scovare anche il più piccolo dei virus e di sterminarli e, invece, è, oggi, il tempo delle Caporetto sanitarie e la vittoria sul Piave non è certa, non ancora; esprimiamo gli auguri, telefoniamo agli amici e a chi amiamo e diciamo loro, accorati, le parole che non si dicono tutti i giorni ma solo quando incombe l'ombra della Contadina che 'pareggia tutte l'erbe del prato'. Amen e così sia.

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L'amore al tempo del corona virus.
😟🙄

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Impossibilità di comunicazione, impedimento della vista, il paradosso di toccarsi senza guardarsi: Gli amanti di Magritte è un concentrato di temi attuali.
 
 
 
 
 

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