Creato da: chinasky2006 il 01/08/2007
A sud di nessun nord...

 

In the death car

 

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CERVELLI CONDONATI

Post n°199 pubblicato il 08 Ottobre 2011 da chinasky2006
 

Foto di chinasky2006

"Bisogna fare presto, che il tempo stringe". E’ con questa convulsa comunicazione che l’esecutivo si riunisce nel maestoso anfiteatro presidenziale.
Giungono trafelati. Ci sono proprio tutti. I massoni, le veline, i balilla e i padani vestiti da Balanzone, ma anche qualche servo libero della stampa. Il megapresidentissimo si accerta che il fantoccio di cartapesta neo-segretario sia messo all’entrata, di modo che possa rispondere ai giornalisti ed imbonirli con frescacce senza senso a gettito continuo. Ma dette bene, con rutilanza di favella. La sua funzione sociale è quella. 
Il sultano s’addentra al nocciuolo della questione.
"Servi della gleba, contro di m’è c’è un accerchiamento. La congiura è tremendissima. So già che qualcuno di voi mi tradirà prima che il gallo canti tre volte. Ma io vado avanti fino alla fine del mandato, contro le invidie, per salvare la democrazia.". 
"Ah, caino! Ah, vastaso!", commenta Lettiera felina, ospite d'onore.
"Ma bando a questo Giuda iscariota, che ben presto sarà scoperto e disciolto nello acido secondo un insegnamento che mi diede un fido giardiniere, anni orsono, mi interessano le cose URGENTISSIME. Qualcuno di voi già sa. Avanti, brain storming, tempesta di cervelli arroventati. Sentiamo...".
I gerarchi missini all’unisono: “Olio di ricino a studenti, operai e disoccupati e quell'ammasso d'intellettualoidi di sinistra che ci contestano trastullandosi in femminee riunioni bolsceviche. Ci stiamo attrezzando con maschia solerzia. Le milizie sono pronte.”.
Il chierichetto ciellino Lupino alza la manina, come scolaretto: “Ci sono, santità. Penso di avere la soluzione per ricucire il piccolissimo strappo con la chiesa. Il Papa proprio ieri ha dichiarato che gli angeli esistono. Con un po’ di buona volontà le potrebbe dichiararsi angelo professionale, inviato da Dio per salvare il mondo. Basta una parrucca da putto ed una sottana bianca.”.
Le tre marie capigruppo, stizzite: “Si vergogni, blasfemo di un ciellino, declassare così nostra Santità Silvio!”.
Due leghisti vestiti da cetrioli: “Il Federalismo! Scancelliamo il sud dalla cartina giografica. Autorizziamo le già operanti ronde-milizie padane a sparare a vista su extracomunitari, cani bastardi, negri e terroni in trasferta!”.
Cicchetto (di fenico scaduto), dopo aver spetazzato ed essersi aggiustato la dentiera: “Maestà, se mi permette, vorrei porre l’accento per una cosa importantissima, che riguarda il cittadino normale come noi. Ieri ho mangiato n’abbacchietto, cotiche e frittura de paranza che era 'na sciccheria. Ancora ce lo tengo nella panza -alza una flaccida chiappa ed emana un peto terrificante, poi rutta-. Penso che bisognerebbe inserire pranzi e cene aggratise da Romoletto er monnezzaro per tutti li cittadini del Parlamento nostro.”.
Nitto santa Paola, addetto alle questioni di legge sottolinea: “Per la giustizia mi pare proceda tutto alla grandissima. Conflitti di competenza, ricorsi alla corte, ritardi e legittimi impedimenti a catena. Li prendiamo per sfinimento. Questi arrivano a sentenza, se ci arrivano, nel 2056".
AHAHAHA..risate fragorose dell'uditorio.
"Poi nella evenienza i suoi avvocati-parlamentari hanno convocato un battaglione di testimoni da far tremare il mondo, per lo affare escort. Da Platinette al Gabibbo, e soprattutto Giampy2, quello condannato per aver stuprato una quindicenne, imbottito di coca. Chi più credibile di lui, per testimoniare le sue cristalline ed eleganti cene a base di crodini...".
Il ministro preposto a sviluppare il paese è serioso assai. "Se mi permettete, io sono addetto alla sviluppo della itaglia nostra. Urge una manovra rivoluzionaria. Un decreto sviluppo coi controcazzi. Avevo pensato ad un magnifico condono...tutto condonato...splendido, magnifico, il paradiso in terra. Ho appena convocato Cettolaqualunque per una edotta consulenza, ma mi hanno riferito non esitere nella realtà. Boh.".
Bonaiutatichediotaiuta azzarda qualcosa di meno grave: “Santità, ho sentito in giro, ne parlavano alla bocciofila, di ‘sto spreaddese. Le banche europee, agenzie di rating che ci hanno declassato. Come si permettono? Dobbiamo forse intervenire dichiarando guerra all’Europa comunista?”.
Il sultano abbraccia tutti con uno sguardo demente. Poi prende la parola.
“Fuoco, fuochino. Tutte questioni SACROSANTE. Ma ce n’è una urgente, urgentissima, imprescindibile: LE INTERCETTAZIONI! Vogliamo mica che tra qualche giorno la plebe possa sapere le nostre faccende superiori e che diventiamo lo zimbello della Europa? Bisogna metter un freno immediato a questa piaga. Teniamo un mandato conferito dai cittadini che ci hanno votato in massa e dobbiamo salvaguardarli da questo male primigenio, cribbio...Divieto assoluto di pubblicare, arresto immediato per i giornalisti, ergastolo secco! Pugno di ferro e legalità ci vuole per questi delinquenti! Di legalità abbisogna il paese!".
Intanto un regio corriere delle libertà lo informa del ventiseiesimo avviso di garanzia rivolto alla sua specchiata persona.
"Io propongo la pena di morte per questi criminali! Morte! Morte!", Fa un malato di mente neonazista, alto alto e col pizzetto canuto.
"Ma non eravate voi i garantisti? E poi lo spread, il debito pubblico, la crescita sottozero, il declassamento economico...non è più urgente qualche disposizione di economia spiccia?" fa l'ignaro giardiniere, intento ad annaffiare le piante tropicali.
"Chi è quel pazzo anarchico e comunista? Datelo in pasto ai coccodrilli. Che ingenuo e mistificatore...noi andiamo alla radice del problema, senza perderci in chiacchiere. Siamo o non siamo il governo del fare? Levate le intercettazioni, eliminati i miei processi, tolte le calunnie dei giornalacci, la Europa che ora tentenna ci darà fiducia. Il nostro governo tornerà credibile e partiremo di slancio! Salverò questo paese di merda! Io sono l'unto dal signore, puttanaeva!".
Intervengono dodici infermieri a placarlo. Ma quello li allontana.
"Via, sciò, che debbo fare il decreto. Ma Bisignani dov'é, che lui è pratico di ste cose complicate?".
- Ar gabbio.
"E Lele Mora?"
- A San Vittore.
"Maledizione, e Lavitola?"
Latitante in centroamerica.
"E vabbè, massa di inetti crapuloni, ve lo faccio io sto decreto. E che ci vorrà mai. Lo scrivo di getto, essendo un artista...Berny-Gelmy-Carfy, a me! Io detto, voi scrivete che ci avete una bella grafia femminea e tondeggiante come le vostre chiappe...(fa lo sguardo spermatozoico ed emette strani urletti. Gli infermieri debbono somministrargli due ettolitri di bromuro per cammelli egiziani). Quella che viene meglio sarà la versione ufficiale. La estetica è tutto. A quanto vi amo voi donne delle liberà, vorrei fare un governo di sole donne...sempre puntuali, presenti e votanti, titillatrici del mio divin augello ed anche con una bella grafia.".
Le tre consorelle alzano la gonna plissettata e fanno un inchino seicentesco, sbattendo le rotule con feroce devozione.
"In alto a destra, scrivete": 
- Decreto regio delle libertà moderate, contro le invidie.
Orbene, esimio presidente della repubblica, in qualità di Premier capo dello esecutivo delle libertà e del partito "Forza gnocca", vi scrivo questo decreto qui come si fa nelle democrazie occidentali. Spero lo leggiate e firmate immanentemente che il tempo stringe, malgrado l'anzianità e quella malattia di antico comunismo dalla quale mi auguro guarisca in fretta. Io ordino e dispongo che non si devono più pubblicare le intercettazioni calunniose verso chi ha il compito di salvare il paese. Cioè me, il Premier. E coloro i quali contravvengano a tale disposizione liberale, vengano condotti nelle segrete carcerarie vita natural-durante. Sono stanco di questa stampa comunista e sovversiva che mira a screditare il governo liberamente eletto. E' una vergogna mondiale, siamo ridicoli agli occhi del mondo. per le intercettazioni. Dunque firmate questo atto di libertà, Napolitano. Che quello è il vostro compito subalterno. Ah, menticavo proprio, la Europa ci ha chiesto anche una specie di decreto sviluppo. Lo stiamo studiando a puntino, ed abbiamo rimandato. Prima le cose importanti. Dicono che siamo declassati, sull'porlo del fallimento. Ma sono tutte menzogne. Solo nella giornata di ieri le mie aziende hanno triplicato i proventi. Ordunque v'è solo bisogno di CONTINUITA'. Porcodio.".
"Bene, mi pare ci sia tutto il necessario. Metteteci un timbro della monarchia e incaricate Gianni Letta di consegnargiela a mano, che non si sa mai. Ah, a proposito, come cadeaux portategli anche due escort norvegesi. Che si diverta un po' il bacucco stalinista.".
Il vice dal volto umano china il capo, poi a mezza voce: "Mi perdoni Maestà...ma il Presidente è persona avanti con gli anni, credo a lui non interessi lo scambio di merce umana...è fissato con la Costituzione, l'etica politica, proprio ieri ha fatto un altro intervento accorato sul tema...".
"Ah, orrore, obbrobrio...basta-basta! Ho sentito abbastanza! L'ho sempre detto che il comunismo è la rovina del mondo, che bisogna ammodernare il modo di fare politica! Ma poi questo anziano, che aspetta a ritirarsi? Io a 25 anni appena compiuti già sento il peso della età...".
E se ne va, avvolto da una luce lussureggiante, e sorretto da due infermieri in camice bianco.

 
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L'ADDIO A MR. JOBS IN SALSA ITALICA

Post n°198 pubblicato il 06 Ottobre 2011 da chinasky2006

La notizia ha fatto il giro del mondo. Mr Jobs, geniale padre di Apple è morto dopo anni di malattia. Centinaia di migliaia gli attestati di cordoglio, gente comune e grandi personalità dello spettacolo e della politica mondiale. Tutti, da Obama a Medvedev, dalla Germania alla Francia.
E l’Italia?
Silenzio catacombale e un po’ imbarazzato. Le uniche voci mancati al generale cordoglio sono quelle di Iran, Cina, Libia e Italia. Il genio della tecnologia muore proprio mentre gli esponenti delle libertà provano a porre un freno, sulla scia delle più fulgide dittature mondiali, alla sovversiva libertà di comunicare tramite quello strambo strumento chiamato computer e ad internet. La notizia coglie il maestro di sci Frattini mentre sbocconcella un frugale pasto e Sandro Bondi intento a scrivere un sonetto, con la biro su un papiro egizio.
Comunicano la notizia al sultano, impegnato in un elegante bungabunga di lavoro con tredici escort venezolane, proprio mentre impartisce loro una benedizione urbi et orbi, posando il crocefisso tra le tette.
“Ah, perdiana, è una notizia tremendissima! E chi era questo qui, lavorava per me? Procacciatore di patonza o faccendiere addetto alla manovalanza delinquenziale estera? Ah, no?  Quanti anni aveva? 56? Ah, era anziano comunque. Cioè, fatemi capire, ha inventato internètte dove ci sta gogòl...cioè è anche colpa sua se migliaia di sudditi avvinti dal comunismo ora possono comperarsi un computer a prezzi modici e accedere a questa rete qui, magari per vedere pornazzi e criticare il buon governo senza essere arrestati dalla gendarmeria? Il Mac, dunque, è quella cose dove si suonano i tasti e si accede a codesta internètte? Ma per le questioni serie, ad esempio per noleggiare le puttane non bastava il telefono? che bisogno c'era? Pochi giorni fa, per il mio 25esimo compleanno, me ne hanno regalato uno. Ma non riesco a metterci dentro l’audiocassetta di Aznavour. Meglio il vecchio e caro mangianastri, anche se, essendo giovane, ho ben presenti le nuove tecnologie.
In conclusione, anche se la diabolica invenzione rimarrà…la sua dipartita è comunque una liberazione totale. Perché le genti estere si dispiacciono? Dovrebbero festeggiare, se solo avessero un minimo della nostra attenzione per la libertà…

 
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IL NEOGARANTISMO DELLA CASTA

Post n°197 pubblicato il 05 Ottobre 2011 da chinasky2006

Ha l’espressione contrita delle solenni occasioni, il neo segretario fantoccio della setta delle libertà. Con la sua bella e giovane pelata impralinata ed il volto unto, tiene una favella incontenibile. “E meh? Adesso chi risarcisce Amanda per i quattro anni di carcere?”. Condivisibile. Quasi. Poi rifletto trenta secondi, rinsavisco. Non può essere. Ok, ancora una volta, sempre la stessa oscena e patetica tecnica di chiaro stampo masson-demagogico. Sfruttano ignobilmente un fatto di cronaca, per biechi e propagandistici interessi. C’infilano sempre i luridi, sporchi, putrescenti panni della propria casta delinquenziale. Panni che non puoi mica lavare, ma devi soltanto bruciare, prima di far intervenire adeguata disinfestazione.
Cavalca l’onda del garantismo ora, questo giovane pupazzo cartonato messo lì per fare il parafulmini, lui e la sua congrega di vecchi residuati della massoneria, per giustificare l’impunità dei tanti conclamati criminali delle libertà condizionate nel proprio partito. Quelli che non avrebbero bisogno di certezza della pena, garanzie o altro, ma soltanto di farsi processare. Non devono mica, loro, sopportare anni di preventiva carcerazione come i tanti Amanda e Raffaele o come il marocchino senza nome ubriaco e portato in questura perché colpevole d’aver appicciato una sigaretta in chiesa, e poi aiutato a suicidarsi impiccandosi in carcere. No, la nobiliare casta di farabutti, per evitare l’errore giudiziario, non si fa nemmeno giudicare da qualcuno potrebbe financo sbagliare. Evita, cioè, alla radice. E’ una roba preventiva, rivoluzionaria.
Così, in questo modo illuminato e progressista, intendono il garantismo. Che non è più innocenza fino a sentenza definitiva, ma ricusazione totale del processo, quando e se si ritiene di essere innocenti (e si è politici, ministri, presidenti del consiglio o farabutti aristocratici). Ed innocenti si ritiene d’esserlo sempre, in quei casi. Anche quando le intercettazioni testimoniano che hanno corrotto faccendieri e latitanti o sodomizzato una medusa minorenne. Perché? Semplice, le intercettazioni sono illegali.
E il sultano che fa? Lucido come un mitile marcito sullo scoglio da sei giorni, si domanda se questa tale Amanda può essere invitata ad una elegante cena dei perseguitati. Poi, saputo che è ormai una vecchietta di 24 anni, desiste. Quindi dà il via libera alla politica delle riforme fiscali. Dopo 17 anni, s’è deciso al grande passo. Duri e puri verso nuovi trionfi: Subito una bel bavaglione all'informazione, di stampo iraniano-cinese-sudcoreano. Solo che in quei posti, il partito di governo ha il buon gusto di non mettere "libertà" nel proprio nome.
E sono dei regimi. Dichiarati e riconosciuti.

 
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IL COLLE S'E' DESTO

Post n°196 pubblicato il 04 Ottobre 2011 da chinasky2006
 

D’ora innanzi, questo spazio avrà cadenza quasi giornaliera. Per due motivi: Voglio che mio figlio mai nato possa un domani, nel pianeta delle scimmie, capire come eravamo ridotti. E poi perché miro ad essere il mammuth-cetaceo della rai-tv, versione blogger. Con 120 kg di meno, ma ugualmente sferzante, conciso, equidistante e mai servo di qualcuno. Gli spettatori però, sono più da lui. Tre i suoi, due i miei. Ma qui almeno non si paga il canone. Confido nel sorpasso, nel giro di un mese.

Il Capo dello Stato è rabbuiato. Il Presidente è irritato. Il colle è irritatissimo. Sono mesi, anni, da quando s’è insediato, che sentiamo comunicati del genere. Firma, timbra e continua ad irritarsi per quella costituzione che tanto vorrebbe preservare, sventrata da un atto governativo che è costretto a firmare. Costretto da chi? A che serve allora, quale la sua funzione ultima?
Pochi giorni fa, la scoperta epocale: La padania non esiste.
Ha detto proprio così, il Presidente della Repubblica. E’ contro la storia, perché Italia è una. Meglio arrivarci in ritardo che mai. Il leghisti sono solo dei poveri malati di mente, insomma. Si vestono come a carnevale, fanno proclami indipendentisti e mirano alla secessione ad ogni arlecchinata che organizzano. Pontificano su una cosa che non esiste, come gli svitati. Tra i tanti che vedi negli ospedali psichiatrici: Qualcuno travestito da piccola SS che vuole rimettere in sesto il glorioso Terzo Reich. Certuni si credono Jeeg Robot d’acciaio. Cert’altri si credo chiurli in amore e vogliono volare bradi. Tutti rinchiusi. Al sicuro dalla società civile, perché fuori dal mondo e dalla storia, con addosso una camicia di contenimento. Ora anche i leghisti sono finalmente portati al loro stato naturale stato di pazzi vaneggianti.
Si deve essere felici o incazzati per questa scoperta, improvvisa e tardiva, della più alta carica dello Stato?
Sollevati un po’, incazzati per il resto. Da anni, miserabili ultimi della strada si chiedono com’è possibile che una sovversiva setta di rozzi, esaltati, razzisti e xenofobi indipendentisti possano riunirsi legalmente in un partito. Come possano non riconoscere apertamente, ed anzi offendere, lo stato italiano ed essere al tempo stesso governanti di quello Stato. Quale beneficio possono arrecare con le loro leggi, ai cittadini italiani tutti? Ci si domandava, ottenendo risposte dal vento, perché in altri paesi certa gente è ricercata, i loro raduni sfollati dalla polizia ed i protagonisti condotti in questura, mentre da noi, grazie allo scellerato patto di vendita del Sultano satiriaco, possono addirittura governare. E ancora, perché a degli squilibrati che vaneggiano su inesistenti parlamenti del Nord, lira padana, indipendente territorio padano e che sputacchiano sul tricolore sia consentito di girare liberi, mentre la polizia spara lacrimogeni solo su manifestanti che chiedono lavoro. Perché uno di quei ministri verdi col testone abnorme e la stessa intelligenza di una rapa marcita abbia potuto, indisturbato, eliminare il vetusto codicillo che vietava raduni e piccole aggregazioni sovversive secessioniste, cancellando di fatto il reato di vilipendio dello stato.
Tanti perché, inascoltati e surreali. Ora il Colle, con anni di atroce ritardo, ci comunica che la Padania non esiste. E che quelli dunque, sono solo dei poveri squilibrati deliranti. Esultiamo.

 

 
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FLACCIDE LEZIONI DI GARANTISMO E MORALE, ELARGITE DAI LIBERI SERVI

Post n°195 pubblicato il 30 Settembre 2011 da chinasky2006
 


Foto di chinasky2006

Filippica delle 19,58.

Con l’autunno arrivano, immancabili, i nuovi talk sulla politica. Epurato il lazzarone sovversivo Santoro, colpevole di portare troppi ascolti e verità inenarrabili, furoreggiano fulgidi esempi equidistanza moderata. Sulle reti mediaset, finalmente libere da concorrenza, c’è una specie di figura retorica già morta da sei anni, che dovrebbe essere un Santoro vero delle libertà. Banfi dicono si chiami, ma non è un comico di professione. Provoca umana pena e pietà, è triste come un piccione morto. Via con immagini dei mercati rionali dove figuranti col parrucchino color arancio recitano la loro parte:“Ci-sta-la-crisi-mondiale…ma noi qui si sta bene eh, in Italia grazie al governo siamo-ben-fortunati assai…i prezzi dei zucchini son bassi-bassi…”. Mai più tristi cassintegrati, disoccupati e mamme che non possono mandare i figli all’asilo. Quelle immagini che tanto avevano fatto infuriare il sultano, indecenti per una televisione del regime delle libertà (“ma cribbio! Fanno vedere come se l’Italia fosse l’Africa !”, tuonò).
Meglio ancora se dobbiamo assistere ad immagini dell’ormai ottantenne imputato-giornalista Emilio Fede che larma inconsolabile sulla “solitudine” dell’uomo Silvio. Tristo, melancolico, ma forte nel celare il dolore per la perdita della 106enne mamma, qualche anno addietro. In studio, a La 7, esponenti delle libertà riescono a stento a trattenere le lacrime, dal ridere. 
Poi, per carità, c’è anche la tv di stato: Vediamo il verde militante Paragone, che un po’ fa tenerezza coi suoi quattro eroici avvinazzati ascoltatori e l’assoluta incapacità di essere un fazioso credibile nemmeno a se stesso. C’è soprattutto lo smilzo Ferrara, trainato in ascolti da nosocomio dal sempre equilibrato e mai servile tg di Minzolini. Per protesta, il direttorissimo potrebbe farsi incatenare in diretta e poi danzare sulle immortali note di una canzone di Malgioglio (“enculame”), non prima s’essersi masturbato furtivamente guardando una sua foto con la bandana. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: ascolti ai minimi storici, perdite leggendarie e tv nazionale allo sfascio, in tragico connubio con l’intero Paese. Mentre le reti del sultano "disceso in campo" e mandante degli depuramenti pubblici, volano. Assieme ai suoi possedimenti. Ma non è l'unico, pur criminale verso il bene pubblico, dato a colpire la mia attenzione. Questi riprovevoli figuri, riponendo nel cassetto ogni barlume di dignità personale, continuano a considerare lo spettatore come sagoma cartonata, automa col cervello programmato verso la rassicurante dittatura di un uomo della provvidenza già denudato e morto. O, meglio ancora, verso il niente. Pensano davvero che la gente possa esser presa in giro in eterno. Nemmeno il crollo di ascolti fa venire loro il dubbio che ormai c’è poco da fare. Che quando la guerra della menzogna s’è persa, si scade nel pateticamente ridicolo. Nella pietà più triste. Quasi tutti hanno capito l’inganno di questa dittatura da baraccone. Un cabaret dove nefandezze e criminalità di gente incline alla corruzione si mesciano ad indecorosi spettacoli da guitti mentalmente deviati. Un po’ ridicola parodia di regime in salsa "strumtruppen", nel mezzo di scollacciati filmini eroti-comico-patetici con le giovani Fenech a prendersi beffe di vecchi depravati impotenti. Solo che nelle pellicole, le Fenech non diventavano ministre. E chi procurava giovane carne ai vecchi bavosi, non si arricchiva con appalti pubblici e fulgide carriere da neo miracolati.
E invece tentano miseramente di capovolgere la realtà, ancora. Come nei regimi comunisti che tanto dicono di sdegnare. Direbbero anche che è giusto molestare una pecora belante, perché bela troppo, se il sultano l'avesse molestata (ancora non s'è saputo niente, per ora). Invocherebbero una legge che rende lecita la molestia caprina, sbeffeggiando i retrogradi ed ingessati moralisti. Ci tocca quindi ascoltare quell’enorme cetaceo con sembianze di mammuth che si smutanda, in nome della libera morale contro i bacchettoni della sinistra. Vaneggia del poter fare quel che si vuole in un letto, un libero amore quasi hippie, con sesso promiscuo e godereccio. Il boccaccesco libertinismo sfrenato ora è divenuto, grazie ad un ottuagenario malato di mente conclamato, la bandiera che sventolano le destre, opposta alla morigeratezza della sinistra. E nel mezzo i vescovi, persino loro, che non possono più far difendere i valori della famiglia ad un guitto inconsapevole a se stesso. Diverranno comunisti anche loro, a breve. L’orripilante camaleonte barbuto, passato con non-chalance da “lotta continua” alle crociate anti-abortiste, ora assurge il ruolo di vate dei liberi costumi. Ma siamo veramente ridotti così? All’estero certa gente potrebbe circolare impunemente per la strada? O avrebbe la decenza di fuggire? Qui dobbiamo pagarli noi nella tv di stato, i suoi servi, come le sue escort ed il suo battaglione di legali. E c’è qualcuno ancora capace di credere alle loro fandonie? Lui ed il critico d’arte scapigliato che pare fuggito da un centro d’igiene mentale reparto furiosi, sono i nuovi Pasolini e De Andrè. Baluardi della libertà dei costumi e del garantismo. Bollano i “sinistrati” come chierichetti, bacchettoni tristi ed invidiosi. Incapaci di godere dei piaceri della vita e della libertà dei propri corpi. Cianciano e pontificano sulla loro cattedra di meschino opportunismo servile. Tengono dotte disquisizioni sul diverso significato tra “prostituta” e “mantenuta” con piglio saccente.
Vaneggiano anche di garantismo. Già. Sono soprattutto dei libertari, contrari alle manette facili, loro. Perché adesso la sinistra è diventata terreno del giustizialismo. Eccolo, evidente, l’ennesimo diabolico atto di capovolgimento della realtà. Mistificano tutto: I garantisti divengono forcaioli, le femministe sono trasformate in bacchettone represse, i fascisti puri divengono comunisti e viceversa, etc... Il governo della fuffa criminosa travestita da nulla confuso, è riuscito a stravolgere credenze antiche, ideologie. Ma perché, questa manica di arruffoni impiastri, qualcuno può definirla di destra? Libertà, del resto, è sibillinamente nel nome del loro partito. I nuovi baluardi dei diritti dell'imputato sono inflessibili censori, con leggi degne dell’Iran, verso il ragazzo che si fa uno spinello al parco, e commoventi difensori della presunzione d'innocenza fino a sentenza definitiva per la casta, per i ricchi, imprenditori e politici accusati di corruzione, mafia, tangenti, prostituzione o stupro di un cavallo. E continuano a riempirsi la bocca con quelle parole: “libertà”, “garantismo”, senza la minima vergogna per quest'elegia dell'impunità esclusiva del potente.
Incredibile come a simili loschi figuri degni di un lombrosario sfugga un dato di fatto: La depravazione senile del vegliardo imbellettato a giovinetto, rimarrebbe un caso umano. Di cui riderne cinicamente, al limite ritenendolo degna di una casa di cura. Ciò che invece porta allo sconcerto, malgrado la loro sciente attività di mistificazione, è altro. Il sottobosco di un esecutivo criminale, inetto e bugiardo. Il governo delle libertà che tanto adula e giustifica, fino quasi a farne un vanto, il vecchio e rincitrullito monarca circondato da uno stuolo di puttane, che poi si fa artefice di feroci politiche repressive nei confronti della prostituzione e delle puttane di strada. E’ questo il vero paradosso che indigna. Come sconcerta la continua menzogna al suo popolo e l'incapacità di ammettere un vizietto comune agli uomini anziani. Alcuni, non avendo soldi, fanno i guardoni nel parco come Pacciani ed i compagni di merende, altri impossibilitati a muoversi, molestano giovani badanti, lui che tutto può, affitta centinaia di escort. Semplice, banale. Invece seguita nell’attività di spergiuro. Indecenti non sono i suoi discutibili gusti sessuali. Potrebbe, al limite, essere anche avvinto da morbo ittico ed ingropparsi dei pesci equatoriali o farsi inculare da bisonti del Texas. Rimane anomalo (ed illegale per gli umani) fare della prostituzione una merce di scambio nelle mani del potente, creare un troiame di regime, pontificare sulla normalità della mignottocrazia. Inaccettabile dover vedere delle imbarazzanti escort premiate per la loro attività di sollazzatrici di carni flaccide e potenti, e pagare coi nostri soldi l’attività di prostituzione di cui gode il sultano. Accettare che queste prostitute d’alto borgo debbano anche partorire leggi, impormi cose. Magari consigliate da qualche faccendiere massone per mascherare la loro profonda inettitudine. Ora sono quasi tutti al gabbio, ed a quelle non resta che diramare comunicati sulle rocce dragate per far passare neutrini. E paradossale rimane il dover essere rappresentati all’estero da un ridicolo fantoccio malato, ricattabile per quella debolezza che non riesce a confessare pubblicamente, coprendola di bugie su bugie, silenzi pagati e quant'altro. Un imputato che ama circondarsi di puttane e puttanieri, magnaccia, spacciatori di droga e faccendieri latitanti, cui garantisce appalti pubblici e carriere da rampanti imprenditori. E nonostante tutto, si trova il coraggio di pretendere che l'Europa abbia fiducia in lui, e nell'Italia che non riesce a disfarsene.
Ma possibile che non riescano più a provare la vergogna? Ecco, l'assoluta incapacità di mostrare pudore o vergogna delle proprie intelligenze (e non per una mutanda), è il dato più triste, di questa triste vicenda.

 
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ANCORATI ALLA SEGGIOLA, COME PATELLE AGONIZZANTI

Post n°194 pubblicato il 24 Settembre 2011 da chinasky2006
 

Foto di chinasky2006


C’è un’atmosfera di frizzante euforia al settimo cavalleggeri delle libertà vigilate. Moderati festeggiamenti per l’ennesimo ostacolo superato a piè pari dall’esecutivo dopo il voto contrario all’arresto del deputato Milanese, accusato di corruzione ed associazione a delinquere. Poi sarà la volta di salvare Romani, ma quello è imputato solo di "mafia", cosa vuoi che sia. Il sultano si aggira nella villa in vestaglia e sui trampoli come nelle occasioni di vittoria, roteando i pugni al cielo: “sono invincibile, invincibileee!”. Si rabbuia solo un poco: “Però mi pare inconcepibile che le nostre forze della libertà abbiano vinto solo di quattro voti. Noi dobbiamo dare spettacolo nel mondo, giocare con sei punte, vincere 6 o 7 a zero esprimendo bel giuoco, dominando il campo! Siamo il Milan, noi!”. Bobo Maroni, con la coda di pavone gonfia pergli esorbitanti successi portati a casa dal suo ministero, lo guarda stranito: “Maestà, scusi, ma non stiamo mica parlando del Milan, il governo è un’altra cosa, dicono in giro…”. Pure il ciellino Lupi, intento a recitare una compieta di redenzione in mezzo a quel bordello, azzarda a mezza voce: “Forse fa un tantino confusione il presidente, ma c'è del giusto nelle sue parole...”. Alemanno, con tanto di croce celtica al collo, alza la mano: “Nostra luce, ma c’è pur sempre una opposizione, finché non facciamo una legge che la elimini, purtroppo dobbiamo convivere con questa distorsione della monarchia democratica…ma poi questa riforma ci sta danneggiando e...”. Il messia balza in piedi, scrollando via con due calcioni le aspiranti ministre attaccate alle avvizzite pudenda: “Ma chi è costui? Come si permette? Sta forse passando al nemico lei? Mi diventa comunista?”. Il fido aspirante leccaculo balilla Gasparri interviene con solerzia, schiaffeggiando selvaggiamente l'impunito sindaco: “Come si permette, screanzato? Scusi mio duce, ogni tanto qualcuno si prende delle libertà inaudite, inconcepibili, ma non si verificherà più questo lassismo anarchico insurrezionalista…”.
Il premier convoca tutti per un leggendario discorso agli adepti. Circa cinquecento tra parlamentari, mafiosi, giornalisti, corruttori, imprenditori, latitanti, magnaccia, magistrati pi-quattristi, massoni di carriera, finanzieri, stupratori, pedofili, taglieggiatori, puttane d’alto borgo, porporati, capimafia, pregiudicati, cecchini. Un convivio non molto dissimile dalla P2 contaminata dal Bagaglino. Il venerabile Silvio, vista la delicatezza del momento, si raccoglie in un colloquio personale con Nicole Minetti. La cosigliera-formatrice-maitresse ha addosso una simpaticissima maglietta con su scritte le parole: “La figa è mia. E pure il culo. Prendo cazzi in ogni dove da vecchi bavosi ed impotenti per fare carriera, a te che te ne strafotte? Se sei invidiosa e racchia stattene a casa. Viva l’Itaglia, viva Silvio che ci dà lavoro e benessere!”. Il messia le conferisce l’incarico istituzionale di occuparsi delle 96 puttane giunte a palazzo: “Nicole, amore di Papi, ormai sei anziana per me…brutta cosa quando diventate vecchie e cadenti, ma ti amo ugualmente.  Purtroppo ogni tanto devo fare il Premier, una mezz’oretta al giorno. Che vuoi farci, è il prezzo dell’essere padrone di tutto. Sono uno e trino. Portamele via, Lasciane solo due qui, che mi sboccaglino l’augello durante il discorso alla servitù. Lo sboccagliamento aiuta la cogitazione suprema…fai fucilare quelle tre in fondo, che sono senza tette. Quando c’erano Giampy e Lele nel recruiting, queste cose non succedevano. Le faccia titillare nelle mie boutique ed oreficerie personali e stiano in allenamento, che stanotte me le pipo tutte quante alla faccia dei moralisti e di Vendola!”. Sentito quel nome, gli astanti, inferociti, si levano in cori di scherno che ben dipingono la classe e la cultura di questo esecutivo: “Recchione!”, “Frociazzo!”, “Rottinculo”, “Finocchione!” chiosa un esagitato Emilio Fede, che per il livore perde la dentiera e gli vola via il parrucchino. L’ottuagenario giornalista accusato di sfruttamento della prostituzione minorile, premura il sire riguardo una sua filippica contro il politico pugliese durante il suo tg seguito da sei sdentate massaie semi analfabete (una di queste qui per intenderci, reclutate ad arte da qualche pazzo, inconsapevole del senso di tragico grottesco). Il titolo sarà : ”Possiamo dare l’Italia ad uno che se lo fa mettere nel culo, come Vendola? Fareste leggere a vostra figlia un libro del poeta Moccia o uno di quel pervertito culattone di Pasolini? La mandereste ad una elegante orgia col nostro megapresidente o in un covo di comunisti che fumano la droga e s'inculano come Vendola? Siete per la libertà della Pdl o per i comunisti che mangiano i bambini? E allora diche stiamo a parlare…”.
Silvio è assai felice dell’andamento della riunione di gabinetto, che sta sviscerando i maggiori problemi del paese: “Ah, Nicole, alcune vestile da pulzellette d’Orleans, altre da domatrici di leoni. Ma senza reggipetto e mutande, che sono allergico…”. La Saltamiquì è ipereccitata per tanta classe ed amore verso il gentil sesso. Anche la ministra delle pari opportunità Carfagna non sta più nelle mutande: “Che eleganza, che charme, quale buongusto…ma la gente che invece dei divertentissimi e culturali film di Pierino vede quei filmacci tristi di Moretti e Woody Allen, che ne può capire? Massa di caproni, ecco perché sono tristi.”. La ministra poi, coglie l’occasione per aggiornare il monarca delle sue attività: “Sto elaborando una legge, l’ho finita di scrivere a bella copia che nella brutta c’erano delle scancellature. Riguarda le puttane.”. Quello sobbalza. “Cioè quelle negracce e donnacce dello est, che insozzano le strade e turbano il probo cittadino. Non possiamo permettere ciò. Mancano di stile, buon gusto…”. Il vecchio despota si tranquillizza, ed incalza. “Brava la mia ministra del cuore, è un’indecenza questa mancanza di rispetto per la donna colpita nella sua dignità. Io propongo per loro l’esecuzione sommaria in piazza, da effettuarsi tramite impiccagione.”. Mara è esaltata: ”Purtroppo mi ha avvertito Bisignani che in Italia non si possono infliggere pene corporali e torture medievali, a questo avevo pensato per i depravati, criminali deviati mentali clienti. Quei vecchiacci bavosi che vanno a mignotte mi fanno schifo, sono la feccia della società sana! Per loro propongo allora una fucilazione alle spalle!”. Il capocomico è raggiante: "Bene così, stavo anche pensando a qualcosa per liberare le strade dalla droga e dagli spacciatori stranieri. Doveva occuparsene il Giampy Tarantini, ma la magistratura criminale ce lo ha temporaneamente sottratto...".
L’augusto si guarda attorno e non vede leghisti. “Ve bene, poco male, sono tutti ad una manifestazione di carnevale per compiacere quei rincoglioniti di elettori…ma quando servono i loro voti per la salvaguardia delle nostre corruzioni liberali, ci sono sempre. Fedeli come i cani e viscidi come serpi ripugnanti.”. Fragoroso applauso del prono uditorio. “Libertà, libertà” parte un coro spontaneo da parte di alcuni corrotti, mafiosi e piduisti, cui si aggiungono anche i delinquenti semplici, cioè tutti. Il premier è all’acme dell’invettiva, il vaniloquio assume toni accorati e deliranti. Racconta due barzellette zozze, poi canta uno stornello tra il giubilo dei convenuti. Quindi torna alla stringente politica interna: “La nostra è stata una vittoria della libertà contro il partito delle manette!”. “Ma-fia!Ma-fia!” parte un altro coretto. Due corleonesi sono commossi. Era dai tempi di Totò “u curtu” che non ascoltavano simili melodie. Quindi ello riparte: “Libertà è la nostra parola d’ordine, contro questi forcaioli comunisti!”. La Russa è eccitato, s’è fatto sei dosi di tabasko colombiano per via rettale: “Troppo corretto mio duce, noi siamo il partito della giusta pena nello ambito della presunZione d’innocenza. Come diciamo e vogliamo noi. A proposito, la polizia ha fermato tre miserabili studenti che manifestavano. Avevano pure la barba ed una bandiera rossa. Si può tollerare una cosa simile? Per ora sono nelle patrie galere a pane ed acqua, picchiati notte e giorno. Li lasciamo morire lentamente, o li giustiziamo subito con regio decreto d’urgenza?”. Il sultano si fa pensieroso: “Massì, che marciscano in galera qualche annetto come le zecche rosse, ma che poi abbiano un giusto processo di condanna per attentato all’autorità divina.”.
L’unto del signore inizia quindi a sviscerare gli annosi problemi di politica estera, con lucidità da sommo statista: “Bene miei schiavi fedeli, la situazione è assai gravissima. Pensate che per interloquire con un mio latitante e strettissimo collaboratore in missione a Panama, per evitare che quei magistrati criminali intercettino quel perseguitato debbo usare delle schede sudamericane…queste cose le fanno i mafiosi…”. Un paio di corleonesi tossiscono nervosamente. Poi riattacca: “Basta con queste intercettazioni! Pensate alla pensionata che ordina il latte per telefono e che non può parlare liberamente…è una vergogna! Il popolo è d'accordo!” (questo, popolo, di vecchi submentali figuranti, il suo). Angiolino Alfano lo rassicura su una legge contro tale ignominia illiberale.
Quindi si rabbuia un poco, fa la faccia contrita: “Mi contano in giro che c’è questa crisi…che la gente non può campare più. I media tutti in mano alla sinistra continuano a danneggiarci allo estero. Fanno il male del paese…e questa Marcegaglia qui…che parla di Italia considerata zimbello nel resto del mondo. Comunista anche lei come i magistrati rossi! Il morbo sta colpendo tutti purtroppo…per quella bakuniana di mia moglie ero pazzo, malato e da curare, secondo il bolscevico Fini sarei un pericolo per la democrazia…il veterocomunista Casini vuole che mi dimetta...ora pure le banche europee e le agenzie di rating sono state vinte dal comunismo imperante, osano criticarci e declassarci. Ma perché leggono la stampa e quei due giornalacci su 127 che hanno la cattiva abitudine di non essere pagati da me, ovvio!…tutti invidiosi,  comunisti e rossi come Stalin…”.
Dodici infermieri intervengono e se lo portano nel reparto neurodeliri. Attorno a lui, barellato e sedato, si formano due cordoni di servi plaudenti. Che hanno ormai perso quel refolo di dignità personale e sfidando qualsivoglia decenza ed amor patrio, pur di conservare quelle due mefitiche gocce di potere, stanno consentendo ad un pazzo delirante di distruggere un paese.

 
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IL TREMENDISSIMO GOLPE

Post n°193 pubblicato il 15 Settembre 2011 da chinasky2006
 

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L’incresciosa notizia coglie il giovane monarca mentre fa il quotidiano bagnetto nel latte d’asina assieme a quattro ancelle diciottenni. Due escort travestite da monachelle lo allietano accennando ammiccanti passi di danza ed eleganti giochi di prestigio con un priapo. No, non siamo in un centro d’igiene mentale, reparto casi irreversibili, ma nel quartier generale dei supremi lavori delle libertà. Ello si diverte un modo e batte le mani a tempo, quando nella sala della patriottica salvazione irrompe un affannato e scapigliato La Russa.
“Che c’è miserabile pidocchio balilla, si è pippato la trielina stavolta? Si contenga! Come osa interrompere le mie frenetiche attività di buongoverno? Non lo vede come tribolo per salvarvi tutti? Mi auguro abbia una valida ragione, altrimenti la faccio fucilare allo istante!”.
“No, maestà, stavolta non è per perorare la causa della mia amata InDer, quanDunque lo sGudetto 2006 è nosDro. E’ una Guestione urgentDissima! I gendarmi a cavallo poDrebbero giungere da un momenDo all’alDro. Vogliono arresDarla! Deve mettersi in salvo mio duce, la scongiuro…”.
Il monarca balza in piedi ed incredulo, ascolta i particolari. 
"Il bolscevichismo imperante non ha più ritegno alcuno. Delle sovversive zecche rosse mirano al colpo di stato. Al violento sovvertimento del governo democraticamente eletto", prosegue il luciferino colonnello.
Cos’avranno mai fatto questi indegni e criminosi cospiratori? Con blasfemo atto di irriguardosa sfida alla monarchia, hanno convocato in procura il Premierissimo. Lo specchiato, premierissimo. Per arrestarlo? No, vorrebbero arditamente chiedergli delucidazioni circa una presunta estorsione ai suo danni, per cui è in atto un procedimento giudiziario. Un atto riprovevole, insomma. E se non si presenterà spontaneamente, verrà prelevato dai carabinieri in divisa. Regna lo sconcerto massimo tra gli astanti, convocati per un consigliori  ministeriale d’urgenza nazionale. Nessuno riesce a capacitarsi di come il Monarca ultraterreno possa esser trattato alla stregua di un uomo della strada. Come un non abbiente qualsiasi, fors’anche comunista, recchione o extracomunitario.
Gasparri non si tiene: “miserabili comunisti di merda!”. La santanquì scorreggia dalla rabbia e le si strappano sedici punti di sutura al labbro leporino, “ci andasse Woodcock ed il suo socio in procura! Questi sono un cancro! Un cancro! Che ha fatto di male? ha solo aiutato la famiglia di un martire spacciatore di cocaina e magnaccia, vessato dai magistrati. Ma quale estorsione! Il nostro Silvio è un uomo buono, che aiuta chi sta male e gli fa avere un tenore di vita decente. Che saranno mai 500 mila euri? Volete farmi intendere che esiste gente che gadagna meno di 500 mila euri all'anno? HAHAHAH, siete peggio di Santoro e quello lì che se n'è andato in america...coso lì, Vittorio Zuccone...Che non l'ho mai sentito nominare al Billionaire, che sfigato..”. Feltri si agita e, sottovoce, attento che quello non ascolti, si rivolge all’ideologo Ferrara intento a sbocconcellare un bue muschiato come spuntino: “Vogliono interrogarlo come testimonio, così quello, senza avvocato, dirà tante di quelle frescacce che lo arresteranno e giustizieranno allo istante come Ceausescu! Oppure se lo portano in qualche manicomio e buttano la chiave. Lo sappiamo tutti che ormai è fuori di melone! Ha il cervello in pappa. E’ più suonato di una campana suonata…”. Sallusti va oltre, con la consueta profondità di pensiero: “E’ una trappola, vogliono arrestare Silvio nostro!”. “E’ un golpe!”, gli fa eco Belpietro. Carfagna e Prestigiacomo paiono interdette. Hanno la faccia dell’interdizione totale. La seconda prende timidamente la parola: “Embè? Non capisco che c’è di male. Vogliono solo interrogarlo come testimone, quasi per tutelarlo…non sembra grave. Così almeno ci ha insegnato il nostro Mentore Maximo Bisignani.”. Il sultano s’adira non poco. “Chi ha parlato? Eh? Chi? Conducetelo nella palestra dello ardimento, che sia fucilato con sei colpi nel petto!”. Accortosi che erano le due veline, transige facendo gli occhietti dolci. "Se il petto è così avvenente posso fare uno strappo alla regola.". Ed inizia a masturbarsi furtivamente.
Ma la situazione è gravissima. Il presidente delle SS La Russa non ha dubbi: “Mia luce infinita, l’unica soluzione è la fuga. L’astronave delle libertà è già pronta ad ogni evenienza. Attendo un suo cenno supremo." Giunge trafelato anche Tremonti che, a completamento della monumentale e laboriosa manovra economica, ha appena finito di borseggiare due vecchiette alle poste ed estratto sei capsule d’oro ad una dozzina di cenciosi delle case popolari. Fede e Capezzone singhiozzano senza ritegno. Quindi il monarca prende la parola, con tono solenne.
“No miei cari servi della gleba, non posso più fuggire. Ormai lo sanno. E’ grazie alla vostra dabbenaggine che mi trovo sotto scacco. Possibile che non siete stati in grado di fare un bel decretino? Chessò, uno semplicissimo che trasformi le procure in fabbriche di crackers. I tribunali in centrali del latte adibite a circoli culturali gestite da Lele Mora e Platinette…massa di inetti crapuloni buoni a nulla!”.
Quelli si genuflettono tutti all’unisono, sbattendo ferocemente le rotule. E si nerbano da soli.
Il ministro della giustizia Nitto Santapaola, adduce a qualche scusante. Poi Cicchitto ha una spetazzante illuminazione. "Maestà, ma lei ce lo può sempre mettere ar culo a quei comunistoni cospiratori. S’inventi un impegno istituzionale. Uno a caso. La situazione economica è gravissima, quindi faccia vedere che deve incontrare qualcuno per salvare il paese dal baratro. Potrebbe improvvisare un viaggio a Strasburgo.”.
“Molto benissimo ripugnante sottoposto, e andiamo a questa strambergo. Prenotatemi sedici puttane fiamminghe, che la notte debbo cogitare. Poi non sono malaccio le fiamminghe. Si parte per il bene della Itaglia.”.
Durante il viaggio prova ad ingropparsi due sedili dell’aviogetto, ed è abilmente anestetizzato con dosi di bromuro per cavalli da tiro. Quindi si fa perplesso, meditabondo. Guarda il suo servitore in modo stranito.
“Ripensavo a ciò che mi ha detto poco fa, viscido e strisciante serpe. E’ tutto vero? Cosa sarebbe questa novità della crisi, maledetto impiastro. Tiene forse delle informazioni segrete della loggia massonica di cui non sono al corrente? Che succede, stiamo forse perdendo danari?”.
Lo sguattero farfuglia qualcosa, poi solleva il sultano da ogni apprensione.
“Divinità celeste, ma cosa va a pensare! E' solo l’Italia che sta andando a picco. E’ sull’orlo del fallimento totale. E' ormai un paese fantasma, un morto che cammina…La Merkel è passata alla derisione dandola per fallita. In Europa seguitano lo sbertucciamento...”.
Il monarca si fa ancor più serioso, serra la mandibola di caucciù.
“Vabbè, questo lo sapevo. Pensavo fosse successo qualcosa ai miei possedimenti…”.
“No, no, mega presidentissimo eccelso, quali pensieri la assalgono! le sue aziende volano inarrestabili - srotola un grafico-papiro sbalorditivo -  Anche oggi un profitto di più del 127%! Lei è invincibile sire, guadagna sessantadue triliardi ogni ora che lei respira... Il popolo italiano le sarà debitore per la sua opera di salvazione.”
Il sultano satiriaco sembra finalmente sollevato.
“Ottimissimo allora, fedele leccapiedi. Basterà cambiare nome e ragione sociale a questo paese, e tutto è risolto. Tutti vedranno come ho salvato la Itaglia-mia impersonata dai miei possedimenti. Il nome m'è venuto stanotte che ero ispirato, a me piace: La chiameremo “Passera dell’amore universale” e lasceremo il nome Italia ai veri ed unici responsabili della catastrofe fallimentare, quelli della opposizione comunista! La plebe capirà cos’ho fatto per loro. I cenciosi mi venerano! Sono il più grande statista di ogni era geologica!”.
Intervengono sei infermieri, e gli somministrano altri medicinali di contrabbando, recuperati notte tempo al manicomio criminale di Aversa.

 
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IL PAZZO, IL NEUROLESO E LA BADANTE

Post n°192 pubblicato il 17 Agosto 2011 da chinasky2006
 

Il megapresidentissimo divino è nel suo sarcofago della vita eterna. Un portentoso marchingegno progettato da un centoduenne scienziato nazista, che potrà consentirgli la vita terrena ben oltre i 236 anni. E’ scongelato giusto in tempo per festeggiare, da buon cristiano, l’assunzione nei cieli della Beata vergine Maria. Appena sveglio, nella sua magione estiva di Villa Certosa, si concede una battuta irresistibile: “Ma chi è questa Maria, porco di un Dio maiale e sifiltico, quale femmina può decidere di sua sponte di assurgere le vie del cielo invece che il mio regal pungiglione?”. Risate irrefrenabili dei servi della gleba, tutti riuniti attorno al capezzale del re, appena scongelato. “Che bellissima battuta mio Sire - esordisce un porporato prono - come decontestualizza lei, non decontestualizza nessuno…”. E poi emette un soave peto di contrita emozione. Cicchitto, levatosi il cappuccio massonico per l’occasione, è l’incaricato di aggiornare le evoluzioni delle politica italiana e mondiale. Ma il premier, sovraeccitato, gli impedisce financo di parlare:
“Molto benissimo, miei prodi, a che punto è il mio progetto di salvazione della Itaglia nostra? Il paese vola sotto la mia guida, nevvero? Lo sapevo che avremmo abbassato le tasse e che la crisi era solo un’invenzione dei giornali pessimisti e di sinistra, tutta quella macchina del fango…”. Gli schiavi delle libertà si guardano con un po’ d’imbarazzo. Guai a parlare in giro di Grecia, Irlanda, commissariamento, del paese che versa in una crisi senza via d’uscita. Il baratro ad un passo, salvati momentaneamente per il bavero dalle disposizioni della banca badante europea. I servi non sanno cosa riferire a quel povero pazzo che è al timone della nave alla deriva, inconsapevole della crisi, dell’esistenza degli uomini al di sotto dei duemilioni di reddito, ma solo delle puttane d’alto bordo. Non riescono a dirgli la realtà dei fatti, riferirgli del fallimento totale di 17 anni di buon governo masso-piduista-criminal-mignottaio. Lo hanno persino tenuto rinchiuso nel sarcofago, affinché non proferisse in mondo visione la solita frase o verbo da squilibrato malato di mente, che ci facesse piombare definitivamente nel burrone. Poi Cicchitto, bando alla vergogna, decide di velare un po’ la realtà, tanto per non turbare il sultanico buonumore.
“Maestà, lei ci ha guidato ad un trionfo! Non ci crederà, ma le borse volano, la economia della nazione vive una stagione di rigogliosa rinascita (questa sottile e melanconica poetica, gliela suggerisce un estatico Sandro Bondi). Lei è il più grande statista della storia, sono i fatti a dimostrarlo! Pensi che i giovani si stanno lamentando del troppo lavoro che lei gli ha consentito. Lei è troppo efficiente e troppo buono, Sire! Le tasse poi, ogni giorno riceviamo richieste di gente che ne vuole pagare di più in segno di riconoscenza per il benefattore!”.
I servi della gleba sono attoniti. Scilipoti sorride e si porta la mano al cuore. Un brusio cicaleggiante pervade quel nugolo di criminali, mafiosi, camorristi, venduti, massoni e puttane facenti parte il buon governo. Anche il servilismo strisciante ha un suo limite. Il drappello di padani è scenicamente indisparte. Tutti in boxer mare e foulard verde annodato al collo, come tanti piccoli submentali boy-scout marinaretti di sessant’anni. Qualcuno rutta una frase incomprensibile. Altri scorreggiano un dissenso pestilenziale. Sono così, infondo, ruspanti e genuini. Son per il “poppolo” a parole, ma nei fatti firmano leggi che svenano quel loro “poppolo”, lasciando invece intatti i privilegi della casta. Quelli delle manette tintinnanti per i tangentisti, che cianciano di arresti coatti per onorevoli corrotti, ma che nella realtà, nascondendosi meschinamente dietro il velo di un bieco voto segreto, finiscono per votarne l’impunità. Gli stessi leghisti per cui l’uomo di Arcore era un massone, criminale e delinquente, col quale non hanno esitato a governare per decenni. Quelli dell’ordine e contro il terrorismo, che finiscono per giustificare il terrorismo, se dimatrice neonazista. Gli antitaliani che fanno gestacci stile "er monnezza" 
al tricolore, ma guidano il governo del paese, cianciano di Roma ladrona e riempiono i loro ventri malaticci coi soldi di Roma. Anche stavolta ruttano, bofonchiano, ma poi finiscono per baciare le nocche all’imperatore. Proni, più di tutti. Il sultano senza di loro non può andare avanti. Loro senza di lui sono merda secca, letame da cui non nascono fiori ma rifioriscono altri escrementi. Insomma, due merde che si sostengono, in un nauseabondo e scellerato patto di saccheggio e stupro del paese. Un domani, magari vicino, forse solo un miraggio romanzato, quando vi sarà la resa dei conti, a queste immonde, volgari ed insultanti capre senza intelletto e cultura, spetterà la parte migliore. Perché ancor più che il duce pluri imputato, ridicolo e posticcio, a suscitare maggiore ripugnanza sono i viscidi ed opportunisti saccheggiatori dell'impero allo sfascio. Come gli sciacalli nel post terremoto, che fanno razzie ovunque. Il sultano è però rinfrancato dalle parole del servo incappucciato Cicchitto.
“Embè, a proposito, e i consensi come vanno? Abbiamo sfondatoil 90%?”.
“Maestà celeste, siamo ormai al 92,36%. Il popolo La ama. Lei dovrebbe addivenire santo, abbiamo già inoltrato domanda al Vaticano. Solita procedura delle libertà: mazzette e sordi quanto ne vonno! Tanto lei è inconsapevole di tutto, come sempre. Pure li preti come li giudici so fatti di carne…”. E si lascia andare ad un sorrisetto ammaliante.
“Troppo giustissimo mio prode leccapiedi muratore allattato al mio seno ed a quello della loggia massonica! Ma lasci stare i santi, basta parlare due minuti col mio subalterno, quel Dio lì che tiene sempre il telefono irraggiungibile...Ma il miserabile 8% che non mi ama? Sono pazzi o vi sono ancora a piede libero i comunisti che non riconoscono il verbo? Contro ogni invidia, andiamo avanti per ammodernare questo paese. Lo abbiamo salvato da quei comunisti che volevano mettere le mani in tasca a m…agli italiani che lavorano!”.
“Parole sante mio re, senza la sua discesa in campo il bolscevichismo imperante avrebbe ridotto gli italiani colle pezze ar culo. Grazie a lei, meno tasse per tutti. Negli ultimi anni noi cittadini normali appartenenti alla Pdl siamo tutti diventati più ricchi! Gli altri, se sono comunisti e nun ce vonno sta, s’attaccheno ar cazzo, no?”
Il premierissimo, ormai scongelato, balza in piedi con uno scatto da giovinetto. Due truccatrici in topless provvedono a calzargli il parrucchino. Un domatore gli infila una tunica imperiale. Altre due prodighe odontoiatre inseriscono la dentiera ed un luminare austroungarico riaziona il prodigioso macchinario dell’amore. Due colpi di polpetta e via, con una clamorosa erezione. Belpietro e Sallusti hanno un moto di ritrosa eccitazione. Arrossiscono e bramano quel nervetto tra le loro ossute chiappe. Poi scappano via come due turbate verginelle, pronti per l’ennesimo titolone assai ficcante e ricercato. Uno che magari possa solo avvicinare quello memorabile di qualche giorno addietro, immediatamente dopo l’attentato terroristico in Norvegia: “Ci attaccano ancora, gli islamici e comunisti. Sempre loro" (sottotitolo: Votate Pisapia, voi coglionazzi!). Tranne poi scoprire che lo squilibrato era un neonazista ultrà cattolico. Nessun dietro front dei due liberi giornalisti bocconi, e nemmeno la dignità di tirarsi una schioppettata nelle gengive. 
“E allora, siamo diventati tutti froci, qui?”. Esorta i suoi uomini, il divino immortale. 
E via, parte un bungabunga di festeggiamento, per coronare il gran successo della prodigiosa manovra ferragostana. Pronti già assegni per circa seicentomila euro alla puttane intrattenitrici. Poi il messia si cruccia un poco. Solo trentadue ragazze ignude e danzanti che si dimenano per lui, invece delle consuete cinquantaquattro. Alla fine si capacita, e pensa che per garantire tanto benessere alla suburra, dovrà pur dare il buon esempio.

 
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L'OBOLO DELLE LIBERTA'

Post n°191 pubblicato il 09 Luglio 2011 da chinasky2006
 

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Scilipoti aveva il palpitizio perianale a tremila, salivazione azzerata e fronte madida di maleodorante sudore. Eccitatissimo, rutilante ed incontenibile, si apprestava a presentare alle genti il suo parto letterario. In questo magnifico paese, Scilipoti pubblica libri. Parla, disserta e contribuisce a votare leggi per il benessere della nazione tutta. Con quella faccia che pare una comparsa del Bagaglino, scartata perché fa ridere. Poi suscita compassione. Ed alla fine induce a proposti di suicidio con lo stesso stato d’animo della balena spiaggiata che sceglie di darsi la morte. Ospite d’eccezione alla presentazione dell’immortale opera letteraria dello Scilipoti, ecco l’unto del signore, il messia in terra. E’ così riconoscente a simile baluardo della democrazia, che ha sacrificato una serata di gioviale bungabunga per scriverne di sua penna, e che penna, la prefazione, durante una notte d’ispirazione ancestrale. Silvio è raggiante nel presentarlo come un eroe moderno, vittima dello scherno e delle malvagità della opposizione. Una volta gli eroi erano i magistrati antimafia e gli scilipoti stavano al circo. Ora i primi sono divenuti criminali terroristi, ed i secondi eroi. L’Italia vera voluta dall'impresario di Arcore non è più la patria di Monicelli, Falcone o De Andrè. Ma è la culla di Lele Mora, Iva Zanicchi, Scilipoti, Mangano, e tutto il seguito di massoni, nani, troie e ballerine da quinta.
Il letterato siciliano non sta nella pelle, al fianco della sua nuova luce. Il piduista, ladro, delinquente che si costruiva leggi ad personam, dopo una turbolenta nottata di conversione dell’innominato e valigette rigonfie di verdoni, è addivenuto musa ispiratrice e messia da seguire. Lo ha chiamato al supremo impegno morale: Salvare il governo della nazione. Potenza del gran seduttore di Arcore. Scilipoti è nient’altro che il simbolo vivente della sua essenza intima. Del modo in cui ha sempre inteso la vita, gli affari, l’imprenditoria, la politica e la giustizia. Ello tutto puote, avvolto dalla gran cortina di servilismo dei suoi media e poteri massonici. E’ tutto suo, o lo diventerà a breve. Compra chiunque e ci piscia in testa, fedele al suo motto: “Io sono io, e voi non siete un cazzo”, del gran genio visionario del compianto Monicelli. Scilipoti lo guarda con animo estatico, ed un po’ intimidito dalla luce abbagliante che emana. Ha appena confidato ai più intimi che il suo sogno sarebbe diventare come Lui. Ma in piccolo, ovvio.

L’occasione è però ghiottissima, per fare il punto della situazione. Come procede il programma di aggiustamento della Itaglia. Il sultano pare assai sereno, dopo aver ceduto le redini del partito ad Angiolino Alfano. Romani, Casentino, Papa ed un centinaio di parlamentari inquisiti, hanno applaudito a scena aperta alla svolta del “partito degli onesti”. Chi con la lupara in mano, chi col coltello a serramanico sguainato. Poi un accenno alle questioni personali. I quattro processi che lo vedono imputato veleggiano verso il trionfale nulla di fatto. Eccezioni formali a iosa, e via verso nuovi trionfi di libertà (senza condizionale). Ello si sofferma dunque sulla piena salute della compagine di governo, divelta da faide invereconde. Remano tutti dalla stessa parte per il bene comune, ribadisce. In primis i governanti padani che vorrebbero la straniera Italia fuori dai trattati internazionali, ed il ministro della guerra che trova un gran compromesso: “Sì, forse ritiriamo i soldati, poi vediamo eh!”. Tremonti definisce Brunetta un “cretino”, sai che novità, uno in più. Ma è lo stesso Tremonti, assai inviso al despota per quelle sue manie "premieresche", coinvolto nelle traversie giudiziarie di un suo collaboratore. I servi ora iniziano una campagna stile “casa a Montecarlo”. Ma il messia rassicura tutti che v’è grande armonia.
Scilipoti lo ascolta, assorto. Perso nella nuvole. Il sultano lancia alfine uno sferzante attacco contro i media. Il padrone di 7 televisioni è furibondo per quell’ottava che non riesce a controllare, assai gaglioffa e menzognera. Nella sua mente v’è sempre Santoro. Un incubo mortale. L'argomento unico delle sue dotte analisi da statista che farebbe impallidire Cavour. Non può governare a causa di una trasmissione tv, il nuovo Camillo Benso. Proprio non sopporta che dopo aver creato come difesa del suo regime una immensa cortina di copertura mediatica, qualcuno osi non accodarsi. Nelle sue tv. Sue di stato e di fatto. Il risultato dei referendum? Solo frutto della paura delle miserande genti. L’altra scoppola nelle elezioni amministrative? Chiaramente colpa di “Annozero”. Di fronte a simile analisi di raffinata politologia, l’uditorio si scioglie in un applauso spontaneo.
Arriva dunque una domanda assai ardita, circa la manovra economica prossima all’approvazione. Difficoltoso trovare una via di mezzo tra necessita di evitare il collasso economico e propaganda. Senza trascurare un rimedio per recuperare i danari del risarcimento Fininvest. Da qualche parte dovranno pur rientrare. Alla fine ci sono riusciti. Tagli, ma non alla suburra, bensì al ceto medio-basso-prossimo alla fame. A coloro che provano ad elevarsi dallo stato d’indigenza assoluta e destinati a prendere 1000 lauti euro di pensione. Una manovra di lacrime e sangue, specie quando al governo potranno esserci quelli dell’opposizione da cuocere a puntino. Ello è un essere diabolico. Poi però si cruccia per quel codicillo appena eliminato. Una norma quasi invisibile ed inserita notte tempo, senza che i tre quarti dei ministri ne fossero a conoscenza e rigettata persino dai membri della maggioranza, talmente è indecente e sfacciata. Una piccola ed insignificante norma che differisce alla Cassazione i pagamenti delle cause civili oltre i venti milioni. Ma ello s’indigna, se solo qualcuno osa pensare sia stata inserita per salvare la Fininvest dalla condanna al risarcimento di 750 milioni. Una norma SACROSANTA, che verrà reinserita, conferma. “Ma noi teniamo duro - riprende slancio- contro le élite ed i poteri forti delle opposizioni che dirigono tutto”. Pare che questa gliel’abbia suggerita, direttamente da San Vittore, il fido massone pidue/tre/quattrista Bisignani, autentico premier ombra. Si costerna ancora, perché che colpa ci ha lui, se una norma, per puro caso, va anche a suo favore? Lui è lo stesso delle tangenti ai giudici per vincere appalti e lodi, ma contro la sua volontà. Di gente corrotta per dire il falso a suo favore in un processo dove è imputato, ma senza che egli lo voglia in alcun modo, anzi. Il parlamento vara un centinaio di leggi volte ad evitare il gabbio alle alte cariche dello stato, certo. Ma sarà una sua colpa, se è l’unica carica dello stato imputata in diversi processi? Ora questa norma salva-fininvest. Pura casualità che sia coinvolta la sua azienda in un megarisarcimento. Col differimento stabilito in quel codicillo, e che presto verrà reinserito, avrebbe tutto il tempo necessario per intavolare una delle certosine manovre delle libertà per cui è famoso: La corruzione anche di quei vecchi bacucchi.
Notizia freschissima, i giudici di secondo grado stabiliscono (con sconto famiglia) in 560milioni la cifra da risarcire a De Benedetti, a causa di una delle tante normali attività di corruzione per comprarsi l’Italia. La figliola Marina è allibita da tanto accanimento ed esproprio proletario nei confronti del babbo. Lei, la stessa che veniva accompagnata a scuola dall’eroe Mangano, non si capacita. Ed è un coro di sdegnate proteste nel popolo dei servi. Alla festa delle libertà ci sono degli oboli improvvisati, “gli oboli delle libertà”, con cui gli adepti vengono incontro al loro Messia perseguitato nel momento del bisogno. I grandi capi del partito richiamano una inesistente autorità internazionale per proteggere il delinquente condannato. Altri invocano il capo dello stato, perché faccia qualcosa contro i giudici persecutori. Già, quel povero anziano al colle che ha vissuto la resistenza. Ogni giorno sibillini moniti e firme contro voglia di ogni sorta di nefandezze. Il suo compito è solo quello? E quei casi di “necessità e urgenza”, se non ora, quando dovrebbero ricorrere? Ci vuol così tanto a sciogliere questo parlamento che ha ormai l’unica finalità di salvare un (mezzo) uomo pluri imputato e condannato? Cosa aspettare ancora per ficcarli tutti in un’astronave e spedirli sul pianeta dei relitti?

 

 
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MAMMA, "LI MASONI"

Post n°190 pubblicato il 29 Giugno 2011 da chinasky2006
 

E’ un periodaccio per l’esecutivo del fare. Nuvoloni gonfidi minacce per il futuro. Al gabbio Lele Mora, l’ufficiale procacciatore di gnocca del premierissimo e membro di rilievo dell’intelighentia governativa assieme al Dj Aniceto. Dentro, al fresco, anche Bisignani. Bisi, chi? Sì, l’invisibile ed occulto burattinaio di tutto. Il pregiudicato che dal suo regale ufficio a Palazzo Chigi tutto dirigeva: marionette, puttane, politicanti, magnaccia e ladri di gioielli. Dalle sue sapienti mani di massone passavano i più delicati affari televisivi, elargiva dotti consigli, missive elaborate con perizia massonica. Informazioni riservate utili per le raffinate attività di dossieraggio dei ripugnanti lacché. Persino saggi consigli alle povere menti asfittiche di pseudo veline messe al governo perché di bella presenza. Spifferi sull’attività della magistratura, nomina dei generali, enel e quant’altro. Mani in pasta ovunque insomma. L’essenza più intima di questo troiame inetto e delinquenza semplice, che ancora continuano a chiamare governo.
Ed allora, con questi due personaggi di spicco al gabbio, vicini di cella di Sandokàn,  normale che il governo traballi. L’unto ostenta gran sicurezza. E per dimostrarlo indice immediatamente una riunione d’emergenza a Villa Grazioli. Giungono coi pulmini dell’ospizio, per non destare clamore, un par di dozzine di gnocche, giusto per animare la serata. Lo sguattero Fede è disperato. Col Mora al fresco e la Minetti civettuolamente in ferie balneari, il lavoro istituzionale tocca tutto a lui. E’ scuro in volto, e si sfoga col maggiordomo Vespa, che tutto palpitante e sudante servilismo da ogni poro, annuisce costernato. “E con che coraggio gliele presento adesso, queste qui? Le vede come stanno messe? Non le abbiamo manco testate, alcune ci hanno le tette piccole! Sua maestà s’incazzerà, già lo so…”. Intanto le ragazze iniziano ad indossare costumi scollacciatamene carnascialeschi.
Giungono alla spicciolata i vari esponenti del governo. Pronti al summit. Ci sono anche i leghisti. Si notano da lontano perché ruttano senza sosta e portano una nocca verde al collo. I ministri si ritrovano tutti nella sala della eleganza estrema, seduti ai tavolini del lavoro. S’interrogano su questioni di primaria importanza per il paese, mentre di fronte a loro le ragazze iniziano a dimenare le chiappe attorno al palo della lap dance. Qualcuna si chiede ad alta voce: “Oh, ma quando arriva sto vecchio di merda?”. La fa da padrone Scilipoti, irrefrenabile e logorroico, vestito da piccolo Zorro. Poi ecco giungere il Messia, avvolto da una abbagliante luce scarlatta. Fa il suo ingresso in scena, lucidissimo, su di un cocchio diretto da due leghisti rivoluzionari inciuchiti di fatica. Fa un benevolo cenno alla plebe, fasciato in un vestito da imperatore romano, con delle foglie di alloro a cingergli il capo. Scruta le femmine, palpeggia qualche culo. I ministri sono estasiati e divertitissimi. Applaudono alla loro luce divina. Capezzone balza in piedi con uno scatto memorabile: “Un applauso al presidente nostro! Unico vincitore dei referendum! Contro tutte le demagogie della sinistra…”, e gli bacia le nocche. Fede s’inginocchia, chiede venia per la scarsezza del materiale femminile che è riuscito a mettergli a disposizione. “Mi scusi davvero Sire, ma voglio che sappia che mi hanno lasciato solo…saprà delle ultime notizie, nevvero?”. Il Messia fa un cenno di benevola rassegnazione. “So bene, viscido servitore, so bene che la invidia ci circonda. Ma noi resisteremo…”. Applausi fragorosi. “Vorrà dire che per questa sera mi contenterò di queste normodotate, pure loro mi amano in fondo. Sono il capo della Itaglia e devo adeguarmi anche io alla crisi che c’è in giro. Perché mi dicono che hanno la crisi, gli altri…”. Applausi irrefrenabili. “Lei è un uomo buono, un vero esempio per l’umanità terrena!” strilla un languido Bonaiuti.
Il sultano, sempre più lucido leader, è in piena azione di governo. Due infermieri gli mettono in moto la prodigiosa macchina erettile congegnata nella galleria del vento Pininfarina. Poi prende a dimenarsi tutto eccitato e con gli occhietti a palla, tra tette e chiappe in una configurazione lacoontica. Minzolini, truccato da infermiera con bionda parrucca, prova biecamente a spacciarsi per femmina anelante il regal pungiglione artificiale. Scoperto, il premier lascia partire un manrovescio terrificante. Il direttorissimo ruzzola via, piangente. Il consiglio dei ministri è nel pieno delle sue attività superiori. Tutti quanti sono affranti, disperati e sgomenti. Senza Bisignani sono come il branco di bestiole che ha smarrito la guida massonica. “C’è sempre il nostro Presidente!”, li interrompe, stizzito, lo sguattero Fede, mentre serve ghiande e crodini al tavolo. Lo guardano agitarsi tra venti escort diciottenni, e scuotono il capo. E’ un coro di: “Ormai è andato…è pazzo. Siamo nelle mani di un pazzo. Il paese affonda, e noi affondiamo insieme al pazzo…”. Appena il Messia concede loro uno sguardo, essi mutano espressione. Gli stessi poco prima sconcertati, applaudono, lo inneggiano. Si sente un “Viva Silvio nostra Regina!”. Formigoni, in tenuta da beach boy, si getta in pista baciandogli l’alluce. Silvio si concede un giro ai tavoli del gran consiglio. Prende due disperati La Russa e Gasparri, ed indica loro una crosta scopiazzata dell’”urlo di Munch”. “Lo vedete quel quadro, miei servi fedeli? In realtà nella mente dello autore quella doveva essere una femmina che ha appena visto il mio disumano strumento dello amore!”. I due colonnelli ridono di gusto. Appena il sultano riaffonda tra le cinguettanti escort, i servi della gleba tornano seriosamente a parlare di affari gravissimi. Il più deciso è Cicchitto. Porta un copricapo massone, in onore del compianto Bisignani. Ma tutti si accorgono che è lui dall’olezzo di vecchiume stantio che emana. Non ne può più, l’incappucciato, e si rivolge ai ministri: “Dobbiamo fermare questo gioco al massacro! Con questa questione della P4 ci stanno distruggendo!”. Trova terreno fertilissimo tra gli adepti. Tutti convinti che bisogni agire d’urgenza, per il bene del popolo. “Ci vuole una legge che proibisca le intercettazioni criminose. Che paese civile è mai quello in cui dei bontemponi non possano riunirsi, decidere dei destini del paese commettendo le più bonarie mascalzonate illegali, gassazioni ed atti di spontanea delinquenza necessaria, senza il diritto alla privacy?”, gli fa eco Angiolino Alfano, il Ministro della Giustizia. E’ un coro unanime. Al tavolo della informazione servile, Sallusti, bello come un Dio greco morto da sedici anni, attacca deciso: “E che sarà mai, certe cose ci sono sempre state….ora parlano di questa P4, mah! Ha sempre funzionato così. Poi diciamocelo, la P2 era un’associazione ben dentro la legalità!”. Ed è pronto a far partire per il suo giornale una raccolta dal titolo: “P2, quegli eroi che lavoravano per la sicurezza nazionale.”. Pure Belpietro annuisce, “Io in un pomeriggio mi sono letto e studiato tutte 16mila pagine dell’inchiesta, e non c’è proprio nulla di penalmente rilevante, nulla.”. Cinque procure lavorano per dimostrare almeno quattro reati configurabili ai danni dei protagonisti, ma la servitù libera sa già tutto, ha letto tutto ed emette la sua sentenza libertaria.
Silvio è nell’acme delle attività supreme, stretto tra le tette di due onduregne. Cicchitto prende in mano la situazione, e in un incerto italiano: “Facciamo un decreto legge! Siamo o non siamo il governo eletto dal popolo che ci ha votati per fare il loro bene e dunque anche il nostro di noi poveri perseguitati massoni che non possiamo nemmanco parlare al telefono e farci li cazzi nostra?”. Grandi approvazioni, qualche inno alla massoneria. Poi un silenzio raggelante, mentre si odono solo gli squittii delle escort. La Prestigiacomo, in un cantilenante accento marcatamente siciliano da afflitta massaia che ha appena affettato la cipolla, squarcia il silenzio: “Già…la fate facile voialtri, fare un decreto…e chi lo sa fare! chi ce lo detta ora, che Bisignani è stato arrestato?”.

 
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I VERDI SCIACALLI

Post n°189 pubblicato il 20 Giugno 2011 da chinasky2006
 

Foto di chinasky2006

Una fiumana orrenda, color verde marcio. Salamelle, vinbrulè, scurrili slogan xenofobi, nocche al collo, simboli celtici, canti da osteria e corna barbariche. Ci sono proprio tutti gli appartenenti al padanismo militante, riuniti nella giornata dell’orgoglio nordista di Pontida. Accade ovunque. In ogni luogo vi sono simili manifestazioni di folklore. Anche negli Usa, ogni tanto, quelli del Ku-Klux-Klan si riuniscono in ridicole manifestazioni di piazza come la macchiette divelte dai "blues brothers". Solo che non sono al governo del paese. Sono ricercati.
Grande attesa per quello che poteva uscirne fuori. In molti a vaticinare una nuova epocale presa di distanza dal loro sdoganatore messia, ormai in disgrazia. In realtà niente potevano partorire, se non qualche becero slogan, prese di distanza, ultimatum, minacce velate e ricatti evidenti: Ministeri al nord, fine della guerra in barba ad Onu ed Europa, liberi respingimenti coatti degli extracomuitari clandestini, meno tasse per tutti (i padani). Cos’altro potevano decidere o proporre quell’ammasso di barbariche volgarità? Niente. Avevano due vie da percorrere, nette ed evidenti. Porre fine, coerentemente, allo scempio e morire in modo rapido. Oppure provare a raccogliere ancora qualcosa, arraffare ciò che resta dell’argenteria di un regno in disfacimento. La sostanza è che sono morti comunque, stretti da quel patto scellerato di fedeltà assoluta in cambio del resto. Se il sultano è cotto a puntino, il Lider padano è bollito da un pezzo.
Voglia il cielo se ho visto niente. Ciò che segue è pura immaginazione, nata dalla lettura di qualche titolo di giornale on-line.
Si alternano sul palco le varie personalità padane. Tutti in verde tenuta da combattimento. V’è quel deforme testone su un volto paonazzo da avvinazzato con una manciata di denti sparsi in bocca, che dà inizio alle danze. Vuole, anzi pretende, i Ministeri al nord. Fissa pure una scadenza temporale ed indica la nuova sede: La reggia di Monza. Il popolo è in delirio. Si levano tambureggianti cori: “Se-ces-sio-ne! Se-ces-sio-ne!”. Quello, il semplificatore, ride compiaciuto, simile ad una caricatura horror di Pozzetto vestito da piccolo esploratore verde. Poi tutti gli altri. Il fine vate nordista Salvietta o qualcosa di simile, avvezzo alla poetica cantica stilnovista, aizza la folla col solito canto da beoni da stadio: “mamma che puzza, mamma che puzza…stanno arrivando, stanno arrivando i meridionali…”. Basta un accenno e la folla s’esalta. S’alternano gli altri barbari in camice verde da clienti di un centro d’igiene mentale, tutti con un chiodo fisso in testa: “Fe-de-ra-li-smo”. Gli adepti insistono: “Se-ces-sio-ne!”. Che roba indecorosa. Negli Usa sarebbero sfollati in cinque minuti, qui governano il paese ed allo stesso tempo gli fanno opposizione, questo branco di menti alterate. Conoscono solo quella parola, nel loro scarno dizionario da neo alfabetizzati: Federalismo, cui si unisce ora “Parlamento del nord”. Cavalca l’onda anche il “trota”, luminoso futuro del movimento nordista. S’è preparato tre settimane per il discorso. Riesce solo a dire “feredelismie”. Un po’ di gelo, poi applausi d’incoraggiamento. Il ragazzo si farà, presto imparerà a dire bene le parole, fors’anche a leggere.

Accolto come un messia, Borghezio. E’ ancora tutto un livido, dopo esser stato pestato a sangue da due Are Krishna in Svizzera. Gli manca solo d’esser menato ferocemente da un gruppo di carmelitani scalzi. Non si hanno notizie certe, ma ad immaginare qualche melodioso epiteto ai negri, culattoni ed islamici di merda, si va sul sicuro. E’ poi la volta di Maroni. Il volto istituzionale del partito. Uno striscione auspica la sua futura ascesa a Palazzo Chigi. Ed infatti è l’unico con giacca e cravatta (verde, ovviamente). Esalta i risultati ottenuti e si vanta d’aver inventato il “respingimento” coatto dei profughi assassini, condannato dalla Corte eurpoea. Contro tutti, contro l’Europa e l’Onu. Ma il momento più atteso coincideva con la presa di parola (insomma…) del vecio lider rimba. Starò invecchiando, ma pure lui mi suscita solo gran compassione. Rantola qualcosa, e nemmeno capisce cosa sta dicendo. Fa il gesto del pollice verso, se Silvio non accoglierà le richieste. Boato, a prescindere.
Che pena infinita. La fase più patetica ed avvilente, è sempre la fine di un regime. Sciacalli e pusillanimi, compari una volta allo stesso banchetto, si defilano. L’obiettivo di quest’ammasso di sciacalli è la presa di distanza dal doppio scoppolone elettorale. Lo sconfitto è Silvio. Loro le vittime indifese, l’agnello sacrificato a chissà quale altare. Devono pur riguadagnare consensi nel popolo incazzato. E via con deliranti dichiarazioni. Come se di quel governo non siano parte, ma opposizione fiera. Gli si rivolgono per ottenere chissà cosa. Scordando che il governo sono loro. Gli inetti e responsabili della catastrofe, anche loro. Autori e complici di mostruose leggi sul precariato a vita, soprattutto loro. Oggi invece vestivano quei carnascialeschi costumi verdi e pronunciavano frasi rivoluzionarie, sancivano diktat. Si auto accusano insomma, lanciano ultimatum ed invettive contro se stessi. Poi rifletto un poco. Avranno le loro ragioni. Non sono mica il governo dell’Italia, ma della Padania. Quindi v’è una logica. Andatela a trovare una forza politica che va al governo in un paese straniero. Ed una manica di pupazzi che glielo permettono.

 
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L’ITALIA DI BRUNETTA

Post n°188 pubblicato il 16 Giugno 2011 da chinasky2006
 

Foto di chinasky2006

Veniva da domandarsi, preoccupati, dove lo avessero tenuto nascosto tutto questo tempo. Forse in una buia sala dei supremi lavori dove, simile a Fantozzi, si produceva in straordinari fiume per dare il buon esempio. Invece, concluse le elezioni, lo hanno sciolto. Come i piccoli cani rognosi, tignosissimi e profondamente stupidi, si è lanciato verso il nulla. Pascola brado nella varie trasmissioni tv a diffondere il verbo. La sua ricetta per uscire dalla crisi e dare lavoro ai giovani lazzaroni, è chiarissima. Lungimirante e progressista: “Scaricare le casse di frutta ai mercati rionali”. Un esercito di precari, in milioni, tutti ai mercati, col numerino. Non è colpa del “superministro” se gi impudenti senza cervello vogliono fare i laureati studiando. "S’imparino" un mestiere e lascino i posti alle élite aristocratiche. O al limite alle bocconiane professionali. Già. Ma lui è  anche contro le élite, e allora si rischia di non capirci più nulla. Basta guardarlo in faccia, resistendo all’effetto ripugnante che emana, per capire quanto sia un uomo complesso nella sua repellenza. Livoroso, stizzito e rancoroso verso il mondo e la natura, per quei venti centimetri in più che gli ha malvagiamente negato.
E’ storia di ier l’altro, l’ultima gemma del solerte ministro usato come priapo vivente nelle eleganti cene presidenziali. Intervenendo ad un convegno, appena una giovin sfrontata osava chiedergli numi su come il governo intende affrontare il problema dei precari nella PA, ello non ci pensa due volte e balza giù dal palco avviandosi a piccoli passi come l’orsetto merdino senzapalle. E mentre procede, lancia il suo monito: “Siete l’Italia peggiore!”. Filmato con un telefonino, si giustifica, allibito: “Sciacallaggio, mistificazione e squadrismo!”. E mette in rete una goffa versione dell’accaduto, maldestramente modificata ad arte come nemmeno in un regime sudamericano. Poi continua, indignato, ridando valenza al filmato originario: “In ogni caso, non ritiro niente e non chiedo scusa, quella è l’Italia peggiore!”. Quella dei precari.
E’ davvero sdegnato dall’insolenza di questi giovinastri. Come insetto dalla coda di paglia, associa preventivamente la parola “precariato” agli innegabili insuccessi di un governo inetto e cialtronesco. E guai a proferire quel termine criminale. Qualcuno si sorprende. Altri chiedono le dimissioni, invocando il sussulto di dignità di un governo indegno nel suo dna. Tutti caduti nella trappola del governo dell’Amore, del quale questo inqualificabile insetto è nient’altro che uno dei riflessi. Violenti, volgari, stupidi, fascisti, menzogneri, irridenti e provocatori. Ah, che criminale Nichi Vendola nel volerlo gridare a pieni polmoni in quella Piazza del Duomo gremita. Si vive per quegli attimi liberatori, altro che cazzi. Sono stolti, perché in un simile momento di crisi di consensi, non riescono nemmeno a celare la loro indole meschina. Provocatori, perché altro non attendono che la reazione violenta, quasi la richiedono evocando inconsciamente una Piazzale Loreto bis. Ed è proprio questo il pericolo più grande: ricadere nelle studiate provocazioni di questa gente che ormai ha perduto la minima parvenza di dignità. Occorre solo pazienza orientale e non-violenza ghandiana. Prima o poi l’orrido regno fatto di cipria, sterco, menzogna e violenza, cadrà miseramente. Già è stato scoperto da tutti. E potremo vedere questa strana cosetta, come contrappasso, assoldato da un circo rionale dove un insultante domatore bielorusso coi baffi da sparviero, lo frusterà invitandolo a scaricare casse di mandaranci con maggiore lena.

 
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NESSUNA SCONFITTA, SOLO VILIPENDIO DI CADAVERE

Post n°187 pubblicato il 14 Giugno 2011 da chinasky2006
 

Foto di chinasky2006


L’anziano despota ha appena conchiuso l’importante vertice bilaterale col primo ministro rumeno, quando gli giunge la ferale notizia. Il secondo, a distanza ravvicinatissima, bungabunga elettorale condotto come capotreno. Ancora vittima della sodomizzante furia dell’elettorato italiano, svegliatosi d’incanto, in questa gioiosa primavera di rinascita. Quorum raggiunto in modo straordinario e “Sì” che piovevano come grandine di liberazione. Ello fa spallucce, lasciandosi andare solo ad un commento britannicamente distaccato e pieno di moderazione. Scende dalla macchina e procede con passo giovanile. Incespica, rischia di cadere come un normale cliente della bocciofila, in quell’incedere forzatamente impettito e giovanilistico. Innanzi al palazzo c’è una 93enne fan morta da due anni con un cartello d’incoraggiamento: “SILVIO RESISTI, CONTRO TUTTE LE INVIDIE”. Qualche metro distanti, un drappello di cittadini lo accoglie con feroci salve di fischi. Il Benetti, 76enne con quattro bypass e centodue malattie, dopo dodici anni di astensionismo avvilito ed impotente, stavolta è andato al seggio. Solo per dare un calcio in culo a quel criminale “busciardo” che ci sta riducendo sul lastrico. Non voleva perdersi questa occasione, ed il giorno dopo era felice come un bambino che sta respirando la libertà.
Come se nulla fosse, il monarca sorride. Un sorriso di cemento su un viso di plastificata giovinezze e due occhietti morti. Ha gli occhi morti. Fa quasi pena, in ultima istanza. Attorno a lui quattro infermieri ed il dottore personale, abilmente mescolatisi alle guardie del corpo, non lo perdono di vista. Assicuratosi d’esser ripreso dalle telecamere entra in una lussuosa gioielleria. Compera una mezza quintalata di collanine, monili e farfalline. Va matto per le farfalline. La gente ed i cronisti lo guardano sgomenti. Anche i servi del suo partito sembrano non volerci credere. Passano di microfono in microfono e con piroettate menzogne dense di patetismo, provano a giustificare il terrificante uppercut elettorale. Lui, beato, compera chincaglierie e farfalline da donare alle ancelle che in serata parteciperanno all’elegante bungabunga. Esce, e con la faccia da pazzo saluta ancora il suo popolo immaginario. E’ la tristissima ed angosciante istantanea di un uomo folle e privo di ogni controllo su se stesso. Per quasi due decenni chiamato a dirigere addirittura un paese intero. Quest’omino surreale a forma di marionetta malferma è un morto goffamente deambulante, ma non riesce a capirlo. Non può capirlo, divorato com’è dal morbo di un’egocentria tirannicamente folle e dalla satiriasi causata dalle mortali dosi di medicinali assunti. E’ talmente innamorato di se stesso da credere alle proprie menzogne vaneggianti. Si avvia verso una triste fine, senza volerlo sapere. Come tutti i dittatori.
Il sultano morto ha indetto uno speciale Bungaparty a Villa Certosa. Una specie di distensiva cena-lavoro nella quale discutere del risultato elettorale con la servile manovalanza del partito (ho in mente l’evolversi della cena ma ne narrerò in altro momento, perché mi sono stracciato il cazzo di scrivere oggi). Si dirige per allestire i preparativi, accompagnato dagli apprensivi infermieri, mentre i servi si susseguono nei vari canali della tv. Una mezz’ora frenetica in cui giro tutti i tg per ascoltare le loro parole. Sono momenti imperdibili, indimenticabili. Mi viene l’impulso estremo di masturbarmi nel guardarli così mesti, sconfitti, smarriti nella loro essenza di nulla maleodorante. Il neo segretario Alfano ammicca suadente, poi precisa: “I referendum non si fanno contro il governo. Non è una sconfitta del governo…”. Non fa una grinza. Si fanno solo contro le leggi, di un governo. E da oltre sedici anni non si aveva una simile fiumana di gente al seggio, mai un plebiscito più chiaro e netto come mannaia. La Russa ha assunto un colorito blunotte/nero di seppia. Vorrebbe picchiare qualche giornalista non allineato ma non potendolo fare, per ragioni di opportunità, s’è accanito sul suo cane Galeazzo.
Poi ecco arrivare Gasparri, tutto gobbo e di una bruttezza raccapricciante. E' così nervoso che fatica a tenere a bada la zeppola: “Il quorum è stato raggiunto grazie al popolo di destra. Andiamo avanti nelle riforme.”. Verità vera, alcuni elettori delle destre hanno votato. Ed hanno anche voluto ribadire quanto il despota meriti d’esser sottoposto alle leggi dei mortali. Non una sconfitta, insomma. Nemmeno un omicidio. Ma vilipendio di cadavere ad opera anche dei propri elettori. Qualcosa di più grave di una sconfitta, quasi un dileggio post sberla mortale. Ma cosa vuoi che possano dire questi professionisti della menzogna demagogica. Gli appartenenti alla Pdl sono andati al seggio malgrado il duo della mutua B&B faceva pernacchie sbiascicate o invitava la gente a disertare le urne. Minzolini li esortava implorante alla scampagnata in camporella mostrando scenari smeriglianti ed assolati, mentre Fede e gli altri si interrogavano su una questione di primaria importanza per il paese: “quest’anno, va di moda il caschetto?”. Dei referendum nulla. Silenzio del più bieco regime bulgaro. L’insetto Vespa, per non saper leggere ne scrivere, dedica una mega-seratona ai più divertenti delitti degli ultimi mesi. Si va dall’avvincente delitto dei mostri di Avetrana all’efferato omicidio truculento della povera Melania Rea. Fino ad altri elettrizzanti sgozzamenti a sangue freddo.
Il plebiscito dei "Sì" però, non è una sconfitta del governo e di chi ci gira attorno. Solo un fazioso potrebbe pensarlo. Ci tengono a precisarlo. Capezzone ha la faccia allibita e sdegnata. “E’ indecente la sinistra che vuole assumersi i meriti della vittoria referendaria. Non si sopporta questa idea demagogica…”. Il quorum è stato raggiunto malgrado il governo abbia tentato tutti i metodi leciti ed illeciti, per ostacolarli. Non solo l’informazione più sfacciatamente asservita al regime, ma anche il decreto “omnibus” per stopparlo, fino ai ricorsi al Csm, il papocchio dei voti all’estero. Il presidente del consiglio che invita a disertare le urne ed un ministro che a seggi ancora aperti dichiara il “quourm raggiunto”. Reati così banditeschi costeggianti la sciente presa in giro, e che in un paese civile sarebbero valsi le immediate dimissioni ed una denuncia immediata, dopo cinque minuti. Ma per carità, solo qualcuno in mala fede può pensare che il governo non volesse il raggiungimento degli obiettivi referendari. Inaudito il sol pensiero di un governo sconfitto. La Saltamiquì raggiunge il picco dell’eccellenza di pensiero, in tal senso. Un poco stizzita tiene a precisare che il Presidente non è malato, che lei non lo ha mai detto in quelle intercettazioni criminosamente pubblicate. Poi si addentra in una profonda analisi del voto: “Il no al nucleare è un successo del governo, che già aveva provveduto col decreto omnibus”. Sbatte i tacchi e se ne va, tra l’incredulità generale. E chi mai potrebbe pensare al governo sconfitto. Il compagno Sallusti, cogitante e di una bellezza ancor più stordente mentre prova a dare una spiegazione illuminante, conclude che “I referendum sono una sconfitta della democrazia.”. Poi argomenta amabilmente. Insomma, ha mica perso il governo, ma è stata colpita a morte la democraticità del Parlamento nel suo diritto di fare leggi inviolabili dalla plebe. Democrazia uccisa da queste pretese di antidemocraticità popolare della suburra. Nemmeno Hitler si era spinto a tanto.
Perché diamine volersi convincere che il Governo ha perso? Il Governo dell’invincibile non conosce sconfitta. Giammai. I topi continuano così mentre si preparano, in gran segreto, ad abbandonare la nave che affonda come i topi nella stiva. Fanno molta più pena del sultano morto e pronto solo per un mausoleo da costruire ad Arcore. Ciò che l’attempato tiranno non riesce a comprendere è come il declino fosse inevitabile. Non ha compreso quanto le tv ormai contano nulla. I miserabili servi della gleba non spostano nulla, anzi indispongono ed indignano, talmente sono sfacciati. Il regno delle tv gli ha garantito il potere per quasi un ventennio, ma ora è spazzato via dalla nuova ondata. La rete, i social network,i giovani che non vogliono più farsi fregare. Ed a loro si sono uniti anche quelli che ormai non possono non comprendere l’intima natura delinquenziale ed inetta del regno di mondezza che ha creato il tiranno. Cosa vuoi che possa capire il pover’ometto pazzo di quasi ottant’anni e quegli escrementi senza cervello e pensiero autonomo di cui s’è circondato. E’ rimasto ancora all’era del mangianastri e delle cassette, ignorando il cd. Parla di “gogòl” e di “internèt” con quella sinistra pronuncia tipica degli anziani che non conoscono qualcosa, come mia nonna che ora avrebbe 92 anni e parlava di “motogrossa” per indicare la motocross. La miserabile cariatide ha fatto il suo tempo, ma non può accorgersene. Rimarrà lì, attaccato alle ultime risorse vaneggianti prolungando un’agonia insostenibile. Ma è già morto e non lo sa.

 
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LA GIORNATA DELL'ORGOGLIO SERVILE

Post n°186 pubblicato il 09 Giugno 2011 da chinasky2006
 

Foto di chinasky2006

Nella Villa del sultano adibita a quartier generale belligerante del governo delle moderazioni talebane, si susseguono, frenetici e rutilanti, incontri e delicatissimi vertici di geopolitica. Il premierissimo ci ha l’espressione del pesce bollito. Poi, zac! Due infermieri gli somministrano due ettolitri di essenza vitale scippata a qualche pensionato senza denti e quello si rianima. Via, con funambolici e strategici summit fiume, interviste, impegni istituzionali. Sbadiglia, rischia di cadere, ha gli occhi sbarrati di un vecchio malato dell’ospizio attorno a brandelli di plastica. La tragica immagine di un despota pazzo, convinto di essere giovane, immortale e senza tempo. Persino amato, da qualche servo galoppino ed un manipolo di indegne troie arriviste a pagamento. Altre sedici dosi di viagra per pachidermi rhodesiani, e riparte di slancio. Un bungabunga volante con una trentina di diciottenni mignotte reclutate di fresco. Perché dal morbo di senile demenza satirica, proprio non riesce a guarire. Ci vorrebbe un Muccioli della figa. Ha solo cambiato la location, da villa grazioli ad un magnifico palazzo adibito a futura sede dell’Università delle libertà. Uno scenario romantico e lussureggiante. Le studentesse si portano avanti e iniziano a prodigarsi sulle decrepite carni dello squilibrato.
Dopo il rituale godereccio, ancora un altro summit notturno. E cosa di diranno l’ottuagenario puttaniere col cervello in pappa e lo sbiascicante padano lucido quanto una tartaruga inferma nella stagione letargica? Un cazzo. Assolutamente niente. Ma debbono farsi vedere attivi, impegnati, proattivi. Solerti nell’agire per il bene della nazione. Certo. Come vivacchiare, inventandosi stratagemmi per placare la suburra e convincere alla pazzia propagandista anche quel Tremonti che taglieggia ovunque per evitare la catastrofe. Il Divino invece pretende meno tasse, nuovi soldi da prendere chissà dove. Il padano rais da nosocomio, assieme ad un drappello di semianalfabeti ministri verdi, spergiura fedeltà alla missione suprema: Galleggiare e salvare le chiappe molli del sultano, boccheggiante come un capodoglio spiaggiato. In cambio di qualche ministero al nord ed altre barbarie di contorno allo scellerato patto di vendita dell’Italia. Alcuni raffinati politologi narrano di una Lega che si dissocerà. Pazzi anche loro. Dove lo trovano un altro da spolpare e ricattare a dovere? Agli spetazzanti padani da osteria, tutti rutti ed aerofagia mentale, conviene prolungare la produttiva agonia del malato mentale. Terrificante. Giusto qualche confronto sui referendum. Non ci hanno le idee chiare. Dicono che sono assai importanti e non daranno alcuna disposizione di voto. Poi provano con goffi tentativi e ricorsi last minute alla Corte, a cancellarli. Incitano a non andare a votare, anzi sì. Non hanno valenza politica, ma forse anche sì. Ascolteranno l’opinione degli italiani. Ma per il legittimo impedimento, no. Non accetterà il risultato. Preventivamente. Può uno che fa una dichiarazione simile, aberrante ed eversiva come centinaia solo nell’ultimo periodo, rimanere a piede libero? Un delirio continuo, Alla fine dichiara che non andrà a votare. Qualcuno si mette le mani nei capelli. Sapendo che tutto ciò che tocca, ultimamente, diviene sterco secco, il difficilissimo quorum del 50% rischia d’esser superato di slancio, arrivando addirittura al 70%.
Nella Pdl danno proprio intenzione di voler mutare pelle, dopo la batosta elettorale. Diventare un partito democratico e non più plebiscitaria venerazione dell’onnipotente. Sembra. Perché poi per democratica ed unica decisione irrevocabile dell’infallibile, viene proclamato un segretario del partito. Già, un segretario e non più un messia eletto per acclamazione bulgara. Nominato democraticamente dal messia, però. Parrebbe una barzelletta. Ve lo ricordate? (no, immagino) “Anche noi ci abbiamo le nostre primarie!”, afferma con gran contentezza. L’unto decide, gli altri obbediscono. I gerarchi applaudono la decisione del “primario”. Il nome del designato è Angiolino Alfano, per meriti acquisiti sul campo grazie alla proditoria ed implacabile attività di inventore di leggi salva-premier dalle patrie galere degli umani. Il Monarca è rasserenato. Finalmente ci sarà un fantoccio parafulmini, giovane ed accattivante. Sebbene lo preferirebbe con un bel trapiantino di capelli, come ammette lo stesso neo segretario ombra un filo imbarazzato. 
Ma non hanno intenzione di riposarsi. Ancora impegni notturni, notte tempo. Il senatùr si porta anche il "trota". Un summit governativo col trota. Dove avverrebbe tutto ciò? In Botswana se la ridono. Il governo del fare è a torto accusato d’essere il governo della paralisi totale. E invece ci tiene a dimostrare il contrario. Il despota, dopo raffinatissimo studio socio-politico, aveva individuato in “Annozero” (una trasmissione tv), i reali motivi della sconfitta elettorale e verso cui prendere urgenti provvedimenti. Una ossessione continua: Giudici, comunisti e Santoro. Se li porterà anche all’inferno. Mezza giornata e…detto-fatto: La cacciata del lazzarone Santoro e la sua redazione-cricca di perigliosi sovversivi. Giubilano ed esultano al quartier generale. Partono tappi di champagne costosissimo. Il sultano rotea i pugni al cielo per questa dimostrazione di efficienza e rapidità nel risolvere i problemi del paese. Si congratula coi suoi sottoposti, stringe mani e continua a giubilare stretto tra due prostitute magiare. “Finalmente, non se ne poteva più! Una trasmissione micidiale! Quasi per caso, me la sono registrata con un mangianastri ed ho visto cose inaudite: C’erano giovani senza lavoro, mamme che non potevano portare i figli all’asilo, disoccupati, cassintegrati, gente senza casa…che indecenza, cribbio! Sembrava di essere in Africa! Non mostrano come la mia Italia invece è un paese che sta bene, benone”. La perpetua Fede gli porge l’andamento delle sue aziende. Un trionfo, profitti da capogiro. L’Italia muore, le aziende chiudono, gli imprenditori si vendono le otturazioni d’oro e si buttano dalla finestra, ma i suoi possedimenti invece vivono un periodo di florida ascesa. “Che vi avevo detto? Stiamo benissimo, un’ascesa inarrestabile delle mie aziende! E poi, cianciano di disoccupazione, sapessero quante neolaureate ho lanciato nel mondo del lavoro e della politica!”. E intanto assurge alla tetta rifatta di una ventiduenne bocconiana futura sottosegretaria.
Seguita a distruggere ed affondare tutto, mentre ello galleggia. Resiste come un satropo inaffondabile. Esattamente come uno stronzo di cane. Malato, plurimputato e ricattato da tutti. Ma rimane lì. L’Italia muore ed un gruppo di parlamentari, contro qualsivoglia dignità intellettuale, vota e si prodiga in indegne leggi salva-despota. Altri servi, quelli della Rai, suicidano l’Azienda pur di compiacerlo. Il servizio pubblico ha una trasmissione non omologata alla venerazione tipica dei regimi più ridicoli? La si fa fuori. Pazienza se garantiva introiti ed ascolti impressionanti che da soli tenevano in piede l’azienda. Lui comanda, ed i servi agiscono. Si suicidano per lui, i servi kamikaze del potere. Parlamentari, funzionari rai, italiani. E via invece con miliardari esborsi per programmi che seguono, a limite, due tafani morenti e lobotomizzati, quelli di Ferrara o Sgarbi. Mentre Minzolini e le sua servile propaganda da istituto luce, ha come spettatori solo quelli che accendono la tv a quell’ora. Alcune tv, quelle che quando le accendi, parte in automatico il primo canale. Il fantoccio fa terra bruciata attorno, distrugge ogni cosa e lui galleggia. Come un stronzo di cane, appunto. La Rai con questa suicida decisione epurativa perde miliardi su miliardi. E a lui cosa fregherà? Gli spettatori passeranno a mediaset, che tanto è sua. Al limite pagherà il servizio pubblico, pagheranno gli italiani quindi. Ecco la magnifica rivoluzione liberale che aveva in mente, quella che domina l’agire intimo di questo folle. Verrebbe, sconsolati, da chiedersi come gli italiani abbiano potuto farsi governare da un simile squilibrato criminale. Credendo addirittura che potesse fare il loro bene. Anche Hitler fu eletto democraticamente, mi suggerisce qualcuno. Intanto Santoro andrà a La7 o su Marte. Al pazzo despota continua a sfuggire la grande rivoluzione di Internet. Il passaparola e quanto le cose si sappiano anche con simili editti tremebondi. C’è internet, ma anche la massaia di Cinisello, se vuole, Santoro lo vede a La7. Che ne saprà il pu-pazzo. E’ come Gheddafi, Mubarak e gli altri tiranni, che hanno sottovalutato la rete. E continua a darsi la zappa sui piedi con atti così sfacciatamente riprovevoli.
Grandi assenti nei festeggiamenti in villa, sono i paladini dell’informazione libera. Impegnati in un convegno terrificante. L’orgoglio servile e venduto, di gente che si dichiara giornalista. Indipendente come tutti i giornalisti. Qualcosa che fa accapponare la pelle. E non soltanto guardando quelle facce che sono un coacervo di orrore, meschinità, becera mistificazione venduta al padrone. Provate a guardarli due secondi nella foto. Rimandano ad un’idea di putrescente e disgustosa bruttezza. Fisica ed interiore. “Servi liberi”, si definiscono. Si potrebbe pensare a dell’autoironia. Il gran pensatore ideologo Ferrara, cui qualcuno deve aver fatto credere di essere un intellettuale, pontifica dal palco. Applausi e finte critiche bonarie all’Onnipotente. “Silvio torna a farci sognare!”, gridano. Applausi, ovazioni, peti. Il tutto con un’effigie cartonata di Silvio, posta sul palco. I servi liberi. Un conato di vomito sorge spontaneo, ed implacabile.

 
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COME TOPI NELLA STIVA

Post n°185 pubblicato il 02 Giugno 2011 da chinasky2006
 

I rinomati esponenti delle libertà moderate sono richiamati ad immediata adunanza. Tutti in fila, a capo chino e coi volti terrei entrano nel bunker presidenziale, quello che serve a rifugiarsi in caso di attacco bolscevico. V’è anche un’astronave a forma di vulva pronta ad ogni evenienza, per partire in direzione Plutone. Regna un gran silenzio nella sala della guerra. Un centinaio di esseri ripugnanti, che la metà sarebbe bastata a Lombroso per dimostrare la sua teoria. In quei volti grinzosi ed orrendi si legge tutto: violenza, intransigenza, fascismo, corruzione, profonda demenza di fondo, impotenza del potente e sconfitta. Tutti lì, che riflettono sui motivi della grande sberla elettorale. Un manrovescio terrificante. Tranvata tra capo e collo. Una sconfitta mai vista, resa più colossale dalla debacle del sultano nei punti strategici del suo regno assolutista: Milano, dove l’impero di sterco nacque, Napoli, nevralgico centro delle più ignominiose propagande di regime, e la Sardegna, residenza estiva ove il Messia riposa le marce carni nei mesi assolati. Scene di giubilo nelle piazze come nemmeno dopo la vittoria del Mundial ’82, canti ed inni di liberazione partigiana.
Dentro il bunker l’aria è pesantissima. E tutti guardano con sospetto Ferrara. I grandi capi della informazione di governo s’interrogano con facce livide di rabbia. Vespa manda in onda uno speciale sulla dieta macrobiotica. Fede dedica tutto il tg al gravissimo problema del germe assassino che si insinua nei cetrioli. Minzolini invece sfida tutti, con un servizio di sopraffina analisi politica: “La vittoria di Silvio. Quello italiano è l’unico governo che ha tenuto benissimo alla prova elettorale, malgrado la crisi. Vogliamo parlare della Grecia? Eh?”. Giuliano Ferrara ha l’espressione critica. L’ideologo del buongoverno auspica un cambiamento di rotta. “Il mio amico Berlusconi deve tornare a fare il Berlusconi!” dichiara con l’aria del grande intellettuale. Tornare a vendere fumo per la gente e non pensare solo a se stesso, insomma. Feltri annuisce, prova a chiamare il capo supremo al telefono. Quello si nega, è impegnato in Romania per un incontro bilaterale. Sta in camera con due zingarelle diciottenni e non vuole essere disturbato durante le superiori attività diplomatiche. Il direttore sbotta: “Ma lo vedete che questo qui ha ormai il cervello in pappa? Il viagra glielo ha reso un brodino! C’è un tempo per la figa ed uno per la bocciofila, porca puttana!”. Poi ritorna serioso, con l’aria dell’editorialista equanime, “la gente s’è stancata dei suoi problemi personali, Silvio deve tornare a fare la politica”. Quindi, sempre più imparziale, comunica alla redazione il titolo del suo giornale: “Ed ora tenetevi i comunisti di merda”.
Arriva trafelata la Saltamiquì. E’ scossa. Porta una mascherina anti-germe-comunista. “Non potete capire che succede fuori! – squilla, stridula e tutta tremante – comunisti ovunque, bandiere rosse, magistrati criminali, interisti, islamici, maomettani pedofili, negri, ladri d’auto, culattoni malati di frociaggine, zingari! Cos’è diventata la nostra Milano da bere. Ne sono uscita viva per miracolo!”. "A me volevano sparare! Mi vogliono sparare ogni giorno!", s'accoda Belpietro. La Russa, in divisa di stato maggiore, li tranquillizza. “Qui siamo al sicuro, sapeste cos’hanno fatto a me! Volevano uccidermi, i criminali estremisti!”. Poi esce dalla tasca delle pillole. Sembrano cianuro. Gasparri, il pusillanime colonnello, inizia a tremolare come una foglia e si nasconde dietro una pianta di cactus. “Non voglio morire io, voglio vivere!”. La Russa sorride, suadente e serafico. Di una bellezza stordente. “Ma che vai a penZare tonDolone che non Zei alDro! Sono pastiglie alla clorofilla! Giammai ci arrenderemo allo invasore. Contro queste zecche dobbiamo far valere la nostra moderazione!”. E sguaina il manganello. Entrano pure Cicchitto e Verdini. Quest’ultimo accompagnato da due galoppini che sorreggono l’abnorme testone. Provano a prendere in mano la situazione, interrogano i vertici della setta degli incappucciati su come fare a riportare lo status quo in un paese ormai invaso da perigliosi venti di democrazia. Dell’Utri suona uno scacciapensieri siculo. La Bernini rammenda un calzino del Sire e compone mentalmente il nuovo inno a Silvio. La vaiassa Mussolini tenta di stemperare gli animi facendo la mossa.
In un cantuccio ci sono anche i candidati sindaci trombati. Discutono tra di loro, sommessamente. Cettolaqualunque–Lettieru è sconsolato, non si capacita nel suo incerto idioma tipico del semianalfabeta. “Io ce lo avevo diciuto in tutti i modi che non doveva venissere a Napule, dovevi da vedere che figuraccia che songo fatto, che figuraccia! E meno male che era la nostra manifestazione! Tutti a fischiare e lui sul palco che cantava e voleva leggere i dieci comandamenti come alle scuole alimentari! Che vergogna che ho provato! Mi ha faciuto perdere dieci punti percentuale!”. Mestizia Moratti annuisce. “E a me? Ha voluto che ballassi come una concorrente di Velone…per non dire delle trovata sui giudici-br e il ladro d’auto! Non avevo speranze!”. Insomma, qualcuno si rende conto di come il Re-Mida che trasformava tutto in oro è divenuto Re-Merda. Tutto ciò che tocca diviene sterco.
Discutono animatamente, le varie anime dei servi della gleba che ormai mettono in dubbio la guida spirituale e cercano di trafugare quel che rimane dell’argenteria. Colombe-schiavi, servi-falchi, cornacchie-ancelle. S’azzuffano cercando un perché. Qualcuno azzarda un confronto. Dopo diciassette anni avverte la democratica esigenza di un congresso, come un partito normale. Quello strano strumento che per anni è stato deriso, forti dell’unica luce e voce in capitolo: il messia supremo che tutto decide e tutto fa. Il partito dell’idolatria sovrannaturale venata di misticismo verso un despota carismatico come un santone indù, prova a mutare. Qualcuno azzarda addirittura la parola “primarie”, che tante grasse risate aveva provocato quando le introdussero quei confusionari della sinistra senza un leader onnipotente ed invincibile, come il loro. Un brusio d’incredulità avvolge il bunker. Sandro Bondi cerca di placaregli animi. “Lui non ha colpe, non ha colpe! Prendetevela con me, uccidete me vi prego, non fategli niente.”. Larmante e affranto, si dimette dal ruolo di coordinatore. E se ne va in un angolo a scrivere un delicato sonetto sull’amor struggente: “A Silvio, tu che mi scuotetti lo animo, come lo vento sibilante scompiglia la mia fluente chioma”. E piange in silenzio.
Il maggiordomo Emilio Fede prova a mettere ordine. “Calma, state calmi! Non è successo niente! Non fatevi trovare così quando giungerà Lui tra di noi. Non provate a fare questi discorsi in sua presenza, siete forse diventati comunisti black-block, pure voi? E soprattutto non rivelategli i dati elettorali. Lui ha vinto, è chiaro? Dite altro, deve distendersi…chessò, parlate di figa. A proposito quanti chili gliene avete portata oggi?”. I morigerati ciellini baluardi della famiglia contro la frociaggine imperante, balzano in piedi. Il barbetta Formigoni in tenuta hawaiana ed il chierichetto Lupi paonazzo di vergogna, scartano quattro bagasce sorridenti, “Spero vadano bene!” dicono all’unisono. Emilio le scruta bene, poi incarica la Minetti e Lele Mora di portarle nella sala dell’eleganza. “La sala dell’eleganza?”, fa quello tutto unto e molliccio come una medusa obesa. “Sì, insomma, conducetele allo scopatoio! –tuona il maggiordomo– che facciano la prova del priapo!”.
Improvvisamente, ecco giungere il messia a bordo di un risciò spinto da un Bonaiuti al limite dell’infarto al miocardio. Saluta i servi con austero cenno della mano. Un silenzio imbarazzato. Poi un temerario Capezzone prende in mano la situazione: “Evviva Silvio! Un’altra vittoria trionfale!”. Un brusio compassionevole. “Viva il Milan campine dell’ItaGlia!”, strilla un povero cristo senza denti.
Il sultano serra la mascella. Li guarda uno ad uno. “Lazzaroni, intetti e viscidi servi infedeli, so tutto. In Romania c’è addirittura la televisione. Hanno detto che abbia…cioè, avete perso! Che vergogna! Per colpa della vostra crapuloneria sto diventando uno zimbello! Io, che perdo…a Milano!”. Capezzone non si contiene. “Maestà, mi permetta l’insolenza, questa non-chiara-vittoria è stata pompata dalle indecenti tv della opposizione…”.
Il premier è nero. Talmente infastidito che gli partono sei punti dal rattoppato volto in cacciù. Si rasserena solo vedendo le quattro bagasce in topless. Torna il sorriso. “Bene, prenotate loro un chirurgo che ci hanno poche tette. E pure le labbra da bocchino voglio, mi raccomando! Che così naturali e povere di spirito non le posso guardare, mi sembrano come quelle comuniste che vogliono un lavoro!”.
Più conciliante, si siede sul trono d’oro zecchino ed ascolta le varie proposte per uscire dalla crisi (delle urne). Lo statista illuminato ha però ben chiare le cause della disfatta. “Innanzi tutto abbia…avete sbagliato la scelta dei candidati. Ma vedeteli, sono deboli, brutti, emaciati, impresentabili…come si poteva vincere con quelli? Anche il Milan ha perso per colpa di Leonardo!”. Cetto e Mestizia iniziano a singhiozzare in silenzio, con gran dignità. La Russa chiede  al gran capo numi sulla Lega, teme la cospirazione poiché gli esponenti del carroccio sono i grandi assenti del consesso. “State sereni, la lega non tradirà. Non può. Me la sono comperata innanzi a ventisei notai, dando loro in cambio l’Italia.”. Poi, da vero capo, analizza gli altri motivi della debacle con un vaneggiamento senza fine: “La informazione faziosa! Annozero! Abbia…avete perso per colpa di Annozero, è evidente. Ma rimedieremo in parlamento per fargli chiudere la bocca a quelli lì. E poi…ci ho contro tutte le tv! Tutti contro di me!". Minzolini diventa color grigio-verde. “Maestà non so più cosa fare, potrei dichiarare in diretta il mio amore omosessuale per lei!”. Vespa è un poco spazientito. “Santità, lei dica ed io faccio…ma di più non saprei come. Se vuole mando una fiction sui magistrati eversivi e comunisti che fanno saltare in aria gli eroi della mafia col tritolo”. Emilio Fede s’infervora: “Presidente eccelso, una sola parola ed io mi faccio saltare in aria in diretta, per lei.Solo per lei…”.
"Bravi miei servi, bravi, così vi voglio. Ma occorre anche un cambiamento di strategia. Dobbiamo fare un rimpasto di governo. Voglio Maristelle Polanco ministra dello interno, Barbara Guerra agli esteri, Ruby all’economia, Massimo Boldi alla cultura, Gigi D’alessio al welfare ed il Gabibbo alle telecomunicazioni. Ma soprattutto, miei schiavi fedeli, abbisogniamo di un deciso cambiamento di rotta. La gente non crede più alla vostra propaganda. Dobbiamo rassicurare la suburra votante come i bei tempi. Promettere, promettere, promettere…sto pensando alla proposta illuminante, quella di garantire la vita eterna agli elettori della Pdl e la moltiplicazione dei danari che pioveranno dal cielo. Saranno tutti ricchi, ricchissimi ed immortali. Dobbiamo immettere nuovi danari nella economia!".
Un avventuriero, prima di essere calato nella vasca dei piranhas, azzarda: “Nostra luce divina, mi consenta, ma così rischiamo il collasso. La catastrofe finale. Il paese morirà.”. Ello fa la faccia pensosa, cogitante: “E cosa vuole che sia. L’alternativa è perdere il potere, farsi processare". Quindi, come sul palco di Napoli intento a leggere i comandamenti delle libertà mascherati da domande retoriche al pubblico, mette la mano all'orecchio per udire la risposta: "Volete voi forse che processino il vostro Capo?”.
“Noooo…”, rispondono allo unisono, prima d’intonare l’inno a Silvio.

 
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