Creato da Praj il 30/11/2005
Riflessioni, meditazioni... la via dell'accettazione come percorso interiore alla scoperta dell'Essenza - ovvero l'originale spiritualità non duale di Claudio Prajnaram

Area personale

 

Ultime visite al Blog

lenterisZanzarina11gocciadiluna_1964SemidiluceeamorePrajcassetta2magdalene57moon_IDesert.69antonella.2009Arianna1921chirizzi.interfruttaDoNnA.Sil_tempo_che_verraLavoro_Rino
 

FACEBOOK

 
 

FACEBOOK

 
 

Ultimi commenti

Archivio messaggi

 
 << Marzo 2010 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30 31        
 
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 
Citazioni nei Blog Amici: 154
 

 

Disclaimer:

 

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica poiché viene aggiornato senza alcuna periodicità.
Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62/2001.
Le immagini pubblicate e i video tutte tratti da internet e quindi valutate di pubblico dominio. Questo vale anche per alcuni brevi estratti di testo presi da alcune pubblicazioni, di cui però è sempre citata la fonte.
Qualora il loro utilizzo violasse i diritti d’autore, lo si comunichi all’autore del blog che provvederà alla loro immediata rimozione.

 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 

Messaggi di Marzo 2010

Tali figli tali padri?

Post n°762 pubblicato il 31 Marzo 2010 da Praj
 

Si diceva una volta: tale padre tale figlio. Si potrebbe oggi dire: tale figlio tale padre?
Comunque sia, vista in un verso o nell'altro, da com'è si mostra una grossa parte delle nuove generazioni, la faccenda sembra abbastanza sconsolante, sia per i padri che per i figli. Preoccupante.
Cè un passo biblico che dice: le colpe dei padri ricadranno sui figli...
Non sarebbe il caso oggi di fare ricadere le colpe dei figli sui padri e pure sulle madri?
Se invece i figli non sono come i genitori, che paghino allora loro, anche se sono minori.
O è una bestemmia che non tiene conte di tutte una serie di attenuanti, di altre cause?
L'importante - come diceva un vecchio detto - riconoscere che: chi rompe paga.
Che qualcuno paghi, insomma.
Ovvero, che si applichi un principio che lega la libertà alla responsabilità.
A noi la scelta, per quanto dolorosa, difficile, se vogliamo definirci e sentirci liberi.

 


 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Due pesi e due misure

Post n°761 pubblicato il 29 Marzo 2010 da Praj
 
Foto di Praj

Se i comportamenti degli altri sono condannati, i loro errori amplificati,
è probabile che i nostri, al contrario, li giustifichiamo, sminuiamo...
Questo doppio peso, con doppia misura, significa solo che abbiamo paura di essere quel che siamo e ci nascondiamo nell'ombra del giudizio ipocrita della doppia valutazione. Vuol dire che ancora non sappiamo accettarci e, quindi, non sappiamo e possiamo accettare neppure il prossimo.
Allora, è bene usare sempre lo stesso peso e la stessa misura , sapendo che ciò facilita la comprensione e la compassione di noi stessi e degli altri. Un peso, una misura: la realtà delle cose.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Ai confini della manipolazione

Post n°760 pubblicato il 26 Marzo 2010 da Praj
 

C'è chi vuole e pensa sia giusto insegnare una religione ad un bambino, per il suo bene, per la sua crescita educativa e formazione morale. Io rispondo che, a mio parere, si dovrebbe invece lasciarlo giocare... lui sta bene così: sa tutto quello che gli serve al momento.

Non gli si dovrebbero dare risposte se non fa delle domande spontanee... che nascono dalla sua curiosità e dalla sua naturale intelligenza.

Noi abbiamo, purtroppo, la curiosa abitudine a dare delle risposte a chi non ha fatto domande.

Poi, man mano che cresce e vuol comprendere come funzionano le cose intorno a lui, ecco che allora è nello stato psicologico per poter assimilare con interesse gli insegnamenti della religione, della scienza, spiegati in modo adeguato alla sua capacità ricettiva, sia intellettuale che emozionale.

Riguardo invece alle specifiche risposte religiose... è meglio per me non fornirgliele prefabbricate, confezionate, derivate dalle nostre convinzioni e fedi.

Gli va lasciato uno spazio di ricerca che nasce dal suo stesso anelito di Conoscenza, al suo bisogno di Comprensione, al suo  bisogno di Religiosità.

Gli si può indicare, in modo semplificato ed obbiettivo, quali sono state le varie risposte che sono state date nel tempo dagli uomini che l'hanno preceduto (una vera storia delle religioni).

Quello che è importante, a mio avviso, è non condizionarlo... per cercare di farlo aderire ad una religione dominante o a forzarlo verso qualsiasi organizzazione religiosa più o meno conosciuta.

Se intorno a lui, il bambino, invece può respirare una atmosfera di apertura, di libertà, di esempio, di dialogo e confronto positivo... troverà liberamente da sè la Via che gli può interessare e che gli da il senso della genuina ricerca... per affrontare questo viaggio misterioso che è la Vita.

Allora, gradualmente, troverà lungo il percorso indicazioni sempre più sentite nel cuore e nella intelligenza... tutto verrà da sè... e libera-mente potrà ritrovare Sè stesso... il Divino, o come altro vorrà chiamare la Sua Essenza.

 

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Non sono fatalista, sono Arreso....

Post n°759 pubblicato il 24 Marzo 2010 da Praj
 


La parola “fatalismo” induce, allude, alla rassegnazione: ha un "no" nel suo sfondo. La stessa parola, invece, vista alla luce della consapevolezza è Accettazione. 
Questa è un senso d'impotenza cosciente sorretta però da un sì, da un sereno abbandono cooperante al flusso vitale.
La differenza è fondamentale: con il "no" impotente c'è la passività permanente come compagna di viaggio, inattività stagnante, mentre conl 'Accettazione, ovvero con il "sì" fiducioso, non attivato dal senso dell'ego, l'impotenza passiva si trasmuta in potenza co-creativa non personale.
Vediamo allora della nozione che si ha del fatalismo,  cosa  ha in comune o meno il Wu wei, il cosiddetto “non agire” Taoista. Se usiamo la mera accezione da vocabolario, il fatalismo e Wu wei hanno ben poco da spartire. Hanno in comune solo un'apparenza concettuale.

Infatti, in occidente, di questo termine – fatalismo - si ha una mera concezione negativa: perchè riflette una disposizione d'animo connotata da una triste rassegnazione di fronte agli eventi, che constata la realtà delle forze sovrastanti le nostre piccole volontà, davanti alle quali ci sentiamo impotenti.
Invece vorrei far notare la differenza fondamentale che esiste fra il concetto di rassegnazione-fatalismo con quello di accettazione- abbandono, arresa.

Per me, sono spiritualmente e metafisicamente opposti.
Assumere un atteggiamento invece dell'altro cambia completamente l'approccio alla vita. In uno, il fatalismo, è il "ciò che è" accolto sostanzialmente bene, in fiducia; nell'altro ,invece è sempre il "ciò che è", ma  la sopportato, subito mal volentieri. Il principio del fatalismo è un'interpretazione... sia del passato sia del possibile futuro che non ha realtà in sè a priori.
E' solo una attività della mente anticipatrice. Una concettualizzazione del tempo.
Il Wu wei è piuttosto una totale aderenza al presente: per cui non specula, filosofeggia, su quel che è stato o quel che potrebbe essere. Non da spazio alla fantasticheria... si attiene al ciò che accade momento dopo momento.
In questa naturalezza, non gravata dal pensiero speculativo, dal sofisma, non si postula nemmeno il concetto di fatalità.
Esso è la stessa fatalità, l'eterno presente, istante dopo istante, cos’ì com’è. In esso non c'è divisione fra pensiero e azione. E, non essendoci divisione interna, non c'è dualismo fra il soggetto che compie l'azione e l'azione stessa. Per questo si dice che questa è "non azione".
Questo tipo di azione allora è spontanea: perchè non è deliberata e calcolata da un soggetto che crede di agire personalmente, mentre in realtà è agito dal Tutto.
Essendo  consapevole di ciò, dunque è arreso... e perciò fluisce armoniosamente nel Tao, con  serenità.


 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Uscire dalla bolla dell'illusione

Post n°758 pubblicato il 22 Marzo 2010 da Praj
 

Non c’è nulla che sia permanente, ne abbiamo la continua riprova, eppure continuiamo a credere che sia possibile. Abbiamo visto amori e amicizie svanire, abbiamo visto progetti naufragare, aspettative non soddisfatte, desideri trasformati in dolore…
La riflessione che facciamo successivamente è sempre la stessa: “poteva andare meglio se… la colpa è sua però… magari avessi fatto questo invece di quello… se avessi scelto meglio, se avessi ascoltato quel consiglio, quella sensazione…”.  Il tutto sempre con il senno di poi, ovviamente.
Per quanto ci si ostini a credere che ci sarà una volta buona, prima o poi, che ci garantirà una stabilità noi resteremo sempre delusi. Questo vale per qualsiasi ambito noi vogliamo orientare, indirizzare, le nostre speranze. 
E’ amaro constatarlo, ma questa presa di consapevolezza è il primo spiraglio di luce per uscire dal circolo vizioso che ci imprigiona. E’ d’obbligo. Il castello di sabbia dei sogni, per quanto sostenuti dalla presunta maturità derivata dalle vecchie esperienze, è destinato a non durare.
E’ solo questione di tempo. E’ la natura delle cose. L’unica dimensione che è inattaccabile dal cambiamento, inalterata e inalterabile, è  la Coscienza specchio in cui tutta la mutevolezza scorre con un eterno fiume di eventi e di pensieri. E’ lì che dobbiamo trovare la nostra dimora. Allora ogni film che saremo chiamati ad interpretare rimarrà sempre un qualcosa di cui sappiamo che è per sua natura mutevole.
Vogliamo continuare a fare girare questa ruota di dolore, paura e desiderio o provare a vedere se c’è una via d’uscita a questo stato di cose, che ci riporta inevitabilmente al punto di partenza?
Io credo che sia possibile scendere da questa giostra. Quando lo avremo fatto,allora anche amori, amicizie, relazioni, progetti, intenzioni… saranno basati su una centratura che ci permetterà di viverli adeguatamente. Senza i capogiri delle illusioni infrante, senza aspettarci nulla che non sia la fragranza del vissuto pienamente in quel preciso momento. L’unico istante che può creare il successivo in maniera nuova e positiva.
In quella condizione di consapevolezza, seppur con l’abito vecchio, potremo essere realmente uomini nuovi, spiritualmente rinati.



 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

La censura è spesso paura...

Post n°757 pubblicato il 19 Marzo 2010 da Praj
 
Foto di Praj

Le  opinioni, le idee diverse dalle nostre sono sempre una possibilità d’arricchimento, di confronto, di crescita… di sviluppo dell’intelligenza e conoscenza. Rimuoverle soltanto perché turbano, mettono a disagio, è il segno evidente che toccano dei nervi emotivi scoperti ci fanno male e di cui però non vogliamo scoprire le cause, capire le ragioni.
Preferendo reclamare la censura delle idee e opinioni anomale da quelle che riteniamo normali e accettabili, spesso attaccandoci alla forma con cui sono espresse, quand’anche siano diminoranze, o di semplici soggetti, manifestiamo soltanto le nostre difficoltà nel sopportare la diversità; mostriamo i nostri limiti culturali, i nostri blocchi emozionali, la nostra chiusura civile. Irrigidendoci in difese ideologiche o moralistiche per giustificare la nostra incapacità di stare di fronte a ciò che c'inquieta e, addirittura, giustificando l’urgenza di repressione delle idee altrui, contribuiamo a creare un ambiente culturale oscurantista e illiberale.
Quindi, censurare, quando sono solo idee e opinioni, è una scappatoia di comodo di chi esercita il potere, in ogni abito, per controllare e mantenere il consenso.
La paura d’esprimersi per non cadere sotto la mannaia della censura non fa evolvere una società. Quando non si espande un ambiente culturale, nella libertà d’opinione, si rende ogni società soltanto più chiusa e ottusa, asservita al luogo comune, intellettualmente sempre più spenta.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Il desiderio d'ottenerla la impedisce

Post n°756 pubblicato il 17 Marzo 2010 da Praj
 

L’illuminazione spirituale non è altro che la Comprensione definitiva che non esiste alcuna illuminazione che si possa attuare in un’ottica personalistica. E’ un “ahhhhhh!” che deflagra in una risata irrefrenabile, la quale impedisce ritorni illusori alla sua ricerca.
La bolla del desiderio d'illuminazione è finalmente scoppiata.
L'evento può accadere ma non ci può mai essere un qualcuno che la possa rivendicare: perchè se c'è, non può essere accaduta. Infatti, è un evento impersonale che, per definizione, non può mai accadere ad un ego, per quanto raffinato e sottilmente nascosto.
Per cui il mito dell’illuminazione, tanto ambita da molti ricercatori interiori, creduta perseguibile attraverso una volontà individuale, è solo una chimera, un’aspirazione ipnotica di un ego spiritualmente ambizioso. Quando poi questo ego arriva al punto di millantarla, c’è anche il rischio che ciò possa  portare ad abusi di potere, manipolazione psicologica sugli altri…
L’accadimento dell’illuminazione reale – ovvero il riconoscimento di Sé - è invece connesso all'accettazione di ciò che si è, degli altri, di Tutto.
Solo in questa accettazione profonda si dissolve ogni pretesa e ricerca d’illuminazione; e proprio per questo, paradossalmente, può accadere: perché, quando avviene l’accettazione totale, non c’è più qualcuno a cui può importare.
E quel qualcuno era soltanto l’ego. In assenza delle sue pretese e dei suoi desideri emerge allora la naturale manifestazione dell’Essere, nella sua spontanea e consapevole amorevolezza.
L’illuminazione della Coscienza, nella fattispecie della consapevolezza dell’essenza umana, in fondo non è che questo. Il resto è fantasticheria mentale, ideologia e credenza spirituale, ambigua o esplicita volontà di potere…  

 

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Fioritura del cuore

Post n°755 pubblicato il 16 Marzo 2010 da Praj
 

L’Amore non ha bisogni, perché è libero da ogni aspettativa. Dall’amore mondano fiorisce l’Amore Cosciente. In questa fioritura e Presenza c’è sempre meno coscienza di separazione. Ciò che è vissuto è una continuità d’Amore e non è più la cosa vissuta che è essenziale. Non sono più gli atti o l’atto d’amore che sono importanti. E’ semplicemente l’Amore che è vissuto in tutto.
La manifestazione può prendere diverse forme, ma ciò che è vissuto restal’Amore; il cuore allora non è più dipendente dall’esterno.
Quando lo realizziamo, non possiamo più restare nella credenza che, lasciandoche la mente controlli tutto, sarà possibile realizzare la propria ricercad’amore, di Pace, del Sé… Quando siamo identificati con la mente, dietro ogni azione voluta, controllata da lei, si nasconde l’attesa, per quanto sottile.
E quando c’è attesa, c’è desiderio di arrivare, di ottenere...
La coscienza rivolta verso l’oggetto esterno oscura il discernimento. L’essere non vive più libero da ciò che arriva, da ciò che desidera e che attende.
Finché c’è un io e un oggetto d’amore, c’è desiderio di possederlo, di unire l’io all’oggetto. Vivere l’Amore, la Pace profonda, la Pienezza, è non essere più separati, è realizzare che lo spazio tra l’io e l’oggetto è sofferenza o piacere, e ciò non è che una formazione mentale. Quando la mente tace, lo spazio, l’io, l’oggetto, sono assorbiti nella Pace.
L’ego riconosce che si sente pronto a lasciare la sofferenza, ma non è lo stesso per il piacere.
Non c’è da fare lo sforzo o da accettare di staccarsi dalla sofferenza o dal piacere, perché quello non sarebbe che controllo. C’è semplicemente da restare tranquilli, senza aspettativa, senza volere; lasciare  fiorire la Grazia.
E’ il nostro vissuto della Pienezza, della Pace, dell’Amore che tutto riempie, che assorbe ogni attaccamento.
L’ego ha associato la sua ricerca d’amore al piacere e questa confusione delpiacere-attesa che è legato al bisogno di essere amato, di essere riconosciuto, rinforza l’attaccamento al piacere. E’ quando viviamo la Pienezza che realizziamo che il piacere appartiene alla mente.
Per molti è l’attaccamento più profondo e l’ego a volte crede di liberarsene rendendolo più sottile. Dietro il piacere la sofferenza è sempre in agguato. Il piacere associato al bisogno d’amore non può essere permanente e noi ne conosciamo la fragilità. Quando viviamo una totalee spansione interiore, l’Amore assorbe il piacere.
Non possiamo né desiderarlo, né cercare di appagarlo. Perché, pieno d’Amore, è scomparso. Ma non restano che parole quando è la mente che ascolta. E’ sperimentando, vivendo la nostra vera natura che conosciamo la Sorgente di ogni cosa.



 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

La gentilezza paga

Post n°754 pubblicato il 15 Marzo 2010 da Praj
 

Qualcuno ha detto, abbastanza cinicamente, che la gentilezza è come una moneta falsa e che quindi è insensato risparmiarla.
Ciò è vero solo se la gentilezza è ipocrita, formale, altrimenti questa è il miglior lubrificante emotivo
per ogni relazione umana, per ogni rapporto sociale. Quindi, deve non essere risparmiata non perchè è fasulla, ma perchè donandola arricchisce energeticamente coloro che la scambiano.
Va solo riconvertita in una moneta autentica, riportata al valore autentico che ha in sè.
C'è molto bisogno di gentilezza genuina, affinchè si favorisca l'evoluzione verso una società più sorridente, rilassata, serena; si contribuisca ad una società meno aggressiva, un pò più civile.


 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Rendere viva la Vita

Post n°753 pubblicato il 13 Marzo 2010 da Praj
 

Conoscere se stessi, aldilà della realizzazione ultima, che è scoprirsi nell’Identità suprema, serve a renderci e sentirci vitali.
E’ un processo che ci rende più capaci di entrare in contatto con tutta la varietà di emozioni che la Vita ci offre.
La chiusura e il ritiro da queste, se mantenuta a lungo, sviluppa una modalità esistenziale che mortifica le chances dell’esistenza d’esprimersi naturalmente.
Dunque, conoscere se stessi è anche una  sorta di cura che libera, sempre più consapevolmente, energie che hanno bisogno di manifestarsi per il bene della Vita personale e generale.

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Pacificatore dell'oscuro

Post n°752 pubblicato il 11 Marzo 2010 da Praj
 

Non guerriero di luce
ma pacificatore dell'oscuro
scruto tracce d'anima
solchi vivi sulle fronti
e pieghe di bocche amare.
M'inoltro curioso in luoghi
dove cresce l'immaginario
che si piega dolente
e riposo dove s'acquieta l'inganno.
Diserto i deserti
e mi fondo tra la folla
ad ascoltare lamenti celati
da volti sorridenti
bisbigliando di vie senza nome
che portano a precipizi
dove la vertigine del mistero
s'innalza a sfida.

 


 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Il diavolo veste alla moda

Post n°751 pubblicato il 10 Marzo 2010 da Praj
 

La moda ricorre alla “parola mitica” per equiparare il nostro bisogno di beni con il bisogno dei beni di essere consumati. Per questo i suoi inviti sono esplicite richieste a rinunciare agli oggetti che già possediamo, e che magari svolgono un buon servizio, perché altri nel frattempo ne sono sopraggiunti, altri che ”non si può non avere”. In una società opulenta come la nostra – in cui l’identità di ciascuno è sempre più consegnata agli oggetti che possiede, i quali non solo sono sostituibili, ma “devono” essere sostituiti – ogni motivo della moda è un appello alla distruzione.
Si tratta di una distruzione che non è la fine naturale di un prodotto, ma il suo fine, perché sopravanzando le sue creazioni la moda rende obsoleti suoi prodotti, la cui fine non segue la conclusione di un’esistenza, ma fin dall’inizio ne costituisce lo scopo. In questo processo la moda usa i consumatori come suoi alleati per garantire la mortalità dei suoi prodotti, che poi è la garanzia della sua immortalità.

In un mondo dove gli oggetti durevoli sono sostituiti da prodotti destinati all’obsolescenza immediata, l’individuo, senza punti di riferimento o luoghi di ancoraggio per la sua identità perde la continuità della sua vita psichica, perché quell’ordine di riferimenti costanti, che è alla base della propria identità, si dissolve in una serie di riflessi fugaci, che sono le uniche risposte possibili a quel senso diffuso d’irrealtà che la cultura della moda diffonde come immagine del mondo.
Là infatti dove un mondo fidato di oggetti e di sentimenti durevoli viene via via sostituito da un mondo popolato di immagini evanescenti, che si dissolvono con la stessa rapidità con cui appaiono, diventa sempre piùdifficile distinguere tra sogno e realtà, tra immaginazione e dati di fatto.
Declinandosi sempre più nell’apparire, l’individuo  impara sempre più a vedersi con gli occhi dell’altro. Impara che l’immagine di sé è più importante della sua personalità. E dal momento che verrà giudicato da chi incontra in base a ciò che possiede e all’immagine che rinvia, e non in base al carattere o alle sue capacità, tenderà a rivestire la propria persona di teatralità, a fare della sua vita una rappresentazione, e soprattutto percepirsi con gli occhi degli altri, fino a fare di sé uno dei tanti prodotti di consumo da immettere sul mercato.

Tratto dal libro: "I miti del nostro tempo" di Umberto Galimberti - Feltrinelli Editore


 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Cuori sempre sullo stesso piano

Post n°750 pubblicato il 09 Marzo 2010 da Praj
 
Tag: Umiltà

L'umiltà, a mio parere, non sta nel farci piccoli ma nell'essere onesti con noi stessi e quindi con gli altri. Sta piuttosto nell'accettazione delle nostre reciproche imperfezioni e debolezze e nella comprensione che siamo tutti fallibili. Ed è perciò il riflesso della capacità di perdonarsi e perdonare, facendo cadere ogni arroganza e giudizio colpevolizzante.
Da ciò ne consegue un sentimento autentico d'umiltà. Si entra in rapporto o relazione con gli altri senza presunzione, senza sensi di colpa e, complementariamente, senza nessun senso di merito e di vanto. Ci poniamo o proponiamo proprio così come siamo: umani, possibilmente aperti e fiduciosi. Altrimenti possiamo rischiare ancora di rapportarci con l'altro con una forma sottile di nascondimento dell'ego, celato però dietro ad una maschera da umile. Sarebbe solo una umiltà formale.
E' in questo senso allora fare qualcosa per qualcuno trascende sè stessi divenendo un non fare personale, quindi "puro", e si esprime nell'equilibrio dinamico fra tutte le polarità. 
Il "come" ed il cosa", ovvero il mezzo ed il fine, soprattutto in una dimensione spirituale, secondo me dovrebbero essere in armonia, in sintonia, coerenti.
So che non è facile, ma se si vuol comunicare e fare arrivare al cuore e all'intelletto di un interlocutore il nostro messaggio bisogna cercare di essere in una disposizione d'animo molto aperta.
E' un continuo imparare... il riscontro è importante, direi fondamentale. Al contrario c'è una sorta d'imposizione che può sfociare in una specie di sottile violenza psicologica. Senza il riscontro, il dialogo e l'aiuto è spesso improduttivo, poco utile.
E' questa abilità che contraddistingue un"maestro" da una persona che non lo è. Per cui ritengo sia necessario saper modulare la nostra espressione in rapporto a chi ci sta di fronte e vuole comunicare con noi. E' altrettanto importante saper inoltre ascoltare con attenzione, con il cuore e con lo spirito, essere ricettivi, accoglienti e senza pregiudizi. Allora l'umiltà è un fatto reale e nel comportamento diventa modestia e si fluisce nello scambio centrati nell'armonia degli opposti, mettendo a proprio agio colui che è in contatto con noi in quel momento.
Ogni via di ricerca spirituale, degna di questo nome, porta in sè questo passaggio e stato coscienziale fondamentale, che va evolvendosi facendo emergere un naturale e fondamentale  senso di umiltà.

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Con le donne, si può

Post n°749 pubblicato il 08 Marzo 2010 da Praj
 




Auguro a tutte le donne, ovunque vivano, che possano avere ogni diritto e opportunità, come è giusto e sacrosanto.

Aggiungo solo il mio modesto avviso al guardarsi bene nel imitare gli uomini negli aspetti deteriori e al rincorrere in chiave invertita forme e costumi di un becero e ottuso maschilismo.
Voi potete andare oltre i vecchi modelli e ruoli e aiutarci a crescere ed evolvere su dei livelli più alti di esistenza, in ogni campo.

Il vostro apporto creativo e la vostra sensibilità possono contribuire come stimolo ed esempio costruttivo a renderci migliori tutti.


Un Augurio particolare a Te, carissima compagna di Viaggio

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Ti piacerebbe essere...?

Post n°748 pubblicato il 07 Marzo 2010 da Praj

Ti piacerebbe essere figlio di un genitore come te?
Oppure, essere il genitore di un figlio come te?


 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Reputazione virtuale

Post n°747 pubblicato il 06 Marzo 2010 da Praj
 
Foto di Praj

In una blog comunity, in un ambiente virtuale, in cui si lasciano tracce e segni di ogni genere, cos'è che da ad un blogger una buona reputazione, una credibilità, un valore?

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

L'Amore non si mendica

Post n°746 pubblicato il 04 Marzo 2010 da Praj
 
Tag: Amore

Quando andiamo mendicando amore, forse è il segno che precedentemente lo abbiamo lesinato agli altri. Quando siamo in questa condizione, dovremmo onestamente riconoscerlo, invece di incolpare il mondo per questa triste e penosa situazione. Se non siamo ricettivi, disponibili ad accoglierlo, o lo condizioniamo ai nostri desideri egoistici, esso non ci può raggiungere. Non dovremmo cercarlo come compensazione per i vuoti interiori che abbiamo: perché con questo spirito lo respingiamo. Spesso, noi non vogliamo vivere il mistero e la magia l'amore, ma soltanto non sentirci soli, avere una compagnia fisica, una relazione confortante o una passione eccitante...
L'amore che non si può perdere in realtà appartiene ad una dimensione diversa dal pretendere, dal volere... dai fondamenti dell'amore egoistico.
Soltanto quando non abbiamo più l'attitudine all'amore possessivo, l'amore vero si fa individuare, ci offre l'occasione d'esperienza profonda. Questa opportunità è sempre a portata di mano: proprio perché si può amare da subito e senza condizioni, a prescindere dai tornaconti che potrebbero avere.
Questo è il segreto: più amiamo, più saremo ricambiati.
Su questa base di Fiducia, l'appagamento interiore è certo, perché l'intrinseca natura dell'amore è condivisione. E quando ci doniamo disinteressatamente siamo, di fatto, in amore.
L'amore dunque è uno stato dell'essere, che sgorga da una fonte interna, che va ritrovato in noi stessi per poi essere manifestato e condiviso per non inaridirsi e sfiorire.
La legge cosmica dell'Amore fa sì che ci venga sempre restituito sostanzialmente l'amore che abbiamo offerto. Il nostro cuore, se è aperto, viene naturalmente attratto dal campo d'energia amorevoli, per cui basta che dia che immediatamente riceve.
Il miracolo, il paradosso dell'amore, è che la gratificazione del ricevere è già nel dare.


 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Diventare ciò che si è

Post n°745 pubblicato il 02 Marzo 2010 da Praj
 

Molti immaginano che il miglioramento di noi stessi corrisponda all’essere altro da ciò che siamo, rincorrere un modello ideale, prefissarsi e raggiungere un obiettivo ritenuto vincente dal mondo esterno.
Io credo che questo sia un errore.
Ritengo invece che la realizzazione psicologica, ancor di più quella spirituale, sia piuttosto l’espansione delle proprie possibilità, l’attuazione delle nostre inclinazioni, l’utilizzo dei propri talenti, il compimento della propria natura.
Metaforicamente direi, facendo esempio molto semplice da non prendere alla lettera: se un individuo è psicologicamente o spiritualmente una “tartaruga”, per realizzarsi non deve essere che se stesso: compiersi come tartaruga. Se invece un altro è una “lepre” deve esprimersi al meglio come lepre.
Non deve imitare qualcun altro: essere tartaruga e voler fare la lepre quando non ha la possibilità d’esserlo… sarebbe grottesco, non vero, sarebbe senza carisma, soprattutto non sarebbe se stesso. Sarebbe condannato alla frustrazione. E questo vale soprattutto per l’uomo, l’individuo con tutte le sue peculiarità e specificità umane, il quale coscienzialmente è “superiore” all’animale.
Egli dovrebbe riconoscere la sua natura essenziale e portarla a compimento. Le sovrastrutture educative, ideologiche, le esperienze esistenziali, lo possono far certamente evolvere… ma è importante che ciò avvenga rispettando quella che è la sua natura primaria, le sue caratteristiche fondamentali.
Da ciò rilevo l’importanza dell’ascolto interiore, della percezione corporea, la valorizzazione della sensibilità alle più intime sensazioni per poter seguire il vero intento che ci suggerisce il corpo, che ci sussurra la coscienza, che ci ispira l’anima. Non dobbiamo assolutamente farci condizionare a fare delle cose che dall’esterno ci possono indicare su come dovremmo essere.
Nessuno meglio di noi può sapere cosa vogliamo veramente. Dobbiamo però re impararlo, perché l’abbiamo dimenticato. L’imitazione è invece la porta che ci introduce nei reami della mente, allo smarrimento del contatto con la nostra intimità basilare.
Il presupposto però per ritrovare la nostra natura essenziale è che ci accettiamo come siamo, senza giudicarci, qualsiasi manifestazione umana ci è dato d’essere: concretamente e semplicemente esprimere una individualità, essere unici come già siamo. Solo su questo fondamento di unicità pienamente accettata potremo dispiegare al meglio tutto il nostro potenziale in modo naturale e armonioso.
Ed in questa semplicità riscopriremo quella naturalezza carica d’energia autentica che non fatica ad esprimersi: perché fluisce su una piattaforma psicofisica che le corrisponde, perché non è più divisa fra il dover essere fra ciò che non è, che crede di essere o diventare, e ciò che è realmente nel presente.
Per cui Essere sé stessi, accettandosi così come si è, anche se in continua espansione, per me è il naturale compimento. 


 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 

Il Viaggio

Post n°744 pubblicato il 01 Marzo 2010 da Praj
 
Tag: Haiku, Zen

 

Lento cammino

ammicca l'orizzonte.

Vele consunte

 (Praj)


 

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963