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Gragnano: L’Antimafia sul Comune guidato da Patriarca

Post n°17405 pubblicato il 17 Novembre 2011 da stabia_info
 
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Il sindaco si difende: “Purtroppo porto un cognome pesante”

CONCHITA SANNINO - GRAGNANO — «Mio marito? È molto arrabbiato, non ha mai eseguito alcun ordine del suo parente boss. E saprà bene come difendersi, da indagato. Certo non ha bisogno della difesa d’ufficio di una moglie avvocato, ancorché sindaco come lui...». Annarita Patriarca sorride, mentre lancia fiamme parlando di suo marito, il sindaco di San Cipriano d’Aversa, Enrico Martinelli, investito da un’indagine del pool antimafia della Procura. Risponde su tutto. Su una gara affidata a una ditta riconducibile a uno Schiavone. Ai rapporti di suo marito con il padrino dei Casalesi che, per la Procura, gli dettava ordini via “pizzini”. Alle sfide politiche intrise di veleni. Arriva anche a dire: «Guardate che i Mastrominico, ditta incriminata, hanno sempre votato a sinistra. Anzi, per un ex deputato di sinistra che ora sta con l’Idv». Chiaro riferimento a Lorenzo Diana, tenace e noto testimone dell’antimafia in terra di Casalesi. Eccole, le sabbie mobili di Gragnano. La stanza nobile del Palazzo municipale ha grandi tende in taffetà grigio e arredi tutti bianchi. Dietro il tavolo trasparente siede lei, il sindaco paziente e battagliera. Primo cittadino di un paese dove c’è molto poco, secondo le indagini antimafia, di trasparente. E troppo di grigio. Erede di una stagione che, dopo gli anni bui di Tangentopoli e dei rapporti di suo padre Francesco con i luogotenenti del clan Alfieri, ora vede la primogenita di fronte a sospetti e domande cui rispondere. Basta dare uno sguardo alla serie di affari, piccoli e grandi, di business di cemento e asfalto che attendono di partire, nella sua consiliatura, cominciata nel 2009. Molti appetiti girano intorno a quelle opere pubbliche. Strade, piazze, e soprattutto quei 150 vani del cosiddetto “Housing sociale” di Gragnano, il piano di riqualificazione urbanistica che favorirebbe - secondo alcune ipotesi investigative - ambienti troppo vicini alla camorra locale (da un lato) e ad alcuni parenti del sindaco (dall’altro). È su questa lista di business e di gare, in teoria tutte legittime, che si accendono ormai numerosi i riflettori delle indagini che convergono a Gragnano: quella amministrativa, portata avanti dalla commissione d’accesso; e le istruttorie della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, composte di vari filoni. All’attenzione dei magistrati, dunque, non è finito solo il maxi progetto di 11 milioni affidato dalla agenzia territoriale Tess del gruppo Mastrominico — leggi: i presunti emissari del padrino superlatitante dei Casalesi, Michele Zagaria — per la riqualificazione del trecentesco monastero di Gragnano, San Nicola dei Miri. «Sia chiaro che io, che non ho alcun ruolo in quella vicenda, mi ero comunque attivata perché si facesse chiarezza e si fermasse quel gruppo». E lei come lo sapeva, sindaco, come mai si è attivata con tale tempestività? «Mio marito Martinelli mi chiamò e mi disse: “Attenta, la gara bandita dalla Tess l’ha vinta la ditta Mastrominico, è la stessa che compare nelle cause di scioglimenti dei Comuni di Villa Literno e di San Marcellino» . Ma sotto esame ci sono anche altre, minori, gare d’appalto, stavolta bandite direttamente dal Comune di Gragnano. In una di queste, ha vinto un’azienda che ha sede a Roma ma conta come amministratore un signor Schiavone, proprio come la famiglia di camorra di Casal di Principe. «Sì, è vero, appena l’ho saputo ho provveduto a strigliare i miei dirigenti e ho scritto alla prefettura bloccando subito l’aggiudicazione - rivela la Patriarca -. Diciamo che qui la vigilanza è altissima, oltre il dovuto. Purtroppo mi porto un cognome che è pesante. Ma non mi spaventa». Fonte: La Repubblica

 
 
 
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