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« Di Tango in Tango... | Il fumo negli occhi » |
Sbrillo sentiva come un soffio caldo sul proprio collo, non vi prestò molta attenzione da subito, ma gli apparve strano. Non ne fece parola con Otto, aveva una vaga impressione, che volle tenere per se. Superate le isole gemelle di Amotrew, il freddo cominciava a gelare le mani, bere buon vino e muoversi erano i migliori metodi, ma avrebbe dovuto anche riposare. Otto era in dormiveglia, il pensiero rivolto alla sua Sepiasis, unica tra le tante in grado di mandarlo in visibilio e di rapire i suoi pensieri a migliaia di leghe di distanza. Sbrillo aspettava il momento in cui il suo amico passasse al sonno profondo per attuare il suo piano. Da quando il sole li aveva salutati avevano avuto un vento amico che li aveva sospinti a maggior velocità. Prese la pergamena della Zingara del Vento, la srotolò con delicatezza, la osservava alla luce di un lume ad olio, con le dita carezzava le parole e chiudendo gli occhi si perdeva nel ballo della Taranta, nei colori e negli occhi lucenti della Zingara. << Rrrrr..pssss, rrrrr..pzzssszz >>. Il momento era giunto, Otto dormiva e nulla lo avrebbe svegliato dopo tutto il tabacco che si era fumato. Si spostò a prua. Aprì le braccia verso il cielo stellato e gridò: << Ventoooo! Sei qui strega, mostrati, io comune mortale invoco te! >> dopo una breve pausa sussurò << Vieni a me, desidero ancora i tuoi occhi nei miei, fammi sentire vivo come già facesti, la mia forza sei tu! >> Riaprì gli occhi, il mare sterminato continuava a scomparire sotto l'imbarcazione, aveva provato per qualche istante la sensazione che lei fosse li ad aspettare che aprisse gli occhi. Scrutò per qualche secondo il mare e decise di andare a svegliare il suo compagno, girandosi un'ombra gli passò dinnanzi, si girò di scatto a destra e sinistra finchè l'ombra non prese forma di uomo accovacciato, pian piano definendosi gli arti, la testa, i capelli, si ergeva mostrando forza e poteri.
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LE AVVENTURE DI MOTANGA
Il vento soffiava leggermente da Nord. Sbrillo esausto contemplava il cielo strappato di nuvole, mentre sorseggiava quella bevanda denominata Adrenina, dal sapore dolciastro e il colore purpureo, sedeva su una sedia in una terrazza del centro del paese di Faglie. Dal balconcino si affacciò Otto, era sudato con gli occhi spiritati, aveva avuto una litigata con una delle sue donne e poi l'aveva posseduta per due ore abbondanti.
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Sbrillo aveva capito che Otto voleva la sua pozione magica, magari per concludere in bellezza con la dama o magari per riuscire a dirle che era meglio non vedersi più. Controvoglia preparò l'intruglio, lo assaggiò, e lo mise di fronte alla porta di Otto, bussò e si diresse nuovamente in terrazza. Sapeva che in una decina di minuti sarebbe stato lì accanto a lui e avrebbero deciso finalemente il da farsi.
Erano anni che si frequentavano e si scambiavano opinioni varie, avevano avuto la possibilità di fare alcune traversate insieme, ma adesso si trattava di scegliere se formare una ciurma e rimettere in sesto Motanga o continuare ognuno per la propria strada come sempre.
Passarono altre due ore, l'attesa uccideva Sbrillo che nel frattempo aveva cominciato a mischiare Tequila, Adrenina e il suo personale intruglio a base di Foglia del Diavolo. Decise di muoversi, andò a cercare la Musa dei Cerchi di Fuoco.
Faglie era la città natale di Sbrillo, ma non ci si muoveva a suo agio, preferiva viaggiare e stare continuamente in balia della corrente. Ma si sa: i sogni per realizzarsi hanno bisogno di tempo, vera volontà e fatica.
Per sua fortuna trovare una Musa non era un sogno, sua personale confidente era entrata nella vita del giovane Sbrillo poco tempo prima ed aveva occupato immediatamente un ruolo stabilizzante. Infatti Arachiù, così lo conoscevano in paese, era solito avere momenti di follia incontrollabile che manifestava con un arrossamento del viso (diventava magenta in alcuni casi) e un'insaziabile bisogno di sputare veleno e acido citrico su chiunque fosse alla portata della sua voce. Il compito che la Musa assolveva con tenerezza era quello di portarlo nuovamente nel mondo razionale che solitamente ordinava il giovane marinaio.