Creato da luli.11 il 07/09/2008

La vita è un soffio

amo l'arte e dipingo

 

Angelo

Post n°287 pubblicato il 29 Marzo 2016 da luli.11
 

Io so bene che dentro la mia stanza
c'è un amico invisibile,
non si rivela con qualche movimento
né parla per darmi una conferma.
Non c'è bisogno che io gli trovi posto:
è una cortesia più conveniente
l'ospitale intuizione
La sola libertà che si concede
è di essere presente.
Né io né lui violiamo con un suono
l'integrità di questa muta intesa.


Luli Emily Dickinson

 
 
 

Mimose

Post n°286 pubblicato il 11 Marzo 2016 da luli.11
 

grafica luli.11 mlm 2012© MarLuli-my

Luli

 
 
 

Pendolo di Foucault

Post n°285 pubblicato il 29 Febbraio 2016 da luli.11
 

Fu allora che vidi il Pendolo. La sfera, mobile all'estremità di un lungo filo fissato alla volta del coro, descriveva le sue ampie oscillazioni con isocrona maestà. Io sapevo - ma chiunque avrebbe dovuto avvertire nell'incanto di quel placido respiro - che il periodo era regolato dal rapporto tra la radice quadrata della lunghezza del filo e quel numero p che, irrazionale alle menti sublunari, per divina ragione lega necessariamente la circonferenza al diametro di tutti i cerchi possibili - così che il tempo di quel vagare di una sfera dall'uno all'altro polo era effetto di una arcana cospirazione tra le più intemporali delle misure, l'unità del punto di sospensione, la dualità di una astratta dimensione, la natura ternaria di p, il tetragono segreto della radice, la perfezione del cerchio. Ancora sapevo che sulla verticale del punto di sospensione, alla base, un dispositivo. magnetico, comunicando il suo richiamo a un cilindro nascosto nel cuore della sfera, garantiva la costanza del moto, artificio disposto a contrastare le resistenze della materia, ma che non si opponeva alla legge del Pendolo, anzi le permetteva di manifestarsi, perché nel vuoto qualsiasi punto materiale pesante, sospeso all'estremità di un filo inestensibile e senza peso, che non subisse la resistenza dell'aria, e non facesse attrito col suo punto d'appoggio, avrebbe oscillato in modo regolare per l'eternità. 

La sfera di rame emanava pallidi riflessi cangianti, battuta com'era dagli ultimi raggi di sole che penetravano dalle vetrate. Se, come un tempo, avesse sfiorato con la sua punta uno strato di sabbia umida disteso sopra il pavimento del coro, avrebbe disegnato a ogni oscillazione un solco leggero sul suolo, e il solco, mutando infinitesimalmente di direzione ad ogni istante, si sarebbe allargato sempre più in forma di breccia, di vallo, lasciando indovinare una simmetria raggiata - come lo scheletro di un mandala, la struttura invisibile di un pentaculum, una stella, una mistica rosa. No, piuttosto una vicenda, registrata sulla distesa di un deserto, di tracce lasciate da infinite erratiche carovane. Una storia di lente e millenarie migrazioni, forse così si erano mossi gli atlantidi del continente di Mu, in ostinato e possessivo vagabondaggio, dalla Tasmania alla Groenlandia, dal Capricorno al Cancro, dall'Isola del Principe Edoardo alle Svalbard. La punta ripeteva, narrava di nuovo in un tempo assai contratto, quello che essi avevano fatto dall'una all'altra glaciazione, e forse facevano ancora, ormai corrieri dei Signori - forse nel percorso tra le Samoa e la Nuova Zemlia la punta sfiorava, nella sua posizione di equilibrio, Agarttha, il Centro del Mondo. E intuivo che un unico piano univa Avalon, l'iperborea, al deserto australe che ospita l'enigma di Ayers Rock. In quel momento, alle quattro del pomeriggio del 23 giugno, il Pendolo smorzava la propria velocità a un'estremità del piano d'oscillazione, per ricadere indolente verso il centro, acquistar velocità a metà del suo percorso, sciabolare confidente nell'occulto quadrato delle forze che ne segnava il destino.

Se fossi rimasto a lungo, resistente al passare delle ore, a fissare quella testa d'uccello, quell'apice di lancia, quel cimiero rovesciato, mentre disegnava nel vuoto le proprie diagonali, sfiorando i punti opposti della sua astigmatica circonferenza, sarei stato vittima di un'illusione fabulatoria, perché il Pendolo mi avrebbe fatto credere che il piano di oscillazione avesse compiuto una completa rotazione, tornando al punto di partenza, in trentadue ore, descrivendo un'ellisse appiattita - l'ellisse ruotando intorno al proprio centro con una velocità angolare uniforme, proporzionale al seno della latitudine. Come avrebbe ruotato se il punto fosse stato fissato al sommo della cupola del Tempio di Salomone? Forse i Cavalieri avevano provato anche laggiù. Forse il calcolo, il significato finale, non sarebbe cambiato. Forse la chiesa abbaziale di Saint-Martin-des-Champs era il vero Tempio. Comunque l'esperienza sarebbe stata perfetta solo al Polo, unico luogo in cui il punto di sospensione sta sul prolungamento dell'asse di rotazione terrestre, e dove il Pendolo realizzerebbe il suo ciclo apparente in ventiquattro ore. Ma non era questa deviazione dalla Legge, che peraltro la Legge prevedeva, non era questa violazione di una misura aurea che rendeva meno mirabile il prodigio. 

Io sapevo che la terra stava ruotando, e io con essa, e Saint-Martin-des-Champs e tutta Parigi con me, e insieme ruotavamo sotto il Pendolo che in realtà non cambiava mai la direzione del proprio piano, perché lassù, da dove esso pendeva, e lungo l'infinito prolungamento ideale del filo, in alto verso le più lontane galassie, stava, immobile per l'eternità, il Punto Fermo. La terra ruotava, ma il luogo ove il filo era ancorato era l'unico punto fisso dell'universo. Dunque non era tanto alla terra che si rivolgeva il mio sguardo, ma lassù, dove si celebrava il mistero dell'immobilità assoluta. Il Pendolo mi stava dicendo che, tutto muovendo, il globo, il sistema solare, le nebulose, i buchi neri e i figli tutti della grande emanazione cosmica, dai primi eoni alla materia più vischiosa, un solo punto rimaneva, perno, chiavarda, aggancio ideale, lasciando che l'universo muovesse intorno a sé. E io partecipavo ora di quell'esperienza suprema, io che pure mi muovevo con tutto e col tutto, ma potevo vedere Quello, il Non Movente, la Rocca, la Garanzia, la caligine luminosissima che non è corpo, non ha figura forma peso quantità o qualità, e non vede, non sente, né cade sotto la sensibilità, non è in un luogo, in un tempo o in uno spazio, non è anima, intelligenza, immaginazione, opinione, numero, ordine, misura, sostanza, eternità, non è né tenebra né luce, non è errore e non è verità.

Luli

 

 
 
 

San Valentino Pagano

Post n°284 pubblicato il 14 Febbraio 2016 da luli.11
 

Il sodalizio dei Luperci aveva il compito di celebrare il rito dei Lupercalia che si svolgeva il 15 febbraio di ogni anno nel Lupercale. Era questa la leggendaria grotta dove, secondo il racconto tradizionale delle origini di Roma, Romolo e Remo furono salvati dalle acque del Tevere e allattati da una lupa. Nel Lupercale aveva il suo luogo di culto Fauno Luperco, di cui i luperci erano i sacerdoti. 

Le origini della festa sono avvolte nella leggenda: secondo Dionisio di Alicarnasso e Plutarco, i Lupercali potrebbero essere stati istituiti da Evandro, che aveva recuperato un rito arcade. Tale rito consisteva in una corsa a piedi degli abitanti del Palatino senza abiti e con le pudenda coperte dalle pelli degli animali sacrificati, tutto in onore di Pan Liceo ("dei lupi"). La festa era celebrata da giovani sacerdoti chiamati Luperci, seminudi con le membra spalmate di grasso e una maschera di fango sulla faccia; soltanto intorno alle anche portavano una pelle di capra ricavata dalle vittime sacrificate nel Lupercale. 

Secondo una leggenda narrata da Ovidio, al tempo di re Romolo vi sarebbe stato un prolungato periodo di sterilità nelle donne. Uomini e donne si recarono perciò in processione fino al bosco sacro di Giunone, ai piedi dell'Esquilino, e qui si prostrarono in atteggiamento di supplica. Attraverso lo stormire delle fronde, la dea rispose, sgomentando le donne, che le donne dovevano essere penetrate (inito, che rimanda a Inuus, altro nome di Fauno) da un sacro caprone, ma un augure etrusco interpretò l'oracolo nel giusto senso, sacrificando un capro e tagliando dalla sua pelle delle strisce con cui colpì la schiena delle donne e dopo dieci mesi lunari le donne partorirono.

I Lupercalia furono una delle ultime feste romane ad essere abolite dai cristiani. In una lettera di papa Gelasio I negli anni fra il 492 e il 496 si tenevano ancora i Lupercali, sebbene ormai la popolazione fosse da tempo, almeno nominalmente, cristiana. Nel 495 Gelasio scrisse questa lettera (in realtà un vero e proprio trattato confutatorio) ad Andromaco, l'allora princeps Senatus, rimproverandolo della partecipazione dei cristiani alla festa. Si ignora se la festa sia stata abolita quell'anno, come riteneva il cardinale Cesare Baronio, o se sia sopravvissuta per qualche tempo ancora. William Green riteneva che probabilmente il significato religioso della festa fosse andato perduto. Gelasio infine sostituisce alla festa della fecondità in primo luogo femminile e a tutto l'erotismo connesso una festa legata alla patrona dell'antierotismo per eccellenza. Ai Lupercali, celebrati tra il 14 e il 15 di febbraio, viene sostituita la festa di Purificazione di Maria, poi detta candelora, che inizialmente si celebrava proprio negli stessi giorni dei Lupercali. Simbolicamente parlando, la scelta è significativa perché va a cancellare il significato della festa pagana: la purificazione di Maria segnerebbe infatti la fine dei quaranta giorni di impurità che nella tradizione ebraica seguono al parto. Quindi al posto della festa della fecondità che aspira a generare nuova vita va la celebrazione della fine della sporcizia che questa nuova vita avrebbe portato. Rimane l'aspetto della purificazione, ma nella festa pagana era purificazione 'per', in quella cristiana è purificazione 'da'. Soltanto un secolo dopo la festa della purificazione verrà spostata al 2 febbraio, andando a coprire un'altra festa, di un altro pantheon e dedicata questa volta ad una dea: la festa celtica di Imbolc, celebrata dai celti di Inghilterra e Irlanda in onore della dea Brigid. Probabilmente in questo caso non si tratta di qualcosa di voluto: lo spostamento fu fatto da Giustiniano, la cui sfera di interessi politici era distante dalle isole dei celti, ed è piuttosto conseguente allo spostamento della nascita di Gesù dalla data che oggi chiamiamo epifania al 25 dicembre, per cui i 40 giorni andavano contati di conseguenza. Tra l'altro anche la festa celtica, ma come del resto la maggior parte delle feste celtiche, era legata all'accensione di fuochi, come i Lupercalia prevedevano delle fiaccolate, tradizione poi rimasta nel nome popolare di candelora della festa, con l'accensione delle candele. 

Nell'antica Roma Fauna venne identificata con varie Dee tra cui Bona Dea, Cerere e Cibele. Nel suo tempio era proibito il mirto, perchè secondo la leggenda suo marito l'avrebbe con un ramo di mirto fustigata per essersi lasciata andare al vino. Si usava al suo posto il latte. Ma in realtà ciò che era vietato veniva usato nei sacri misteri. Il vino era il sangue della Madre Terra che poteva essere bevuto solo in condizioni di purezza spirituale, cioè durante i sacri misteri, e il mirto era sacro alle Grandi Madri, in particolare a Venere. 

In alcuni miti si dice un antico re del lazio, nipote di saturno o di marte, figlio di Pico e Canente, o Pico e secondo l'Eneide padre del re Latino. Secondo questo mito dopo la morte Fauno fu venerato come protettore di raccolti e armenti con il nome i Inuus o Ianus la cui consorte era Ianua da cui deriverebbero Giano e Giunone, ma aveva pure potestà oracolari quale consorte di Fatua, con il nome Fatuus. 
Secondo un mito latino era invece figlio di Giove e Circe.
Secondo dei miti romani, ripresi poi nell'Eneide da Virgilio, Fauno era lo sposo di Marica, divinità delle acque e dei boschi, dalle quale ebbe il futuro re Latino. Venerata in un bosco sacro, Marica fu in realtà un'immagine o un aspetto della Signora degli Animali, l'antica Potnia, altri aspetti della quale sono Fauna e Kirke. Sempre per Virgilio - Eneide - il re Latino: "si rivolge agli oracoli di Fauno, il padre profetico, e consulta i divini boschi sotto l'alta Albunea, massima tra le selve, che risuona dal sacro fonte ed esala violenti vapori mefitici".
Secondo una tradizione riferita da Nonno di Panopoli nelle «Dionisiache», Fauno era figlio di Poseidone e di Kirke, e della madre, la quale amava gli alti monti rocciosi e boscosi, e dimorava nelle ombrose sale di un palazzo di roccia, aveva appreso le arti. Da lei aveva imparato a conoscere i boschi solitari e i loro segreti. Altri lo identificavano con Agrio (il «selvaggio»), e Fauno sarebbe allora figlio di Kirke e di Odisseo. Secondo un'altra tradizione, invece, è figlio di Kirke e di Pico, primo nume oracolare, trasformato in picchio dalla Dea stessa quando ha osato rifiutarne l'amore. Come Kirke, vive nella foresta ed è Signore degli Animali. 


Sia come cornuto e caprino, sia come lupesco, sembra connesso al mondo infero. Per altri ancora fu il terzo re preistorico dell'Italia, e avrebbe introdotto nella penisola il culto delle divinità e l'agricoltura; dopo la morte fu venerato come dio dei boschi, protettore di greggi e armenti. Secondo altre fonti, i Fauni sarebbero stati antichi pastori, abitanti, ai primordi del mondo, nel territorio sul quale verrà fondata Roma. 
Nell'Eneide Fauno è il padre del giovane guerriero italico Tarquito ucciso da Enea in combattimento. Tarquito era un semidio, figlio della ninfa Driope. Secondo un'altra tradizione è fratello e marito di Fauna, Signora degli Animali come Kirke e come Diana, nonché identificata con Bona Dea, e soprannominata a sua volta Fatua. In un'altra versione, Bona Dea è sua figlia, e lo respinge, quando lui la insidia. In seguito, però, egli riesce a congiungersi con lei dopo essersi trasformato in serpente. Ma questi sono miti elaborati successivamente, perchè nel mito più arcaico era figlio e paredro della Dea Madre. Tutto ciò, inoltre, lo accosta a Pan, che ha simili caratteristiche. 

Sembra che Acca Larentia fosse denominata anche Mater Larum o "Madre dei Lari", del resto in sanscrito Akka significa Madre, ma fu anche un nome di Demetra, Acca Demetra, in qualità di nutrice. 
Romolo e Remo infatti furono celebrati come Lari di Roma, gli antenati protettivi. 
Acca Larenzia viene identificata con una divinità ctonia, custode del mondo dei morti, Larenta, o Larunda, come era chiamata dai Sabini. Larenta, o "Dea Muta" era una divinità femminile del sottosuolo e dell'oltretomba, quindi il lato oscuro della Madre Natura, quello relativo alla morte.

La tradizione popolare attribuisce a Gelasio anche la creazione della festa di S. Valentino sempre il 14 febbraio e sempre per sostituire i Lupercali, per dare un esempio di temperanza agli innamorati di cui sarebbe patrono. Ma l'istituzione della festa della purificazione nota come candelora è certamente un gesto che sembra più adatto ad una mente politica e preparata come quella di Gelasio, che ha attaccato l'ultima festa pagana su due fronti: sul versante politico, imponendo al senato di non organizzarla più come festa civile, e su quello religioso, sostituendola con una festa il cui significato profondo è quanto di più distante dal paganesimo possa esistere. 

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Luli

 

 
 
 

Gigia

Post n°283 pubblicato il 11 Febbraio 2016 da luli.11
 

Luli

 
 
 

David ...

Post n°282 pubblicato il 11 Gennaio 2016 da luli.11
 

Luli

 
 
 

Happy New Year

Post n°281 pubblicato il 01 Gennaio 2016 da luli.11
 

Luli

Luli

 
 
 

Love is ...

Post n°280 pubblicato il 29 Dicembre 2015 da luli.11
 

Chi ama non respinge.

La vita non finisce certo domani.

Smetterò di aspettarti,

e tu arriverai all'improvviso.

E tu arriverai quando è buio

quando la tempesta di neve batterà al vetro,

quando ricorderai come da tanto non ci riscaldavamo a vicenda.

E così forte sarà il desiderio del calore,

allora non amato,

che non potrai aspettare la fila di tre persone al telefono pubblico.

E, come per picca, striscierà il vagone del tram,

del metrò, e non so cos'altro....

E la tempesta di neve ricoprirà le strade sulle lontane vie d'accesso al portone...

E nella casa regneranno tristezza e silenzio,

l'ansimare del contatore eil fruscio delle pagine,

quando busserai alla porta, salito di corsa in un fiato.

Per questo si può dare tutto, e a tal punto ci credo,

che mi è difficile non aspettarti,

tutto il giorno senza staccarmi dalla porta.

Luli

Luli

 
 
 

Buon Natale

Post n°279 pubblicato il 24 Dicembre 2015 da luli.11
 

grafica Luli.11 mlm 2015

Luli

 
 
 

Idillio al Gattino

Post n°278 pubblicato il 11 Dicembre 2015 da luli.11
 

Chi striscia piano piano nel giardino?
Un micino come una palla di neve.
Cosa cerca nel giardino quel gattino?
Cerca un posticino soleggiato.
Si sdraia qui dove ha trovato,
Allunga le zampine per farle più bianche al sole,
Fa le fusa, si lecca i baffi,
E aspetta un amato compagno.
Ma chi arriva ora tutto nero, di colpo,
Con la barba e le corna? Spaventoso!
E' un caprone, uno nero, che brivido!
Il gattino schizza via oltre il muro. 

Luli Justinus Kerner 

 
 
 

...

Giorni tumultuosi


onde gigantesche infrangono scogli inesplorati


coperti da alghe vermiglie ...


Come l'anima mia quando si rivolge a Te


cerca di nascondersi fra la nebbia


ma tu Rossa la riconosci


accogliendola


 leggera la fai nuotare  per mari inesplorati


dove si cela


il silenzio delle cose.

 

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se ne dovreste prelevate qualcuna avvertitemi

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"Quando l'anima sogna ...

le ali della libertà riposano

... cullate dal vento."

 

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La bicicletta

 

Nell’ombra della notte si ritorna soli.

È l’ora che preferisco

per viaggiare in bicicletta,

al raggio delle stelle su la strada vuota,

per la bianchezza della quale l’occhio

vede da lungi sicuramente.

Dove si corre?

 

Alfredo Oriani

 

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"Le Libellule e la Teiera Magica"

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Paris di notte

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Tre fiammiferi accesi

uno per uno nella notte

Il primo per vederti tutto il viso

Il secondo per vederti gli occhi

L’ ultimo per vedere la tua bocca

E tutto il buio per ricordarmi queste cose

Mentre ti stringo fra le braccia.

 

Jacques Prèvert

 

La Libellulla

"La libellula,

la creatura del vento,

simboleggia

l'illusione e il cambiamento.

Le sue ali cangianti

ci ricordano

tempi e mondi magici,

rendendoci coscienti

del fatto che la realtà

di questo mondo

è solo un'apparenza.

Il suo insegnamento

ci dice che niente

è in realtà come ci appare

e che dobbiamo sforzarci

di liberarci dalle illusioni

dei nostri sensi.

Inoltre essa fa da tramite

per portarci messaggi d

egli elementali

e degli spiriti del

mondo vegetale."

 

 

 

 

 

 rose rosa

 

 

 

Luli.11 Il mio profilo

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"Tienimi per mano al tramonto,

quando la luce del giorno si spegne

e l’oscurità fa scivolare

il suo drappo di stelle…

Tienila stretta quando non riesco a viverlo

questo mondo imperfetto …

Tienimi per mano …

portami dove il tempo non esiste …

Tienila stretta nel difficile vivere.

Tienimi per mano …

nei giorni in cui mi sento disorientata …

cantami la canzone delle stelle

dolce cantilena di voci respirate …

Tienimi la mano, e stringila forte

prima che l’insolente fato

possa portarmi via da te …

Tienimi per mano e

non lasciarmi andare… mai…"

 

Herman Hesse

 

 

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