Pensieri e parole...
Riflessioni, emozioni, musica, idee e sogni di un internauta alle prese con la vita... Porto con me sempre il mio quaderno degli appunti, mi fermo, scrivo, riprendo il cammino... verso la Luce
NON SONO GLI EVENTI A PORTARE LA FELICITA', MA E' LA FELICITA' A PORTARE EVENTI POSITIVI.
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CI SONO DIVERSI TIPI DI SORRISO. SI PUO' DECIDERE DI SORRIDERE CON GLI OCCHI, CON LA BOCCA O CON IL CUORE. E POI C'E' QUEL SORRISO CHE LI CONTIENE TUTTI.
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CONSIDERAZIONI SULLA GUERRA.
Post n°1472 pubblicato il 07 Febbraio 2023 da scricciolo68lbr
Lo scrisse sul Times di Londra William Howard Russell nel 1854, conflitto di Crimea, primo reporter vero su un fronte di guerra dopo tanti generali più abili con la penna che con la spada, che la guerra la facevano e poi ce la raccontavano. A modo loro. Il nuovo anatema: ‘putiniano’ La narrativa tiene sotto costante minaccia chi tenta di proporre analisi un po’ più vaste sulle ragioni della tragedia Ucraina, riguardo ad esempio, le cause lontane di una crisi che via, via scopri essere stata coltivata a lungo, a tavolino, quindi il rischio di ricevere accuse di essere ‘putiniano’. «Amico di Putin», l’anatema dell’infamia attuale, anche se ti limiti a ricordare qualche piccola ragione geostrategica che ha comunque la Russia. Sulla sua pagina fecebook, Alberto, severamente critico sulla politica di espansione Nato ad est su spinta americana: «Bucha, un massacro e il simbolo di una sconfitta. Sì, certo, come sempre in guerra, ma restano quei morti veri e quelle distruzioni attorno che non sono lo scenario di un film. La storia insegna che in tutte le guerre o quasi, si possono riscontrare situazioni di guerra artatamente “trasformate”, per aumentarne l’impatto sull’opinione pubblica. Alberto Negri racconta come allora fosse testimone diretto e potesse anche smentire certe versioni ‘forzate’ denunciando le eventuali contraddizioni del racconto ufficiale dell’orrore comunque avvenuto. Lo fece per la strage di Racak in Kosovo, ma oggi su Bucha tace. Mentre, come tutti, inorridisce ed assieme attende maggiori certezze di verità. E torna a risentire puzza di guerra che, anche da lontano, è sempre di «sangue, sudore e merda». Senza nessun reducismo, sia chiaro. Ugo Tramballi sul fronte opposto?Un ottimo collega in guerre lontane che ha scritto per primo sul Sole 24 ore e per l’Ispi, la fulminante definizione di William Howard Russell della guerra. Ma Ugo aggiunge molte altre considerazioni su cui riflettere, anche se non si fosse d’accordo. «Come dicono alcuni esperti, questa in Ucraina sarà ricordata come “la prima guerra dei social-media”. Possiamo considerala come un’altra tragica sottovalutazione di Vladimir Putin e del suo gruppo di potere: dopo quella della capacità di resistenza dei soldati ucraini, della compattezza di Nato ed Eu, e la sopravvalutazione delle capacità dell’esercito russo. The Economist scrive che questo conflitto è diventato “l’esempio più vivido di come i social stiano cambiando il modo in cui la guerra è raccontata, vissuta e capita, e di come questo può cambiare il corso della stessa guerra”». Litigare sulla politica ma non sui fattiSulla reale compattezza Nato e dell’Unione europea potremmo discuterne a lungo con Tramballi, e sui comportamenti statunitensi sull’Ucraina, prima, durante e -temo- dopo. Guardando magari ad altre sfide lontane da noi ma molto più vicine ai loro interessi, sull’Indo-Pacifico. Ma torniamo a Tramballi. «Nella resistenza all’aggressione russa, il trentunenne Mikhailo Fedorov, il ministro per la trasformazione digitale, è diventato importante quanto il collega della Difesa e i generali dello Stato Maggiore. In una chat aperta su Telegram, il ministero riceve 10mila messaggi al giorno: cittadini che fotografano le colonne russe, che informano sugli spostamenti del nemico, che ne filmano i crimini. “In questi giorni ognuno è un information warrior”, spiega un funzionario del ministero. Il loro contributo non è meno prezioso di quello dell’intelligence». Disinformacjia e cattiva informazione« […] diversamente dalla propaganda russa, gli ucraini non raccontano bugie: o meglio, ne raccontano ma molto meno degli avversari. Le loro sono soprattutto testimonianze della vita reale ai tempi di un’invasione incontrovertibilmente vera. Anche nell’immenso e manipolabile mondo virtuale, alla fine la vita reale ha più successo delle balle». L’informazione a rafficaSui ‘più pericolosi portatori di bugie‘. Certamente non i colleghi sul campo che, rischiando, raccontano ciò che a loro è consentito vedere. Colpevoli invece gran parte dei direttori, ossessionati dagli ascolti/letture che trasformano la guerra in show, meglio se con rissa, e che imprigionano gli inviati in una raffica di inutili ‘dirette’, impedendo loro di fare il loro vero mestiere di ricerca delle notizie e la loro verifica. Memoria irachena di ‘Bassora caduta’: ‘forse no’, ‘resiste, ‘presa dai marines’, ‘quelli inglesi’, ‘no gli americani’. Alla fine Bassora è caduta, ma una sola volta. Studio tv trasferito in trincea a leggerci comunicati stampa da agenzia. Opinionisti virtuosi e minacciosiPeggio di tutti, gli opinionisti minacciosi, pieni di certezze incontrovertibili. Ho contato venti titoli dedicati alla guerra su un grande quotidiano italiano, e non ho trovato un solo accenno di dubbio, un punto interrogativo.
Fonte: https://www.remocontro.it/2022/04/06/la-guerra-non-e-che-sangue-sudore-e-merda/
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