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Pensieri e parole...

Riflessioni, emozioni, musica, idee e sogni di un internauta alle prese con la vita... Porto con me sempre il mio quaderno degli appunti, mi fermo, scrivo, riprendo il cammino... verso la Luce

 

 

« UNA NANA INCAPACE DI MOS...IL SIGNORE CI CHIEDE PAZIENZA… »

DIO AMA L’UOMO, CHI CREDE IN DIO, AVRÀ LA VITA ETERNA ED EREDITERÀ IL SUO REGNO!

Post n°1640 pubblicato il 11 Ottobre 2023 da scricciolo68lbr
 

Dio mi ama, Dio è amore innanzi tutto, Dio è trinitario ed è intrinsecamente amore; il Padre ama il Figlio e lo Spirito, il Figlio ama il Padre e lo Spirito, lo Spirito ama il Padre e il Figlio in una comunione in cui ciascuna delle Persone, direi, si riversa nell’altra tanto da costituire una unità inscindibile. Dio è amore da sempre, dunque, in sé ed ha manifestato il suo amore nella creazione. L’amore, presente in Dio ed infinito, è traboccato al di fuori di Lui stesso: l'amore è creativo ed ha creato l’uomo, anzi ha fatto dell’uomo il destinatario di questo amore trinitario. Per l’uomo Dio ha creato l’universo. «Che cosa è l’uomo perché te ne curi? Eppure, lo hai fatto poco meno degli Angeli, tutto hai posto sotto i suoi piedi» (Salmo 8). Dio, infinito, immenso, Colui che ha dato origine a questo universo incommensurabile ama questo granello di polvere che è l’uomo ed ama ciascun uomo e, potremmo dire, lo chiama per nome, cioè lo conosce in profondità e lo ama, lo ama donandogli tutto ciò che è necessario perché possa raggiungere gioia, felicità, equilibrio, pace; lo ha dotato di quelle facoltà naturali che possono condurlo all’equilibrio, alla pace.

Ricordiamo il Siracide in cui viene detto proprio questo: «Gli hai dato intelligenza, cuore, facoltà fisiche perché possa raggiungere la sua pace, la sua gioia». Dio ama l’uomo e gli manifesta il suo amore proprio attraverso il creato che lo circonda e attraverso il creato che è la sua stessa natura umana. Ama l’uomo e gli manifesta il suo amore, ancora di più, preordinando un piano di liberazione perché l’uomo è limitato, è in un certo senso chiuso, limitato per natura, ma ancor di più è limitato per via dei male, che si impossessa di lui: il peccato. Il peccato è, soprattutto, l’egoismo, la superbia, l'infedeltà al suo CREATORE.

Dio, tuttavia, nel suo amore, lo vuole aprire all’amore e da sempre ha preordinato un PIANO DI SALVEZZA E DI LIBERAZIONE, un piano che via via si è andato rivelando attraverso i profeti, per mezzo dei quali ha anche annunziato il suo amore. Ricordate Geremia, Isaia che paragona l’amore di Dio all’amore di una madre, anzi Dio ama più di quanto possa amare una madre. Ricordate il profeta Osea che paragona l’amore di Dio all’amore di uno sposo che ama tanto la sua sposa da amarla ancora anche quando la sposa lo tradisce e la va a cercare e la vuole ricondurre a sé. L’amore di Dio si manifesta in questo piano di salvezza e di liberazione che ha la sua realizzazione piena poi in Gesù Cristo. Cristo Gesù È LA MANIFESTAZIONE PIÙ CHIARA, PIÙ EVIDENTE DI QUESTO AMORE DI DIO. Gesù è l’amore di Dio fatto carne per l’uomo, potremmo dire, parafrasando le parole di S. Giovanni.

Cristo Gesù è capace di dare la sua vita per AMORE, quindi di dare «tutto», perché quando ha dato la sua vita non gli resta più niente. Donandosi per amore, Egli ci libera dal nostro egoismo. In Lui noi abbiamo l’esempio del «come donarsi». Ma non è soltanto una liberazione esemplare, nel senso che, guardando a Lui, noi diciamo: «così dobbiamo fare», ma è una liberazione che va in profondità. Infatti, Cristo, morendo sulla Croce ha scardinato i poteri di colui che cerca di chiuderci nel nostro egoismo, ha vinto colui che sollecita e fomenta la nostra superbia, Cristo ha vinto satana. Inoltre, donando il suo sangue per noi Cristo ci dona LA FORZA INTERIORE PER VINCERE IL MALE che è in noi ed attorno a noi. Donandosi a noi come cibo, quindi come forza, Egli ci dà la capacità di aprirci alle dimensioni del suo amore. Cristo ci libera radicalmente dal male, dall’egoismo e dalla infedeltà.

Dio, dunque, è amore e ci chiama all’amore. Dio mi ama personalmente, m’ha manifestato il suo amore, mi chiama all’amore. Quale oggetto di amore più grande poteva dare? Quale oggetto di amore poteva dare a noi che potesse appagare il nostro desiderio, se non se stesso? Egli ci ha chiamati alla comunione con sé. È in questa comunione con Lui che noi possiamo trovare la pienezza della nostra vita.

Tutto l’Antico Testamento è un continuo richiamo di Dio all’amore verso di Lui, verso un Amore che è disinteressato. DESIDERANDO L'AMORE DEL SUO POPOLO, Dio non vuole ottenere qualcosa per sé: «Che me ne faccio dei vostri sacrifici? Che me ne faccio dei vostri vitelli e dei vostri montoni? Tutta la terra è mia. Purificatevi, lavatevi dei vostri peccati». Ecco, il Signore, non desidera qualcosa per sé, desidera qualcosa per noi. Desidera il bene del Suo popolo. L’amore che Dio desidera è un amore che viene a purificare, cioè a liberarci.

Dio mi chiama all’amore, perché io diventi amore, perché io riesca ad inserire il mio piccolo cuore nel suo grande cuore e al mio piccolo cuore riesca a dare le dimensioni del suo cuore e così poi il mio cuore possa spaziare e quindi gioire: «Vi ho detto queste cose, perché, la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena». Ricordate il Vangelo di S. Giovanni al cap. 16, durante l’ultima cena, quando Gesù parla di amore? Certamente, noi possiamo vivere di questo amore SE RIMANIAMO IN LUI. Egli, come si è detto precedentemente, ci chiama all’amore, all’amore come comunione in Lui, abitare in Lui ed essere abitati da Lui: «Se mi amerete e le mie Parole rimangono in Voi, rimarrete in me ed io in voi» (cfr. Giov. 15,7). Ed ancora: «Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete in me, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore» (Giov. 15,10). «Rimanere in Lui» ed «essere abitati da Lui»: questo è dialogo di amicizia con Cristo «Non vi chiamo più servi, ma vi chiamo amici perché tutto quello che ho udito dal Padre, l’ho fatto conoscere a voi» (cfr. Giov. 15, 12-17).

I versetti dal 12 al 17 sono proprio quelli che riguardano, direi, questa proclamazione ufficiale dell’amicizia di Gesù nei confronti dei suoi discepoli. Egli ci manifesta tutto, è ora quindi, che anche noi gli manifestiamo tutto, ecco il dialogo: ascolto, risposta. Quindi rimanere in Lui significherà ascoltarlo, ascoltare la Sua Parola, nutrirsi della Sua Parola, nutrirsi del suo sangue, significherà accoglierlo dentro di noi. Tutte le volte che noi celebriamo l’Eucarestia, celebriamo la Pasqua, perché Cristo morto e risorto diventa una sola cosa con ciascuno di noi: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, rimane in me ed io in Lui».

Ricordate Giovami al capitolo 6 e soprattutto i versetti dal 48 al 58: «Io sono il pane di vita». Il Signore mi chiama all’amore ed è proprio in questa comunione di amore con Lui che noi, in un certo senso, ci identifichiamo con Lui. S. Paolo, in Galati 2,20, ci dice: «Non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me». In questo rapporto di amicizia possiamo fare tanto spazio a Lui in modo che, abitando in noi, Egli vive per mezzo nostro e noi viviamo in Lui.

Ciò non significa essere depersonalizzati, anzi la nostra personalità viene esaltata, cioè viene data una nuova potenzialità (divina) alle nostre facoltà naturali (umane). La nuova potenzialità significa questo: nella Sua Parola noi troviamo la luce per COMPRENDERE CHI SIAMO, da dove veniamo, che cosa dobbiamo fare, che cosa è bene che noi andiamo via via compiendo nella nostra vita. Ecco una potenzialità nuova per la nostra vita, la nostra intelligenza, ecco una luce nuova, una forza nuova alla nostra volontà per potere realizzare ciò che abbiamo capito che è bene fare.

Non sempre riusciamo a gestire la nostra volontà nel modo giusto, anche perché essa viene determinata, e tante volte limitata e condizionata, da tanti elementi esterni a noi. Pensate ai cosiddetti “persuasori occulti” che via via ci determinano a fare delle cose che non abbiamo deciso noi, ma altri. Dobbiamo fare i conti anche con i condizionamenti interni… la nostra storia personale che ha determinato in noi certe tendenze e certe tensioni, certe attrattive e certe propulsioni. Veniamo condizionati da tante cose. Questa forza di Cristo, questo abitare di noi in Lui e di Lui in noi, gradualmente CI LIBERA DAVTUTTI QUESTI CONDIZIONAMENTI, dà maggior potere alla nostra volontà, alla nostra capacità di autodeterminarci, alla nostra capacitá di scegliere.

Ecco, quindi, che questa presenza di Cristo in noi, questo vivere noi in Lui e questo vivere di Lui, avviene nel dialogo con Lui, dialogo che è PREGHIERA, contemplazione.

La preghiera ci dona la certezza di vedere Cristo presente in ogni momento, nella nostra vita, perché pregando, tutta la vita diventa, poi, preghiera, diventa un dialogo costante con Lui che è presente dentro di noi e attorno a noi.

Vengono colti, poi, degli altri stimoli, delle altre sollecitazioni per un colloquio più forte, più approfondito; ma è sempre colloquio anche quello a bocca chiusa, come quando si è accanto ad un amico e, anche se non gli si parla, si ha la consapevolezza che si sta comunicando.

“Dio mi affida una missione d’Amore”, perché trasformandomi, trasfigurandomi in Lui io divento amore e questo amore logicamente dovrò manifestarlo. «Dovrò» indica una necessità della mia natura, della mia nuova natura.

Come potrò essere amore, se non amando? Tutta la mia vita, quindi, diventa o dovrebbe diventare una manifestazione della mia natura nuova che deve essere «amore». Gesù, quando sale al cielo, dice ai discepoli e agli apostoli: «mi sarete testimoni fino agli estremi confini della terra (At. 1,8). “Testimoni” significa “essere un segno della sua presenza”.

Ciascuno di noi diventa icona, diventa immagine di Dio, di questo Dio che è Amore.

Ricordate le parole «egli fu creato a sua immagine e somiglianza».

L’uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio, è egli stesso segno della presenza del Signore, dunque, non è un’immagine muta, impotente, ma ha la sua intelligenza, la sua capacità di volere e, quindi, a immagine di Dio diventa creativo, fattivo nell’amore.

“Testimoni”, dunque, significherà essere segno dell’amore di Cristo, amore che ha avuto come destinataria la Chiesa, sua Sposa, anzi l’umanità tutta, perché per tutta l’umanità Lui è morto.

Cristo chiama tutta l’umanità, vuole che tutta l'umanità diventi Chiesa, ama tutta l’umanità.

Ogni uomo, quindi, può avere questo rapporto di amore con Dio. Con coloro che gli rispondono con amore, questo amore diventa dialogo.

Lui chiama e l’altro risponde; e la risposta lo fa entrare nelle «comunità» di coloro che gli rispondono, nella comunità di coloro che lo seguono, nella «Chiesa».

Tutti noi siamo questa vite, siamo la vigna che Dio ama, siamo questo grappolo di uva in cui ciascuno acino ha il proprio nome. Tutti coloro che amano costituiscono un’unica vite, siamo cellule che hanno la propria identità, e al tempo stesso fanno parte dell’unico corpo.

Cristo ama la Chiesa, ha amato la Chiesa ed ha dato sé stesso per lei, per renderla santa ed immacolata. Ricordate questa frase nella lettera di S. Paolo agli Efesini. La troviamo in un discorso sul matrimonio. Infatti, S. Paolo dice: «mariti, amate le vostre mogli come Cristo ha amato la Chiesa ed ha dato sé stesso per lei» (Ef 5,25).

Qui facciamo una piccola osservazione: nell’Antico Testamento veniva detto «Dio ama Israele come lo sposo fedele ama la propria sposa, anche se infedele». Il termine di paragone è, cioè, il matrimonio, quel rapporto tra lo sposo e la sposa, perché l’amore di Dio non sia invisibile, perchè l’amore tra gli sposi sia visibile.

In Paolo l'amore di Dio è ancora più visibile: «mariti, amate le vostre mogli…». È evidente che qui il termine di paragone è l’amore che Cristo ha per la Chiesa, perché quest’amore l’abbiamo visto e lo vediamo, l’abbiamo constatato, è un amore fino all’estremo limite: «Avendo amato i suoi, li amò fino alla fine, fino all’estremo limite» (Giov.13,1).

Essere testimoni dell’amore significa esplicitare, attraverso la propria vita, questo amore che Cristo ha per la Chiesa, questo rapporto di reciprocità che c’è tra Cristo e la Chiesa. La Chiesa cioè diventa, anche per coloro che ne fanno parte, mediazione di questo amore di Cristo, cioè ciascuno di noi riceve l’amore di Cristo per mezzo della Chiesa, all’interno della Chiesa e celebra i sacramenti in quanto Chiesa.

Non potrei celebrare un sacramento se non fossi Chiesa. Se io mi ponessi al di fuori della Chiesa non celebrerei i sacramenti, farei dei semplici riti che non hanno senso. Certamente Dio non può limitare il suo amore, però la via più efficace, la via più ordinaria è quella della comunità, la Chiesa, attraverso la quale Egli fa giungere a noi il suo amore che si manifesta per mezzo dei sacramenti.

Noi riceviamo questa presenza di Dio in noi attraverso i sacramenti che ci comunicano la sua stessa natura. Ovviamente Dio non può limitare a questo la sua comunicazione di sé stesso, perché Dio ama ogni uomo e troverà il mezzo per arrivare a ciascuno, però è più difficile per l’uomo capirlo. Ci sono alcuni che arrivano a questa conoscenza di Dio anche attraverso un cammino di autoformazione, un cammino mistico, cioè di preghiera che va in profondità. Pensate, ad esempio, ad alcune persone, che vivono nel buddismo, che arrivano anche a delle forme di mistica che sono un attingere a Dio. E quando si arriva a questo, Dio è di tutti, di sempre, Dio loro e Dio nostro.

Nella Chiesa abbiamo più possibilità, anche se coloro che ne fanno parte non sono tutti santi. La Chiesa non esaurisce il Regno di Dio, cioè la presenza di Dio nel mondo, ma è la forma più evidente di questo Regno di Dio che va espandendosi, che va realizzandosi.

Noi, quindi, abbiamo una comunicazione di Dio mediata dalla Chiesa, come comunità. Il matrimonio è proprio questa testimonianza dell’amore di Dio che viene mediato da un altro.

In tutti i sacramenti c’è il gesto della imposizione delle mani, che viene detto epiclesi (dal greco), invocazione (dal latino) e significa «chiamare su». È una invocazione dello Spirito Santo ed è lo Spirito Santo che rende presente il Signore nel pane e nel vino, nel battezzato, nel cresimato, ecc…

Nel matrimonio non c’è l’imposizione delle mani, io penso che questa viene sostituita dalla stretta di mano: «Datevi la mano ed esprimete il vostro consenso», «io… prendo te…». È proprio in quel momento che ciascuno diventa mediatore per l’altro della presenza di Dio. E, come nel momento sacramentale così nella vita coniugale, in certo senso, ciascuno dei due si presenta a Dio per mezzo dell’altro, diventa una presentazione inscindibile.

Dio non conosce, ad esempio, Mario se non per mezzo di Pina e viceversa non conosce Pina se non per mezzo di Mario, se sono sposi. Questa inscindibilità di comunicazione, però, non significa che ciascuno dei due non possa dialogare con il Signore personalmente.

Comunichiamo quindi sempre con Dio, personalmente e come mebri della Chiesa, solo comunicando con Dio potremo sempre nutrirci del suo amore, che ci trasfigura, ci rende sui figli. Quei figli che erediteranno il suo regno, non un regno qualunque, ma il Regno di Dio! Che nessuno, nell'amore in Dio, potrà mai toglierci, poichè l'unica maniera di perdere il Regno di Dio, è perdendo l'amore per Lui, attraverso l'infedeltà di chi non vuole più essere amato, nè perdonato. Non smettiamo quindi di cercarLo, nè di amarLo. Solo così la certezza di vivere la Vita Eterna sarà piena.

 
 
 
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