Pensieri e parole...
Riflessioni, emozioni, musica, idee e sogni di un internauta alle prese con la vita... Porto con me sempre il mio quaderno degli appunti, mi fermo, scrivo, riprendo il cammino... verso la Luce
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Si dimette il primo ministro irlandese, Leo Varadkar, dopo la scoppola rimediata al referendum costituzionale sulla famiglia.
Il partito e il governo sono resposnabili del disastroso referendum tenuto lo scorso otto marzo che, nel disegno di Varadkar, avrebbe dovuto modernizzare la costituzione cambiando sia la definizione di famiglia sia il ruolo della donna. Alla prova dei fatti il referendum è stato un clamoroso disastro, con circa il 70% dei votanti che si è espesso contro le proposte del governo, mostrando come quest’ultimo fosse ben lontano dal sentire popolare. Respinti entrambi i quesiti per modificare la carta del 1937 ed eliminare passaggi come l’invito alle cittadine di “rimanere in casa”. Bassa l’affluenza. Il primo ministro Varadkar: “Due sberle per il governo”.
È fallito in Irlanda il referendum per modificare la Costituzione e rimuovere i passaggi e i riferimenti, a sentir dire i promotori del referendum, sessisti nei confronti delle donne, incluso quello per cui farebbero bene a “rimanere in casa” a prendersi cura della famiglia. Come se la famiglia fosse improvvisamente divenuta un fardello da togliere di mezzo. Ma in fondo lo sappiamo, l'eliminazione della famiglia è uno dei punti fondamentali dell'agenda del WEF di Davos, ma ancora una volta, il Deep State ha fallito: gli irlandesi hanno ribadito il loro NO!
Lo spoglio delle schede del referendum dell'otto marzo scorso ha dato una chiara indicazione: per entrambi i quesiti ha vinto il “NO", nonostante nella campagna referendaria tutti i principali partiti si fossero spesi per il sì, da quelli di governo a Sinn Féin, ex braccio politico dei terroristi dell’Ira. Addirittura, il Taoiseach (il primo ministro) Leo Varadkar alla vigilia del voto aveva esortato tutti gli irlandesi a votare per quello che era un cambiamento necessario: “Se non votiamo sì, sarà un brutto passo indietro per il nostro Paese in termini di diritti e uguaglianza per le donne”. Invece, il popolo irlandese non li ha ascoltati. E ha cassato le modifiche proposte. Eppure, la maggioranza dei sondaggi alla vigilia dava il sì nettamente in vantaggio, per entrambe le modifiche proposte. Si sono sbagliati tremendamente, e negli ultimi giorni il numero di indecisi era cresciuto fino al 35%. L'affluenza è stata molto bassa: circa il 40%. Nei referendum in Irlanda non è necessario un quorum, ma ciò dimostrerebbe come molti cittadini non fossero interessati a votare su un argomento del genere, dopo una campagna stanca. O forse, secondo le prime analisi del voto, una buona parte degli irlandesi non ha capito a pieno la questione, visto che i due quesiti riguardavano modifiche lessicali alla costituzione, sottili ma allo stesso tempo sostanziali, dalle conseguenze probabilmente oscure ai più. E così in molti hanno preferito non esprimersi. Nel Paese di storie drammatiche e misogine come nel film “Madgalene”, oggi bisognava decidere se emendare la Carta Costituzionale del 1937, scritta dall’allora presidente del consiglio esecutivo Éamon de Valera e alleati, in stretto contatto con la Chiesa Cattolica. I QUESITI ERANO DUE. La prima modifica riguardava l’articolo 41.1.1, riguardo al matrimonio. Se oggi si legge che, un po’ come in Italia, “lo Stato irlandese promette di difendere particolarmente l’istituzione del matrimonio, sul quale si fonda la famiglia, e proteggerla da ogni attacco esterno”, la nuova proposta recitava: “Lo Stato riconosce la famiglia, che sia fondata sul matrimonio o altre unioni di lunga durata, come il nucleo primario, naturale e fondamentale della società”. Proprio l’alternativa “unione di lunga durata” è stata attaccata dei sostenitori del “No”, perché secondo loro troppo vaga e dunque possibile “pretesto per far riconoscere poligamia o i ricongiungimenti familiari di migranti e richiedenti asilo”.
Il secondo ritocco alla Costituzione irlandese riguardava invece più specificatamente il ruolo della donna. Nell’attuale articolo 41.2 si legge: “Lo Stato riconosce che, passando la sua vita in casa, la donna dà alla comunità un sostegno senza il quale il bene comune non potrebbe mai essere raggiunto”. E inoltre: “Lo Stato farà sì che le madri, in caso di necessità economiche, non debbano essere obbligate a lavorare, per occuparsi invece dei loro impegni casalinghi”. Il nuovo testo, invece, avrebbe rimpiazzato il vecchio così: “Lo Stato riconosce l’attenzione e l’accudimento, da parte di membri di una famiglia, di altri dello stesso nucleo, perché si tratta di azioni senza le quali il bene comune non può essere raggiunto”. Non possiamo rimanere ancorati al passato”, aveva insistito Varadkar due giorni fa, “ci sono centinaia di migliaia di persone in Irlanda che non sono riconosciute in base al concetto di “famiglia tradizionale” espresso nella nostra Costituzione del 1937”.
Invece l’Irlanda, dopo essersi espressa nei referendum degli ultimi decenni in massa a favore di divorzio, aborto e matrimoni gay nonostante l’ancora forte influenza della Chiesa Cattolica, stavolta non ha seguito le indicazioni di quasi tutta la politica. Il primo ministro Varadkar parla di “due sberle” ricevute dal governo. Fianna Fáil e Fine Gael, i due partiti di coalizione, ammettono che “il popolo ha parlato e bisogna rispettare la sua decisione”, mentre Mary Lou McDonald, leader di Sinn Féin che aveva chiesto addirittura una formulazione più radicale contro il sessismo e la misoginia in costituzione, insiste: “Non siamo alienati dagli elettori”. Varadkar non aveva mai nascosto le sue SIMPATIE PER LE STRAMPALATE TEORIE SCARNIFICANTI IL SIMBOLO CARDINE DELLA AZIONE CATTOLICA, LA FAMIGLIA, CHE SCHWAB E GLI ACCOLITI DI DAVOS HANNO SEMPRE GRIDATO AI QUATTRO VENTI. EPPURE GLI IRLANDESI, CON CORAGGIO E DETERMINAZIONE, HANNO MALAMENTE SCHIAFFEGGIATO IL LORO GOVERNO CON DUE SECCHI "NO". Adesso il primo ministro irlandese Varadkar si dimette dalla guida del partito di governo Fine Gael e da primo ministro. Pesano cosi tanto quindi le sconfitte elettorali. Ora o ci saranno elezioni o la nomina di un nuovo primo ministro, che potrebbe essere anche il commissario Paschal Donohoe. Il Primo Ministro irlandese Leo Varadkar ha annunciato mercoledì 20 marzo 2024, che si dimetterà non appena il suo partito Fine Gael nominerà un nuovo leader. “Quando sono diventato leader del partito e Taoiseach (primo ministro) nel giugno 2017, sapevo che una parte della leadership consiste nel sapere che è arrivato il momento di passare il testimone a qualcun altro, e di avere il coraggio di farlo. Quel momento è adesso”, ha detto Varadkar ai giornalisti fuori dagli uffici governativi a Dublino. “Perciò mi dimetto da Presidente e leader del Fine Gael con effetto da oggi e mi dimetterò da Taoiseach non appena il mio successore sarà in grado di assumere l’incarico”. Varadkar ha affermato che le sue ragioni per dimettersi erano “sia personali che politiche”, suggerendo che un nuovo leader sarebbe in una posizione migliore per guidare il suo partito e l’attuale coalizione di governo centrista – che comprende anche Fianna Fáil e il Partito Verde – alle prossime elezioni locali ed europee di giugno. Le prossime elezioni nazionali dovranno essere indette entro l’inizio del 2025. Ha chiesto di scegliere un nuovo leader il 6 aprile, consentendo l’elezione di un nuovo Primo Ministro dopo la pausa pasquale del Parlamento. Il risultato di sconfitte elettorali e del disastroso referendum Il Fine Gael ha subito una serie di clamorose sconfitte elettorali negli ultimi tempi, mentre 11 dei parlamentari del partito – conosciuti come Teachta Dála (TD) – hanno annunciato che non si ricandideranno alle prossime elezioni. Varadkar ha detto di non sentirsi più la persona migliore per guidare il partito. “Ci sono colleghi leali e buoni amici che si candidano alle elezioni locali ed europee, e voglio dare loro la migliore opportunità possibile, e credo che abbiano maggiori possibilità con un nuovo leader”, ha detto. Varadkar rimarrà come deputato della circoscrizione di Dublino Ovest e ha detto di non avere “nient’altro in programma” e “nessun piano personale o politico definito”. L’oopposizione del Sinn Fein ha chiesto ora le elezioni anticipate. Nel caso non fossero concesse la coalizione di governo nominerà un nuovo primo ministro che potrebbe anche essere il commissario europeo Paschal Donohoe. |
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