Creato da massimofurio il 20/04/2012
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« LA PICCOLA | Mio nonno » |
All'oratorio, al sabato pomeriggio, davano i filmese. Ora a ricordarli, credo che così belli, non ne esistano più.Si entrava i punta di piedi, c'era un prelato che con lo sguardo severo ti ammoniva di tutto e ci siamo capiti di cosa. Eravamo solo maschietti, le femminucce erano tabu, stavano raggruppate in platea, quasi pecore circondate da lupacchiotti, ma ancora senza tutti i denti, ma tutti ululavamo già, ma a dire il vero, non era quella la cosa importante, intendo le pecorelle, a me rapiva l'ambiente. Nel pre orgasmo cineasta, respiravo l'odore del vecchio legno dei sedili, fissavo le luci tremule, impaziente che si spegnessero, contavo con le mani gli spiccioli del resto, 20Lire era l'entrata, me ne rimanevano abbastanza per un spaccadenti e le patatine, “Pai” naturalmente, ma solo all'intervallo, a volte nella confusione dell'acquisto, riuscivo a non pagare, già ladro a quei tempi, lo ammetto. Poi la luce si spegneva, gli ultimi veloci e pareggianti pugni ai fedeli amici e via andavamo in estasi.
Il far west, il padre di tutti noi, il nostro abbecedario di vita, la nostra estasi, gli sballi del sabato pomeriggio. I cavalli, gli indiani, la diligenza, le giacche blu, lo sceriffo, il saloon con le sue signorine, ma poi su tutto gli scenari. Il deserto dipinto, la valle dei monumenti, il gran canion, le fattorie, i fiumi, una terra immensa e bellissima, che nel grande schermo del cinema, mi sembrava vera e che io fossi lì a respirare la polvere e il caldo, sentendo sibilare le frecce sulla testa. Ho parlato di pugni, nel mentre si aspettava l'inizio, ci si scambiava un ragionar di braccia a ribadire scelte non condivise o piccole vendette o gerarchie non rispettate, tutto nel buio penombrato la piccole luci liberty, che tanto ho cercato in mercatini senza mai trovarle, poi il filmese cominciava e piallava le nostre umanità. Spero, di riuscire ad andare in questi posti, sarà un sorso di gioventù, Don Camillo insegna.
L'unica rappresentazione pomeridiana finiva. Tragedia. Grande tragedia, sconvolti andavamo subito sui prati, e giù botte da orbi, magari solo per stabilire chi faceva la parte di Jhon, (era il personaggio più ambito, insomma Jhon sarà sempre meglio che Carl e che caz). Ne valeva la pena, chi le buscava, faceva la parte degli indiani, è normale. Anni dopo sui dodici tredici anni, arrivarono i filmese, dalla Cina, e con furore. Li le botte erano come stelle nel cielo, ma non era più la stessa cosa. Il West, solo il west, ha potuto incidere nei caratteri, formando le nostre piccole menti di allora. Verso la sera, sui prati, ci accendevamo un piccolo fuoco, lì intorno ci si scusava per qualche colpo troppo forte e si mangiavano le ultime briciole di patatine nelle tasche, poi sentivo mia madre che con la voce incazzata, mi chiamava e mi veniva a cercare, erano botte, dopo e durante il bagno.
Il rito del fuoco è rimasto sino ai 18anni, a volte si faceva alla brace qualche tordo o tortora che riuscivamo a catturare con il roccolo oppure qualche pezzo di salciccia, ma non si disdegnavano peperoni castagne patate cipolle, nei periodi estivi, al mare si pescava cio che si trovava il massimo erano le cozze e i polpi e poi a sera si faceva il fuoco. Due erano le spiagge, una era in fondo ad una crosa de ma a Genova, una spiaggietta in mezzo agli scogli, di poche decine di metri, classica da polpi, l'altra era a Riva Trigoso, ove sotto l'alaggio dove varavano navi da decine di migliaia di ton, cerano cozze, quà chiamate muscoli, grosse come mani. In mezzo a quei tralicci di acciaio, come piccole otarie nuotavamo felici e spensierati in apnea a rischio di morte a ogni istante e nessuno mai si era fatto male.
Presi i muscoli, puliti di tutti i denti di cane, si andava a dissotterrare nella sabbia la pignatta per cuocerli, altri andavano a prendere il prezzemolo in qualche orto a volte anche qualche testa d'aglio e o cipolle, poi con l'acqua di mare si coceva il tutto. Il fuoco in mezzo alle pietre sotto la massicciata della vecchi ferrovia. Quante volte, abbiamo dormito sulla spiaggia, lontani e sicuri come nella sala di casa, sei o sette al massimo una crema di amici legati e solidi come rocce, veramente uno per tutti e tutti per uno. D'inverno era lo stesso molto bello, gli uccelletti di passo erano le vittime. A volte sfociavano liti furiose, se si sbagliava il colore del roccolo, era fondamentale, senno non si mangiava. Il colore se non è appropriato gli uccelletti vedono la rete e la scansano. Ucciderli dopo averli presi era un momento un po difficile, ricordo il primo, era un tordo, gli altri no.
Dopo, intorno al fuoco, mentre si attendeva la cottura, il posto era sempre lo stesso, un seccatoio da castagne, isolato a nord del Monte Fasce, si scherzava sulla puzza delle interiore se era superiore a quella delle scoregge, si aggiungeva qualche pezzo di salciccia e patate nella cenere e poi mangiavamo tutto, anche le ossicine. Quasi tutti sapevamo pulire e scquoiare qualsiasi animale, abbiamo catturato e mangiato anche dei piccoli di cinghiale, cioè piccoli, perche allora erano piccoli, ora si incrociano con i maiali e sono enormi. Allora nei boschi, puliti come un prato di casa eravamo felici come piccoli lupi in caccia, ci guardavamo sorridendo in silenzio e salivamo le montagne di corsa, i bagni ai laghetti, ci pestavamo tutti i giorni, ma senza farsi male, era un rito, si stabilivano gerarchie, ma erano molto elastiche, il pernacchione o il coppino non offendeva nessuno, ci volevamo bene.
Il mio monte, Il Fasce, quasi 900 metri, in cima c'è una grande croce tralicciata alta una ventina di metri, dove salivamo e andavamo a metterci nella braccia quando soffiava il vento pieno di nuvole e sotto c'è Genova, stesa a proteggere la montagne dal mare. C'è una piccola piazzetta dove ci sedavamo a guardare l'immenso panorama, che andava da Capo Corso in Corsica e l'isola della Gorgona, al Monviso nelle alpi Cozie, al Saccarello nelle Marittime cuspide di confine tra Liguria Piemonte e Francia. Ora so i nomi allora no erano i nostri posti, ove solo io da grande ci sono andato. Vedo il Fasce anche dal mio ufficio, e a volte quando il capo uff. mi rompe le palle, guardo sù e mi vedo in pantaloncini corti a correre sulla stradina dei tedeschi, libero sulla groppa di quel monte, correre, tirare sassi, bere l'acqua di sorgente.
E' un posto molto caro, se dovessi scegliere dove morire, mi siederei la sul fianco sotto la croce e chiuderei gli occhi, respirando l'odore dell'erba, sentendo il battito del mio cuore e il mio respiro fermarsi, sarebbe uno scherzo finire così, sarebbe col sorriso. A volte capitava che c'erano le nuvole basse, quelle bianche compatte, dal bianco uscivano le cime dei monti, come isole, sotto le nubi il mondo e noi sopra, si vedevano delle piccole saette e ci sentivamo dei piccoli Giovi tonanti.
Poi scese su di noi la notte della droga e di quei sette solo l'unico vivo. Accendo ancora il fuoco d'inverno nella mia terra e con mia figlia, ci facciamo le castagne o li spiedini, ma non sarà mai la stessa cosa. A volte vado con la mia moto, su quelle spiagge, e trascino i miei pensieri a quei ricordi e mi viene da piangere, come ora. Chissà se la pignatta è ancora là, era della mamma di Carletto, le botte che aveva preso quando ce l'aveva rubata, era d'alluminio con i manici di bachelite nera. I roccoli sono in cantina, in una scatola, ma il mio cuore è spaccato. La felicità come allora, non verrà mai più. Non rideremo mai più così, nessun ristorante ci cocerà cosi bene, quella coscetta di tordo o tentacolo di polpo, non ci sentiremo mai più felici ed appagati mentre tornavamo a casa in quei treni con i vagoni di legno, una porta ad ogni scompartimento o mentre scendevamo in fila dalle nostre montagne, scoreggiando come muli.
Mai più sarà così come allora. Quando vado al cimitero, in mezzo a quella gente che conosco, guardo quei visi iconizzati in vecchie foto e i miei ricordi partono dolorosi. La squadra si formò al cinema dell'oratorio, loro mi stanno aspettando e mi pare che quasi mi sorridono. Chissà, forse un giorno ci ritroveremo e torneremo ad essere un unico organismo, come eravamo.
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