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Curare con il giardinaggio
Post n°2243 pubblicato il 17 Giugno 2017 da namy0000
“La fine dell’inverno può offrire opportunità per intraprendere attività che sembrano particolarmente salutari per le persone anziane, anche se gli effetti benefici sono stati riscontati nelle diverse fasi della vita. Mi riferisco al giardinaggio e alla coltivazione di orti. Fin dagli albori delle civiltà, la natura ha rappresentato per l‘essere umano la via per crescere spiritualmente, per consolidare i rapporti sociali e favorire il benessere psico-fisico. Le prime osservazioni in ambito medico sono state effettuate nei paesi anglosassoni intorno al 1600 e riguardavano la popolazione povera. Alle persone che non erano in grado di pagare le cure ricevute, veniva proposto di occuparsi del giardino dell’ospedale. I medici osservarono che i pazienti svolevano volentieri il lavoro nel giardino e guarivano più in fretta rispetto ai degenti più ricchi. Le conoscenze scientifiche di allora non permisero di spiegare tali fenomeni e quindi non fu approfondita la funzione terapeutica della natura fino alla seconda metà dell’Ottocento. È in quel periodo che in alcuni ospedali degli Usa vengono allestite serre per favorire il decorso della convalescenza dei pazienti. Coloro che si occupavano di giardinaggio e di orto avevano miglioramenti più marcati a livello motorio, di disagi mentali e di gioia di vivere rispetto a chi non svolgeva tali attività. Oggi negli Stati Uniti ci sono centri specialistici, come ad esempio la Horticultural Therapy e reparti di ortoterapia in alcuni ospedali. In Europa e, in particolare in Francia, in Germania, in Belgio e in Olanda, questo tipo di terapia è inserita in molti progetti riabilitativi, sia negli ospedali che nelle strutture socio-assistenziali. Per quanto riguarda il nostro Paese, si sta affrontando la tematica in modo scientifico e costante solamente da alcuni anni; gli ambiti di approfondimento sono gli ospedali, le scuole di agraria, i centri di riabilitazione, le case di cura, le comunità e le carceri” (Quirino Quisi, Famiglia in dialogo marzo-giugno 2016). |
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