Un mondo nuovo

Rompere il matrimonio

“Non diciamo che un matrimonio va tenuto in piedi, costi quel che costi (scontentezza, insoddisfazione, noia, rassegnazione, oppure risentimento e rabbia ecc…) stiamo dicendo che a un legame d’amore (voluto in libertà) non si può chiedere ciò che non può dare. Mettiamola sul semplice. Se una persona si sposa dicendosi: “Così non sarò più solo, così sarò felice, così avrò un’assicurazione contro il vuoto, la solitudine, il senso di inadeguatezza, le antiche paure, la pesantezza…” è meglio che non si sposi! Vicinanza, senso di appartenenza, capacità di superare le difficoltà, sentimento di realizzazione e di pienezza, sono frutti di quell’albero buono che è il matrimonio, se (e solo se) quell’albero lo si ritiene degno di cura, se si spende tempo per tenerlo vivo, se si rispettano i suoi (dell’albero) tempi… naturalmente da parte di ambedue. Per continuare la metafora: se uno si aspetta i frutti senza contribuire a curare l’albero, è semplicemente fuori dalla realtà. E ascolta le sirene così fascinose dei nostri tempi individualistici che parlano di diritti, di frutti già maturi che cadono da soli dall’albero! E questo anche per il più laico dei matrimoni! Philippe Cahier, psichiatra belga, diceva che nel legame d’amore uno più uno fa tre! Cioè un dono (il tre) che ci supera, che ci fa veri, realistici, al di là delle nostre fantasie onnipotenti (vedi Benedette differenze, Ed San Paolo). Se poi il nostro legame d’amore è “consegnato” nel sacramento a Colui che ci ha amati per primo e che ama realmente in noi, nel nostro piccolo e incerto amore reciproco, allora scopriamo che ogni giorno del nostro matrimonio è un dono sorprendente. E non meritato” (Mariateresa Zattoni, Consulente e formatore, FC n. 37 del 16 sett. 2018).