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Società del benessere
Post n°2920 pubblicato il 31 Gennaio 2019 da namy0000
Le scrivo per esporle una situazione che nel piccolo è lo specchio della realtà che ci circonda, nella società del benessere. Mi chiamo Antonio. Ho 56 anni, un impiego, una vita normale. Sono divorziato, non ho figli. Nel benessere, spesso non siamo più in grado nemmeno di portare avanti una famiglia, il più piccolo nucleo naturale di comunità; nello stesso tempo, ci indigniamo se nelle realtà più grandi, dal condominio, alle comunità locali, alla comunità nazionale, non tutti pensano all’interesse comune, ma al proprio tornaconto personale, senza scrupoli, anche a costo di danneggiare e screditare altre persone. Nel 2000, sono stato lasciato da mia moglie che è rimasta a vivere nella casa comune. Da allora a tutt’oggi, a distanza di quasi vent’anni, un certo numero di persone vicine alla sua famiglia di origine mi hanno tolto perfino il saluto. Tutte persone cattoliche, che ogni domenica si accostano per ricevere la Comunione alla Messa; una donna, tra queste, distribuisce perfino l’Eucaristia. Vorrei domandare a queste persone: ma io cosa vi ho fatto? Cosa vi ho mai detto di male? Cosa mi avete visto fare o dire di male a qualcuno? E specifico: visto o sentito di persona, con i vostri occhi e con le vostre orecchie, non raccontatovi da altri. vi ringrazio se soltanto riuscirete a trovare l’umiltà per farvi un esame di coscienza. Ecco che allora emergerà che siete arrivati al punto di non salutarmi più per tutti questi anni per qualcosa che vi siete sentiti soltanto raccontare. Vi rendete conto che si è degli “infami” a calunniare e screditare altre persone esclusivamente per apparire migliori? Del male che si può fare agli altri? Del resto, la mia ex moglie e la sua famiglia di origine, cattolici molto praticanti, ci hanno sempre tenuto a “sentirsi” delle persone esemplari, dei modelli da seguire. A oggi, però, la mia ex moglie convive nella nostra casa con il suo amante, forse anche nuovo marito. E per continuare a essere “un esempio” la cosa più facile è screditare, calunniare e prodigarsi per continuare a dare l’immagine di sé di una povera e umile vittima delle circostanze. Per continuare ad apparire, anziché essere. Ed è la cosa peggiore. L’umiltà, questa parola usata e abusata da lei. Ci si deve rendere conto che è necessario essere umili nella vita di tutti i giorni, a cominciare dalla nostra, è troppo comodo essere umili soltanto a parole. Mi farebbe piacere se lei potesse pubblicare questa mia lettera. Delle cose, anche se molto semplici ed elementari, non vengono nemmeno recepite da chi è convinto, dall’alto della propria falsa umiltà, di essere “nel giusto”, e procede imperterrito nelle proprie convinzioni – Antonio (Lettera pubblicata da FC n. 4 del 27 genn. 2019). |
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