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Porte sbarrate
Post n°3257 pubblicato il 03 Marzo 2020 da namy0000
Coronavirus, le storie. L’altra emergenza: i dimenticati Centri diurni, asili nido, attività di inserimento sociale e lavorativo per persone in difficoltà, luoghi di assistenza e riabilitazione: nei dieci Comuni della provincia di Lodi che fanno parte della cosiddetta “zona rossa” i servizi sociali sono sospesi fino a data da destinarsi. Spezzata la rete dei servizi sociali. Un mondo vitale in Lombardia. Una popolazione di quasi 50mila abitanti “blindata”, da Codogno a Casalpusterlengo, da Maleo a Castiglione d’Adda, da Somaglia a San Fiorano, che rischia di implodere, costretta entro i confini di quella che i tecnici chiamano “cintura di sicurezza”, da dove nessuno può entrare né uscire. Quanto durerà? «Non lo possiamo sapere, ma il vero dramma è che nel frattempo non possiamo fare niente, se non stare vicino, magari con una telefonata, ai ragazzi e alle loro famiglie» dice Monica Giorgis, direttore della Cooperativa “Amicizia”, con sede principale a Codogno, che gestisce anche in due filiali, nel comprensorio, 8 tra centri diurni, ambulatori per minori, realtà educative e formative rivolte agli adolescenti e tre residenze sanitarie per disabili. «La maggior parte delle persone di cui si occupa la cooperativa sono persone con autismo o con problemi psichici, che fanno fatica ad accettare un cambiamento della loro giornata – spiega –, che non vogliono rinunciare a una vita piena insieme agli altri: non si va più a cavallo, niente più passeggiate all’aria aperta o gite col pullmino, basta serate in pizzeria o pomeriggi al bar: sono costretti a rimanere a casa tutto il giorno a fare niente». Le loro giornate sono stravolte. «Come spiegare a un autistico che dobbiamo lasciarlo a casa?» «Di storie da raccontare ce ne sarebbero tante» prosegue la dottoressa Giorgis. Come questa. Una mamma è alle prese 24 ore su 24 con il figlio autistico, un giovane di 21 anni, che da quando è cominciato l’isolamento in paese si è chiuso in se stesso, non vuole uscire di casa e non riesce a convivere con il padre e la sorella più piccola. E se i genitori cercassero di farlo uscire c’è anche il rischio che scappi chissà dove. I medici e gli operatori sociali (165 persone in tutto) che ancora possono recarsi in sede, inoltre, devono sottostare alla misurazione della febbre e ai necessari controlli medici, i locali devono essere quotidianamente disinfestati. «Grave però è soprattutto la ricaduta sui bambini che devono rinunciare ai trattamenti riabilitativi» conclude Giorgis. Un lavoro interrotto che può causare serie conseguenze nel loro percorso di cura. La "zona nera" dei carcerati A Casalpusterlengo ci sono le cooperative Il Ponte, impegnata nella gestione di servizi socio-sanitari, assistenziali ed educativi rivolti a disabili, minori e anziani, e Mamida che si occupa di assistenza a minori, immigrati, disabili e donne in difficoltà. Anche qui le famiglie devono farsi carico dei loro cari per tutta la giornata, senza un attimo di respiro. |
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