Un mondo nuovo

Accettiamo i rischi se ragionevoli

Intervista al dottor Luca Lorini, 58 anni, a capo dell’anestesia e rianimazione dell’Ospedale di Bergamo (FC n 22 del 31 maggio 2020).

‹‹Io nel mio lavoro sono un vulcano, ostinato, terribile. Pensi che in 3 mesi qui dentro tra i malati di Covid-19 il virus ha deciso di non attaccarmi››. Ora che, nella fase 2, l’Ospedale Papa Giovanni XXIII ha ricominciato a respirare in una situazione di quasi normalità, si lascia andare a una battuta scherzosa e un sorriso.

‹‹Un tempo di pace, in realtà, non ce l’abbiamo avuto. Siamo passati senza sosta dalla fase dei pazienti Covid a quella dei pazienti non Covid, tutti i malati di altre patologie che hanno continuato sempre a esistere, che hanno bisogno di cure e bussano alla nostra porta››. L’ospedale è tornato per tre quarti ai reparti normali e ha mantenuto una parte Covid: mai abbassare la guardia. ‹‹Ma adesso siamo pronti e sappiamo cosa fare nel caso – speriamo di no – di una seconda ondata. Abbiamo formato i medici specialisti non rianimatori alle prime terapie ai malati, abbiamo appreso meglio come si cura l’infezione, cosa che nessuno ci aveva insegnato prima. Abbiamo dovuto imparare strada facendo, con l’onestà di insegnare agli altri – perché purtroppo noi eravamo avanti a tutti – affinché gli altri non facessero i nostri stessi errori della fase iniziale. Trovare e analizzare gli errori è la strategia migliore per progredire in qualunque campo. Nasconderli non serve a nessuno››.

Lorini fa il punto dell’epidemia: ‹‹Di tutti i dati i due che contano sono il numero di malati che arrivano al pronto soccorso e il numero dei morti. Sono l’espressione di quanto il virus circoli. Ci raccontano l’inizio e la coda della malattia: chi si è ammalato negli ultimi giorni e chi si era infettato tempo fa. E i dati dicono che al momento la situazione è sotto controllo il dato dei nuovi contagi è molto relativo perché dipende dal numero dei tamponi fatti››.

In fase 1 il motto di Lorini era “Nessuno incontri nessuno”. Oggi è “Qualcuno incontri qualcuno”. ‹‹L’unica vera terapia contro il Covid, finché non arriva il vaccino, è non contagiarsi. Ma noi medici siamo uomini di questo mondo. Vogliamo il rischio zero? Rinchiudiamoci in un armadio. Ma quando poi ne usciremo troveremo un mondo distrutto, con milioni di poveri e affamati, con relazioni sociali e umane annullate. E allora bisogna accettare un rischio, ma ragionevole, con tutte le precauzioni. Con questo virus dovremo convivere a lungo. Ci sarà un mondo post-Covid, che non necessariamente sarà peggio di quello precedente. Dipende da noi e da come sapremo usare la lezione di questi mesi. Certamente sarà un mondo più connesso a distanza, in remoto››. E commenta: ‹‹Eroe è chi ogni giorno fa tutto quello che è nelle sue possibilità. Prima del Covid medici e infermieri hanno sempre fatto tutto quello che è nelle loro possibilità. E continuano a farlo. Noi non abbiamo cambiato il nostro modo di lavorare. Tutti i giorni siamo in ospedale e ci impegniamo con tutta la nostra competenza e il nostro amore verso i malati. La differenza è che con la pandemia tutto questo è diventato mediatico e il mondo se ne è accorto. Il giorno del funerale di mia madre ho lavorato fino alle 13. Alle 14 sono andato alle esequie, alle 16 ero di nuovo al lavoro. I malati non potevano aspettare. Nessuno me l’ha imposto, non avrei saputo fare diversamente. Questo è il mio lavoro. E lo faccio ogni giorno, senza bisogno di medaglie o riconoscimenti››.