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Maldicenza, calunnia, pettegolezzo

2021, Lettera a FC n. 34 del 22 agosto

LA MALDICENZA E LA CALUNNIA ROVINANO LA VITA DELLE PERSONE

Si sente spesso parlare di omofobia, xenofobia, razzismo, antisemitismo, sessismo, bullismo. Non si parla mai, o quasi, di maldicenza, diffamazione, calunnia. Il pettegolezzo, dall’ambito familiare ai luoghi di lavoro, ai media, ai giornali, viene spesso considerato come qualcosa di leggero, piacevole. Le voci passano di bocca in bocca finché non si considerano vere, le maldicenze sono adornate, ingrandite o deformate. L’ipocrisia, la mancanza di coraggio, la pavidità del singolo diventano forza nel gruppo. È di pochissimi la libertà e la forza interiore. Facilmente si scivola nella mancanza di rispetto, nell’interpretazione e svalutazione degli altri e la diceria diventa calunnia pura e semplice che distrugge reputazione e onore. La vita della persona colpita è allora fortemente compromessa: esclusione sociale, limitazione della libertà di scelta, relazioni rovinate, profezia che si autoavvera. Può diventare una “malattia”, spesso misconosciuta e sottovalutata.

Alla base della maldicenza c’è la mancanza di rispetto, e la convinzione che la realtà, la verità stiano nella propria testa, cultura, mentalità; dall’alto delle quali si può giudicare tutto e tutti. Il diverso, o colui che dà fastidio, non rientra nel proprio schema o interesse, e quindi deve essere combattuto o ridicolizzato. La psicologia e le neuroscienze affermano però che noi filtriamo, adattiamo la realtà, la vediamo in modo molto soggettivo. Se si aggiunge poi il limite di comprensione in quanto esseri umani, si dovrebbe quanto meno dubitare dell’attendibilità di tanti giudizi.

Nella maldicenza si esprimono le proprie insoddisfazioni e amarezze. Non a caso i pettegolezzi riguardano soprattutto sesso, relazioni, amore di cui la gente poco parla pubblicamente, ma dove ha problemi, pruriti, frustrazioni e malcontenti maggiori. «Sparlare è sintomo di una grande insoddisfazione interiore»; «perché sparliamo degli altri? Fondamentalmente perché siamo infelici» (papa Francesco). Al di là dei fatti, spesso incerti, le parole, il modo di interpretare e di raccontare esprimono la realtà di chi parla. I problemi sono sempre del pettegolo, non della persona di cui si parla. Il maldicente dice molto su di sé, niente sulla persona che critica. «Quello che gli altri dicono di voi è la loro realtà, non la vostra» (santa Teresa di Calcutta).

Il discorso riguarda tutti gli ambienti, le famiglie, i media, gli istituti di istruzione. Nella scuola si leggono brani di integrazione in classe e si isola o emarginano le persone che si temono, o meno simpatiche, non si rispetta l’altro nella sua diversità, anche di insegnamento, e poi ci si meraviglia del bullismo. Chiacchiere e informazioni di dubbia provenienza si accettano, si costruiscono e/o si arricchiscono, senza alcuna valutazione e considerazione sulla veridicità, così le ipotesi diventano certezze, il dubbio sulle propria convinzioni non esiste.

Che meraviglia allora: bullismo, omofobia, razzismo, che sorpresa! O forse si crede che bastino insegnamenti teorici, quando il comportamento e la testimonianza sono di tutt’altro genere. Non mi riferisco naturalmente a tutti gli educatori. Tanto si potrebbe aggiungere, ma concludo con due proposte.

Una giornata del rispetto, in cui la soggettiva valutazione della realtà potrebbe essere rappresentata in vignette ironiche su chi critica gli altri. Scriveva C.G. Jung: «Quale fortuna sarebbe se si potesse, per esempio, far capire anche soltanto a una percentuale esigua della popolazione che cattivo affare sia accusare gli altri di quei difetti di cui noi stessi siamo maggiormente ammalati». La seconda proposta: un’associazione che sia un punto di riferimento, sostegno e aiuto per le persone colpite da calunnie e diffamazioni, da qualunque persona o motivo siano sostenute le maldicenze, e che si dedichi a percorsi educativi. – Lettera firmata. 

 
 
 
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