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Iper-solitudine
Post n°3809 pubblicato il 10 Dicembre 2022 da namy0000
2022, Avvenire, 9 dicembre Dopo sei anni e qualche decina di saluti andati a vuoto la mia vicina di casa mi ha rivolto oggi la parola per la prima volta. Benvenuti nell'iper-solitudine periferica. Una massificazione che ci rende preda dell'ultimo populista che si aggira nella pianura della grande città. Gli spin doctor della politica hanno ampie praterie di consenso da esplorare quando siamo soli anche di fronte a un buongiorno senza replica. Qui anche la fede è un fatto prettamente individuale, si va in chiesa come dal medico o dallo psicologo, soli con i propri problemi, le proprie idee, avulsi dalla storia e dalla vita. Dopo la Messa nessuno ti chiede cosa hai pensato quando è morta quella ragazza di 18 anni. Che cosa ti ha suggerito la preghiera. Che cosa hai provato quando quella mamma aggrappata alla bara del marito gridava «Pasquale, guarda i bambini». Cosa c’entra il Vangelo con questo quartiere. Anche la predica sembra fatta apposta per anestetizzare più che per partecipare: standard come se fosse la stessa cosa vivere la fede a Mirafiori, in un sobborgo di Nairobi e al centro di Zurigo. Ma come si traduce qui quella Parola? La solitudine e l’isolamento stanno impoverendo tutti, come scrive Wislawa Szymborska, «siamo molto cortesi l’uno con l’altro, diciamo che è bello incontrarsi dopo anni. Ci fermiamo a metà frase, senza scampo sorridenti. La nostra gente non sa parlarsi». Poi dopo sei anni qualcosa accade, un fatto che è come una domanda a cui la vita risponde. - Fabrizio F. |
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