Un mondo nuovo

L'umanità al centro di tutto

2024, Bianca Stancanelli, giornalista e scrittrice, Scarp de’ tenis, Giugno

Il desiderio di Nawal Soufi: L’umanità al centro di tutto

L’accusa era pesantissima: favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Accompagnata dal sospetto infamante d’aver agito per denaro. Tutto perché aveva fornito a due famiglie di profughi siriani, appena approdate in Sicilia, informazioni su orari e tariffe dei treni da Catania al Nord.

Ci sono voluti 10 anni per demolire quell’accusa, dissipare i sospetti. E per riconoscere, nero su bianco, in una sentenza, che Nawal Soufi, da anni, punto di riferimento per i migranti, ha agito per mero spirito umanitario. Lo ha stabilito il tribunale di Catania, il 12 aprile scorso, assolvendo Nawal perché il fatto non sussiste.

Trentasei anni, figlia di una coppia emigrata a Catania dal Marocco nei tardi anni Ottanta, Nawal ha festeggiato l’assoluzione bevendo una tisana. Ha postato la foto su Facebook, dove da anni tiene un diario che raccoglie storie di migranti, richieste di aiuto, appelli umanitari. Ed è ripartita per dare una mano ai tanti profughi che bussano alle porte dell’Europa.

Un’Europa che mama Nawal, come la chiamano i migranti, ha girato in lungo e in largo, dall’inferno del campo di Moria, in Grecia (un luogo – ha detto in un’intervista – che segna la fine dei valori europei) all’Albania, dalla Polonia fino al confine tra la Russia e la Finlandia, dove ha trascorso il Natale 2023 tra decide di persone bloccate nel gelo per ordine delle autorità finlandesi.

«Migrante in terre di migranti», come da sé si definisce. Nawal Soufi, tra un viaggio e l’altro, fa tappa alle pendici dell’Etna, se non altro per rinnovare il permesso di soggiorno: la missione della solidarietà non le consente guadagni che possano sostenere la richiesta di cittadinanza.

E dire che in Italia Nawal è arrivata quando aveva pochi mesi. A Catania è cresciuta, ha studiato, fino a laurearsi in scienze politiche, e ha cominciato a lavorare come interprete in carcere e in tribunale. L’arabo l’aveva imparato in casa, dal padre, venditore ambulante, e dalla madre. E da loro – racconta – ha appreso lo spirito d’accoglienza, la solidarietà verso i migranti che approdano alle coste siciliane, spinti dalla violenza delle guerre, dalla brutalità delle dittature o dal bisogno. Agli studenti, negli incontri organizzati dalle scuole, spiega: «Se la terra dove abiti è meno sicura della barca, solo allora parti». Anche a rischio di far naufragio.

Nel giugno 2023 è stata Nawal a ricevere sul suo telefono le chiamate disperate dai profughi che stavano affondando su un’imbarcazione al largo della Grecia. Un uomo le disse: «Sento che questa sarà la nostra ultima notte». Il numero dei morti è ancora sconosciuto: forse 600, forse 800 persone.

Ma altre centinaia sono riuscite a salvarsi, chiamando mama Nawal su un numero di telefono che dal 2012, quando arrivò in Siria alla guida di un convoglio umanitario, si è diffuso sulle reti informali delle migrazioni. Quando riceve le chiamate di soccorso, Nawal le gira alle autorità, diffonde gli Sos tra chiunque possa raccoglierli. Ha studiato i dialetti del mondo arabo per essere sempre meglio in grado di capire le richieste di aiuto e di tradurle.

Nel 2016 l’Unione europea le ha conferito il riconoscimento di Cittadina europea dell’anno. L’anno dopo ha vinto il premio come Arab hope maker. Le hanno chiesto come rendere le nostre società più giuste. Ha risposto: «Basterebbe mettere l’umanità al centro di tutto».