Creato da namy0000 il 04/04/2010

Un mondo nuovo

Come creare un mondo nuovo

 

Messaggi di Febbraio 2020

Giusta Alimentazione

Alimentazione Sana. PER RESISTERE BISOGNA RAFFORZARE IL SISTEMA IMMUNITARIO. Anche a tavola si combattono i virus. Vi sono diversi cibi che aiutano il corpo a difendersi. Occorrono alimenti energetici, ma anche carboidrati complessi, vitamine e altro: ecco alcuni suggerimenti.

Se al periodo influenzale ci siamo quasi rassegnati, quest’anno (2020) non è così, per l’allarme del coronavirus cinese. I virus si fanno temere e con ragione. Per definizione il virus, o fago, è un’entità biologica paragonabile a un parassita. Infatti, da solo non può procedere alla propria duplicazione e ha bisogno del Dna che fagocita, cioè fa suo, all’interno delle cellule di altri organismi. Per resistere occorre rafforzare il sistema immunitario.

Anche l’alimentazione può essere un buon presidio per rafforzare le difese con l’apporto di vitamine e altre sostanze antiossidanti. Occorrono alimenti energetici e nutrienti, tipo carboidrati complessi come i cereali (pasta, pane, riso, orzo); proteine (carne, pesce, avicoli, formaggi, eccetera), per aiutare a formare anticorpi; e infine frutta e verdure di stagione per garantire il giusto apporto di vitamine, Sali minerali, fibre.

Va considerato anche l’effetto delle basse temperature sull’organismo degli animali isotermici, tra cui l’uomo: il dispendio calorico superiore è richiesto per mantenere la temperatura corporea stabile nella media di 37 gradi.

LE VITAMINE PIU’ IMPORTANTI SONO:

C, dalle proprietà antiossidanti e utili per il sistema immunitario, presente soprattutto negli agrumi, kiwi, prezzemolo, pomodoro e legumi.

Pro-vitamina A, contenuta in numerose verdure di stagione come broccoletti, spinaci, cicoria, zucca, zucchine, carote.

B, che coadiuva l’organismo nel trasformare il cibo in energia: si trova soprattutto in cereali integrali, avena, carne rossa, verdure a foglia verde (cavolfiori, broccoli, spinaci), tuorlo d’uovo e ceci.

D, ottimo sostegno per il sistema immunitario e per l’umore, che d’inverno, a causa della diminuita luce solare, è bene assumere con i cibi che maggiormente la contengono, come pesce, fegato, latte e uova.

E, contenuta nella frutta secca e olio extravergine d’oliva.

IMPORTANTI LEGUMI E PROTEINE

Oltre ai già citati agrumi e a verdure come carote e zucca, altre fonti di antiossidanti sono il melograno e l’uva. Aglio e cipolla hanno un significativo potere antibatterico.

La dieta invernale deve apportare calore, energia e nutrimento, unendo e bilanciando gusto e salubrità. Molto utile in questo è il miele, ottimo dolcificante, soprattutto a colazione insieme al latte. La pappa reale è un eccellente ricostituente e fortificante, mentre la propoli funziona come un antibiotico naturale.

Fondamentali i legumi: fagioli, ceci, piselli, lenticchie, fave secche, perché, oltre ad apportare energia, contengono ferro, sono ricchi di fibre che aiutano l’organismo a smaltire i sovraccarichi e migliorano la funzionalità intestinale. I legumi hanno anche lecitina, fonte di fosforo e immunizzante per le infezioni batteriche; inoltre sono alimenti base della cucina tradizionale regionale, buoni in zuppe e minestroni, insieme a riso, orzo o farro.

Non vanno dimenticate le proteine, quindi anche la giusta porzione di pesce e di carne bianca e rossa.

Sarebbe bene consumare tali cibi ancora freschi, soprattutto frutta e verdura. Meglio se in prossimità del luogo di produzione, in modo da sfruttarne appieno le proprietà senza che vengano disperse o intaccate. I lunghi viaggi possono innescare processi ossidativi di invecchiamento dei vegetali. (FC n. 6 del 9 febbr. 2020)

 
 
 

Il Pret

Il pret de ratanà. Don Giuseppe Gervasini (Sant'Ambrogio Olona1º marzo 1867 – Milano22 novembre 1941), 74 anni, è stato un presbitero italiano. Sacerdote, meglio noto come "el Pret de Ratanà", ovvero il prete di Retenate, un tempo frazione di Vignate e ora nel territorio del Comune di Rodano, dove fu cappellano dal 1897 al 1901, è molto venerato in Lombardia, benché non sia stato canonizzato dalla Chiesa cattolica.

Nato in una famiglia povera (il padre era cavatore di pietra, la madre lavorava in filanda), primogenito di cinque figli, quattro dei quali morti in tenera età, si trasferì da bambino insieme ai genitori all'Isola, malfamato quartiere milanese della zona di Porta Garibaldi. Giuseppe Gervasini era figlio di Luigia Molinari, originaria di Bardello, nel Comune di Gavirate (Varese) e di Antonio, di professione piccaprèi (“tagliapietre”). Nacque a Robarello di S. Ambrogio Olona il primo marzo 1867, in una casa tuttora esistente, sulla strada che conduce al Sacro Monte di Varese. S. Ambrogio Olona a quel tempo contava 630 abitanti e non aveva le scuole elementari: ogni giorno Giuseppe percorreva a piedi tre chilometri per raggiungere la scuola in piazza S. Martino a Varese. Dimostrò sin da piccolo una viva intelligenza, che spinse i genitori a compiere sacrifici per farlo studiare a Varese al collegio-convitto C. Colombo, dove inizia il ginnasio. Dopo la morte del padre avvenuta nel 1880, la mamma Luigia, con il suo lavoro di assistente in filanda e con l’aiuto della famiglia Bianchi, proprietaria di una fabbrica di campane e dello stabile dove i Gervasini abitavano, riuscì ad assecondare il figlio nel suo desiderio di prendere i voti e per assecondare il desiderio del figlio di intraprendere la via del sacerdozio, lo iscrive al collegio di Valdocco, fondato a Torino da Don Bosco, a quei tempi ancora vivente. Tornato in Lombardia frequenta la terza liceo a Monza e, dopo la morte della madre nel 1885, passa al seminario teologico di corso Venezia a Milano dove termina gli studi. Ordinato sacerdote nel Duomo di Milano nel 1892, celebra la sua prima messa a Sant'Ambrogio Olona.

Durante il servizio di leva, prestato a Caserta quale addetto alla sanità tra il 1887 ed il 1888, sviluppa in prima persona la conoscenza di mali e rimedi e scopre forse il dono o carisma della guarigione. Lungi dal giovargli, questa qualità suscita sospetto e invidie nelle gerarchie ecclesiastiche, che lo giudicano un "prete scomodo" e lo trasferiscono frequentemente da una parrocchia all'altra: da Pogliano Milanese a Cabiate, a San Vittore al Corpo di Milano, a Dergano, a Peregallo di Lesmo fino a Retenate, località che gli valse il soprannome con cui è ancora conosciuto.

Le sue qualità di guaritore e taumaturgo, nonché la capacità di usare erbe medicinali per la confezione di decotti e unguenti per curare le più svariate malattie, gli procurarono una vasta fama che si diffuse sino alla metropoli lombarda e numerosi erano coloro che, o per mancanza di mezzi o per sfiducia della medicina "ufficiale", si rivolgevano a lui per avere aiuto e consiglio. Ciò le rese ulteriormente inviso sia al clero milanese, sia al conte Alessandro Greppi, nei cui possedimenti si trovava la parrocchia di don Giuseppe, che nel 1901 chiese e ottenne dall'allora Arcivescovo di Milano, cardinal Ferrari, la sua sospensione a divinis, sospensione che fu in seguito revocata.

Nel 1926 ricevette in dono, per riconoscenza da un uomo che aveva guarito, una piccola casa in via Fratelli Zoia, in prossimità della Cascina Linterno, situata oggi nel comune di Milano, nella zona di Baggio, ai confini del parco delle Cave, dove si trasferì e continuò a operare fino alla sua morte, dopo aver ricevuto dall'Arcivescovo di Milano Ildefonso Schuster, che lo conosceva e lo stimava, la benedizione.

Ai suoi funerali partecipò una folla immensa, e alcuni dei suoi beneficati aprirono una sottoscrizione affinché gli venisse data sepoltura nel Cimitero Monumentale di Milano.

Dopo pochi anni dalla sepoltura la sua tomba è stata spostata in un'area con uno spiazzo più vasto del cimitero stesso, a causa del massiccio flusso quotidiano di pellegrini che accorrono ancora oggi a pregare sulla sua tomba.

El pret de Ratanà tutt i mài i e fa scappà!. Si mantiene intatta la devozione popolare per il “prete di Ratanà”, psicologo, uomo semplice e burbero ma dolce, ironico, generoso. Detestava essere chiamato pret de Ratanà, dal nome di Retenate. e gli dedicarono una statua in bronzo con la scritta: Sacerdote don Giuseppe Gervasini – 1.3.1867 / 22.11.1941 – La fiumana dei tuoi beneficati ti ricorda e ti ricorderà sempre. (da Wikipedia)

 
 
 

San Valentino

Post n°3240 pubblicato il 14 Febbraio 2020 da namy0000
 

Chi è san Valentino

Pochi sanno che la festa di San Valentino, tra le più popolari del mondo, è nata per opporsi a certi licenziosi festini pagani (i Lupercalia) celebrati proprio tra il 13 e il 15 febbraio. All’origine della festa sta un santo vescovo vissuto nel terzo secolo e divenuto rapidamente famoso per i suoi miracoli: guarì epilettici e restituì la vista a una fanciulla pagana, conquistando a Cristo l’intera famiglia. Benché perseguitato a lungo, raggiunse la veneranda età di novantasette anni, che coronò col martirio. Tra i miracoli leggendari, che ne fecero il santo degli innamorati, ve n’è uno che si è rivelato vero.

Perché è il patrono degli innamorati

A Terni, nove anni or sono, sono state ritrovate le ossa di due fidanzati, seguiti da San Valentino, dalla storia controversa. Erano Sabino e Serapia: lui centurione romano e pagano, lei cristiana fervente. Per amore di lei, Sabino si convertì al cristianesimo ma scoprì, poco dopo, che Serapia era ammalata di tisi, malattia allora incurabile. Non volendo separarsi da lei, Sabino si rivolse a San Valentino il quale benedì le loro nozze e pregò per l’eternità del loro amore. I due morirono abbracciati e ancora oggi le loro ossa riposano in quella postura.

Le leggenda delle colombe

Una leggenda che consegna san Valentino all’amore umano narra che il vescovo, vedendo due fidanzati litigare si avvicinò, dando loro una rosa. Dopo aver pregato, il cielo si riempì di coppie di colombi che tubavano, volteggiando sopra i due innamorati. Pace fu fatta e così, accanto all’abbraccio dell’amore, anche le colombe entrarono a pieno titolo nella simbologia di San Valentino, tanto che l’espressione “piccioncini”, riferita agli innamorati, sembra derivare proprio dal leggendario miracolo del Santo.

In una chiesa del XV sec, ora anglicana, a Tenna nel Canton dei Grigioni (Svizzera) dedicata a San Valentino, tra i fregi che corrono lungo il soffitto di legno, risalenti al XVIII secolo, ci sono proprio due colombi rivolti l’uno verso l’altro. La colomba, che ai tempi di San Valentino era noto come il volatile preferito da Afrodite, si trasformò in attributo del Santo e segno dell’amore puro e sempiterno. (Avvenire, 13 febbr. 2020)

 
 
 

Ostacolo principale

Vittorio Bachelet «operò costantemente per promuovere la coesione all'interno del Csm, ben conoscendo le fratture ideologiche che lo attraversavano in quel tempo. L'azione che qui ha svolto era espressione della ricerca del bene comune attraverso l'incontro tra posizioni diverse». Così il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ricordando al Csm il giurista ucciso 40 anni fa. «Una ricerca fondata sull'ascolto e sulla reale disponibilità al confronto. Era convinto che proprio attraverso il dialogo fosse possibile ricomporre le divisioni, interpretando così il senso più alto della convivenza - ha aggiunto il capo dello Stato -. Realizzare una composizione delle diversità non significa naturalmente, e non significava per Bachelet, far ricorso a una perversa logica di scambio per decisioni fondate sull'interesse dei singoli o sulla convenienza dei gruppi. Si tratterebbe della negazione del pluralismo democratico, essenza della nostra realtà repubblicana e che Bachelet ha sempre promosso». Come Vittorio Bachelet, prosegue il capo dello Stato «coloro che si dedicano a questa tessitura di fili unificanti della società e delle istituzioni rappresentano l'ostacolo principale, l'ostacolo maggiore per coloro che si prefiggono di disarticolarle, di abbatterle, lacerando la convivenza».


Ermini: «Bachelet colpito da Br per sua azione riformatrice»
«Bachelet fu colpito dai brigatisti rossi perché il Csm sotto la sua guida si era impegnato per superare la crisi della giustizia, pungolando governo e Parlamento affinché finalmente si avviasse una larga azione riformatrice». Così il vicepresidente del Csm David Ermini durante il plenum a Palazzo dei Marescialli dedicato a Vittorio Bachelet. «Fu colpito perché riteneva che nella difesa dei diritti fondamentali delle persone riposasse il vero significato della democrazia: "La democrazia è conquista - diceva - e vittoria quotidiana contro la sopraffazione, è difesa dei diritti faticosamente conquistati. Questa non è la via più lunga per una maggiore giustizia nella società: è l'unica via"». «Vittorio Bachelet fu uomo retto e libero. Fu uomo che credeva nei giovani e credeva, da 'inguaribile ottimista', in un futuro migliore per la vita del Paese e delle istituzioni - aggiunge -. La sua figura, il suo esempio, il suo sacrificio sono scolpiti nel nostro cuore a imperitura memoria». «Erano anni difficili e inquieti», ha ricordato Ermini, ma Bachelet con la sua «grande capacità di dialogo e mediazione tra le correnti organizzate, contribuì a garantire l'unità del Consiglio e a tenere compatta l'intera magistratura», ha osservato ancora Ermini , ricordando il suo impegno a difesa dell'indipendenza della magistratura e la rivendicazione del ruolo del Csm «autonomo da interferenze di altri poteri» e il no espresso da Bachelet alle leggi speciali.

Il ricordo del figlio Giovanni
«Quarant'anni sono molti, se papà fosse vivo ne avrebbe 94 e nel bene e nel male l'Italia, l'Europa e il mondo sono cambiati al punto da risultare quasi irriconoscibili a chi avesse chiuso gli occhi nel 1980, come mio padre e molti altri magistrati. Quell'anno che cominciò con la morte del fratello del presidente Mattarella fu davvero terribile. A fronte di tanti cambiamenti qualcosa di importante è rimasto: Costituzione e magistratura hanno continuato a rappresentare un punto di riferimento e una garanzia per tutti gli italiani». Così il professor Giovanni Bachelet ha ricordato il padre Vittorio durante il Plenum del Csm, presieduto dal
presidente della Repubblica Mattarella, nell'aula che porta il suo nome. «Da cittadino ed ex parlamentare mi pare di poter dire che i tre punti che facevano parte del programma del Csm di quegli anni difficili e violenti - fedeltà allo stato di diritto, tenuta delle istituzioni e autonomia e indipendenza della magistratura - siano una bussola sempre attuale, e seguirla mi pare il modo migliore per commemorare mio padre e i tanti che hanno dato la vita per la giustizia nel nostro Paese».

 
 
 

Nella storia delle tre fedi

Sull’isola di Saadiyat sorgeranno una chiesa, una moschea e una sinagoga. ‹‹Design radicato nella storia delle tre fedi››, dice l’architetto.

Una chiesa, una moschea e una sinagoga. Tre luoghi di preghiera che sorgeranno l’uno accanto all’altro, collegati da un giardino, in un luogo che si chiamerà “Casa della Famiglia di Abramo”. Il progetto sarà realizzato entro il 2022 nell’isola di Saadiyat, ad Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti. L’isola ospita già il bellissimo museo Louvre Abu Dhabi e si sta arricchendo di progetti residenziali, commerciali, culturali e di intrattenimento.

La “Casa della Famiglia di Abramo” vuole rappresentare visivamente gli ideali presenti nel Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune firmato il 4 febbraio 2019 ad Abu Dhabi da papa Francesco e da Ahmad al-Tayyib, Grande imam di al-Azhar.

Il progetto è stato affidato a Sir David Adjaye Obe, 53 anni, architetto britannico nato in Tanzania da una famiglia di origine ghanese, autore di opere realizzate in diversi paesi del mondo. Adjaye è entusiasta del progetto di Abu Dhabi e spiega che il giardino sopraelevato sarà il punto di raccordo tra tre edifici di uguali dimensioni. La moschea sarà orientata verso la Mecca, l’altare della chiesa verso Oriente, mentre il podio della sinagoga sarà rivolto verso Gerusalemme. La “Casa” prevede anche un centro didattico. ‹‹Il design è molto contemporaneo››, ci dice l’architetto, ‹‹ma radicato nella storia delle tre fedi. Sono onorato di essere coinvolto in questo progetto, sono occasioni che capitano una sola volta in una generazione››.

Il Documento sulla fratellanza umana non sta restando lettera morta e diversi segnali indicano incoraggianti progressi nel dialogo tra cristiani e musulmani. Questi passi avanti si toccano con mano proprio negli Emirati Arabi, dove nel 2019 è stato celebrato l’Anno della tolleranza.

Un Comitato per l’attuazione del Documento è stato formato l’estate scorsa ad Abu Dhabi. All’inizio di dicembre 2019 la sesta edizione del Forum per la promozione della pace nelle società musulmane, sempre ad Abu Dhabi, ha raccolto un migliaio di partecipanti e la dichiarazione finale, in cui si fa esplicito riferimento al Documento del 4 febbraio 2019, ribadisce che la costruzione della pace deve basarsi sulla tolleranza e la libertà religiosa.

Negli ultimi dodici mesi, inoltre, sono stati registrati altri passi concreti. In settembre le autorità emiratine hanno concesso il riconoscimento ufficiale a un tempio indù e a 17 luoghi di culto cristiani, tra i quali vi sono anche alcune chiese costruite decine di anni fa. Lo scorso dicembre 2019 monsignor Paul Hinder, il frate cappuccino svizzero dal 2011 vicario apostolico dell’Arabia meridionale (Emirati Arabi Uniti, Oman e Yemen), per la prima volta ha potuto celebrare una Messa all’interno di una prigione per oltre 120 detenuti. ‹‹Per tutti i detenuti è stato un Natale anticipato››, ha raccontato il prelato. Come ha spiegato Hinder ad Asia News, ‹‹il viaggio pastorale del Pontefice ha lasciato una profonda impressione. I frutti si sentono soprattutto nel clima più disteso nelle relazioni con le autorità››.

Un positivo cambiamento di clima viene segnalato anche da Andrew Thompson, cappellano della chiesa anglicana di Sant’Andrea ad Abu Dhabi. ‹‹I rapporti si stanno trasformando in amicizie profonde, si sta costruendo la fiducia e nel prossimo decennio si evolverà il dialogo interreligioso, nel quale le comunità respingeranno ideologie e comportamenti inaccettabili e pericolosi››, ha scritto Thompson in un articolo pubblicato dal quotidiano emiratino The National. Segnali interessanti arrivano anche da altri Paesi del Golfo. Nel settembre 2019, poco meno di un anno e mezzo dopo la posa della prima pietra, è stata consacrata Salalah, in Oman, una nuova chiesa dedicata a san Francesco Saverio. In Arabia Saudita il principale quotidiano anglofono, Arab News, lo scorso 26 dicembre ha dedicato quasi tutta la prima pagina al messaggio natalizio Urbi et orbi di papa Francesco, con un titolo che sottolineava, in particolare, la preghiera del Pontefice per la pace in Medio Oriente (FC n. 5 del 2 febbr. 2020).

 
 
 

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