Creato da namy0000 il 04/04/2010

Un mondo nuovo

Come creare un mondo nuovo

 

Messaggi di Marzo 2021

Madre Terra

Madre Terra, è la nostra casa comune, magnifica, ricca di tante forme di vite meravigliose, da amare. Noi cittadini dobbiamo educarci a una coscienza morale, a uno stile di vita che si prende cura dell’ambiente e rispettarla.

Con tutta la sua splendida natura, ci è stata affidata per coltivarla, perché tutti i cittadini del mondo, con il raccolto, abbiano nutrimento a sufficienza.

Ha bisogno che la amiamo; per salvarsi e salvarla c’è molto da fare; dobbiamo salvare le foreste, un maggior utilizzo dei mezzi di trasporto pubblici, impegnarci nella raccolta differenziata dei rifiuti, comprese le forze politiche, e dotarci, tutti i paesi, di strumenti di smaltimento puliti – perché gli altri paesi non possono essere la nostra discarica velenosa, praticare pratiche di recupero e riciclare. Le amministrazioni pubbliche non debbono autorizzare la vendita e la circolazione di prodotti che non siano biodegradabili, o che siano nocivi per l’ambiente, per almeno per la maggioranza dei manufatti.

Per salvaguardarla, c’è bisogno di amarla e rispettarla: meno consumismo, affittare piuttosto che acquistare, anche perché l’affitto fa girare il bene più a lungo e ne ammortizza il costo, creando lavoro e ricchezza che alimenta l’economia; meno spreco – sono spaventose le cifre dello spreco in tutti i cambi -  e più sobrietà. Studiare per cercare energie alternative pulite.

Nostra madre Terra, formidabile, circondata dall’Universo, le sue meraviglie, la creatività, la fantasia, la curiosità, il cielo, le stelle, il sole che ci dona luce e calore. Con tutte le sue bellezze, montagne, colline, pianure, boschi, il mare, ci dona tutto per soddisfare i nostri bisogni primari.

Basta guerre, basta distruzioni, basta diffusione ed esportazioni di armi, mezzi di distruzione e di Morte, basta ai poteri egoisti; no ai popoli arroganti, predatori: quanto si inquina quando si inviano nello spazio missili, satelliti, navicelle spaziali o quando si compiono esperimenti nucleari? Meditiamo, meditiamo, meditiamo, meditiamo….. si a iniziative di pace di amore e di Vita.

Bisogna praticare l’equità: le ricchezze di quel determinato territorio sono della gente che vi abita e solo per il tempo che vi abita: in questo modo c’è ricchezza a lungo per tutti. Aiutarla a diventare più rigogliosa NON SFRUTTARLA FINO A FARLA MORIRE. Aiutarla a diventare più bella con bella umanità, mettendoci l’intelligenza, responsabilità per vivere tutti nella giustizia, nell’aiuto reciproco, nella condivisione e nella solidarietà.

Abbiamo capito, dobbiamo costruire una coscienza ambientale, un progetto di valori umani di alta civiltà per poter consegnare alle future generazioni un Pianeta ricco di vita, di umanità, e di pace. Auguri a tutti, cittadini di questo Pianeta, perché tutto questo si realizzi. Diventiamo, uniti, una forza invincibile di vita. 

 
 
 

Celebriamo la Pasqua

Nicola Gratteri, Giudice, FC n. 13 del 28 marzo 2021

Celebriamo la Pasqua uscendo dalla zona grigia della ‘ndrangheta

Per i credenti, è l’ora di impegnarsi a boicottare tutte le attività della criminalità organizzata, che estende i suoi tentacoli in tutto il Paese.

Quella della Calabria è una lunga Quaresima, ma in questa notte di passione cominciamo a vedere qualche barlume di speranza. In Calabria c’è un risveglio. Vediamo più consapevolezza della presenza della ‘drangheta e della massoneria deviata e una maggiore presa di posizione. La gente sta cominciando a scegliere, in tutti i livelli sociali e in tutti i contesti, se stare dalla parte della verità e di chi lotta o se stare dalla parte dei faccendieri, di chi pensa che una mano lava l’altra, di chi usa la parola garantismo per attaccare chi combatte le mafie e i massoni deviati. Vorrei incoraggiare queste persone. Bisogna uscire dalla zona grigia che condanna la nostra regione.

Grazie alla mafia, che toglie ogni anno alla Calabria il 9% del suo Pil, siamo la regione più povera d’Europa. Ma questo è il momento, soprattutto come cristiani, di impegnarsi di più, di andare oltre, di boicottare tutte le attività commerciali mafiose o pseudo tali, di stare vicino a chi ha bisogno, di denunciare scegliendo bene anche a chi rivolgersi. Sappiano che un investigatore non vale l’altro. Bisogna andare a denunciare da chi ha dimostrato sul campo di aver lottato e di lottare le mafie non a parole ma con i fatti, con la determinazione e con il sacrificio che richiede questa battaglia. Ci incoraggiano le parole di papa Francesco che, in occasione della Giornata contro le mafie, lo scorso 21 marzo, ha ricordato che queste sono «strade di morte». Ho bene impresso nella memoria il giorno in cui, nella Piana di Sibari, scomunicò i mafiosi, così come rammento il grido di Giovanni Paolo II nella Valle dei Templi. È importante questa posizione della Chiesa. Alla quale devono seguire i fatti. In Calabria abbiamo nuovi vescovi, penso, per citarne qualcuno, a quelli di Locri o di Lamezia Terme, che stanno dando una nuova impronta.

C’è però ancora da fare soprattutto con l’esempio e le frequentazioni. Se riteniamo che un pubblico amministratore sia un colluso o un mafioso o una persona che non rispetta le regole bisogna denunciare, stare lontano e rimarcare netta la distanza, in modo tale che la gente si ponga delle domande. La Chiesa al Sud, soprattutto nei piccoli paesi, ha un potere, come il medico condotto, il farmacista. Se un prete frequenta un mafioso e quello non si ravvede, bisogna prendere le distanze, altrimenti chi abita lì a fianco pensa che quello sia il modello vincente. E poi c’è la politica. Apprezzo il messaggio del Presidente Mattarella, che dice basta alle reticenze e alle compromissioni verso le mafie, ma poi bisognerebbe, nel rispetto della Costituzione, creare un sistema giudiziario forte per fare in modo che non sia conveniente delinquere. Mi sembra invece che si stia andando nel verso opposto, con l’Europa che ci chiede di limitare le intercettazioni. Senza capire che le mafie sono nel cuore ricco dell’Unione a vendere cocaina e a comprare tutto ciò che è in vendita. La Germania è la Lombardia di 30 anni fa, pensava di avere gli anticorpi e invece oggi è la regione dove la ‘ndrangheta ricicla maggiormente il suo denaro.

 
 
 

Vergogna...

Che vergogna gli insulti dei prof a una ragazzina

Sono rimasta molto colpita, per non dire turbata, dagli insulti ricevuti da quella ragazzina di Torino che ha dichiarato di voler andare a scuola anche a fine giugno per recuperare il tempo perso in questo anno difficile. Ma la cosa che trovo più sconcertante è che tali insulti non siano arrivati dai coetanei, dai compagni di classe, ma da adulti e soprattutto da insegnanti. Mi chiedo e le chiedo: se la scuola è il luogo della formazione e dell’educazione anche del cittadino, come è possibile che gli attacchi siano partiti proprio da lì? – Francesca.

Cara Francesca, aver letto sui giornali commenti come: “Fatti curare, mandiamola a pulire i bagni, disagio, assistenti sociali, malattia mentale…” rivolti a una studentessa, che sosteneva l’idea di continuare la scuola per altre due settimane a giungo mi ha addolorata. Ma scoprire che molti di questi post provenivano da insegnanti è davvero triste e desolante per chi come me appartiene alla stessa categoria e mi fa urlare: “Vergogna”! Cosa siamo diventati? Come è possibile? Noi non firmiamo il giuramento di Ippocrate prima di entrare in classe ma la cura per i nostri studenti, esattamente come per i medici, dovrebbe essere al centro del nostro lavoro. Perché, come giustamente tu mi scrivi, la scuola è il luogo dove si inizia un percorso di socializzazione, di rispetto delle regole, di formazione alla cittadinanza e alla tolleranza. E le sfide di questo millennio, fatte di nuove tecnologie di comunicazione, ci hanno messo alla prova nel trovare risposte ai nuovi modi di socializzare tra i ragazzi, fatti a volte anche di una sottile violenza verbale e per immagini, che mai avevamo conosciuto. Il problema è che anche molti adulti sono diventati vittime e carnefici di un mondo dove i toni aggressivi sono ormai sdoganati attraverso i media e i social, sfruttati a vari livelli in primis da persone e personaggi pubblici che urlano e insultano l’avversario, anche politico, e lo denigrano. Mi viene in mente quanto accaduto a un’altra giovane ragazza, Greta Thunberg, attaccata e irrisa non solo da una massa indefinita di individui, ma anche da politici e capi di Stato che l’hanno offesa attraverso i loro social. La potenza di questi messaggi sovrasta tutto e tutti e ne siamo sopraffatti, o ancora peggio li facciamo nostri. Mi piace però pensare che col tempo la scuola diventi davvero il baluardo a tale arroganza e che quegli insegnanti che usano la Rete, forse solo per avere i loro 15 minuti di notorietà, siano solo una minoranza. Quella ragazza, con il suo gesto pacifico e fermo, ha dimostrato che la scuola c’è e i buoni insegnamenti e insegnanti danno buoni frutti (FC n. 12 del 21 marzo 2021).

 
 
 

La sua fede granitica ha vinto

Post n°3556 pubblicato il 22 Marzo 2021 da namy0000
 

don Mazzanti prete "di tutti"

Avvenire, Firenze domenica 21 marzo 2021

La scomparsa del sacerdote della nuzialità. Nell’arcidiocesi di Firenze il funerale con il cardinale Betori La profonda passione per la ricerca e lo studio unita all’attenzione agli ultimi

Teologia, comunità e croce. Sono questi i tre volti del teologo pesarese don Giorgio Mazzanti che l’arcivescovo di Firenze, il cardinale Giuseppe Betori, ha tratteggiato nell’omelia del funebrale celebrato nella pieve di Sant’Alessandro a Giogoli dove don Mazzanti era priore dal 1987 e dove è deceduto lo scorso 12 marzo all’età di 78 anni. Dal 2017 era costretto al silenzio a causa della Sla, la sclerosi laterale amiotrofica, ma, prima che la malattia progredisse, aveva fatto in tempo a registrare 1.500 sillabe tramite un nuovo sistema di sintesi vocale; in questo modo era ancora possibile ascoltare e riconoscere la sua voce.

Così ha continuato a “predicare sui tetti”, ovvero dalla sua abitazione in cima alla torre medievale dell’antica pieve, scrivendo libri, omelie, poesie e celebrando la Messa in con- tatto video con la sua comunità. Il giorno prima di morire si è collegato con l’Università Urbaniana che ha voluto onorarlo con un Atto accademico dopo oltre vent’anni di insegnamento. «È come se avesse impiegato ogni ultima energia per poter essere presente – dice Pierangelo Muroni, decano della Facoltà di teologia – quasi aspettasse questo momento di congedo dall’Università, tanto che appena 24 ore dopo è venuto a mancare». Una mattinata di studi dedicata alla sua riflessione sulla “teologia nuziale” che ha richiamato uditori anche dalla Nigeria e dalla Cina. «Del resto don Giorgio – prosegue Muroni – era una persona amata e stimata da studenti e docenti.

Era il professore che aveva più tesi in tutta l’Urbaniana perché molti rimanevano affascinati dal suo tratto umano e dal suo pensiero ». Aperto alle diverse culture e ai vari tipi di linguaggio, si è mosso sul filone teologico sacramentale della nuzialità per rileggere il rapporto tra Cristo e la Chiesa. «Grazie alla sua formazione patristica – spiega Muroni – riteneva che proprio la categoria della nuzialità potesse mettere in dialogo le diverse fedi e confessioni». Quella di Mazzanti tuttavia non era una mera speculazione teologica ma una ricerca del mistero di Cristo nella vita quotidiana. «Una teologia vissuta sul campo e non fatta a tavolino – aggiunge Muroni – perché lui il paradigma della nuzialità lo ha vissuto concretamente.

È come se avesse sposato la comunità di Giogoli, prima nella scelta del sacerdozio, e poi aprendo le porte di casa a tutti: nessuno era escluso dal suo abbraccio». Aggiunge Emi Natali, docente della scuola di formazione teologica della diocesi di Pistoia e vicina alla comunità della pieve di Sant’Alessandro a Giogoli: «Mi piace definirlo il “prete di tutti” perché su queste colline approdavano davvero tutti come ad un porto di mare: persone con problemi di denaro, malati di Aids, famiglie rom, detenuti agli arresti domiciliari... Ma venivano da lui anche musicisti, poeti, scrittori e artisti di grande fama come ad esempio Carla Fracci che non mancava mai nel giorno di Natale».

Decine di migliaia le persone che sono passate dalla pieve, eppure don Giorgio non ha mai voluto fondare alcuna comunità, «perché per lui ciascuno era affidato solo a Dio – spiega Natali – anche se ti sosteneva e ti accoglieva con umana santità così come lui stesso ha poi accolto la Croce, cioè vivendo fino in fondo la malattia e sentendo tutto il peso della sofferenza. Imprigionato nel suo corpo immobile ha affrontato l’ultimo tratto con la serenità ma anche con il pianto. E la sua fede granitica ha vinto».

 
 
 

Antico ma moderno

Post n°3555 pubblicato il 21 Marzo 2021 da namy0000
 

Cari padri in difficoltà, guardiamo all’esempio di san Giuseppe

Ha conosciuto dubbi e fatiche, senza perdere mai la fede e la speranza. Impariamo da lui come lottare

I misteri di Dio li conosce, Iddio, è vero; ma a noi, poveri mortali, è permesso di gettare uno sguardo nei suoi insondabili abissi.

«Di Maria non si dirà mai abbastanza», si ripete spesso.

E di Giuseppe?

Che possiamo dire di quest’uomo che ha fatto del silenzio un eloquente pulpito? Perché Dio volse lo sguardo su di lui?

In quel tacere di Giuseppe, la Chiesa, i cristiani e – perché no? – il mondo laico hanno tanto da imparare. Certo, c’è il silenzio di chi non sa dire, di chi non vuole dire, di chi camuffa, tormenta, storpia il suo dire perché non dica quello che andrebbe detto. E c’è il silenzio di Giuseppe, cosciente che troppo piccola e povera è la parola per raccontare l’ineffabile realtà in cui si è ritrovato catapultato. Allora tace. Obbedisce e tace. Lavora e tace. La sua è una vocazione unica e irripetibile, egli è il pioniere che va in avanscoperta a dissodare la strada per la quale dovranno camminare e santificarsi generazioni di cristiani.

Ha conosciuto la fatica e il sudore del lavoro manuale, Giuseppe; anche per questo i poveri lo amano. In questo tempo di pandemia, difficile e per certi aspetti cinico e intrattabile, in cui tanti padri, perdendo serenità e lavoro, facilmente cedono allo scoraggiamento, Giuseppe li sprona ad andare avanti, a stringere i denti, a lottare, a non perdere la speranza. «Dio è più grande dei nostri cuori», ci ripete. Ci sono giorni in cui anche lui si è sentito schiacciare dal peso della responsabilità, ma non si è mai tirato indietro. Pronto a gettarsi la bisaccia sulle spalle e partire, pronto a piantare i pioli della tenda per rimanere, pronto sempre e in ogni modo a servire.

Giuseppe è l’uomo giusto. Anche nel momento in cui il dubbio atroce e impossibile gli scorticava il cuore, non essendo a conoscenza del segreto di Maria, egli decise di «licenziarla in segreto», perché nessuno mai le potesse fare male. Quanto abbiamo da imparare da quest’uomo due volte millenario, eppure tanto giovane e moderno. In un Paese come il nostro, in cui la lista dei femminicidi si allunga ogni giorno di più, Giuseppe ci dice che solo la bontà e il perdono hanno diritto di cittadinanza; che la violenza è un vicolo cieco da non imboccare mai. Avvertiamo tutti un’emergenza educativa. L’età dell’oro, che tanti ingenui avevano previsto, fidando e confidando troppo nelle scoperte della scienza e della tecnica, tarda ad arrivare.

Nel mondo, i rumori di guerre, egoismi e orgogli nazionali; la cinica sopraffazione dei Paesi ricchi su quelli poveri; il doloroso dramma degli aborti ci spronano a continuare a gettare a piene mani semi di Vangelo e di misericordia. La chiave per aprire le porte della pace, della solidarietà, della pietà, dell’amicizia tra i popoli, è custodita nel cuore dell’uomo, un cuore smisuratamente grande che tutte le ricchezze della Terra non potrebbero riempire, ma che sa commuoversi per la carezza di un bambino, un atto di carità. Anche questo ci insegna il falegname di Nazareth. Ecco, socchiudo gli occhi e mi sembra di vederlo giocare con Gesù e di raccontargli dei patriarchi antichi. Li vedo, infine, alzare lo sguardo verso il cielo e lodare e ringraziare il Padre della vita (don Maurizio Praticiello, FC n. 12 del 21 marzo 2021).

 
 
 

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