Creato da namy0000 il 04/04/2010

Un mondo nuovo

Come creare un mondo nuovo

 

Messaggi di Marzo 2023

Al MAUTO

Post n°3850 pubblicato il 24 Marzo 2023 da namy0000
 

2023, Avvenire 23 marzo

Al MAUTO. Testadoro rinasce e costruisce "in diretta" la berlinetta Essenziale

Sei mesi di lavoro davanti ai visitatori della mostra torinese: al via la performance artistica per rievocare l'artigianalità di un antico mestiere

“La rinascita di un marchio per riscoprire la sostanza e la sua trasformazione”. Se siete appassionati di automobili e vi incuriosisce come viene fatta e rifatta una vettura, e se fino al 21 settembre vi troverete a Torino, non dimenticatevi di fare un salto al MAUTO, il Museo dell’Automobile. All’interno, nell’area dedicata all’“Arte di Boita: l’Arte torinese di trasformare la sostanza”, potrete, infatti, vedere da vicino come nascerà la Testadoro Essenziale, una nuova opera d’arte su quattro ruote. L’artista è Dario Pasqualini, grande appassionato di automobili, che ha rispolverato il marchio Testadoro, “in vita” dal 1946 al 1949 grazie all’inventiva di Giorgio Giusto.

Nella sua breve carriera di azienda costruttrice, la cui ragione sociale era “Casa dell'Auto” con sede a Torino, Giusto produsse nove vetture da corsa con il marchio Testadoro. Le varie Testadoro, come la Sport, la Drin-Drin, la Marinella e la Daniela, corsero le più importanti gare dell'epoca, prima come semplici derivate della Fiat 500 Topolino, poi come vetture di completa progettazione e costruzione Testadoro, comprese di nuovi motori prodotti internamente. Furono solo poche dunque le vetture Testadoro, guidate ai tempi anche da Bertone e Zagato che volevano diventare piloti e che, fortunatamente, sono invece diventati straordinari designer.

Ma chi è Dario Pasqualini? Lui si definisce “uno strano animale”. “Ho frequentato l’artistico di Torino e tre anni di architettura – racconta –. Poi ho mollato tutto per andare in giro per il mondo a cercare un lavoro vero. Sono un mix fra creatività e rispetto per le regole e l’animale che c’è in me è venuto fuori quando ho conosciuto Paolo Giacometto, un battilastra eccezionale. Ho iniziato a fare delle ricerche sui costruttori e carrozzieri torinesi e mi sono reso conto che non c’era nella produzione qualcosa che richiamasse la nostra tradizione. Ho iniziato a disegnare e mi sono addentrato nel mondo dei tubolari. Ho scoperto il marchio Testadoro, l’ho registrato e dopo due anni e mezzo siamo riusciti partire con il progetto di realizzare questa vettura che abbiamo chiamato ‘Essenziale’. Vettura che costruiremo qui al MAUTO sotto gli occhi dei visitatori”.

La Essenziale è una berlinetta con motore anteriore e trazione posteriore, come nella tradizione delle vetture sportive italiane degli anni ’50 e ’60. Contrariamente a quanto accade nella produzione commerciale, la performance artistica vuole illustrare la concezione stilistica e la nascita di una vettura completa interamente sotto gli occhi del pubblico, con la partecipazione delle diverse maestranze (“modellisti” e “battilastra” in primis), che spesso rimangono nell’ombra. In un allestimento ispirato alle officine artigianali degli anni ’50 (la classica “Boita” torinese) fatto di banchi in legno e attrezzi tipici dell’epoca, l’artista plasmerà i volumi della Testadoro Essenziale, una berlinetta sportiva di sua creazione, capace anche di rendere omaggio alle vetture che hanno reso lo stile italiano famoso nel mondo. La vettura costruita sarà moderna, completamente originale e sarà da intendersi come opera d’arte in movimento, oltre a non essere destinata in alcun modo alla commercializzazione o alla produzione in serie.

Nelle prime settimane di lavoro, l’autore procederà alla modellazione della vettura con l’utilizzo del Clay, uno speciale tipo di plastilina modellabile a caldo e lavorabile a freddo. Una metà del modello di stile sarà lasciata con la struttura sottostante a vista e parti con lo strato di Clay grezzo, mentre l’altra sarà lavorata fino a restituire in maniera fedele e realistica i volumi da realizzare. In seguito, sulla base dei volumi definiti verrà realizzato il mascherone in legno, fondamentale elemento per la creazione delle carrozzerie, e della cui realizzazione erano maestri gli artigiani torinesi e stilisti quali, fra gli altri, Giovanni Michelotti. Successivamente, il mascherone diventerà protagonista per la seconda parte della performance, nella quale i volumi vuoti verranno via via riempiti dalle lamiere in alluminio battute a mano. Durante questa fase, l’autore sarà affiancato da maestri battilastra che parteciperanno alla Performance trasformando la vettura in un’opera corale, omaggio alle maestranze che hanno contribuito, in silenzio e lontano dai riflettori, al successo dei grandi carrozzieri e alla fama degli stilisti più conosciuti. La “lavorazione” si concluderà dopo sei mesi con l’assemblaggio e la presentazione dinamica dell’opera realizzata.

Perché questo nome? “Si chiama Testadoro Essenziale – spiega Pasqualini – perché rappresenta un chiaro riferimento all’assenza di tutto quanto nell’automobile è superfluo e, appunto, non essenziale. Via la plastica, via cavi e fili inutili. La vettura è costituita da un telaio tubolare in acciaio, una meccanica ridotta al minimo ed una leggerissima carrozzeria in alluminio. Non è prevista l’installazione di alcuna componente che non sia essenziale alla funzione primaria della meccanica: l’obiettivo è consentire all’opera di muoversi con efficienza.

 
 
 

Lazzaro siamo noi

Post n°3849 pubblicato il 24 Marzo 2023 da namy0000
 

2023, Ermes Ronchi, Avvenire, 23 marzo 2023

Lazzaro siamo noi. Risorgiamo perché amati

In quel tempo, un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. Le sorelle mandarono dunque a dire a Gesù: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato». All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato»

La bellezza struggente dell’umanità di Gesù: lo vediamo fremere, piangere, commuoversi, gridare. Un Dio umanissimo, quello che ogni uomo cerca: non un Dio da adorare e venerare nell’alto dei cieli, ma un Dio coinvolto e coinvolgente, che ride e piange, gioca con i suoi figli nei caldi giochi del sole e del mare.

Di Lazzaro sappiamo poche cose, quelle che contano: la sua casa è aperta, è amato da molti, è amico speciale di Gesù: ospite, amico e fratello. Tre nomi per restare umani.

Se Tu fossi stato qui, nostro fratello non sarebbe morto. Le sorelle hanno visto le loro preghiere volare via come colombe, e nessuna che tornasse indietro a portare una risposta, una fogliolina di ulivo di risposta, come allora nell’arca. Ma Dio esaudisce le nostre preghiere? Sì, esaudisce sempre; ma non le nostre richieste, bensì le sue promesse. “Tuo fratello risorgerà”. Lei la sente come una frase fatta, parole formali che tutti sanno dire: “so bene che risorgerà. Ma quel giorno è così lontano da questo dolore”. Lei parla al futuro, Gesù al presente. E usa parole impressionanti: “Io sono la risurrezione e la vita”. Adesso. Prima la risurrezione e poi la vita. Prima la liberazione e poi la vita viva. Che è il risultato di molte risurrezioni: dalle vite spente, dalle ceneri, da vite senza sogno e senza fuoco. Io sono la risurrezione: una linfa potente e fresca che si dirama per tutto il cosmo e che non riposerà finché non avrà raggiunto e fatto fiorire l’ultimo ramo della creazione, l’ultimo angolo del cuore. Liberatelo e lasciatelo andare! Lazzaro esce, avvolto in bende come un neonato. Morirà una seconda volta, ma ormai gli si apre davanti una altissima speranza: Qualcuno lo ama, Qualcuno che è più forte della morte. Lasciatelo andare: Gesù è il Rabbi che libera e manda oltre senza legare a sé: dategli una stella polare per il viaggio, gli occhi di qualcuno che piangano d’amore per lui, la certezza di un approdo, e nessuno lo fermerà.

Dove sta il perché finale della risurrezione di Lazzaro? Sta nelle lacrime di Gesù, la sua dichiarazione d’amore fino al pianto. Piangere è amare con gli occhi. L’uomo risorge per le lacrime di Dio, risorgiamo perché amati.

Lazzaro sono io. Quante volte sono morto: era finito l’olio nella lampada, finita la voglia di lottare e faticare, forse perfino la voglia di vivere. E poi un seme ha cominciato a germogliare, non so da dove, non so perché. Una pietra si è smossa, è entrato un raggio di sole. Un grido d’amico ha spezzato il silenzio. Delle lacrime hanno bagnato le mie bende. Io sono Lazzaro, io sono Marta e Maria, sorelle a infiniti morti. Come loro santo solo d’amicizia, risorto solo perché amato.

 
 
 

Caro Molise scuotiti

Post n°3848 pubblicato il 23 Marzo 2023 da namy0000
 

Caro Molise, scuotiti (Lettera a Famiglia Cristiana di Luca A. di San Paolo-Brasile, FC n. 12 del 19 marzo 2023)

Nel 1983 Isernia è provincia da circa 13 anni. Liliana è in dolce attesa e insieme al marito Fernando, discute il nome del nascituro. Le discussioni vanno avanti fin quando vengo alla luce io, il 18 ottobre, san Luca: quello diverrà il mio nome. Fernando, carpentiere dalle umili origini, ha iniziato a lavorare all’età di 14 anni per provvedere al sostentamento degli altri fratelli; Liliana, sarta, medesima sorte. Tutti ad apprendere un mestiere e, dunque, a lavorare. I miei genitori non hanno voluto per me il loro destino. Con tanti sacrifici economici mi hanno permesso di studiare e mi sono laureato in Scienze politiche. Ma il Molise non è per chi non ha “santi in paradiso” e la strada era una sola: preparare la valigia ed emigrare. Ricordo ancora il giorno in cui partii. Mi ritrovai stretto nell’abbraccio di mia madre, che non seppe trattenere le lacrime. Quello di mio padre, invece, fu un abbraccio silenzioso, ma più forte di qualsiasi parola. Oggi, a distanza di tanti anni dalla mia partenza, il legame con la mia terra è ancora molto forte. Ogni volta che vi faccio ritorno mi innamoro sempre più dei suoi panorami mozzafiato, delle chiese, delle sacre rappresentazioni, degli eremi, dei castelli, di tutte le testimonianze archeologiche presenti sul suo piccolo ma ricco territorio e delle tante specialità enogastronomiche. Ma il mio amore incondizionato si rivolge soprattutto alle sue genti, fiere, laboriose, diligenti e piene di umanità. Mio caro Molise, mi hai lasciato andar via tanti anni fa, facendomi riempire una valigia piena di paure, timori e incertezze. Ho pianto mille volte pensando al modo in cui la classe politica ti ha ridotto nel corso degli anni. Mi sei mancato da morire. Saprai mai accogliermi di nuovo e accogliere tutti quei giovani che hai mandato via? Ma devi dimostrare che sei in grado di cambiare. Svegliati, scuoti i tuoi cittadini: sono pronto a dare il mio supporto perché profondamente legato a te. Spero che un giorno tu mi possa dare la possibilità di ritornare.

 
 
 

Giornata mondiale dell'acqua

2023, Avvenire 22 marzo

Campagna globale. Il sapere di Israele a disposizione contro spreco e scarsità di acqua

Il 22 marzo si celebra la Giornata mondiale dell’acqua (World Water Day), ricorrenza istituita dalle Nazioni Unite nel 1992: un’occasione per riflettere sulla crisi idrica globale

un’occasione per riflettere sulla crisi idrica globale, sui nostri comportamenti, sia come individui sia come società e uno stimolo a cercare soluzioni condivise a un problema che può mettere a rischio la nostra sopravvivenza.

Nel primo capitolo della Genesi l’acqua è la sostanza originaria su cui si libra lo spirito divino: «La terra era informe e deserta e l’oscurità ricopriva l’abisso, mentre lo Spirito di Dio si librava sulla superficie dell’acqua» (Gen 1,2). È indicativo il fatto che «lo Spirito di Dio» voli, sopra l’acqua e non sopra uno degli altri elementi originari della creazione.

La cultura ebraica, come si capisce dalle sue festività, tiene in considerazione i ritmi naturali, il cambiare delle stagioni, i cicli agricoli. Basta pensare al rispetto dello Shabbat, il sabato, un momento in cui l’uomo cessa di esercitare la sua influenza sulla natura. Di Shabbat, infatti, è necessario astenersi da qualsiasi atto “creativo”, vale a dire da qualsiasi atto che in qualche modo modifichi la natura.

La catastrofe del coronavirus che ha colpito tutta l’umanità deve aiutarci a capire che per difendere la nostra «casa comune» e la nostra esistenza è necessaria la cooperazione. Adesso che la pandemia in gran parte del mondo volge al termine, dobbiamo concentrarci sulla minaccia esistenziale più urgente: il riscaldamento globale e il cambiamento climatico che minacciano il ciclo delle precipitazioni. In questo contesto riteniamo che soluzioni tecnologiche innovative alla crisi idrica possano essere una parte centrale della nostra battaglia nell’affrontare questa pressante sfida.

La stretta connessione tra la crisi idrica e la crisi climatica è stata rilevata nella dichiarazione di sintesi della Cop27 e sarà un tema centrale nella Conferenza delle Nazioni Unite sull’acqua che si riunirà oggi, in occasione della Giornata dell’acqua. Ci sono infatti ancora aree del mondo “fortunate” in cui l’accesso all’acqua potabile è facile e immediato (basta aprire un rubinetto nelle proprie case) ma in molti Paesi questa accessibilità è limitata o quasi inesistente. Si stima che circa 2,5 miliardi di persone (il 36% della popolazione mondiale) vivano in aree con scarsità d’acqua, un fenomeno destinato a peggiorare. La scarsità d’acqua, e la conseguente desertificazione, è causa di migrazioni, guerre e conflitti, mettendo centinaia di milioni di persone in tutto il mondo a rischio nei prossimi anni.

Per superare questa crisi, dobbiamo capire che ciò comporta la formulazione di una campagna globale che richiede che tutti i passaggi necessari siano integrati insieme, come ad esempio: guidare ed educare alla conservazione dell’acqua; aumentare l’efficientamento del suo utilizzo; accumulare finanziamenti internazionali, pubblici e privati; risanare le fonti d’acqua inquinate; incoraggiare gli investimenti, la ricerca e lo sviluppo e, prima di tutto, imparare a praticare ovunque una buona gestione dell’acqua disponibile.

Israele può dare, in questo senso, un contributo significativo in quanto Paese con uno dei sistemi idrici più avanzati al mondo e con un’abbondanza di ricerca e sviluppo e tecnologie innovative. Un esempio è il trattamento e il riciclaggio delle acque reflue in cui deteniamo un record mondiale, con il 95% delle nostre acque reflue trattate, di cui quasi il 90% viene utilizzato in agricoltura. Un altro campo in cui siamo leader è la prevenzione delle perdite idriche nei sistemi urbani. Mentre in Israele solo una piccola percentuale dell’acqua viene persa nei sistemi di approvvigionamento urbano, in altri Paesi questo tasso può raggiungere percentuali altissime. Il paradosso è che spesso questo speco si verifica in Paesi aridi.

La desalinizzazione dell’acqua di mare, l’uso di acqua salmastra in agricoltura, l’irrigazione a goccia, lo sviluppo di varietà agricole che consumano meno acqua e persino l’estrazione di acqua dall’aria, sono tutti campi sviluppati in Israele. Noi desideriamo condividere tutto il nostro know-how con le altre nazioni. Se questa divenisse la situazione in tutto il mondo, sarebbe possibile ridurre notevolmente e prevenire l’inquinamento ambientale e la distruzione dei sistemi naturali, consentendo allo stesso tempo all’acqua trattata e purificata di rifluire nella natura e nell’agricoltura.

Un altro fattore fondamentale in questa battaglia per la vita è l’educazione: in troppi Paesi l’acqua si dà per scontata ma ormai è chiaro che la forma mentis delle persone deve cambiare radicalmente.

Con l’enciclica Laudato si’, papa Francesco nel 2015 ha proposto di entrare in dialogo con tutti riguardo alla nostra «casa comune» nella ricerca di uno sviluppo sostenibile integrale, perché non dobbiamo dimenticare che nel mondo tutto è strettamente connesso. «L’acqua potabile e pulita rappresenta una questione di primaria importanza. L’accesso all’acqua potabile e sicura è un diritto umano essenziale, fondamentale e universale, perché determina la sopravvivenza delle persone, e per questo è condizione per l’esercizio degli altri diritti umani», ribadisce il Papa. Sì, l’acqua è vita.

Ambasciatore di Israele presso la Santa Sede

 
 
 

Crisi eloquenti

2023, Avvenire 22 marzo

Usa e Francia: crisi eloquenti

Stati Uniti d’America e Francia – due tra le più grandi e antiche democrazie del mondo – stanno attraversando giorni difficili proprio mentre due grandi sistemi altri rispetto alle democrazie occidentali, Cina e Russia, rafforzano persino ostentatamente i loro legami. Al di là di Donald Trump, il problema è quella larga fetta di opinione pubblica statunitense che continua a considerare il tycoon come un interlocutore preferibile all’intero establishment della Federazione. C’è un malumore profondo che circola nella società americana, che Trump cavalca e strumentalizza, nei confronti di élite istituzionali (politiche, economiche e culturali) concentrate sui temi dell’innovazione tecnologica, dei diritti individuali, dell’apertura multiculturale, dell’ambiente. Tutti temi importanti, ma che toccano corde profonde della stessa struttura antropologica. Chi ha attaccato Capitol Hill non lo ha fatto semplicemente per amore del capo, ma per ribaltare un ordine delle cose che trova sempre meno sopportabile. Trump naturalmente non ha rimedi efficaci per ricomporre questa scollatura. Né, in fondo, la cosa gli interessa. Ma sfrutta a proprio vantaggio personale questo ampio serbatoio di disagio sociale fino al punto da minacciare le stesse istituzioni americane.

La situazione francese è molto diversa. Qui abbiamo un presidente che, inoltrandosi nel suo secondo e ultimo mandato, sente di dover portare a termine la riforma delle pensioni in nome e per conto della sostenibilità economica del Welfare francese. Scampato il pericolo di un voto di sfiducia, il presidente Emmanuel Macron è deciso ad andare avanti, sfidando il malcontento che scuote il Paese. Come già accaduto pochi anni fa, sempre sotto Macron, con i gilet gialli, la Francia è ormai da settimane scossa da una mobilitazione che ha portato in piazza milioni di persone. E i cui sviluppi, dopo la decisione del presidente di andare avanti comunque, appaiono incerti. Stando ai sondaggi, al di là di ogni argomento economico, l’iniziativa di Macron è respinta dalla maggioranza dei francesi.

Pur se in un contesto del tutto diverso, quanto accade in Francia fa emergere linee di tensione simili a quelle degli Usa: le ragioni istituzionali non vengono più capite – e qualche volta addirittura rifiutate – dalle persone comuni. Un po’ perché si è in balìa di cattivi maestri – che oggi non sono i più grandi intellettuali ma gli influencer e più in generale i signori dei social – che fanno cultura diffusa aldilà di ogni argomentazione razionale; e un po’ perché le ragioni istituzionali sembrano lontane dalla concretezza della vita di molte persone. Alzare l’età pensionabile è sicuramente ragionevole tenuto conto dei cambiamenti dei processi di invecchiamento. Ma questo risulta insopportabile quando si vive in un Paese dove aumentano le disuguaglianze, dove la ricchezza si concentra sempre di più, dove cresce la fatica di vivere, dove il futuro appare incerto e dominato dai grandi interessi che se ne infischiano dei destini personali.

Forse in questa prospettiva si può capire meglio il disagio che, ormai da diversi anni, sta attraversando i Paesi avanzati. Tramontata la speranza di una crescita illimitata, le democrazie sviluppate faticano a immaginare un avvenire desiderabile verso cui tendere insieme. Eccetto che per una innovazione talmente rapida e divorante da inquietare l’animo di molti. Soprattutto nel dopo pandemia.

Chi guida le nostre società segue la stella del cambiamento tecnologico ed economico, visto come unica via di salvezza rispetto alle tante sfide che abbiamo davanti. Mentre le persone comuni arrancano anche perché nella loro vita concreta aumentano instabilità, fatica, incertezza. Ed è in questa sconnessione tra il discorso istituzionale sempre più arroccato in astrazioni lontane dalla realtà e la vita concreta delle persone e delle comunità che si incunea quel disagio che rischia di mettere a repentaglio le democrazie contemporanee.

Al di là di ciò che si vede in superficie, ci troviamo di fronte a una questione profonda che va presa sul serio. Il tema è lavorare per non radicalizzare questa tensione, ma piuttosto per affrontarla e, se possibile, risolverla. La tecnologia, la scienza, l’economia sono conquiste preziose. Ma il passo del popolo – tanto sia sul piano sociale che su quello culturale – segue un ritmo diverso. Per superare la crisi che le attanaglia, le democrazie devono prima riconoscere questa discrasia e poi, un po’ per volta, lavorare per ricomporla. È una lezione che vale anche per l’Italia.

 
 
 

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