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Un mondo nuovo

Come creare un mondo nuovo

 

Messaggi di Aprile 2023

Teatro e teatro

Post n°3860 pubblicato il 20 Aprile 2023 da namy0000
 

Scarp de’ tenis, febbraio 2023

Teatro No’hma. La sfida di offrire la cultura a tutti: doniamo bellezza

A Milano, in via Orcagna, c’è un teatro unico sulla scena internazionale. È il No’hma Spazio Teatro Teresa Pomodoro, presieduto e diretto da Livia Pomodoro, sorella di Teresa, già presidente del Tribunale di Milano, fino al 2015. Dal 2016 èpresidente dell’Accademia di Belle Arti di Brera e dal 2018 è titolare della cattedra Unesco food systems for sustainable development and social inclusion all’Università Statale di Milano. Nel 2019 è stata designata dall’Arcivescovo di Milano quale referente diocesano per la Tutela dei Minori. Qui l’ingresso è sempre gratuito. No’hma è nato, infatti, in un’ottica di cultura per tutti, nel pieno rispetto della missione di Teresa Pomodoro – attrice, regista e drammaturga scomparsa nel 2008 – che ha fondato il teatro 26 anni fa con una mission precisa: quella di mettere in comunicazione tra loro le persone, dai palcoscenici alle platee, al di là delle barriere geografiche ed economiche. Il No’hma è un’utopia di libertà e indipendenza che continua a riscuotere consensi dal pubblico – le rappresentazioni sono sempre sold outn(esaurito) – e dagli artisti di calibro internazionale che si avvicendano di anno in anno. No’hma non ha mai cessato la sua attività, garantendo al pubblico la visione grazie agli spettacoli online in diretta. Da questa idea di esperienza estesa a tutti, e di cultura che aggrega, sono nati i 2 nuovi progetti dello spazio: il Teatro OnLife e la Disseminazione culturale sul territorio. Il Teatro OnLife è una nuova concezione di fare e proporre spettacoli al pubblico, che rappresenta una novità assoluta nel panorama culturale nazionale e internazionale: due compagnie teatrali provenienti da luoghi lontani che, grazie all’utilizzo della tecnologia, possono esibirsi insieme e in tempo reale nel medesimo show. La Disseminazione culturale sul territorio consiste, invece, nel portare il teatro fuori dal teatro, rivitalizzando i luoghi più suggestivi delle metropoli e delle loro periferie attraverso la costruzione di eventi teatrali e musicali che siano un momento di incontro, scambio, condivisione e relazione per i cittadini. Il progetto intende partire dalla città di Milano per propagarsi in tutta Italia e non solo.

Oltre alla sede storica di via Orcagna, nella palazzina ristrutturata ex stazione in disuso dell’acqua potabile, il No’hma ha realizzato un singolare giardino zen in piazza Piola intitolato a Teresa Pomodoro: alberi di ciliegio provenienti appositamente dal Giappone, installazioni di opere dello scultore Kengiro Azuma e un palco per rappresentazioni esterne.

Il New York Times scrisse anni fa che questo Spazio era una luce sulla città di Milano: io non so se è una luce su Milano, ma so che la forza di questo teatro è produrre una cultura altra e diversa, a partire dal fatto che il nostro teatro è frequentabile da chiunque; cerchiamo di mettere ogni persona nella condizione di poter venire ai nostri spettacoli. Tutti possono godere della bellezza di questa arte e gli spettacoli sono sempre nuovi e diversi perché provengono da tutto il mondo. L’arte oggi viene vista come qualcosa che può restare indietro, che non è utile, in una società utilitaristica. Eppure, noi, nel nostro piccolo, vediamo quanto bisogno ci sia di bellezza. Io sono felice del fatto che abbiamo sempre una parte di pubblico nuovo, fatto soprattutto di giovani. Loro sono pronti a cercare di capire e di guardare con occhi nuovi la realtà. Nella mia esperienza con i ragazzi so che sono importanti i maestri, e se i maestri si indeboliscono, allora diventa difficile guardare a ciò che è importante. Oggi i giovani sono alla ricerca di un’armonia che fanno fatica a trovare. Chi ha responsabilità istituzionale dovrebbe assumere un compito e un impegno verso di loro: quello di indicare la strada e di far parlare il futuro. Una della nostre caratteristiche è dar spazio a compagnie di giovani talenti perché possano affermare la loro arte. Nello scorso anno, ad esempio, sono venuti i ragazzi di Scampia, una compagnia straordinaria, Putéca Celidònia, hanno presentato lo spettacolo Dall’altra parte, del regista Emanuele D’Errico.

Gli spettacoli del No’hma, in effetti, provengono dal mondo: Malesia, Australia, Stati Uniti, India, Giappone, Corea, Thailandia, Mongolia, Sud Africa, Groenlandia, Canada e molti altri. «Per le spese – spiega la presidente – ci sostengono le ambasciate italiane all’estero, con cui collaboriamo da anni, ma anche le compagnie aeree spesso ci vengono incontro con il costo dei biglietti. E poi abbiamo finanziamenti di sponsor che ci sono accanto da molti anni. Ho tenuto questo teatro perché ritengo che qui possa essere coltivata la più bella delle utopie, quella di trasmettere a tutti arte, bellezza e futuro: questo è un messaggio antico, oggi dimenticato. Lo scorso anno è venuto da noi Kolibalì, il più grande burattinaio del mondo, africano. È arrivato con le valigie piene di pupazzi e ha portato un tappeto che le donne del Mali hanno cucito per 2 anni. Apparentemente niente di particolare, un tappeto in bianco e nero, eppure quante voci, quante storie in due anni di quelle donne che hanno cucito pezzetto per pezzetto quel tappeto. Questo è lo sguardo che ci piace, di quella diversità che ci apre gli occhi sul mondo e dice che nelle cose grandi della vita siamo tutti uguali: nelle nostre difficoltà, nelle nostre speranze, nelle nostre vite sempre un po’ speciali. Mia sorella Teresa ha costruito questo teatro sull’utopia della bellezza per tutti e io questo messaggio ho voluto conservarlo. Oggi, con tutti i mestieri che ho fatto, preferisco che si dica di me che sono una teatrante».

 
 
 

Una città più pulita

2023, FC n. 16 del 16 aprile

Dai Navigli ai parchi. Una città più pulita

Appuntamento sabato pomeriggio alla Canottieri San Cristoforo, una delle tre società di canottaggio dei Navigli di Milano (e l’ultima nata). Un gruppo di una quindicina di persone, donne e ragazze, alcuni uomini e anche due bambine, sono pronte a imbarcarsi sulla canoa, munite di guanti, per un’operazione di pulizia del Naviglio, organizzata dall’associazione “Angeli del bello Milano” con Canottieri San Cristoforo e con il Wwf. Alcune di loro sono veterane dell’iniziativa. Rossella è arrivata per la prima volta, insieme a sua figlia Sofia di 10 anni, ed entrambe sono entusiaste dell’esperienza che, dice Rossella, ha un alto valore educativo.

Anima dell’operazione, Simone L., 51enne canoista, istruttore di canoa, canottaggio e stand up paddle della Canottieri San Cristoforo, infaticabile attivista. In piedi sulla prua, dopo qualche nozione tecnica di base, Simone guida il gruppo al recupero di oggetti e rifiuti nel canale. Sono soprattutto lattine, bottiglie di vetro, sacchetti di plastica. Ma non di rado si ritrovano anche biciclette, divani, giocattoli. «Ad oggi con “Angeli del bello Milano” abbiamo recuperato 919 biciclette», racconta Simone. Stavolta, ad essere tirato fuori è un monopattino: «Abbiamo trovato anche un panda di peluche e lo abbiamo regalato a Sofia. Poi la mamma Rossella ha avuto un’idea: metterlo all’asta per il Wwf».

Impegno sociale, senso civico, passione, amore per l’ambiente, per il patrimonio storico, artistico, naturalistico della città di Milano, che molto tempo fa – lui è originario di Vigevano – lo ha “adottato”: tutto questo ha spinto il vulcanico canoista a dare vita anni fa all’associazione Angeli dei navigli, che oggi è di fatto una pagina Facebook. “Angeli del bello Milano” (www.angelidelbellomilano.org) è nata nel 2022 dall’incontro tra Simone (che la presiede), Roberto D.M., presidente dell’associazione Extrapulita, e Alessandra Z., responsabile e coordinatrice della fondazione “Angeli del bello Firenze”, attiva da molti anni, alla quale l’associazione milanese è affiliata. Obiettivo: tutelare e valorizzare la bellezza di Milano attraverso una varietà di iniziative, che vanno dalla cura del verde pubblico alla rimozione di graffiti vandalici e di adesivi sui pali segnaletici stradali, dall’organizzazione di eventi artistico-culturali, alla partecipazione ad attività per il decoro e la tutela del bene comune, fino alla promozione di incontri di sensibilizzazione nelle scuole per la diffusione tra i giovani di una cultura del rispetto.

«Organizziamo le pulizie dei Navigli circa una volta al mese. Facciamo pulizie anche nei parchi e nelle piazze, sempre tenendo fede al nostro motto “Difendere e diffondere il bello”: coinvolgiamo quindi degli artisti per regalare ai volontari e a chi ci segue delle performance, che siano di un comico, un musicista, un poeta, un pittore».

L’”Angelo dei navigli”, come tutti ormai lo chiamano, è un fiume inarrestabile di idee, iniziative, progetti. Raro vederlo fermo. Molto più facile incontrarlo mentre pagaia in canoa, mentre batte il ritmo sulla prua di un dragonboat (barca drago, una canoa a 20 posti) nel quale a pagaiare sono gli alunni di una classe in uscita extrascolastica. Oppure, mentre sfreccia con i pattini ai piedi o in bicicletta, da convinto e appassionato promotore della mobilità sostenibile a Milano.

«Ho imparato a vivere la città come un’estensione di casa mia. Per me il parco vicino al quale abito è il mio giardino di casa, la panchina è la mia sala da pranzo. E mi comporto di conseguenza: il bene comune è meglio che sia visto non solo come uno spazio mio, personale». Perché se una cosa la senti anche e soprattutto tua le dai più importanza, la custodisci e te ne prendi cura. «Ognuno di noi dovrebbe sentirsi proprietario di almeno un luogo della città in cui vive».

Per il suo impegno civico, nel 2021, nel 2021 Simone ha ricevuto l’Ambrogino d’oro, onorificenza conferita dal Comune di Milano. E dallo scorso 24 marzo è approdato, a bordo della canoa.

 
 
 

Tina Anselmi

Post n°3858 pubblicato il 18 Aprile 2023 da namy0000
 

Tina Anselmi, la partigiana della democrazia

Partigiana a 16 anni, sindacalista in difesa delle operaie a 18, prima donna ministro in Italia (del Lavoro e, poi, della Salute, siglando la nascita del Sistema Sanitario Nazionale) e, anche, presidente della Commissione di inchiesta sulla loggia massonica P2, unica donna tra venti deputati e venti senatori. In un solo nome: Tina Anselmi alla cui vicenda umana e professionale è dedicato l’omonimo film tv che Rai1 propone martedì 25 aprile 2023, nel giorno della Festa della Liberazione, in prima serata. Tratto dalle opere La P2 nei diari segreti di Tina Anselmi di Anna Vinci e Storia di una passione politica di Anselmi e Vinci, Tina Anselmi – Una vita per la democrazia prende il via nel 1944, quando la sedicenne Tina viene portata insieme a tutti gli studenti del paese a vedere 31 uomini impiccati dai tedeschi.

Quel giorno capisce che, per cambiare il mondo, non si può restare a guardare ma bisogna agire. E farlo, in quel momento, significa entrare nella Resistenza e rischiare la prigionia, la tortura e la stessa vita. Lei lo fa e, con l’incoscienza della sua giovane età, diventa staffetta partigiana e pedala senza sosta tra Castelfranco (il suo paese natale) e Treviso portando documenti e informazioni: «Tina è stata un personaggio fantastico, romanzesco, a cui tutti dovremmo poter assomigliare, uomini e donne – spiega il regista Luciano Manuzzi -. Per tutta la vita ha lottato contro i soprusi, le ingiustizie, gli sprechi e la mancanza di tutele che considerava come insulti insopportabili». Lo ha fatto anche militando a lungo nella Democrazia Cristiana (Aldo Moro credeva molto in lei) e animata da una profonda fede («vissuta, non esibita» sottolinea la sceneggiatrice del film Monica Zapelli) che, tuttavia, non le impediva di avere una visione laica dello Stato.

Al punto da firmare in qualità di Ministro della Salute, pur non condividendola, la legge sull’interruzione di gravidanza: «Quando la firmò, pur se non d’accordo, a chi le chiedeva di non farlo rispondeva di essere una donna della democrazia» racconta Anna Vinci. A interpretare la Anselmi è una Sarah Felberbaum quasi irriconoscibile grazie al trucco e a qualche chilo di troppo che racconta di avere preso volentieri «perché volevo dare al personaggio una certa morbidezza. Quando ho incontrato per la prima volta Luciano Manuzzi, lui mi ha detto: «Pensavamo che fossi meno bella”.

Avevo paura che questo fosse un ostacolo e, invece, ce l’ho fatta. Non ho lavorato sull’aspetto estetico ma sul corpo, sul modo di camminare. Fare questo film è stato un regalo enorme anche per questo, perché non sono stata scelta per un canone estetico. Ho provato stupore nello scoprire che ero stata presa in considerazione per un ruolo del genere». Prima di sapere che l’avrebbe interpretata, la Felberbaum conosceva della Anselmi «lo stretto necessario». Anche perché, ammette, «non mi sono mai interessata di politica, non è mai stata una passione».

Per questo si è preparata con grande cura: «ho studiato. Ho letto, naturalmente, i libri di Anna Vinci ma anche tanti articoli, forse persino troppi. Ma dovevo dedicarmi alla “mia” Tina: non potevo copiarla, cosa che del resto non mi veniva nemmeno chiesta, ma dovevo renderle omaggio, raccontando il suo spirito». Alla fine, oltre ad averla conosciuta, l’ha amata molto: «Pensiamo solo a quello che ha fatto per le donne: ha creato una piccola scuola per le giovani operaie delle filande, dicendo loro che la dignità arrivava anche grazie allo studio; si è battuta per la parità salariale, per gli orari di lavoro e contro le discriminazioni in un periodo in cui si poteva essere licenziate solo perché ci si sposava o si faceva un figlio.

C’era persino il coprifuoco per cui, oltre una certa ora, una donna non poteva uscire da sola». Certo, di lavoro ce n’è ancora tanto da fare ma è a Tina Anselmi che si deve, tra le altre cose, la legge sulle Pari Opportunità. Quelle che vigono, ad esempio, nella famiglia dell’attrice: « Nonostante sia il lavoro di Daniele (De Rossi, ex calciatore giallorosso, oggi allenatore, ndr) quello che porta avanti la famiglia, non mi sono mai trovata a dover rinunciare a qualcosa per dare spazio a lui. Tutte le decisioni che ho preso per la famiglia le ho prese da sola, senza alcun senso di rinuncia». E in ogni caso, quando c’è bisogno di una mano con i tre figli, ci sono i nonni: «Sono fortunata ad avere i miei suoceri. È anche grazie a loro che in famiglia possiamo avere davvero le pari opportunità!». La Felberbaum non nasconde di considerare Tina Anselmi – Una vita per la democrazia – non solo un regalo per il presente ma, anche, per il futuro: «Un ruolo così è un po’ un biglietto da visita. Potrebbe essere uno spartiacque nella mia carriera? Non lo so, lo scopriremo. Quel che è certo è che, dopo avere interpretato questo film, non ho voluto accettare lavori che non mi convincevano del tutto: voglio prima vedere cosa succede dopo Tina».

 
 
 

Amicizia

Post n°3857 pubblicato il 16 Aprile 2023 da namy0000
 

“Amicizia”di Jorge Luis Borges

Non posso darti soluzioni per tutti i problemi della vita,
Non ho risposte per i tuoi dubbi o timori,
però posso ascoltarli e dividerli con te.
Non posso cambiare né il tuo passato né il tuo futuro,
però quando serve starò vicino a te.
Non posso evitarti di precipitare, solamente posso offrirti la mia mano perché ti sostenga e non cada.
La tua allegria, il tuo successo e il tuo trionfo non sono i miei,
però gioisco sinceramente quando ti vedo felice.

 
 
 

Il claun

Post n°3856 pubblicato il 15 Aprile 2023 da namy0000
 

2023, Avvenire 14 aprile

Ucraina. Il «claun» italiano che sa restituire il sorriso ai bimbi feriti dalla guerra

Il volontario si aggira tra le macerie nel Donbass con i ferri del mestiere. «Ma parrucca e naso rosso li metto solo quando incontro i piccoli nei rifugi o nelle case ancora abitate»

Sul giubbetto antiproiettile ha fatto scrivere “Clown”. Anzi, più in piccolo, ha fatto scrivere “Claun”, all’italiana, come Marco Rodari preferisce essere chiamato. Anche in Ucraina dove ha trascorso interi mesi dall’inizio dell’aggressione russa. Certo, colpisce che in mezzo alle macerie dei villaggi bombardati del Donbass qualcuno si aggiri presentandosi come un pagliaccio. «Ma parrucca e naso rosso li metto quando incontro i bambini nei rifugi o nelle case ancora abitate», racconta.

Come la ragazzina di una frazione vicino a Kramatorsk, dove i missili piombano quasi ogni giorno, a cui la guerra aveva rubato la parola. «Quando ha visto il clown, ha cominciato a scherzare e ha ripreso addirittura a esprimersi. Il sorriso di quella bimba vale tutta la mia vita», confida il 47enne d’origini lombarde. Una volta uscito dalla casa dove spesso manca l’elettricità, il telefono ha squillato. Da Roma gli annunciavano che il capo dello Stato, Sergio Mattarella, l’aveva nominato “Cavaliere dell’Ordine al merito della Repubblica” per «la sua costante attività di volontariato nelle zone di guerra volta a offrire un sorriso ai più piccoli». «E chi mai l’avrebbe immaginato, anche se una delle mie sfide è accendere la fantasia», confida Marco.

Il sorriso ritrovato della bambina che tenacemente resiste con la famiglia nell’oblast di Donetsk è uno dei mille che il clown umanitario ha riacceso in giro per il mondo. E “Il Pimpa”, come Marco si ribattezza quando indossa il costume, compirà trent’anni nel 2024. Tutto comincia nell’oratorio di Leggiuno, in provincia di Varese, dove un adolescente scopre la sua vocazione. «Fra le mura della parrocchia ho intuito come mi fosse congeniale stare accanto ai bambini. E poi mi ripetevano: “Con te i ragazzi stanno buoni”». Un po’ san Filippo Neri, un po’ giullare, sceglie di entrare nelle corsie d’ospedale. E di ricorrere allo storpiato “Claun”.

«Lo devo al mio maestro Margherito che è stato un pioniere dei pagliacci in reparto». Poi nel 2009 la svolta. «Un amico sacerdote che era stato appena nominato alla guida di una parrocchia a Gaza, in Terra Santa, mi ha chiesto di andare nella Striscia per replicare le esperienze d’animazione che portavo in ospedale: con la differenza che lì cadevano le bombe». Resta sei mesi nella Palestina più a rischio. Poi arrivano richieste dall’Iraq e dalla Siria in guerra. E lui dice subito sì.

Lo scorso anno tocca all’Ucraina. «Ogni conflitto rende muti i bambini, alimenta l’odio negli adulti e fa piangere i vecchi – sostiene Marco –. I ragazzi non sorridono più; e spesso non parlano più. Dico che mai un piccolo può abituarsi ai bombardamenti: è solo una giustificazione che noi dell’Occidente possiamo darci. Se capita che un bambino non abbia paura quando cadono i missili, è perché ha un elettrocardiogramma delle emozioni piatto: questo è terribile».

Allora ecco il “miracolo” di una mascherata. «Basta spesso un semplice gioco di prestigio per far scattare l’interruttore della meraviglia. Così, nonostante tutto, il bambino torna a essere bambino». E la cura contagia anche gli adulti. Persino i militari. «È stato curioso vedere i soldati ucraini scortare un pagliaccio che passava fra gli abitati vicino alle linee di combattimento per portare un po’ gioia. La guerra non può essere l’unica ragione del quotidiano. E un volto rasserenato diventa un surplus».

Fra le regioni di Kharkiv e Donetsk “Il Pimpa” ha portato 3mila maglie termiche. E poi i volumi per i ragazzi con la campagna “Un libro per fuggire dalla guerra”. «Mai avevo visto quanto potesse essere così desiderato un libro. Perché, se vive sottoterra dove magari non c’è luce o Internet, una storia su carta tiene comunque compagnia».

L’iniziativa è una di quelle partorite dall’associazione “Far sorridere il cielo” che dal 2005 ha regalato nelle zone dove domina la logica della violenza pasti caldi, presidi sanitari, kit scolastici e soprattutto spettacoli a oltre un milione di piccoli.

«Così possono essere portatori sani di pace – conclude Marco –. Perché la guerra è sempre un fallimento di cui ciascuno è responsabile. Troviamo qualche colpevole, che senz’altro esiste, ma occorre ammettere che ognuno di noi non ha fatto abbastanza per evitarla. Lo ripeto agli alunni delle scuole italiane che visito: mai le armi sono la risposta».

 
 
 

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