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Messaggi del 05/03/2020

covid-19

2020, Avvenire 3 marzo. Dopo l'appello di Vo'. Mille tablet per gli studenti della zona rossa

Il Miur ha raccolto la richiesta, rilanciata da Avvenire e ha messo a disposizione i materiali per garantire la didattica online anche nelle zone non connesse

Dopo una settimana di didattica a distanza, gli alunni di Vo’ hanno finito i giga e in tanti non riescono più a seguire le lezioni online. Altri non ci sono mai riusciti perché residenti in zone dove la fibra non è ancora arrivata. «Così, noi della zona rossa siamo ancora più reclusi», sbotta Andrea, seconda media. «Mi piacerebbe partecipare, ma abito in una casa isolata», aggiunge Emma, 12 anni. La stessa età di Michelle, che chiede «una connessione migliore, per me e per i miei compagni». Anche la mamma di Nicolò, prima media, sottolinea l’importanza della scuola, in questo momento molto particolare per i più piccoli: «La scuola è di grande conforto per i nostri figli. Rappresenta un aiuto, anche dal punto di vista emotivo. Sarebbe quindi buona cosa che le compagnie telefoniche ci dessero una mano, garantendo collegamenti più veloci ed efficaci».

«Servono collegamenti più veloci e stabili»

Il preside dell’Istituto comprensivo padovano, epicentro del focolaio di coronavirus, lunedì ha lanciato un appello alle compagnie telefoniche tramite Avvenire«Ci servono giga aggiuntivi e collegamenti più stabili. Internet è l’unico strumento che abbiamo per tenere i contatti con i nostri studenti costretti a stare chiusi in casa», ha ricordato Alfonso D’Ambrosio.
L’allarme lanciato dal dirigente è stato raccolto dalla ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, che ieri ha immediatamente interessato del caso la task force del Miur che sta assistendo le scuole per la didattica digitale. Grazie agli accordi conclusi con Microsoft, Google, Tim e un’altra trentina di aziende, sono stati subito messi a disposizione mille tablet con chiavette prepagate che, da oggi, saranno distribuiti agli studenti delle zone rosse (non soltanto di Vo’, ma anche degli altri territori) in difficoltà a collegarsi con le scuole per partecipare alle lezioni a distanza.

Il sindaco passerà casa per casa

Stante l’impossibilità di entrare in paese, blindato ormai da dieci giorni, agli studenti di Vo’ i dispositivi, una ventina in tutto, saranno consegnati dallo stesso sindaco Giuliano Martini, che andrà a ritirarli ai confini della “zona rossa” e li porterà casa per casa.
«In paese – spiega Martini – la fibra è arrivata da poco e dobbiamo ancora attivare i contratti. Consideriamo anche che il territorio comunale è molto vasto. Passiamo dai 14 metri sul livello del mare del centro paese, ai 604 del Monte Venda. Abbiamo frazioni e case sparse, distribuite per chilometri di campagna, difficili da raggiungere. Ben vengano, quindi, questi materiali che saranno molto utili anche una volta usciti dall’emergenza, perché andranno a costituire la nuova classe digitale della nostra scuola».
I dispositivi, dati in comodato d’uso alle famiglie, resteranno poi nella disponibilità degli istituti.

Il supporto del Ministero

Per le scuole, come quella di Vo’, che si trovano in difficoltà a garantire le lezioni online per problemi di connessione o per mancanza di attrezzature (computer e tablet), il Miur ha messo a disposizione anche una mail dedicata supportoscuole@istruzione.it. Dirigenti, insegnanti e genitori che riscontrano problemi possono scrivere qui per ricevere supporto. Inoltre, il Miur ha lanciato la campagna dei gemellaggi tra scuole e già oltre cento istituti, di tutta Italia, hanno messo a disposizione esperienze e buone pratiche. Il primo gemellaggio è stato concluso proprio lunedì mattina tra l’istituto comprensivo di Lozzo Atesino, che comprende anche la scuola di Vo’ e l’istituto tecnico “Majorana” di Brindisi, i cui allievi hanno tenuto una lezione online di chimica agli alunni padovani che seguivano in collegamento ciascuno da casa propria.
In collaborazione con l’Indire, l’Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa, il Miur ha attivato una pagina web, con più di venti ore di webinar a disposizione. Altro materiale sta arrivando autonomamente alle scuole. Dopo l’appello lanciato su Facebook, il preside di Vo’ ha ricevuto decine di offerte di collaborazione da parte di insegnanti di tutte le regioni. «Non esiste la scuola digitale, esiste la scuola e basta – ribadisce D’Ambrosio –. Che, proprio in occasioni come queste, dimostra di essere unita e di avere a cuore il grande valore dell’educazione».

 
 
 

Sahel

2020, Avvenire 4 marzo. Sahel, il caldo confine del Jihad e degli affari

Nel sud ovest del Niger l'internazionale del terrorismo mette in fuga le popolazioni per finanziarsi con il traffico di esseri umani, le armi e la droga. Ma la risposta non deve essere solo militare.

Nella zona delle tre frontiere tra Mali, Burkina Faso e Niger, nel sud-ovest nigerino, si gioca il futuro non solo del Sahel. L’area brucia da tempo, ora la situazione è incandescente. I terroristi jihadisti che da 7 anni si sono impadroniti delle terre di confine del Mali sconfinano abitualmente in Niger per colpire scuole, chiese e intimidire i musulmani che non vogliono arruolarsi. E da mesi i membri del cosiddetto Stato islamico dell’Africa Occidentale (Iswap), che mira a creare il califfato del Sahel, hanno intensificato gli attacchi in Burkina Faso. Le truppe maliane e burkinabè non hanno saputo fermare le colonne motorizzate delle milizie jihadiste che colpiscono con bombe, rapiscono e uccidono con brutalità crescente e rapidità. Sono i foreign fighters venuti prima in Libia dalla Siria e poi fuggiti nel deserto. Ceceni, azeri, siriani, iracheni, libici unitisi ai miliziani locali.
Le vittime si sono sestuplicate nei tre Paesi, da 770 nel 2016 a 4.400 nel 2019. La settimana scorsa 4.000 persone sono state costrette a lasciare le case per gli attacchi dello Stato islamico. Una possibile catastrofe che riguarda Italia e Ue, molto interessate al Niger dopo il collasso libico, per due ragioni. La prima è che gli attacchi fanno aumentare il numero dei profughi e da qui passano le rotte migratorie verso la costa mediterranea sulle quali vengono trasportate anche armi e droga. La seconda è che questi traffici finanziano non solo le bande di trafficanti, ma anche l’internazionale del terrore.
Che a dicembre ha alzato il tiro colpendo la base militare di Inates, in Niger, nella regione occidentale di Tillaberi, uccidendo 73 militari nel più grave attacco mai sferrato dai jihadisti. Inates è vicina alla riserva faunistica maliana di Ansongo, sede dei miliziani, ed ai villaggi di Akabar e Tabankort, crocevia per trafficanti di droga, armi e miliziani.

Il Niger dunque da 5 anni è la nuova frontiera europea. Per arginare jihad e immigrazione irregolare, Niamey ha ricevuto aiuti economici e militari. Il quadro di militarizzazione è in crescita. Il Paese ospita i contingenti francesi dell’operazione Barkhane (oltre 5.000 militari), l’aviazione statunitense che qui ha la seconda base d’Africa dalla quale decollano i droni, poi i tedeschi e 290 soldati italiani incaricati ufficialmente di formare le truppe locali. A fine febbraio l’Unione africana, data l’ostilità locale verso Parigi, ha deciso di inviare un contingente di 4.500 militari. Il 20 febbraio scorso i militari nigerini e i francesi hanno diramato un bilancio del contrattacco lanciato nel sud-ovest: 120 miliziani uccisi.

Ma il reclutamento dei jihadisti non si indebolirà finché non si iniziano a prendere di petto le cause della povertà in un Paese all’ultimo posto mondiale nell’indice di sviluppo umano, dove il sistema scolastico pubblico è crollato (l’80% dei nigerini è analfabeta), dove le disuguaglianze crescono e la disaffezione verso la politica è enorme. I jihadisti, bruciate le scuole, le sostituiscono con le madrasse, le scuole coraniche, e combattono l’indigenza con la carità islamica.

Ma non è un conflitto etnico – come qualcuno pensa – tra pastori peul e agricoltori, i gourmancé. È una vera guerra tra poveri ed è su questo terreno che si batte il terrore e si arginano i flussi di irregolari. Occorre anzitutto un’offensiva europea contro la corruzione e la maledizione delle risorse che affligge anche questo Paese. Dove l’uranio è sfruttato da 60 anni dai francesi senza creare sviluppo locale, il petrolio è estratto dai cinesi, che con i proventi si ripagano ad esempio i ponti costruiti sul Niger e i palazzi di Niamey, mentre i turchi si tengono i danari del duty free del nuovo aeroporto per saldare il debito contratto dal governo nigerino.

Nel Niger che vive di sussistenza e agricoltura, anche l’Italia può aprirsi spazi da protagonista grazie alle sue eccellenze private e a un’agenda di politica estera trasparente. Anzitutto con la cooperazione allo sviluppo, con progetti per istruzione e sanità. Poi facendo crescere l’economia circolare in cui siamo maestri riconosciuti, ad esempio riciclando l’onnipresente plastica. Infine può sviluppare le energie alternative, sole e vento, le ricchezze più diffuse. Nel Sahel l’Italia può investire nella pace e nello sviluppo, le nostre armi contro il terrore.

 
 
 

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