Creato da namy0000 il 04/04/2010

Un mondo nuovo

Come creare un mondo nuovo

 

Messaggi del 10/03/2020

Care amiche

Care amiche,

madri che conoscete il mio stesso dolore, la mia stessa impotenza di fronte a un figlio che non si lascia aiutare, l’idea di scrivervi mi è venuta da tante di voi che mi hanno mandato lettere e messaggi in questi giorni. Mi avete fatto sentire la vostra solidarietà e anche comprendere quanto sia importante non sentirsi isolate, in colpa, inghiottite nel proprio abisso di solitudine, perché ciascuna di noi può mettere al servizio dell’altra la propria sofferenza, fare rete, attirare l’attenzione delle istituzioni perché si mobilitino contro un male che non mi vergogno più di chiamare per nome: la droga, un mostro che incombe su un numero sempre maggiore di famiglie.

Io convivo con questo dolore da 12 anni e adesso a questa sofferenza si è aggiunta la ribalta mediatica, il fatto che Nicola abbia reso pubblica la nostra triste storia. È stato, però, questo secondo dispiacere a farmi sentire che non ero sola, che non dovevo più chiudermi in me stessa. La mia speranza è che il clamore suscitato da questa vicenda serva a tante madri, a tante famiglie che vivono il dramma di un figlio tossicodipendente. Mi fa stare bene l’idea che possa dare un piccolo contributo nel recare sollievo a tutti quei genitori con un ragazzo che si fa del male, ma non vuole ragionare, che precipita in un abisso e non vuole aggrapparsi a nulla per tirarsene fuori. Tu, come mamma, vorresti solo il suo bene, la cosa migliore per lui, ma sei destinata a uscirne sempre sconfitta fino alla disperazione.

Non spetta a me dire che cosa le leggi dovrebbero disporre. Ma nella mia condizione ho notato quanto poco aiuto venga fornito alle famiglie dei giovani tossicodipendenti. La comunità terapeutica non ha il potere di trattenere i ragazzi perché, secondo la legge, al compimento del diciottesimo anno d’età ogni individuo ha piena libertà di prendere le sue decisioni. Ma come può un ragazzo che si sballa, che ha la mente offuscata scegliere in modo lucido, pienamente consapevole? Tutte noi mamme che viviamo questo dolore dovremmo sottolineare quanto sia necessario che venga dato alle comunità il potere di proseguire il trattamento anche contro l’apparente volontà del figlio. Ho incontrato tante, troppe madri in diverse strutture che avevano un’unica speranza: che i loro ragazzi non lasciassero il programma di recupero, che quel bagliore di un futuro non venisse oscurato sul nascere. Conosco bene quella speranza che combatte ogni istante contro la paura e quanto questa lotta intima faccia male.

Non posso parlare direttamente con Nicola, ma lui deve sapere che l’ho denunciato perché gli voglio bene. È stato un gesto d’amore, dopo aver provato ogni via, ogni altro mezzo. Tutte le madri di figli drogati devono essere consapevoli che a un certo punto solo la durezza può aiutarli, la pietà, invece, può danneggiarli, permettere loro di toccare sempre più il fondo, di distruggere se stessi e anche tutte le persone che li amano.

Io ho fatto questo passo quando le pretese di denaro da parte di Nicola si sono fatte sempre più insistenti e minacciose, perché non c’era null’altro da fare. Non l’ho fatto certo per denigrarlo o colpirlo. Non ho mai denigrato Nicola, ho sempre considerato la tossicodipendenza una malattia, una malattia che però è favorita da un errato concetto del libero arbitrio. Certo, anche un adulto colpito da una grave patologia può rifiutare di curarsi, ma in quel caso davvero nella piena facoltà di comprendere e decidere. Suggerisco a tutte le mamme che combattono la mia stessa lotta, di essere ferme, anche se questo comporta molto dolore e non vi nascondo che piango spesso.

Ma ho cercato di aiutare Nicola in tutti i modi a farsi un futuro e, ci tengo a chiarire, senza nessun bisogno egoistico o narcisistico di “formare” un futuro patron di Miss Italia, come se lui fosse una mia proiezione, ma semplicemente perché avesse una sua indipendenza. Nel 2010 ho insistito perché si iscrivesse all’università Lumsa per studiare marketing e comunicazione, un anno dopo l’ho coinvolto nella produzione del documentario sul nonno, Enzo Mirigliani; poi gli ho affidato il web di Miss Italia, ma non ho ottenuto nulla, Nicola mollava sempre. Ho provato a ridimensionare le attività: gli ho trovato vari lavori in una ferramenta, da uno sponsor del concorso, come cameriere stagionale, l’ho mandato a Londra a studiare inglese, guadagnandosi da vivere in un pub, infine aiutato dal padre, si è impiegato in un albergo del Trentino, ma è stato tutto inutile. E a ogni opportunità persa si aggravava il suo essere coinvolto in quella brutta cosa.

Ecco perché credo che solo un evento traumatico, come una denuncia, possa essere la scossa che provoca un cambiamento: è ancora giovane, ancora in tempo per costruire un domani vero e non una vita da automa schiavo di sostanze che divorano anima e corpo e distruggono ogni affetto, ogni valore, spingono persino a essere violenti e cinici con i propri affetti.

La mia generazione ha vissuto un maggior controllo da parte della famiglia, una situazione più protetta, con unioni più solide, messaggi sociali meno aggressivi e distorcenti. Ma per quanto si possa stare vicino a un figlio arriva sempre il momento che deve fare le sue esperienze. È come quando si dice loro di non andare veloci con la macchina, ma poi non puoi sapere se lo fanno a no. Ecco, nell’impatto con il mondo, oggi ci sono più fragilità, più rischi con le cattive compagnie, minore autorità paterna, perché spesso sono madri sole a occuparsi dei figli ed è ancora più difficile combinare la protettività con la severità che a volte è indispensabile. Per questo penso che possa essere di aiuto per i giovani che finiscono nella droga trovarsi a dover fare i conti anche con la legge, capire che esiste un controllo, che ci sono dei limiti da osservare, anche in una società che fa credere loro che tutto sia permesso.

Spesso sento la morsa dello sconforto, ma non è la prima volta che lotto da sola nella mia vita, e questo mi dà sicurezza, quasi come un tratto della mia identità. E così a voi tutte dico che il buio può e deve finire, perché forse con uno scossone anche i nostri ragazzi vorranno tornare alla luce. La fede e la preghiera sono l’arma più potente, perché di fronte a realtà tanto dure solo la Divina Provvidenza può dare la forza necessaria ai genitori, da un lato, e ai ragazzi dall’altro.

Non colpevolizzatevi, la prima cosa che dicono gli operatori specializzati è che spesso in una stessa famiglia ci sono un fratello che si droga e un altro che è stato sempre alla larga dagli stupefacenti. E così non conta neppure l’agiatezza economica, oggi purtroppo la coca si trova ovunque e a costi accessibili, si drogano i figli dei top-manager e quelli degli operai, indifferentemente. È la personalità dei ragazzi che influisce e di questa si deve tenere conto anche per aiutarli. Le generalizzazioni, i pregiudizi, non servono a nulla. Così pure i sensi di colpa, diamoci forza a vicenda, unite, sincere, sempre più piene di vero amore per i nostri figli – Patrizia Mirigliani (FC n. 10 del 8 marzo 2020).

 
 
 

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