Creato da namy0000 il 04/04/2010

Un mondo nuovo

Come creare un mondo nuovo

 

Messaggi di Agosto 2020

Non basta il voto

Desidererei fare qualche considerazione. Pur facendo il docente, sono stato invitato anche a fare politica attiva e a espormi pubblicamente… Sono stato assessore e consigliere comunale, il tutto è durato una ventina d’anni, quindi capisco bene il tormento di vari cittadini, ma lo condivido solo in parte. I cattolici sono mescolati in ogni formazione politica e con molti altri politici con le più diverse impostazioni, da tempo non esiste più la civitas cristiana unica, ma questo è un bene, perché è frutto della democrazia pluralista, un modo arduo, ma più giusto oggi, di fare politica.

La Costituzione è stato un grande momento di tale progresso, poi le cose sono peggiorate, è vero, ma non è vero che non ci sono stati alcuni risultati, pur nella delusione che tutti denunciamo. Grazie al dialogo tra le varie posizioni, negli anni in cui mi sono trovato nel Consiglio comunale di Trieste, la mia città, e parlando solo di quanto ho potuto seguire di persona, sono nate con l’aiuto di tutti la Consulta per gli immigrati, ottenuta a fatica, ma con voto unanime, una delibera di riassetto degli asili, una delibera concordata di aiuto alle famiglie numerose, il rifornimento ai carcerati di frigoriferi prima inesistenti nelle celle, un progetto di aggregazione giovanile di portata cittadina. Risultati frutto di collaborazione tra maggioranza e opposizione, perché mi sono trovato sia di qua che di là.

Il nostro vivere, non solo politico, è eccessivamente rissoso e disinteressato, e manca nei cittadini, e anche tra i cattolici, una coscienza civica matura.

Quasi mai nelle comunità cristiane si parla dei beni comuni, dei problemi comuni e del bene comune. Si pretende un cambiamento del mondo, standone però alla larga, disinformati, spesso solo qualunquisti e disimpegnati. ‹‹Più che le azioni dei malvagi, temo il silenzio dei buoni››, ebbe a dire Martin Luther King. La politica è solo un aspetto della vita e richiede pazienza e dialogo, talora compromessi. Avverto una distanza enorme tra la partecipazione dei credenti alla vita di tutti, e quindi il voto è solo il minimo contributo, mentre va invece ancora scoperto un modo serio e coinvolgente di convivere nella diversità e nella libertà, dove nessuno comanda e impone. Siamo ancora una democrazia in divenire. E non basta rivendicare identità senza capire le realtà e guardare in faccia le sofferenze e le ingiustizie, di cui tanti fratelli sono vittime. Le pretese dette a distanza di sicurezza, senza metterci la faccia, sono una moneta fuori corso – Silvano M. (Lettera pubblicata su FC n. 35 del 30 agosto 2020).

 
 
 

Motovedetta

2020, Avvenire 22 agosto.

Migranti. Libia, arriva la prima "motovedetta civile". Firmata Banksy

Si chiama Louise MIchel. È una motovedetta, ma non ha insegne militari. E perché non ci siano dubbi, è quasi per intero coperta di rosa shocking. L’ha voluta così, a quanto confermano fonti francesi, anche Banksy, il più misterioso degli artisti, che insieme ad un gruppo di attivisti europei avrebbe partecipato all’operazione, rimettendo a nuovo una nave della Guardia costiera francese, riconfigurata per operazioni civili. Le prime immagini, la mostrano con in evidenza la scritta "Rescue" sulla fiancata, e la serigrafia delle ciambelle di salvataggio a forma di cuore.

Adesso la motovedetta solca il Mediterraneo Centrale per soccorrere migranti in fuga dalla Libia. Banksy l’ha voluta tutta rosa e bianca. Un’opera d’arte galleggiante che con i suoi quasi 30 nodi di velocità massima arriverà con il motore avanti tutta sui barconi in difficoltà, dando filo da torcere alla cosiddetta guardia costiera libica.

Nel tardo pomeriggio la "Louise MIchel" ha avvistato un barchino in vetroresina con sette persone a bordo. Dalle autorità libiche nessuna risposta, così gli stranieri sono sati assistiti fino a quando non sono stati presi in carico da Sea Watch.

In zona, infatti, incrociano al momento solo la Sea Watch 4 e proprio la Louise Michel. Nei prossimi giorni si apprestano ad arrivare nell’area anche Mare Jonio, della missione italiana Mediterranea, e il veliero Astral di Open Arms.

Nelle settimane scorse una delle volontarie aveva spiegato alla stampa d’Oltralpe che si tratta di “una piccola squadra internazionale di circa dieci marinai, professionisti del settore marittimo e del soccorso”. La motovedetta “è stata recentemente acquistata a Saint-Malo da un mecenate che per ora vuole rimanere anonimo ma che vuole creare un team di soccorritori professionali”. Tuttavia “non siamo associati a nessuna Ong o organizzazione. Siamo solo una buona squadra pronta ad uscire e ad aiutare in mare".

Il nuovo vascello umanitario è stato dedicato a Louise Michel, anarchica, poetessa e insegnante francese morta nel 1905. Il suo spirito rivoluzionario viene ricordato ancora soprattutto negli ambienti dell’anarchismo parigino. Per circa sette anni Michel fu deportata a bordo di una nave in Nuova Caledonia, nel corso di uno dei suoi molti arresti a causa della partecipazione, fra l’altro, nella Comune del 1871.

Più volte in questi anni Banksy ha realizzato graffiti ed opere per denunciare i voltafaccia dell’Europa davanti alle violazioni dei diritti umani. Nel 2015 quattro graffiti erano apparsi a Calais, da dove migranti e profughi tentano di attraversare la Manica per raggiungere il Regno Unito. In mezzo alle tende dei rifugiati, nella “Jungle”, Banksy aveva firmato il graffito raffigurante Steve Jobs con un computer Mac e un sacco sulla spalla. Un modo per ricordare che il fondatore della Apple era nato da un padre di origine siriana prima di essere adottato.

Il 24 maggio 2019 sempre Banksy aveva rivendicato “il bambino migrante” di Venezia. Vicino Campo Santa Margherita l’artista aveva rappresentato un bimbo con indosso il giubbotto salvagente e in mano un fumogeno fluorescente rosa. Un colore, non a caso, utilizzato anche per la Louise Michel.

 
 
 

Perché l'avete fatto?

Post n°3392 pubblicato il 21 Agosto 2020 da namy0000
 

2020, Maurizio Praticiello, Avvenire 19 agosto.

«Perché l'avete fatto?». Lettera aperta ai ragazzi che hanno distrutto un crocifisso

Una banda di ragazzi tra i 16 e i 19 anni ha distrutto a colpi di mazza un Crocifisso sulle colline bolognesi. L'atto di vandalismo sacrilego è stato filmato con lo smartphone

Ho letto, ho sofferto, mi sono fermato, ho riflettuto. Mi son detto che forse è meglio lasciar stare, far scorrere l’acqua della dimenticanza su questo episodio triste e doloroso. La vostra “ragazzata” blasfema nei confronti del Crocifisso, distrutto a mazzate mi ha rattristato tanto ma non riuscivo a capire bene il perchè.

Poi mi sono reso conto che la mia pena non era per lui, il Signore cui milioni di persone hanno donato la vita, ma per voi. Vi siete accorti, ragazzi, che l’uomo inchiodato al legno, vi ha lasciato fare senza opporre resistenza? In quei momenti nemmeno potete immaginare quanto vi amava.

Se, come spero, vi siete imbattuti, qualche volta, nei vangeli, avrete notato che ha usato con voi lo stesso atteggiamento di quando, duemila anni or sono, fu condannato a morte. Taceva allora, tace oggi, tacerà domani. Il suo mutismo, la sua apparente debolezza, il suo lasciar fare, non vi nascondo, che indispongono non pochi tra coloro che gli vogliono bene. E, come già gli apostoli, vorrebbero difenderlo, magari dandovi una sberla.

Ma non ce n’è bisogno. Perché lui su quella croce ci è salito anche per voi, per i vostri coetanei, per i vostri cari. Ho letto che quella sera eravate alquanto alticci - qualcuno dice addirittura ubriachi - , perciò, non pienamente responsabili delle vostre azioni. Ma questa è una cosa grave. Chi non risponde delle sue azioni è in pericolo; la vostra salute, fisica e psichica, è in pericolo.

Chi è nato prima di voi dovrà pur dirvi che cosa accade nel vostro giovanissimo organismo quando è costretto a fare i conti con l’acool. Dopo aver bevuto, quindi, – prendo per buone le vostre giustificazioni – non siete stati più padroni di voi stessi e avete commesso una vigliaccata di cui oggi dovete vergognarvi? Sono convinto che, conoscendo bene la sua vita e il suo pensiero, non avreste tardato a schierarvi dalla sua parte.

Lui non ha avuto paura di scagliarsi contro l’ingiustizia, l’ipocrisia, la ricchezza accumulata ai danni dei poveri, il potere – civile, religioso, militare – meschino ed egoista.

Sento il dovere di dirvi che i vostri coetanei della mia parrocchia, Adriano, Pio, Francesco, Umberto e tanti altri, a quel Gesù che voi avete maltrattato, vogliono un gran bene. Lo interpellano, lo pregano, gli chiedono di assisterli nel cammino della vita. Meritavano il vostro rispetto, non è vero? Nella loro acerba sapienza hanno imparato che tutti gli uomini, a qualsiasi credo appartengano, qualsiasi sia il colore della loro pelle o il loro conto in banca, meritano attenzione, rispetto. Nelle loro camere, gelosamente custodiscono quella croce che voi, senza riguardi, avete vituperato.

Non riescono a capire come possa un ragazzo della loro età, cui non mancano occasioni e mezzi per divertirsi e far baldoria, sentire il bisogno di fare quello che voi avete fatto. Si chiedono, e mi chiedono, perché; ma l’unica, autentica motivazione la potete dare solamente voi. No, non ce l’abbiamo con voi, al contrario, insieme ai vostri genitori, ai vostri insegnanti, al parroco che vi ha battezzato, ci chiediamo dove si è inceppato il vostro percorso educativo. Che cosa chiedevate che non siamo stati capaci di darvi?

Ho letto che qualcuno di voi, avrebbe voluto, per beffa, recitare l’Ave Maria, ma si è accorto di averne dimenticato le parole.

Sapete, ragazzi, quante milioni di volte quella preghiera semplice è comparsa sulle labbra dei vostri fratelli e sorelle in umanità? Sapete quante persone, nel momento della morte, hanno trovato conforto nel recitarla? No, ragazzi, non andiamo per niente bene; riprendete, vi prego, il vostro cammino, allegro, spensierato, rispettoso di tutti. Ritrovate, o iniziate a gustare, la gioia che si prova nel fare un po’ di bene ai bisognosi e vi accorgerete che non c’è bisogno di inventare gradassate. State sereni, quindi, non siamo arrabbiati con voi, ma solo tanto addolorati.

Aiutateci, però, a capire cosa possiamo fare perché non abbiate ancora a farvi e a farci male. Posso rivolgervi un invito? Volete venire a visitare Napoli e incontrare Adriano, Umberto, Francesco, Pio e la loro chiassosa comitiva? Sono certo che vi farete un grande bene e nascerà tra voi un’amicizia che conserverete per il resto della vita. In bocca al lupo, ragazzi, o, meglio, Dio vi benedica.

 
 
 

Ferragosto 2020

Post n°3391 pubblicato il 21 Agosto 2020 da namy0000
 

2020, HuffPost 20 agosto.

Ferragosto 2020 è quello che ci ha costretto a riflettere non solo sulla nostra  estate ma soprattutto sulla nostra società e sul mondo che lasceremo ai nostri giovani. Il 2020 ha riportato nel linguaggio e addirittura in ambito scolastico il concetto di: “distanza sociale”. Attenzione: non fisica, ma sociale! Ma sentivo che un momento così particolare meritava uno sforzo in più da parte mia, volevo cercare di capire e soffermarmi, oltre il problema del Covid-19, su altre realtà complesse e difficili come: Carceri, Ospedali, Centri anziani e Comunità  sulle tossicodipendenze. Così, subito dopo Ferragosto, decido di scrivere a Massimo Barra, Presidente della Comunità di Villa Maraini, chiedendogli se fosse possibile passare qualche ora con l’Unita di strada che opera a Tor Bella Monaca.

Alle 13:00 arrivo a Tor Bella Monaca: ero certo, visto che si trattava dell ’orario di pranzo del giorno dopo Ferragosto, in una Roma deserta, che non sarebbe stato affollatissimo. L’ Unità di Strada è costituita da un camper e  quattro operatori che si alternano tra interno ed esterno. All’interno del camper distribuiscono acqua distillata e siringhe, all’esterno si scambiano qualche parola con chi arriva. Come ti senti? Ti va di parlare? E altre domande che cambiano da soggetto a soggetto.
Il deserto che avvolge Roma in questi giorni qui non è arrivato. C’è un flusso continuo di persone: arrivano, salutano, uno scambio di parole e poi prendono la siringa. Poi si spostano qualche metro più in là, si appartato nell’auto o semplicemente dietro un albero per consumare la propria dose di droga. Gli operatori sono bravissimi: riescono a far capire che disapprovano quello che stanno facendo e sanno dirlo con cognizione di causa, molti di loro sono ex tossicodipendenti. Chi va lì al camper sa che può trovare la siringa pulita e l’acqua distillata ma che può scambiare anche qualche parola e può chiedere aiuto per avviare un processo di disintossicazione e soprattutto sa che, se dovesse essere colto da una crisi di astinenza, ci sono delle persone che tenteranno di salvarlo.
Il progetto nasce da un’idea internazionale, quella di cercare di interrompere la pratica diffusa di utilizzare la stessa siringa per più persone con gravissimi rischi di contrarre l’ Hiv (Aids), epatite e tante altre malattie . In realtà è un posto tranquillo dove tutti serenamente e consciamente cercano di gestire il proprio malessere e che troppo spesso si trasforma in un pericolo per la propria vita. La cosa che più colpisce è l’ordinarietà! La gente che va lì è la più variegata e sono persone normali. Quelle con cui dividiamo il quotidiano lavorativo e sociale. Troviamo il conoscente del quartiere, della palestra oppure l’impiegato in pausa pranzo, il benzinaio, l’idraulico, l’imbianchino, potrebbe essere chiunque e di tutte le fasce di età. Un universo sconosciuto a noi ma che vive dentro e con noi. Superato l’impatto ambientale quello che cercavo di capire era perché alcune di quelle persone arrivano, parlano e si fermano e poi magari vanno via senza neanche prendere la siringa? E quando ho chiesto agli operatori cosa facessero lì, cosa realmente volessero, hanno risposto: “Solitudine! Si sentono soli vengono qui perché  è uno dei pochissimi posti dove possono scambiare una parola con qualcuno”. Ecco. Alla fine è la cosa che mi ha scioccato di più e mi ha improvvisamente fatto ricordare una poesia di Alda Merini: “Ci sono momenti di solitudine che cadono all’improvviso come una maledizione, nel bel mezzo di una giornata.
Sono i momenti in cui l’anima non vibra più.”

 
 
 

Gioia di vivere

Post n°3390 pubblicato il 18 Agosto 2020 da namy0000
 

2020, Antonio Rizzolo, FC n. 33 del 16 agosto. CORONAVIRUS Covid-19

Ho ripensato alla vita, che poteva finire da lì a poco

Abito a Bergamo e a marzo mi sono ammalato di polmonite interstiziale tipica di Covid-19. Sono riuscito a evitare il ricovero in ospedale e a curarmi presso la mia abitazione con ossigeno, antivirali, antibiotici e anticoagulanti prescritti dal mio medico. È stata una guarigione lunga e faticosa, intrisa di terribili paure. Devo ringraziare i miei familiari, in primis mia moglie, che è una creatura meravigliosa, e i miei figli che mi hanno aiutato e sostenuto in questo lungo periodo di prova. In questo periodo, oltre a essere in quarantena per il lockdown (isolamento), la mia famiglia lo era anche per la mia malattia.

Una malattia molto strana. Febbre altissima che non se ne voleva andare, stanchezza generale, voglia di non fare nulla, fatica a respirare, eruzioni cutanee, un genere di dolori articolari mai avvertiti. Il tutto accompagnato dalle varie notizie che a pezzetti mi giungevano dai giornali e dalla tv e che mi raccontavano come fuori dalla mia casa c’era tanta paura e disperazione per quello che stava succedendo. Pensi che il 20 marzo sul giornale di Bergamo ho contato 189 morti!

In questo periodo ho ripensato alla mia vita, che poteva finire da un momento all’altro. Capivo che ciò che stava succedendo a me e a tante persone era qualcosa di inspiegabile. Quello che ho vissuto sul mio corpo mi dice come questo virus non è di questo mondo. Anche la scienza medica ci ha messo un bel po’ per capire come si doveva procedere. Oggi sto bene e penso che sono stato miracolato. Anche perché dopo la malattia non ho avuto gravi conseguenze come invece non è avvenuto per molte altre persone. Solo in questi giorni riesco a focalizzare razionalmente quello che mi è successo, ma anche quello che poteva succedermi. Mi capita di pensare a come siamo fragili, e come un virus invisibile può metterci in ginocchio. Anche la privazione della libertà, a cui siamo stati costretti, mi ha fatto soffrire. Il non poter uscire quando uno lo desidera, adesso, mi fa assaporare ogni momento della mia vita. Oggi, anche il semplice uscire in libertà per una colazione è meraviglioso.

Nel periodo di malattia non ho potuto non pensare alla fine della mia vita, se la malattia avesse avuto il sopravvento. Tanti sono stati i pensieri. Cosa ci sarà dopo questa vita? Come sarà il giudizio? A volte leggendo necrologi come “È tornato alla casa del Padre” o “Da lassù ci guida”, mi viene da pensare a come la nostra visione dell’adilà sia troppo terrena, materialista, umana e forse anche arricchita da una punta di presunzione pensando che, come spesso si sente dire, tutti indistintamente si andrà subito a stare bene.

Penso che a questo evento, al passaggio a una vita spirituale, ci si debba preparare per tutta la vita, come anche ci si prepara per un concorso, per un esame, per una vita di coppia, così ci si dovrebbe preparare anche per il mondo spirituale che ci aspetta. Lo so, forse il mio pensiero potrebbe essere un po’ anacronistico. Sul come ci si prepara, la mia riflessione personale resta quella nell’avere presente ogni giorno che la nostra vita può finire da un momento all’altro e quindi il dover pensare che tutto quello che viviamo e ci circonda fa già parte di questa preparazione, che se vissuta come dono e nel rispetto degli altri è capace di farci apprezzare nei gesti e nelle azioni ogni istante della nostra vita. Non so se sono un caso patologico, ma non c’è giorno che non pensi al fatto che tutto un giorno finirà e sul come sarà.

Concludendo devo dire come mi è rimasta la paura di dover ripetere questa terribile malattia. Quando ripenso a tutto quello che ho vissuto, o che hanno vissuto le persone colpite, come me, dal terribile Covid-19, mi commuovo, piango, spero e prego che non si ripeta mai più questa terribile prova – Simone.

...L’aldilà. Andremo tutti a stare bene? I buoni e i malvagi non avranno la stessa sorte. Sta a noi, in questa vita, accogliere o no la grazia divina, cioè l’Amore di Dio che Gesù ci ha rivelato e donato. Sappiamo solo che ci sarà la pienezza della gioia e dell’Amore che già si può sperimentare in questo mondo, come un piccolo assaggio, quando si compie il bene. … Come scrive san Giacomo: ‹‹Il giudizio sarà senza misericordia contro chi non avrà avuto misericordia›› (2,13). … Lo scriveva in una preghiera anche Chiara Lubich: ‹‹Sì, Gesù, fammi parlare sempre come fosse l’ultima parola che dico. Fammi agire sempre come fosse l’ultima azione che faccio. Fammi soffrire sempre come fosse l’ultima sofferenza che ho da offrirti. Fammi pregare sempre come fosse l’ultima possibilità, che ho qui in terra, di colloquiare con te››.

 
 
 

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