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Messaggi del 30/08/2022

La famiglia dei pastori felici

Post n°3764 pubblicato il 30 Agosto 2022 da namy0000
 

2022, Avvenire 28 agosto

 

La famiglia dei pastori felici. «I pascoli? La nostra casa»

Tommaso e Valentina, sposi trentenni, accompagnano il loro gregge sui monti sopra Como. Portandosi dietro le figlie di 4 e 6 anni, che giocano con gli animali. «Ci riposiamo solo il giorno di Natale»

Una coppia di trentenni con due figlie piccole: sono pastori erranti. All’anagrafe risultano residenti a Binago (Como) ma la loro vera “casa” è la natura perché la vita della famiglia si svolge tutto l’anno all’aperto, in un continuo spostamento attraverso prati e boschi dalla zona di Tradate-Appiano Gentile, fino al lago di Como.

Dall’inizio di agosto marito e moglie e le due bambine sono arrivati in alpeggio a Musso, in una baita con pochi confort; qui resteranno con i loro animali fino alla fine del mese. Con un gregge di mille pecore, mischiate a un folto gruppo di asini e decine di cani, hanno scelto una “professione” alquanto insolita per dei giovani sposi: con al seguito le due figlie, di 4 e 6 anni, continuano una tradizione iniziata dal nonno di Valentina, con l’Azienda Agricola Del Vecchio, tuttora attiva. «Durante l’anno scolastico – racconta la giovane – la sera io rientro in cascina a Binago, così le bambine la mattina possono andare a scuola. Poi al pomeriggio veniamo al pascolo dal papà, e le piccole giocano con le pecore.

Alcune per loro sono amiche “speciali” e le chiamano per nome; le cavalcano, le inseguono, insomma sono il loro “giocattolo” preferito». E a vederle nel prato, in mezzo agli animali, si capisce subito che le piccole sono veramente felici. La loro vita è tutta immersa nella natura. «Mio marito invece – continua Valentina Del Vecchio – passa sempre le notti a curare il gregge, dormendo in roulotte anche d’inverno. A volte viene mio padre a dargli il cambio, così può tornare in cascina, dove si occupa anche dell’allevamento e dell’addestramento dei cani da pastore. Per la vita che abbiamo scelto non c’è festa che tenga, il gregge ha sempre bisogno di essere accudito e custodito.

L’unico vero giorno di vacanza per noi è Natale». Prato dopo prato, ogni settimana il gregge si sposta e così a giugno si arriva in alpeggio. «Durante l’anno – spiega Tommaso Boaglio, originario del Piemonte – prendiamo accordi con i proprietari che lasciano crescere l’erba per il foraggio; per alcuni giorni restiamo nello stesso posto, poi cambiamo località. Ci spostiamo soprattutto attraverso campi e boschi, per non intralciare il traffico con le nostre mille pecore. Il gregge non viene mai ricoverato: vive tutto l’anno all’aperto, prima in pianura, fino all’inizio dell’estate; poi in alpeggio sopra Como, come ora. Riscendiamo ad agosto e riprendiamo a vagare».

D’estate invece la famiglia si riunisce: in alpeggio vivono tutti insieme in una baita in mezzo al nulla, dove si arriva solo a piedi; così vengono utili gli asini, che trasportano viveri e valigie: «Nella baita sopra Como non abbiamo corrente elettrica né acqua corrente; prima o poi – sospira Valentina – dovremo cercare una casa più accogliente per le bambine». Gli altri “componenti” fondamentali della squadra estiva sono otto fedelissimi maremmani, addestrati a tenere lontani i lupi e proteggere il gregge. Gli altri cani, sempre sotto la guida del giovane pastore, sono a servizio del gregge: lo radunano, lo spronano, inseguono le pecore più lente e indisciplinate per metterle in riga.

Una vita e un lavoro decisamente fuori dall’ordinario: «Ci sono altri giovani pastori vaganti come noi – spiega – e ci conosciamo tutti: hanno le loro greggi a Tradate, Morazzone, Appiano Gentile e Bulgarograsso. Per il nostro lavoro le difficoltà maggiori sono legate al mercato: attualmente nessuno vuole più la lana delle nostre pecore, ne abbiamo montagne in cascina e non sappiamo che farcene. Si preferisce rifornirsi dai grossi produttori che vendono il prodotto già lavorato. Le nostre pecore sono solo destinate alla carne: una volta all’anno viene il grossista e seleziona i capi più maturi, di almeno sei mesi, noi teniamo le femmine per la riproduzione».

 
 
 

Il fantasma dell'astensionismo

2022, Avvenire 29 agosto

Elezioni. Giovani, il fantasma dell'astensione: «Questa politica non ci rappresenta»

Il 20% è sicuro di non andare alle urne, ma l’insoddisfazione per l’offerta elettorale sfiora il 50%. Gli esperti: pochi i ragazzi impegnati, per ora prevale l’incertezza

 

La grande paura è la diserzione di massa. Se il primo partito il prossimo 25 settembre sarà l’astensione, come dicono oggi tutti gli istituti di ricerca, è la generazione Z, i nati dopo il 1997, a preoccupare. Perché le urne vuote per chi ha appena compiuto 18 anni sarebbero un segnale chiaro di disaffezione verso il Paese, un messaggio lanciato alla classe dirigente tutta: non ci rappresentate. Nonostante l’invasione di massa dell’ultim’ora dei leader politici negli spazi virtuali frequentati dai giovanissimi, la tentazione di tirarsi fuori è alta. È proprio la mancanza di credibilità e di autenticità del teatrino messo su in questo mese di campagna elettorale, a essere finita all’indice. Attenzione: questo non vuol dire che non esista una minoranza di giovani e adolescenti impegnati, che ci crede. A loro, in particolare, si rivolgeranno le sirene delle formazioni politiche nelle prossime, decisive quattro settimane. Però la semina di idee, messaggi e proposte sarà tutt’altro che facile e bisognerà evitare l’effetto boomerang. D’altra parte, è da tempo che i più giovani manifestano segnali di lontananza dalle istituzioni: secondo gli ultimi rapporti dell’Istituto Toniolo (Università Cattolica) due under 30 su tre pensano che la situazione in Italia sia peggiore rispetto al resto d’Europa. «La quota di giovani distaccata dalla politica può essere stimata vicino al 20% – afferma il 'Rapporto Giovani' dell’Istituto Toniolo – ed è legata al disagio socioculturale e alla scarsa fiducia nelle istituzioni». La rilevazione di Swg di inizio agosto quantificava in un 42% le persone astenute o non sicure di andare a votare. Mettendo in fila le motivazioni di questa scarsa propensione a recarsi alle urne, spiccava al secondo posto il fatto che «votare non serve a nulla», pensiero assai condiviso dalla generazione Z. Proprio il target 18-34 anni raggiunge il 48% tra le categorie con minor 'disponibilità' ad andare ai seggi, esattamente all’opposto di over 54 e pensionati.

Strade, panchine e social
Su una panchina di un paese della provincia di Milano, Federico e Yuri stanno ascoltando un brano di musica trap. Si parla di vacanze, delle ultime serate, si accenna a quel che si farà dopo la Maturità appena presa. Il voto del 25 settembre non è tra gli appuntamenti contemplati. Si fanno al massimo battute su Salvini, Meloni, Letta. Nulla di serio, però. Il politico è valutato alla stregua di un influencer, più o meno (molto spesso, meno) efficace. «Quanto è credibile un politico che si crea adesso un profilo sui social, per catturare la mia attenzione?» si chiede ad esempio Francesco, che nell’ultima settimana ha visto scendere nell’arena virtuale candidati di cui non conosceva neppure il nome.

Circola un video su Tik Tok, tra i più giovani, girato meno di un mese fa. Si vedono i volti in carrellata di 25-30enni, intercettati per strada in una periferia di Roma. Quel che colpisce è il grado di rassegnazione. Davanti alla telecamera si alternano studenti e lavoratori. «Il problema principale è l’Italia» dice il primo, che fa intendere una sfiducia totale nel futuro del Paese. «Votare? Semplicemente non mi interessa». «Tutti dicono la stessa cosa, poi non fanno nulla. Quindi non voto e faccio prima».

A queste latitudini, la campagna elettorale è come se fosse non pervenuta. Non interessa, semplicemente, anche se ci sarebbe ancora tempo per informarsi, farsi un’idea, discutere. E poi decidere. Si oscilla tra la voglia dispersa da qualche parte di provare a contare ancora e chi ha già deciso: i seggi non mi avranno. «Scelgono loro... io no» dice un altro, finché non si presenta un ragazzo dall’aspetto impegnato. «Sceglierò il meno peggio, non votare non è la soluzione» spiega. Insomma, c’è chi tenterà di restare sul pezzo, seguendo la giostra impazzita del voto, e chi ha già disattivato le antenne. «Auguro a tutti di cambiare Paese» spiega un altro intervistato, che poi accenna a una spiegazione. «I partiti nutrono un sacco di false speranze». Il dibattito sui social non manca e più di uno fa notare che «è inutile che ci fanno votare, se poi ogni volta mettono un governo tecnico...».

Il grande disincanto
Come leggere questa grande disillusione? Come giustificare l’avvio anticipato dell’autunno dello scontento (giovanile)? «Ce stanno a fa’ morire di fame » sintetizza l’ultima voce. Secondo Lorenzo Pregliasco, esperto di comunicazione politica e cofondatore di Quorum/YouTrend, «la politica fa molta fatica a connettersi coi giovani, non da oggi. Con l’affluenza attesa a livelli più bassi della precedente tornata, è praticamente certo che l’astensione sarà il primo partito: un conto è calcolare in valore assoluto il 30% sugli aventi diritto, un altro è farlo, sia pur con lo stesso 30%, sul totale dei voti validi, che è più basso». Secondo l’esperto, il nodochiave da sciogliere è quello che gli addetti ai lavori chiamano «l’ecosistema informativo fluido. I nostri giovani non hanno, per la maggioranza, convinzioni forti e vivono dentro un palinsesto in cui tutto finisce per intrecciarsi: la foto su Instagram il meme su Salvini, il post di Chiara Ferragni e le cinque cose da sapere su Fratelli d’Italia...».

Poi c’è l’elemento familiare, che pesa in modo diverso rispetto al passato, perché c’è chi guarda alla politica attraverso le lenti dei giovani: a volte sono madri e padri a seguire i figli influencer. «Per la generazione Z, la partecipazione politica è legata a singole issue, a singoli temi, un po’ come avviene come nei consumi culturali. Siamo alla politica on demand, con un 10% di elettori, anche tra i più giovani, che deciderà cosa fare all’ultimo momento» osserva Pregliasco. Voto last minute e grande volatilità, con giravolte possibili sulle scelte dei partiti, saranno dunque l’altro aspetto determinante. «Sul voto di settembre c’è grande indecisione da parte dei ragazzi» ha dichiarato nei giorni scorsi Michele Sorice, professore di sociologia alla Luiss. «I giovani costituiscono circa un terzo di coloro che sono incerti su chi votare. D’altra parte la campagna elettorale non è ancora entrata nei temi a loro cari, come il lavoro, il caro energia, l’università, l’Erasmus. Ho comunque la sensazione e il timore che l’astensione giovanile sarà maggiore di quella degli adulti. Sono molto pochi i ragazzi interessati alla politica fatta dai partiti, eppure sono tanti coloro che fanno volontariato e svolgono attività di impegno civico. La politica non riesce più a parlare ai giovani e infatti solo l’1% di loro è iscritto a un partito».

 
 
 

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