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Messaggi del 17/06/2021

Ha tradotto la Bibbia...

Post n°3606 pubblicato il 17 Giugno 2021 da namy0000
 

2021, Avvenire 16 giugno

Piacenza. Il pensionato che ha tradotto la Bibbia in "piasintein"

Un lavoro durato otto anni, scrivendo a mano su fogli di recupero: lettere, referti, risultati degli esami clinici da un lato, versetti biblici dall’altro

La Bibbia l’ha iniziata a leggere a vent’anni, grazie alla maestra Anna Rubini, che teneva un corso serale a Chiaravalle della Colomba. «Avevo sete di sapere, ma la mia famiglia non poteva permettersi di farmi studiare. Siccome spesso facevo domande di religione, l’insegnante mi disse che era uscita da poco la Bibbia Popolare voluta da Giovanni XXIII. Costava mille lire. Le chiesi se poteva procurarmene una. Mi si è aperto un mondo». Quell’esemplare delle edizioni Paoline risalente agli anni Sessanta è tra gli oggetti più cari a Luigi Z., il pensionato di Alseno, in provincia di Piacenza, citato da papa Francesco per la sua “Bibbia in piasintein”. «Ho ricevuto un piccolo gruppo di fedeli che mi ha portato la traduzione della Bibbia tutta intera nel loro dialetto – queste le parole pronunciate dal Pontefice il 30 maggio all’Angelus –. L’ha fatto un uomo: otto anni di lavoro! E lui mi diceva che leggeva, pregava e traduceva. Lo vorrei ringraziare per questo gesto e dirvi di leggere la Bibbia, per trovare lì la forza della nostra vita».

È l’esperienza che ha fatto Luigi quando, andando in pensione dopo 38 anni di servizio al Comune di Alseno - un ritiro anticipato per problemi di salute - ha avuto l’idea di cimentarsi con la traduzione delle Scritture in piacentino «nella versione che parliamo qui, in Val d’Arda, la mia lingua degli affetti». Scrive a mano, usando fogli di recupero: lettere, referti, risultati degli esami clinici da un lato, versetti biblici dall’altro. «A ogni frase mi soffermavo, per tradurla al meglio: ero costretto a farla mia, ci pensavo su anche diversi giorni. Quei momenti di scrittura, senza darmi un calendario o scadenze, erano fonte di serenità».

A pubblicare non ci pensava proprio. Decisivo l’incontro, davanti alla chiesa di Alseno, con l’imprenditore Gianfranco C., la cui azienda si trova a poche centinaia di metri dalla casa di Z.. «Mi chiese come passavo il tempo da pensionato. “Scribacchio”, ho risposto. Quando gli ho spiegato che stavo traducendo la Bibbia in dialetto è rimasto così entusiasta che mi ha proposto di far esaminare il lavoro da un editore e ne ha promosso la stampa». Dieci volumi in trenta esemplari, elegantemente rilegati, che conservano la scrittura a mano dell’originale.

Luigi ripercorre ancora con stupore i passaggi che lo hanno portato a Roma, «prendendo l’aereo per la prima volta», e confessando al Papa che lo esortava a togliersi la mascherina, altrimenti sembrava un brigante, che «un po’ brigante lo sono lo stesso». La capacità di guardare alla vita con il sorriso è la forza di Luigi, 78 anni tra pochi giorni, nato a San Rocco di Busseto, primo di tre figli, e cresciuto a Chiaravalle della Colomba, dove la vicina abbazia cistercense diventa una seconda casa. «Da ragazzo, la domenica proiettavo le pellicole cinematografiche per i bambini in una sala del convento – racconta –. E quando ho preso la patente, facevo da autista al priore. Grazie ai monaci ho conosciuto i monasteri cistercensi di tutta Italia».

Anche dopo il matrimonio con Pasqualina nel 1977 e il trasloco ad Alseno è rimasto legatissimo alla comunità, tanto che a papa Francesco ha portato in dono un liquore che i monaci realizzano secondo un’antica ricetta. Lui ha ricevuto un rosario, che ogni mattina usa per pregare. Agli amici che, incrociandolo, gli chiedono - rigorosamente in dialetto - se adesso devono chiamarlo “siùr Lüig”, ribatte che lui è sempre lo stesso, «un modesto scrivano», ci dice, che ama la sua famiglia, la sua vita e l’abbazia di Chiaravalle.

 
 
 

Il libro

Post n°3605 pubblicato il 17 Giugno 2021 da namy0000
 

2021, Avvenire 16 giugno

Libro. Il dono di don Fabio Rosini: saper trasmettere la fede con tutti gli strumenti

«San Giuseppe. Accogliere, custodire e nutrire»: la pubblicazione arriva per l’Anno dedicato allo sposo di Maria

«Un libro, oggi come oggi, è veramente importante. È totalmente opposto al mondo del virtuale, sta lì che ti aspetta, non ti aggredisce, non fa male agli occhi, ti lascia libero, ti rispetta. Può essere giudicato, sottolineato, rotto, ripreso in mano, stretto vicino al cuore quando fa piangere e quando fa ridere... È un oggetto tanto antico, e molto molto umano». Don Fabio Rosini dirige l’Ufficio per le Vocazioni della diocesi di Roma, tiene catechesi per i giovani e i fidanzati, ha ideato il percorso sui Dieci Comandamenti – nato nel 1993 in una parrocchia romana, è ormai noto in tutto il mondo –, commenta il Vangelo su Radio Vaticana. Dal 2016 è anche prolifico autore di libri per le edizioni San Paolo.

L’ultimo, San Giuseppe. Accogliere, custodire e nutrire, è uscito il 10 giugno. La pubblicazione arriva per l’Anno dedicato allo sposo di Maria, ma in realtà prende spunto da alcune catechesi dedicate al padre terreno di Gesù tenute da don Rosini negli ultimi anni. «San Giuseppe rappresenta una figura splendida per capire l’arte della paternità spirituale, che è la custodia della vita altrui nel senso più tenero e amorevole del termine – spiega il sacerdote –. È la parte meravigliosamente umana delle opere di Dio». E il libro? «Nasce da una catechesi su di lui fatta anni fa insieme al mio amico padre Ismael Barros, con una lettura del famoso “dubbio” di Giuseppe: cioè il punto non è se Maria sia incinta per opera dello Spirito Santo o meno ma il timore di trovarsi di fronte a una cosa tanto meravigliosa e grande e non sentirsi all’altezza». Un po’ come oggi accade a tanti giovani: «Nel discernimento vocazionale – osserva – ragazzi e ragazze hanno il dubbio su se stessi, non su Dio; l’ansia da insufficienza, il timore di non essere "abbastanza" domina il cuore di tanti giovani. La sfida di san Giuseppe è quella se entrare o meno nell’opera di Dio. Spesso ne ho parlato anche ai sacerdoti, durante corsi sul munus docendi, il servizio dell’insegnamento».

A questa caratteristica o dono del presbitero è strettamente legato l’impegno di don Rosini come autore di libri. «Durante il sacerdozio mi sono trovato a dover combattere la battaglia della consegna della fede – racconta –, cioè aiutare le persone ad apprendere la fede, a essere educati alla fede. Una sfida difficilissima, quella di consegnare e fecondare la fede nel cuore di altri. L’ho affrontata nelle vie principali della predicazione, e poi in tutti gli altri luoghi di consegna della fede». Nel 2016 teneva un percorso sulle opere di misericordia, con incontri per i giovani nelle diverse basiliche e chiese del centro storico di Roma. «Ero nella chiesa del Gesù e il vescovo Daniele Libanori, che allora ne era il rettore, mi disse: “Tu queste cose che dici le devi scrivere, perché la gente deve poterle meditare con più calma”. La sua frase mi rimase dentro... Pensavo di non essere in grado, ma ho provato». Così è arrivato Solo l’amore crea, e successivamente L’arte di ricominciare e L’arte di guarire, tutti successi editoriali. Ora il testo su san Giuseppe. Perché «c’era la necessità di parlare della paternità in maniera costruttiva».

 
 
 

Incontro tra donatori

Post n°3604 pubblicato il 17 Giugno 2021 da namy0000
 

Caro direttore,
sabato 12 giugno ho partecipato, presso la sede Avis di Brescia, a un incontro tra donatori di sangue. All’uscita ho 'agganciato' un giovane donatore che fieramente mostrava il libretto dell’avvenuta donazione. Dai tratti somatici non era italiano. Gli ha chiesto l’età e quante donazioni avesse già fatto. Mi ha risposto di avere 23 anni e di aver già donato tre volte. Visto che ero claudicante, mi ha preso sottobraccio per aiutarmi a camminare. Si è realizzato così un fatto piccolo eppure grandioso. Un fratello di religione islamica aiutava un fratello cristiano sofferente a camminare. Buon lavoro.

Francesco Zanatta Brescia

 
 
 

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