Creato da viburnorosso il 02/06/2011
speculazioni non edilizie

Area personale

 

Archivio messaggi

 
 << Settembre 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
            1
2 3 4 5 6 7 8
9 10 11 12 13 14 15
16 17 18 19 20 21 22
23 24 25 26 27 28 29
30            
 
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 
Citazioni nei Blog Amici: 27
 

Ultime visite al Blog

cassetta2gianbytePRONTALFREDOLaFormaDellAnimaarianna680maristella750natalydgl7cerebrale_62vladimiromajakovskijlucille.nelventodaunfioremauriziocamagnaJabel.Rmoonatikaiaje_est_un_autre
 

Chi può scrivere sul blog

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti possono pubblicare commenti.
 
 

 

« Deflazione elettoraleProgetti per il futuro. ... »

Trasferte lavorative. Ovvero la vertigine della solitudine.

Post n°383 pubblicato il 19 Maggio 2014 da viburnorosso

Gli eucalipti, gli ulivi e la macchia mediterranea.
I villini gialli con il tetto rosso e quelli rossi con il tetto rosa.
Ancora giallo negli arbusti di ginestra.
Si viaggia col mare alle spalle, verso il centro della terra.
La strada affetta in due la roccia, che sotto il verde dell’erba rivela un’insospettabile anima ocra.
Piccoli cespugli viola vi si aggrappano sopra sfidando le leggi della logica solo per soddisfare un principio di contrasto cromatico.
Sotto al sole languido del tardo pomeriggio, la striscia compatta dell’asfalto sembra un nastro di velluto nero.
Ma forse è solo un miraggio di indolenza.

Un cartello azzurro avvisa: Sassari 9 chilometri.
In lontananza appare una cupola, poi un grattacielo, un campanile, la ciminiera di una fabbrica:
una sequenza che riflette un criterio di progressiva e disordinata urbanizzazione che nulla ha a che fare con la precisione estetica della campagna appena attraversata.
La bellezza però risiede anche nei contrasti.

Ancora un paio di chilometri ed è città.
Una città in salita, con le piazze in pendenza, che i bambini, a giocarci a pallone, sfidano due volte la forza di gravità, perché la palla prima cade a terra e poi va giù.
Il taxi continua a salire, gira attorno ad una rotonda, sale ancora. Poi si ferma lungo il marciapiede destro. Un’insegna a neon davanti al cancello di un piccolo cortile, segnala l’esistenza dell’albergo. Il solito tre stelle di tutte le mie trasferte lavorative.
L’ingresso è nascosto dietro a dei vasi di ficus.
Alla reception mi consegnano un pesante portachiavi con su scritto 209.
Secondo piano, ovviamente!

Trascino il trolley su una moquette a fiori, alle pareti boiserie di finto legno e abat jour d’ottone.
Il cattivo gusto anni Ottanta – con il suo sfarzo che allude ad un benessere rimasto solo promessa – oggi che è stato definitivamente spazzato via dalla linearità del nuovo stile minimale, smette di essere cattivo e diventa solo evocativo:
potrei essere ovunque, in un giorno qualunque della mia adolescenza.  Forse è per questo che mi sento a casa.
E in fondo, chi viaggia per lavoro, non chiede altro, di sentirsi come a casa, senza esserlo.

Infilo la chiave nella toppa della serratura, e come sempre, nell’istante esatto in cui sto per aprire la porta, vengo colta da un fremito di eccitazione.
Mi aspettano due notti sola in una stanza tutta per me, in cui poter leggere fino a notte fonda, vedere programmi ignobili alla tv, farsi la doccia senza curarsi di bagnare il pavimento o lasciare i vestiti sparsi in giro.

Ovviamente non ho fatto nulla di questo, sono rientrata sempre stanca in stanza la sera tardi  e mi sono addormentata di colpo; e in bagno ho cercato di non lasciare un lago quando mi sono fatta la doccia.
Però 
ad alimentare la vertigine della solitudine mi è bastato il pensiero che se avessi voluto, avrei potuto farlo.

È stato tutto perfetto.
Mentre ripartivo ho anche sostituito al pensiero iniziale quello di una città con le strade tutte in discesa.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 
La URL per il Trackback di questo messaggio è:
https://blog.libero.it/Viburnorosso/trackback.php?msg=12811158

I blog che hanno inviato un Trackback a questo messaggio:
 
Nessun Trackback
 
Commenti al Post:
oltre.lo.specchio
oltre.lo.specchio il 19/05/14 alle 10:37 via WEB
ciao Vib, devo farti un'ammissione, di solito leggo i tuoi post dalla fine...non chiedermi perché, è come il vizio che ho di leggere i giornali dall'ultima pagina o annusare un libro o un paio di scarpe prima di comprarli....forse è questo, leggo dalla fine perché annuso il tuo scritto e poi so che, man mano, all'inizio ci sarà un'esplosione di colori che ti sorprendono inevitabilmente:))))
(Rispondi)
 
viburnorosso
viburnorosso il 19/05/14 alle 16:15 via WEB
Ma lo sai che io sfoglio le riviste dalla fine? Pensavo che dipendesse dal fatto che sono mancina!
Però al leggerlo al contrario questo post, ora ti rimane tutta la salita da fare! ;-))
(Rispondi)
 
 
oltre.lo.specchio
oltre.lo.specchio il 19/05/14 alle 16:37 via WEB
beh che vuoi che sia...finchè arrivo al mare, mi verrà un lato b da urlo...ahahahah
(Rispondi)
 
 
 
viburnorosso
viburnorosso il 20/05/14 alle 17:56 via WEB
da Roma a Ostia è tutto in piano, mi sa che non giova, ve?
(Rispondi)
PRONTALFREDO
PRONTALFREDO il 30/05/14 alle 16:40 via WEB
Mentre ripartivo ho anche sostituito al pensiero iniziale quello di una città con le strade tutte in discesa, è stato tutto perfetto.
Ovviamente non ho fatto nulla di tutto questo, infilo la chiave nella toppa, trascino il trolley su una moquette a fiori...ancora un paio di chilometri ed è città: ma forse è solo un miraggio di indolenza.
Sotto al sole languido del tardo pomeriggio, la strada affetta in due la roccia.
Si viaggia col mare alle spalle verso il centro della Terra; ovvero, la vertigine della solitudine.
(Rispondi)
 
viburnorosso
viburnorosso il 04/06/14 alle 08:39 via WEB
Grazie Alfredo, mi hai riportato indietro nel tempo e nello spazio.
Ora però mi vieni a riprendere?
(Rispondi)
Gli Ospiti sono gli utenti non iscritti alla Community di Libero.
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963