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Mio padre non era certo un uomo di sinistra, anzi, stava più a destra, un liberale, diciamo, in anni in cui certe simmetrie disegnavano ancora una geometria di pensiero.
Io invece avevo scelto con convinzione il lato opposto.
Senza mai avere un ripensamento.
A parte quella volta a fine settembre a Leningrado (Città eroica, come recita la scritta cubitale a neon su piazza dell'Insurrezione), nel '92, l'umidità che si infiltrava sotto l'elegantissima giacca di lana da marinaio di mio padre - a lui quell'autunno non serviva più - e poi la neve - neve a tradimento, per giorni e giorni, a fine settembre dico -
ecco, quella volta lì forse un attimo di vacillamento ce l'ho avuto, e mentre il vento del Baltico mi schiaffeggiava la faccia, sulla prospettiva Nevskij, molli fantasie borghesi si insinuavano nelle mie granitiche convinzioni sovietiche, roba tipo il pensiero di un piumino Ciesse o "Forse era meglio andare in Erasmus a Barcellona".
Ma io non ho ceduto neanche allora alle sirene del capitalismo e mi sono mantenuta salda nei mie valori.
Mio padre comunque, quando la giacca di lana blu da marinaio la usava ancora, di questa cosa che io mi ero piantata senza cedimenti a sinistra, non si crucciava. Anzi, tutt'altro. Io non so che piano avesse in mente, forse pensava che col tempo avrei cambiato idea da sola, oppure, più semplicemente, la sua personale idea di "libertà" gli impediva di impedirmi di essere quella che volevo essere.
Me lo dimostrava in una quantità di dettagli. Quando viaggiavamo, per esempio, infilava nel mangianastri una mia vecchia cassetta degli Intillimani, l'ascoltavamo in sottofondo, quando arrivava il pezzo del Pueblo Unido, lui alzava il volume al massimo e lo cantava insieme a me. Poi riavvolgeva il nastro col rewind, e lo metteva di nuovo, due, tre, anche quattro volte. Aveva imparato perfettamente quanto tempo doveva tenere spinto il pulsantino per fermarsi all'inizio esatto della canzone.
Quei viaggi purtroppo sono finiti che ancora non si erano inventati i CD, ma sono stati fondamentali per il mio processo di autodeterminazione, politica e non solo.
Per questo motivo io, con l'autoradio mp3, ho fatto lo stesso per mio figlio.
Ora che è cresciuto ogni tanto mi ricorda quando da piccolo gli facevo ascoltare "canzoni d'indottrinamento". Lui le chiama così.
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