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Contrattempi risolutivi. Ovvero come vincere l’ansia da prestazione con l’angoscia da ritardo. Passando per Casalpusterlengo

Post n°357 pubblicato il 27 Gennaio 2014 da viburnorosso
 

Era filato tutto liscio. 
Neanche un piccolo contrattempo  aveva inceppato gli ingranaggi dell’oliatissima macchina organizzativa approntata per la mia trasferta.
Ero uscita di casa in tempo e non ero risalita neanche una volta a controllare se avevo spento le luci.
Avevo parcheggiato vicino alla metro ed ero arrivata in stazione con un giusto anticipo, in tempo pure per un caffè. 

Durante il viaggio avevo comodamente ricontrollato i materiali per la lezione del pomeriggio e  verificato che fosse tutto in ordine.
Ed era proprio tutto in ordine: sarei arrivata a Pavia alle 14 esatte, o, alla peggio, mezzora dopo, nel caso avessi perso la prima coincidenza e avessi dovuto aspettare quella successiva.
Comunque in tempo per passare in albergo, depositare la valigia, mangiare qualcosa e riposarmi un po’.

Alla stazione di Milano Rogoredo poi, nonostante avessi accumulato 10 minuti di ritardo sui 16 previsti per il cambio, avevo avuto la fortuna sfacciata di veder annunciato il mio treno sul binario accanto a quello di arrivo.
Perciò niente scale da scendere e risalire trascinandomi appresso valigie pesanti.

“Che culo!” avevo pensato, e ve lo riporto così, paro paro, sbracando un po’ la lirica del racconto, giusto per farvi capire quanto fossi ormai rilassata!
Così rilassata da affrontare con benevolenza la calca di quel treno di pendolari e anche l’odore di latrina proveniente dalle toilette fuori uso.
Li vedevo come un contributo alla metafora dell’operaio stanco che torna a casa alla fine del suo turno di lavoro.
E su di me la causa del proletariato urbano ha sempre un forte appiglio emotivo.

E comunque, ancora dieci minuti e sarei giunta a destinazione.
Così ho pensato che fosse opportuno spostarmi con i bagagli davanti alle porte di uscita.
Lo spazio era già occupato da un paio di studenti di ritorno da scuola.
Ho chiesto loro conferma del fatto che la fermata successiva fosse proprio Pavia, lasciando intendere che era lì che dovevo scendere e che dovevano liberarmi il passaggio.

Ed è stato in quel momento che la giornata ha rivelato il suo vero volto!
Perché ci sono giornate pessime che si preannunciano tali fin dalla mattina, e altre più subdole che si divertono ad ingannare il malcapitato prima di mostrarsi per quello che sono.
E io dopo l’altro giorno ho imparato a diffidare di quelle che scivolano via troppo lisce!
Ma torniamo sul treno per Pavia.
I due ragazzi mi hanno rivolto uno sguardo tra l’incredulo e il commiserevole, come si fa con un turista giapponese che cerca il Colosseo davanti agli Uffizi mentre tiene in mano girata una cartina di Venezia.
“Ma questo treno non va a Pavia!” hanno esclamato all’unisono.

In una frazione di secondo ho sentito salirmi dentro una ragionevolissima ostilità verso:

  • Trenitalia, 
  • la Trenord, 
  • il trasporto su rotaia in generale, e
  • il capostazione di Milano Rogoredo in particolare,
  • i tabelloni luminosi delle partenze e arrivi ,che a questo punto potrebbero usarli per scriverci sopra l’oroscopo del giorno, almeno sarebbero più attendibili,
  • i cessi che puzzano di piscio di cane (e quindi, di conseguenza, verso i cani),
  • ed infine, diciamolo, anche verso la causa del proletariato urbano, che ha decisamente un po’ rotto le palle! 

Come noterete sono proprio i momenti di difficoltà a rivelare tutta la solidità delle nostre convinzioni ideologiche! 
Anche perché il rodimento di c***, al par dell'amore, è un sentimento ecumenico che abbraccia tutto e tutti senza distinzioni di sorta.

Ma non divaghiamo e torniamo a quel triste frangente.
Per rimediare all’accaduto sono dovuta scendere alla stazione successiva. 
CASALPUSTERLENGO.
Che per me (e non me ne vogliano gli abitanti della ridente cittadina) è e sempre sarà solo il nome di una stazione di m**** dove ho dovuto aspettare un’ora e venti un treno per Pavia, in compagnia di un distributore di merendine, uno di bottigliette d’acqua minerale e un cesso con le porte da saloon ormai definitivamente sbracate su un buco di pisciatoio alla turca.

Ho  viaggiato su una specie di diligenza da far-west, un’ora e dieci per percorrere 40 chilometri su un binario unico steso in mezzo ad una campagna punteggiata di capannoni industriali che la fanno tanto assomigliare alla periferia estrema di una grande città.

Insieme a me, su quel trenino con un solo vagone, una ragazza africana con un bellissimo bimbetto riccio che diceva di chiamarsi “Miaoooooo!”, mentre mi mostrava una zampa da gatto nell’atto di cacciare un topo.
Io e Miao ci siamo seduti vicini: doveva aver deciso che gli ero simpatica perché ha tirato fuori dalla borsa della mamma un berretto simile al mio e mi ha fatto capire che dovevo infilarglielo, nonostante la mamma avesse già lungamente provato a farglielo indossare. Finché non è sceso abbiamo tenuto un’avvincente conversazione in miagolese che è servita in parte a ricacciare indietro l’ansia per la paura di arrivare un ritardo.

Sono giunta alla stazione di Pavia due ore dopo il previsto, ho posato la valigia in albergo senza salire in camera e ho raggiunto direttamente la sede dell’Università cercando di non sbagliare strada per non perdere altri secondi preziosi.
Ho varcato la soglia dell’aula alle 16,30, esattamente nell’orario stabilito per l’inizio della lezione.
Così in affanno per il ritardo accumulato da non avere il tempo di agitarmi nemmeno un po’.
E stranamente non ho neanche avuto quella sensazione di tabula rasa che di solito precede l’istante prima dell’inizio. 
Le nozioni uscivano come per incanto ben argomentate dalla mia bocca, che sembrava attingerle direttamente da qualche fonte di sapere a me estranea, visto che con la testa io, per me, ero ancora alla stazione di Casalpusterlengo che aspettavo un treno.

Insomma, alla fine è andata, e pare che sia andata pure bene.
Perciò se volete vincere l’ansia da prestazione, vi consiglio di arrivare in ritardo.
E soprattutto, se volete essere certi del vostro ritardo, mettere un treno della Trenord sul vostro tragitto!

 
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Rispondi al commento:
acquapassante
acquapassante il 27/01/14 alle 16:48 via WEB
ora che mi ci fai riflettere, tutto sommato, ti è andata di lusso. pensa se finivi a GORGONZOLA!
 
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