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Creato da viburnorosso il 02/06/2011
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Post n°436 pubblicato il 02 Gennaio 2016 da viburnorosso
- Scusa…
Interrompo il passo puntando automaticamente lo sguardo su un punto a caso a distanza di voce. Nulla. A parte qualche albero di basso fusto e alcune sterpaglie.
Di nuovo:
- Scusa… mi fai fare una telefonata?
Stavolta correggo la messa a fuoco e butto un occhio oltre il prato, un istante di titubanza e gli lascio scavalcare anche il muro di cinta. Lo spingo oltre i gomitoli di filo spinato e, finalmente, la vedo. Sta affacciata alla finestra. Della sua stanza, direi, se non sapessi che in quel posto le stanze si chiamano celle.
- Come posso aiutarti?
grido a mezza voce, per superare insieme imbarazzo e distanza, perché almeno un centinaio di metri e un tempo che non mi è dato sapere separano la mia libertà dalla sua condizione.
- Mi chiamo Sara. Chiama questo numero e dì a Gianni che lo sto aspettando. Digli di venire sotto alla finestra con le bambine che sono preoccupata, sono tre giorni che non le vedo.
Non sono tanto sicura di poterlo fare, ma lo faccio lo stesso.
- Gianni ha detto che verrà tra un'ora. E di stare tranquilla per le bambine.
- Cosa? Non sento. Scusa, puoi ripetere che c'è un gran casino qui!
- È tutto a posto. Tra un'ora. Con le bambine.
- Grazie! Grazie! E tanti auguri.
Di tutti quelli che ho ricevuto da sconosciuti per strada, questi auguri mi sono sembrati quelli più veri. Perciò ve li giro.
Sara e Gianni sono due nomi di fantasia, servono a tutelare la riservatezza di chi li porta e a restituirne anche un po’ l’identità, visto che ora Sara indossa un numero al posto del nome.
Rebibbia a Roma invece è un nome vero. Si chiama così un capolinea della metropolitana. E il carcere che sorge accanto a quel capolinea. Rebibbia è anche il nome che danno a quel quartiere le persone che lo abitano. Che alla metropolitana vanno a piedi e sotto al carcere passano per fare una passeggiata nel parco.
E i figli li guardano dalla finestra giocare in cortile.
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