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Messaggi di Dicembre 2013

Strade

Post n°352 pubblicato il 31 Dicembre 2013 da viburnorosso

Ci ho messo un bel po’ a capire che quello che volevo fare nella vita era studiare.
E altrettanto a capire cosa volevo studiare.

Diciamo che non sempre linea la retta è il percorso più breve che collega due punti. Soprattutto se una si ostina a ignorare le geometrie dell’esistenza.
Talvolta infatti la strada può perdersi in curve e tornanti:
rallenti per riprendere fiato in salita e ti butti a capofitto per la discesa con la convinzione che il traguardo sia dietro l’angolo, e invece di strada ne rimane da fare più di quella già fatta.
E quando pensi che forse non c’è nessun luogo in cui valga la pena fermarsi, perché il tuo è un vagare senza meta, ecco che sei arrivato.
Almeno per me le cose sono andate così.  

È stato esattamente dopo un percorso incidentato che l’ho incontrata.
Un attimo ancora e sarei caduta nel burrone.
Burrone si far per dire, perché eravamo più semplicemente in corridoio, davanti alla porta dell’ascensore, ci siamo incrociate e lei mi ha fermato.
Penso che fosse la seconda o terza volta che ci parlavamo. Mi ha chiesto se volevo collaborare con lei alla stesura di un lavoro che le avevano commissionato. Lei avrebbe fatto la parte teorica, io mi sarei occupata dell’analisi dei dati, poi insieme avremmo discusso il tutto. 

Mi è sembrata una proposta assurda e decisamente azzardata: deve essere stato per quello che le ho subito detto di sì.  

Saranno stati i suoi modi cordiali ma non affettati, quel suo essere autorevole senza diventare mai autoritaria, persuasiva senza apparire arrogante.
A dirlo così ci si immaginerebbe che abbia vissuto abbastanza da vedere maturare i frutti della saggezza, se non fosse che ha quasi dieci anni meno di me!
E una dote rara, che quasi nessuno coltiva più: la gentilezza.

A quel primo lavoro ne sono seguiti altri due, e ore passate a discutere i dati, a buttare giù i testi, a raddrizzare ipotesi che un attimo prima ci sembravano stare in piedi da sole:
una volta abbiamo mangiato i ravioli che la mamma le aveva preparato quando era andata a trovarla, più spesso abbiamo saccheggiato il frigo sperimentando ardite combinazioni di avanzi, altre volte ci siamo arrangiate con i cartoni di pizza della tavola calda sotto casa.
Orientate principalmente sull’obiettivo da raggiungere.
Tra un dato da discutere e un trancio di pizza, abbiamo sorvolato le nostre vite, senza che la confidenza diventasse mai veramente intimità.
Pur condividendo il bagno e gli spasmi intestinali prodotti da un’intossicazione alimentare durante un’indimenticabile trasferta lavorativa di due anni fa.

Abbiamo trovato e mantenuto una confortevole distanza affettiva: vicine quanto basta per capire che la simpatia è già affetto, distanti quello che serve perché non debordi mai in conflitto.

L’altra settimana mi ha inviato un messaggio. Io e Y. lasciamo definitivamente Roma, vorremmo concludere questa esperienza salutando gli amici che rimangono qui.

Non è stato un saluto malinconico, perché Bologna, dove andranno a stare, non ha la distanza dei grandi addii, è stato piuttosto un momento lieve, festoso.
Musica in sottofondo, beveraggi e cibarie abbinati a caso, in base a quello che ciascuno degli ospiti aveva portato, gli scatoloni di una vita già impilati uno sull’altro lungo al corridoio.

Solo uscendo, quando mi sono chiusa dietro la porta, ho pensato che non ci sarebbero stato più un giugno caldo come quello del 2010, e una birra gelata a tracciare un cerchio di condensa sul tavolino basso del salotto. Ma è stato giusto un attimo.
Mille di queste birre, F! Ovunque ci si incontri nel mondo!

 
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Neologismi esplicativi

Post n°351 pubblicato il 27 Dicembre 2013 da viburnorosso
 
Tag: Natale

-    Mamma, a te piace più il panettone o il pandoro?

-    Boh, forse il panettone,  e a te?

-    A me il pandoro, che il panettone è troppo infarcito di cose magnalizie.

-    Di che?

-    Massì, canditi, uvette e tutta quella roba appiccicosa che si mangia solo a Natale!

 
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Supereroi al contrario

Post n°350 pubblicato il 20 Dicembre 2013 da viburnorosso
 

Mercato della frutta e verdura in una delle zone più popolari della capitale. Orario di chiusura.

Quattro buste in una mano, tre nell’altra: a quest’ora si fanno ottimi affari.
I commercianti sono stanchi, hanno fretta di chiudere e liberarsi di quello che non hanno ancora venduto.

-       Tanti auguri, tanti auguri!

Penso al solito Babbo Natale di turno, anche perché con la coda dell’occhio sbircio qualcosa di rosso.
Mi giro, e mi ritrovo davanti un pomodoro da un metro e ottanta. È in compagnia di un barattolo di conserva della sua stessa stazza; con loro anche un tizio che spinge un enorme carrello riempito di lattine di una nota marca di pelati e le distribuisce ai presenti: una trovata pubblicitaria che, considerati luogo e ora, non sposterà di un millimetro il consenso del consumatore verso il prodotto.  
Il ragazzo bengalese che mi ha appena venduto i peperoni e le patate mi guarda interrogativo.

-       Cos’è? - mi chiede

-       Sugo – dico – ci prepari la pasta!

-       È sugo questo! – grida, mostrando il barattolo al suo vicino di banco.

Sorridono.
Come si sorride quando impari una cosa che prima non sapevi e per un po’ ti rimane sul viso un’espressione tra il buffo e il divertito.
Un guizzo di sorpresa sull’encefalogramma piatto della loro pacata rassegnazione.
Mettici pure che sono lì dall’alba a scaricare cassette di frutta.

Provo un improvviso senso di straniamento, se non fosse per i manici di plastica dei sacchetti della spesa che mi segano le dita, richiamandomi alla realtà.
Tra il comico e il grottesco, il passo talvolta è brevissimo.
Non posso fare a meno di pensare al pomodoro gigante.
Sotto gli strati di gommapiuma, c’è polpa di uomo:  dalla voce e dall’altezza  si capisce che non è più un ragazzino.
Magari tiene pure famiglia. E lo stesso il barattolo di pelati.

Chissà cosa raccontano ai loro figli quando la mattina escono per andare a lavorare?
Di quali aneddoti riempiono i loro orizzonti di gloria?
Me li immagino che si svestono in ascensore, prima di rientrare a casa.
Supereroi al contrario.
Si sfilano la maschera per nascondere al mondo la loro identità segreta.
Quella grazie alla quale anche oggi hanno portato in tavola un piatto di pasta.

Presumibilmente al sugo. 

 
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La modestia del bronzo

Post n°349 pubblicato il 16 Dicembre 2013 da viburnorosso

Visti dall’altro lato della piscina si somigliano tutti.
A sinistra stanno i grandi, a destra i piccoli.
Seduti a terra, gambe incrociate, aspettano il loro turno:
in quell’attesa c’è una fifa blu che scolora giusto un po’ nell’azzurro dell’acqua.
Le piscine sono rivestite di una sfumatura azzurro fiducia che ispira tranquillità, ma sono più che sicura che lì sotto all’accappatoio qualcuno se la sta facendo addosso.

Studio le combinazioni di colore per individuare la mia ranocchia.
Accappatoio blu, cuffia azzurra … no. Accappatoio verde, cuffia rossa … no. Accappatoio azzurro, cuffia verde … neanche.

Ecco … mi pare di individuarlo: mi sbraccio in un saluto che rimane impigliato al muro di sciarpe e cappotti che mi si accalcano davanti.  
Lui infatti non mi degna di un cenno di risposta.  
Riprovo con più convinzione, la mano sospesa sui vapori clorati, trattengo per la coda il mio aquilone di incoraggiamento, intercetto il suo lo sguardo, allento la presa …
di nuovo niente!
È solo al terzo tentativo che capisco di star salutando l’accappatoio sbagliato.
Stavolta indovino quello giusto.
Dal movimento di risposta della sua mano, e dall’espressione che mi pare di indovinargli in faccia a otto corsie di distanza, intuisco cosa gli si agita nello stomaco.
Tremavo come un pazzo, mi dirà alla fine, eppure non faceva freddo!

Quando chiamano la sua batteria, trattengo un sospiro di sconforto.
Una briciola in mezzo a dei giganti.
A quell’età anche un solo anno fa la differenza! Bastano pochi mesi infatti, e il corpo si allunga, i piedi diventano palanche, il petto esplode di muscoli e peluria.
È ovvio che con simili avversari non c’è gara!

Va bene che a colazione davanti al lattebiscotti abbiamo ripetuto il mantra del “Comunque vada, sarà un successo”.
D'accordo che prima di uscire gli ho chiesto un’ultima volta se fosse convinto e lui a mo’ di risposta si è messo sciarpa e cappello.
Però adesso ci sono tutte le premesse per una disfatta.

Ripenso a quel mio umiliante terzo posto quella volta che mi usarono come tappabuchi in una gara di dorso contro due ragazze dell’agonistica.
Avevo all'incirca la sua età.
Arrivai terza su tre.
Una sconfitta premiata addirittura col bronzo!
E hai voglia poi a raccontarmi che non avevo gareggiato con le compagne del mio corso. Sempre ultima ero arrivata!

Ecco, io a lui questa figuraccia gliela risparmierei.
Se non fosse che ho passato anni a demolirgli il dogma della competizione e a inculcargli il credo decoubertiano, lo prenderei e me lo riporterei a casa!

Perché diciamocelo, l’importante non è vincere, d’accordo!
Ma manco partecipare, come voleva farci credere l’illuminato padre dei giochi olimpici.
L’importante è semplicemente non arrivare ultimi, che poi gli amici ti prendono per il culo.
L’ideale sarebbe l’aurea mediocritas della metà classifica, che puoi defilarti nello spogliatoio inosservato, alla peggio andrebbe bene pure il penultimo posto, ma l’ultimo, accidenti no!

Fischio!
Tuffo. Via!
Chiudo gli occhi per ignavia e poi apro una fessura per sbirciare la situazione.
10 – 20 – 30 secondi,  il tempo di trattenere il respiro e ricacciarlo fuori!

Spalanco gli occhi, lo cerco con lo sguardo, sta già fuori dall’acqua, mentre lo spilungone della prima corsia allunga ancora un paio di bracciate.
Non è primo ovviamente, ma manco ultimo.
Un terzo posto (su otto), che considerato lo scarto di altezza e la differenza di età, per me vale il primo. 

Ora posso tirare fuori dal cassetto quella mia medaglia di bronzo senza dovermene più vergognare.

 

 

 

 

[Quando è tornato a casa, io ero molto più emozionata di lui. Lui invece ha liquidato la questione con il distacco di chi veramente non conosce la competizione, e poi si è messo ad ascoltare musica.
Però dalla sua stanza risuonava questa roba qui]

 
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Coincidevolezza

Post n°348 pubblicato il 13 Dicembre 2013 da viburnorosso
 

-    Mamma, prima mi hai detto che potevo andare dal Castoro, e poi mi hai detto che dovevo finire i compiti! Con te non ci si capisce niente! Per favore, sii coincidevole!

-    Cosa?

-    Cerca di essere coincidevole, insomma parla con te stessa e mettitici d'accordo prima di prendere una decisione!

 

 

 

In effetti io e me talvolta siamo afflitte da scarsa coincidevolezza.
Forse dovremmo parlare un po' di più.
Ma si sa che quando si sta insieme da tanto tempo, si finisce per comunicare poco.
Magari dovremmo prenderci una pausa di riflessione.
 ... chissà se anche lei è d'accordo?! 

 

 
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