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Messaggi di Gennaio 2014

Spazzole. Crediti. E soddisfazioni

Post n°358 pubblicato il 29 Gennaio 2014 da viburnorosso
 

- Mamma, che bello che sei tornata!
Mi sei mancata! Non c'era nessuno a farmi le coccole la mattina e a portarmi i vestiti a letto!
Però la cosa più terribile è stato pettinarmi da solo!

- Perché ti sei pettinato? Non si direbbe?

- Certo! Con le dita. Che non si vede?

 

 

 

[Sapere di essere più insostituibile di una spazzola è una soddisfazione che solo un figlio maschio può dare.
È vero che avanzo dalla vita un grosso credito di fiocchi e vestitini a fiori, però in fondo, se avessi avuto una femmina come desideravo, oggi dovrei accontentarmi di venire dopo una piastra per capelli!]

 
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Contrattempi risolutivi. Ovvero come vincere l’ansia da prestazione con l’angoscia da ritardo. Passando per Casalpusterlengo

Post n°357 pubblicato il 27 Gennaio 2014 da viburnorosso
 

Era filato tutto liscio. 
Neanche un piccolo contrattempo  aveva inceppato gli ingranaggi dell’oliatissima macchina organizzativa approntata per la mia trasferta.
Ero uscita di casa in tempo e non ero risalita neanche una volta a controllare se avevo spento le luci.
Avevo parcheggiato vicino alla metro ed ero arrivata in stazione con un giusto anticipo, in tempo pure per un caffè. 

Durante il viaggio avevo comodamente ricontrollato i materiali per la lezione del pomeriggio e  verificato che fosse tutto in ordine.
Ed era proprio tutto in ordine: sarei arrivata a Pavia alle 14 esatte, o, alla peggio, mezzora dopo, nel caso avessi perso la prima coincidenza e avessi dovuto aspettare quella successiva.
Comunque in tempo per passare in albergo, depositare la valigia, mangiare qualcosa e riposarmi un po’.

Alla stazione di Milano Rogoredo poi, nonostante avessi accumulato 10 minuti di ritardo sui 16 previsti per il cambio, avevo avuto la fortuna sfacciata di veder annunciato il mio treno sul binario accanto a quello di arrivo.
Perciò niente scale da scendere e risalire trascinandomi appresso valigie pesanti.

“Che culo!” avevo pensato, e ve lo riporto così, paro paro, sbracando un po’ la lirica del racconto, giusto per farvi capire quanto fossi ormai rilassata!
Così rilassata da affrontare con benevolenza la calca di quel treno di pendolari e anche l’odore di latrina proveniente dalle toilette fuori uso.
Li vedevo come un contributo alla metafora dell’operaio stanco che torna a casa alla fine del suo turno di lavoro.
E su di me la causa del proletariato urbano ha sempre un forte appiglio emotivo.

E comunque, ancora dieci minuti e sarei giunta a destinazione.
Così ho pensato che fosse opportuno spostarmi con i bagagli davanti alle porte di uscita.
Lo spazio era già occupato da un paio di studenti di ritorno da scuola.
Ho chiesto loro conferma del fatto che la fermata successiva fosse proprio Pavia, lasciando intendere che era lì che dovevo scendere e che dovevano liberarmi il passaggio.

Ed è stato in quel momento che la giornata ha rivelato il suo vero volto!
Perché ci sono giornate pessime che si preannunciano tali fin dalla mattina, e altre più subdole che si divertono ad ingannare il malcapitato prima di mostrarsi per quello che sono.
E io dopo l’altro giorno ho imparato a diffidare di quelle che scivolano via troppo lisce!
Ma torniamo sul treno per Pavia.
I due ragazzi mi hanno rivolto uno sguardo tra l’incredulo e il commiserevole, come si fa con un turista giapponese che cerca il Colosseo davanti agli Uffizi mentre tiene in mano girata una cartina di Venezia.
“Ma questo treno non va a Pavia!” hanno esclamato all’unisono.

In una frazione di secondo ho sentito salirmi dentro una ragionevolissima ostilità verso:

  • Trenitalia, 
  • la Trenord, 
  • il trasporto su rotaia in generale, e
  • il capostazione di Milano Rogoredo in particolare,
  • i tabelloni luminosi delle partenze e arrivi ,che a questo punto potrebbero usarli per scriverci sopra l’oroscopo del giorno, almeno sarebbero più attendibili,
  • i cessi che puzzano di piscio di cane (e quindi, di conseguenza, verso i cani),
  • ed infine, diciamolo, anche verso la causa del proletariato urbano, che ha decisamente un po’ rotto le palle! 

Come noterete sono proprio i momenti di difficoltà a rivelare tutta la solidità delle nostre convinzioni ideologiche! 
Anche perché il rodimento di c***, al par dell'amore, è un sentimento ecumenico che abbraccia tutto e tutti senza distinzioni di sorta.

Ma non divaghiamo e torniamo a quel triste frangente.
Per rimediare all’accaduto sono dovuta scendere alla stazione successiva. 
CASALPUSTERLENGO.
Che per me (e non me ne vogliano gli abitanti della ridente cittadina) è e sempre sarà solo il nome di una stazione di m**** dove ho dovuto aspettare un’ora e venti un treno per Pavia, in compagnia di un distributore di merendine, uno di bottigliette d’acqua minerale e un cesso con le porte da saloon ormai definitivamente sbracate su un buco di pisciatoio alla turca.

Ho  viaggiato su una specie di diligenza da far-west, un’ora e dieci per percorrere 40 chilometri su un binario unico steso in mezzo ad una campagna punteggiata di capannoni industriali che la fanno tanto assomigliare alla periferia estrema di una grande città.

Insieme a me, su quel trenino con un solo vagone, una ragazza africana con un bellissimo bimbetto riccio che diceva di chiamarsi “Miaoooooo!”, mentre mi mostrava una zampa da gatto nell’atto di cacciare un topo.
Io e Miao ci siamo seduti vicini: doveva aver deciso che gli ero simpatica perché ha tirato fuori dalla borsa della mamma un berretto simile al mio e mi ha fatto capire che dovevo infilarglielo, nonostante la mamma avesse già lungamente provato a farglielo indossare. Finché non è sceso abbiamo tenuto un’avvincente conversazione in miagolese che è servita in parte a ricacciare indietro l’ansia per la paura di arrivare un ritardo.

Sono giunta alla stazione di Pavia due ore dopo il previsto, ho posato la valigia in albergo senza salire in camera e ho raggiunto direttamente la sede dell’Università cercando di non sbagliare strada per non perdere altri secondi preziosi.
Ho varcato la soglia dell’aula alle 16,30, esattamente nell’orario stabilito per l’inizio della lezione.
Così in affanno per il ritardo accumulato da non avere il tempo di agitarmi nemmeno un po’.
E stranamente non ho neanche avuto quella sensazione di tabula rasa che di solito precede l’istante prima dell’inizio. 
Le nozioni uscivano come per incanto ben argomentate dalla mia bocca, che sembrava attingerle direttamente da qualche fonte di sapere a me estranea, visto che con la testa io, per me, ero ancora alla stazione di Casalpusterlengo che aspettavo un treno.

Insomma, alla fine è andata, e pare che sia andata pure bene.
Perciò se volete vincere l’ansia da prestazione, vi consiglio di arrivare in ritardo.
E soprattutto, se volete essere certi del vostro ritardo, mettere un treno della Trenord sul vostro tragitto!

 
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Cara collega ...

Post n°356 pubblicato il 22 Gennaio 2014 da viburnorosso

 

Tempo fa ho commesso un errore.
Ho aperto una di quelle mail che iniziano con “Cara collega” e proseguono con un “ho pensato proprio a te per …”
Avrei dovuto capirlo subito che si trattava di una fregatura, perché quando si parte blandendo il proprio interlocutore, poi segue sempre una richiesta.
E invece, non solo l’ho aperta la mail, ma l’ho anche letta fino in fondo.
E ho fatto di peggio. Ho accettato la proposta che conteneva, pentendomi poi con la stessa rapidità con cui avevo pronunciato il mio “Va bene!”.

Il fatto è che faccio fatica a dire di no, proprio non ci riesco: è un limite che probabilmente ha a che fare con il mio sistema di autostima, però almeno ne sono consapevole.
Del resto con 10 anni di psicanalisi si raggiungono diverse consapevolezze. Anche di questo sono consapevole, per dire.

Ma sto divagando.
Per farla breve nella lettera mi veniva chiesto se ero disponibile a stare in commissione per la discussione di alcune tesi di dottorato, adducendo come motivazione l’affinità tra i miei interessi di ricerca e quelli di una delle candidate.
Capite che posta in questi termini, era una richiesta impossibile da rifiutare senza passare per ingrati, in quanto presuppone l'esistenza al mondo di qualcuno che possa essersi letto i miei lavori.
E che fai, ad uno così gli dici di no?

Anche per questo motivo ho dato il mio assenso, nella convinzione comunque che si trattasse solo di un contatto esplorativo e che poi al momento della decisione avrebbero optato per qualcuno più competente, o anche solo proveniente da una sede meno distante.
Ma evidentemente basavo le mie speranze su argomenti fallaci e inconsistenti, perché a fine novembre mi è arrivata la nomina ufficiale.

“Gentile collega abbiamo il piacere di comunicarle che …” Stavolta però non sono manco andata fino in fondo.
Avevo già capito il guaio in cui mi ero cacciata. E come avrei passato le settimane successive.

Tre giorni prima di Natale infatti mi sono stati recapitati a casa tre tomi di circa 250 pagine l’uno.
Ho iniziato da quello più vicino ai miei interessi di ricerca, mentre per ultimo mi sono lasciata quello col titolo più avvincente:
“La fricative postalveolari sorde  nel dialetto frusinate”.
Perché, come si sa, dulcis in fundo.

Un paio di settimane fa, all’inizio dei saldi, ho avuto un primo segnale di cedimento.
Per tenermi incollata alla sedia mi ripetevo che comunque la trasferta mi avrebbe fruttato qualche denaro.
Ma il pensiero di tutte quelle vetrine traboccanti di scarpe scontate al cinquanta percento che aspettavano solo me per essere calzate aumentava notevolmente il mio senso di frustrazione.
Così mi sono messa alla ricerca di argomenti convincenti. Mi è venuto in mente che anche la mia collega di stanza (“cara” pure lei, evidentemente) era caduta nella mia stessa trappola, così le ho mandato un messaggio:
“Ho bisogno di una motivazione forte. Quanto ce la pagano la trasferta?".
“Nulla!” è stata la sua laconica risposta. Quella che ha decretato l’improrogabile ingresso nel mio guardaroba di un nuovo paio di scarpe con il cinturino.

E a questo punto, visto che oramai mi ero fatta incastrare come la più ingenua delle falene davanti ad una lampadina accesa, ho accettato anche di tenere una lezione, chiaramente gratis, con cui quantomeno guadagnare un cospicuo vantaggio morale di fronte i miei sensi di colpa: vantaggio che mi permetterà di convertire in “gesto autogratificante” il mio prossimo “acquisto compulsivo”.
Perché le cose, ve ne sarete accorti, a volte basta chiamarle con un altro nome per farle diventare quello che vorremmo.

E così oggi si parte.
E siccome ieri sera mi è giunta la notizia del tutto inattesa che la lezione sarà retribuita, insieme al bonus morale, ne avrò anche uno monetario.
Oltre, ovviamente, ad una nuova consapevolezza:
che le mail che iniziano con “Caro collega …” è meglio far finta di non averle ricevute.




 

 
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Astuzie premurose. O premure astute

Post n°355 pubblicato il 15 Gennaio 2014 da viburnorosso

- Mamma, ti ricordi che domani entro a scuola alle 10,40 che c’è l’assemblea sindacale?

Sì, certo.

- Senti, pensavo però che è meglio se non ci vado a scuola.

- E perché?

- Perché sono solo tre ore. Non ne vale la pena! Tempo che torni a casa e devi uscire di nuovo per venirmi a prendere. Lo dico per te, eh, per non farti perdere tutta la mattinata!

- Non preoccuparti, tanto ti porta la mamma di Occhibelli!

- Allora è proprio il caso di lasciare perdere. Mi spiace proprio che debba disturbarsi così per me che manco sono il figlio!

 
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"Ma lei lo sa che ..."

Post n°354 pubblicato il 12 Gennaio 2014 da viburnorosso

- Buongiorno sono passata per l'istallazione di Office. Si ricorda, l'ho chiamata ieri?
- Sì, certo. Mi dica, cosa preferisce? Office 2010 0 2013? Non perché deve sapere che ...
- Bah, non saprei ... faccia lei, quello che ci mette di meno. 
- Senta, vuole che le istallo anche un nuovo antivirus?
- Va bene!
- No, perché sa, sulla rete adesso girano questi virus ...
- I trojan?
- Peggio peggio! Ha mai sentito parlare delle logic bomb? e i warm? Li ha mai sentiti nominare?
- I che ...? 
- No, perché lei lo sa che ...
- No guardi, non lo voglio sapere, che già il nome mi fa schifo. Mi fido ciecamente, faccia lei ... 
- Senta, ma vuole che le istallo anche il Lync?
- Mmmmh, a cosa serve?
- È un software aziendale per la messaggistica istantanea, così può comunicare in tempo reale con i suoi colleghi ...
- Direi che ne posso fare a meno, non è che ne senta tutto questo bisogno, che talvolta io e i miei colleghi comunichiamo anche nel tempo irreale! 
- Peccato, perché lo sa che utilizza dei protocolli che proteggono il traffico tra client e server?
- Guardi, al limite, se proprio sento l'urgenza di sentire i miei colleghi, scriverò una mail! A proposito non è che si può fare qualcosa per tutta questa spam che mi arriva?
- Ecco, questo sa perché succede? Perché basta che lei inserisca una volta il suo indirizzo nella rete, ed è finita. Ci sono i web-crawler, e lei lo sa chi sono i web-crawler?
- Ehm ... Sì, posso immaginarlo!
- Eh, no, lei non se lo immagina. Tutti pensano che i web-crawler siano dei nerd sfigati che dragano la rete alla ricerca di dati sensibili. Eh, no! Sono dei programmi, e lei lo sa ...
- Interessante, però adesso dovrei andare, sa mi esce il bambino da scuola ...
- D'accordo, abbiamo finito. Le spengo il pc.
- No guardi, me lo lasci in stand-by, così, almeno si riavvia più velocemente.
- Ma scherza? Non le serve più lasciare il computer in stand-by, perché Windows 8 ha un boot velocissimo, bastano secondi a riavviarlo, e poi lo sa che se lascia il computer in stand-by invece che in modalità di ibernazione e poi scoppia un temporale ...

 

Ecco, c'è solo una cosa peggiore di un geek invasato e autocompiaciuto. 
E cioè un geek invasato e autocompiaciuto armato di intenti socializzanti ed educativi.

 
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