Creato da Superfragilistic il 30/07/2008

Sonoviva

Un blog di denuncia, osservazione e critica possibilmente costruttiva

 

 

VIA L' EUROPA DALLA NATO

TRUMP SI RIFIUTA DI STRINGERE LA MANO DELLA MERKEL

 

Testa bassa lui, sguardo sornione lei ed anche di chi crede nella propria superiorità intellettuale rispetto al ricchissimo Paperon dei Paperoni che oggi è il Presidente degli Stati Uniti d'America. Il mio, da sempre, non è un quello che si potrebbe definire un ottimo rapporto con gli States, i suoi 'valori', i suoi eccessi, il modo di crescere i suoi figli che, purtroppo, è diventato anche quello di oggi in Italia. Io faccio parte di quella generazione che ha sfilato decine di volte contro lo strapotere degli Americani, contro la pretesa di essere unici ed in ogni cosa superiori agli altri. Un americano non cambierà mai il suo modo di sentire il suo essere americano, perché l'America è dentro di lui ed un immigrato anche se si chiamasse Boris e venisse dalla Polonia, dovrà cambiare il proprio nome assumendone uno americano. Un altro segnale chiaro è la presenza  della bandiera in ogni dove. Non ci sogneremmo mai, noi italiani, di mettere la bandiera davanti alla nostra casa o sulla barchetta o su ogni altro oggetto e non usiamo la parola Italia ogni 10 parole come fanno gli americani che, continuamente, pronunciano America, America, America........ parlando con noi stranieri.

Figurarsi quante volte, durante la guerra in Vietnam, abbiamo urlato slogans contro gli Stati Uniti e contro quell' assurda carneficina ( ma lo facevano in primis anche i giovani statunitensi, a onor del vero ) e chissà ancora quante volte abbiamo gridato: 'via l'Italia dalla Nato'; di seguito, ossessivamente, senza chiederci più di tanto: avevamo la chiara sensazione di essere militarmente occupati. Ed in realtà lo eravamo, non meno di altri Stati 'salvati' dal fuoco alleato e noi, campioni di voltagabbana, eravamo appena diventati appunto i loro alleati. L'Italia non è stata liberata dai nazifascisti solo con la forza della Resistenza, ma con il sacrificio di tante vite umane inglesi, statunitensi e di altre nazionalità, tutte impegnate nella guerra di Liberazione. Ma ogni guerra ed ogni liberazione ha un suo prezzo da pagare ed il nostro prezzo è stato quello di far posto alle forze alleate sui nostri territori, a salvaguardia degli equilibri interni all'area europea e come scudo contro il pericolo 'comunista'. Questo ha condizionato molto il dopoguerra e le politiche italiane che, in un primo momento, con alla guida un perfetto binomio cattolico e comunista, rappresentato cinematograficamente da Peppone e don Camillo, ha fatto sì che l'Italia si alzasse dalla totale distruzione del dopoguerra e tirasse fuori le migliori energie. Ma non sarebbe potuto durare: gli Stati Uniti non potevano permettere che Togliatti governasse l'Italia, anche se questi si era più volte espresso contro i metodi sovietici ed a favore di un comunismo sociale, fatto su misura per l'Italia, dando prova di grandi doti politiche. Giustizia, uguaglianza, diritto allo studio, diritto al voto per tutti, donne comprese, lavoro come priorità assoluta, libertà di espressione e di costituire movimenti politici e sindacali; insomma questo non garantiva l'America e dunque questa iniziava ad entrare a quattro zampe nelle linee politiche italiane;  e lo farà pesantemente, in nome dell'argine al comunismo, con la costituzione di un corpo speciale, Gladio, ormai dai giovani credo neanche conosciuto. Questo corpo non fu estraneo al nascere ed allo svilupparsi di quella che conosciamo come 'Strategia della tensione', inaugurata, diciamo così, con la bomba nella Banca dell'Agricolltura, esplosa in una mattina qualsiasi, 12 dicmbre del 1969, a Milano. Non sappiamo ancora quanto dovremmo su quel periodo e forse non sapremo mai quello che importanti protagonisti non hanno mai voluto svelare. Tanti silenzi, ma la certezza che quanto accadde e  provocò tanta morte e dolore, non fu opera di cani sciolti, ma appunto una strategia studiata a tavolino con i servizi segreti americani e quelli italiani. Si uccidevano volutamente innocenti sui treni, in una piazza, in una galleria. In Italia non so se si studia questo periodo storico ma io non posso fare a meno di ricordare il clima che si respirava in quegli anni: la strage dell'Italicus, quella di Brescia, la stazione di Bologna, sono solo alcune delle stragi che videro tante vittime cadere. Ricordo il clima di terrore, la diffidenza, la reazione dei  giovani di sinistra fino alla lotta armata. Sfociata e finita nel rapimento e nel  delitto di Aldo Moro, gestiti dalla mano dallo Stato; rapimento avvenuto proprio il giorno in cui si doveva formare il Governo che avrebbe visto la DC ed il PCI governare insieme in quello che fu chiamato 'compromesso storico'.  Ricordo i fascisti armati di catene che, impunemente, picchiavano chi fosse in odore di sinistra e la mia paura davanti al Giulio Cesare, liceo romano nella zona Trieste, dove si appostavano gli squadristi di Caradonna, deputato dell'MSI, che si addestravano nella vicina palestra. Lì, spesso  mi aspettavano alcuni picchiatori che mi seguivano in auto minacciandomi di morte ( uno di loro si macchierà dopo del terribile omicidio del Circeo). Io andavo sempre in compagnia di Pasquale, mio compagno di classe e di fede. I poliziotti non intervenivano mai quando c'erano i pestaggi, tranne che per arrestare il 'compagno' di turno. Non era senso di ossessione persecutoria, ma piuttosto ogni azione delle forze dell'ordine rispondeva alle richieste dei servizi segreti e dei politici coinvolti. Tra loro  Cossiga che, quando divenne Presidente della Repubblica, grazie ai temporanei distrurbi psichici di cui soffriva e che gli causavano logorrea e perdita di senso del limite, ebbe dei momenti in cui parlò tanto svelando le trame di Gladio - struttura militare parallela - e chiedendo pacificazione e perdono per i brigatisti perché indotti a quelle azioni dalla politica espressa dal suo partito, la Democrazia Cristiana, in nome della salvezza dalla furia comunista. 

Tutto questo per dire cosa rappresenta l'elemento 'pacificatore' USA. Negli ultimi anni il freno alla vera unità dell'Europa, a mio e non solo a mio avviso, sta molto nelle politiche americane che hanno fatto dell'Europa una pedina da muovere e da usare per le proprie necessità strategico-militari. Dalle nostre basi passano le missioni dette ipocritamente 'di pace' e grazie alla loro forza militare abbiamo guadagnato l'assoluta instabilità di Paesi dell'area sudorientale. Abbiamo fatto guerre che hanno destabilizzato Paesi che soli avevano il diritto di decidere del proprio futuro. Il nostro futuro è stato pesantemente condizionato da tutto questo e ce ne accorgiamo dal fatto che tanti poveracci, innocenti e senza alcuna colpa, si siano dovuti mettere in marcia verso l'ignoto per sfuggire a guerre e povertà assoluta. 

E tu Tump, ora vieni e ti permetti di fare il tipo che, quasi quasi ci fa un favore a tenere le tue basi in Europa? E ti permetti di essere cafone con la Merkel che è un capo di Stato ed anche tua ospite? Non vuoi che gli americani occupino le basi in Italia ed in Germania? E allora io ti risponderei con lo slogan che ho tante volte gridato nella mia gioventù e nel quale ancora credo 'Yankee go home'. Naturalmente non per non concedere ai fratelli statunitensi di venire in Italia, ma per cacciarne il potere, lo strapotere americano che non permette la pacificazione e la crescita di Paesi come la Libia o la stessa Siria e che ha creato instabilità e xenofobia anche in popoli che da sempre sono stati accoglienti.

Insomma, per concludere questo ragionamento, credo che questa che Trump ci dà, sia una splendida occasione per costruire finalmente l'unità europea unificando politiche sociali, economiche, finanziarie e dando vita e voce alle nostre tante culture ma senza soffiare sui nazionalismi. Speriamo che venga compreso e nello sguardo della Merkel e nelle sue parole leggo chiari  segnali profilarsi all'orizzonte. 

 
 
 

DOVE ERAVAMO RIMASTI ?

 

 

 

Dove eravamo rimasti? all'indomani dell'elezione del Presidente degli Sati Uniti d'America, che inaspettatamente ha regalato al suo Paese ed al mondo intero la figura di un uomo a dir poco inquietante, fuori dalle righe e da ogni schema in cui ingabbiare il profilo di  chi tiene in mano le sorti di mezzo mondo.

Avevamo passato da poco lo choc della Brexit e ci apprestavamo ad uno snervante si o no del nostro piccolo, rispetto ai problemi mondiali, referendum e vedevamo lo scontro in atto tra le due fazioni. Poi è venuta la vittoria di una delle due parti, quella del no alla riforma costituzionale, con la conseguente rinuncia del Premier pesantemente sconfitto, a tenere più a lungo, e contro il voler di così gran parte della popolazione votante, in mano le redini del Governo.

Storie diverse, popoli diversi, diverse le richieste ed i messaggi ma un solo elemento unificatore all'interno: la supposta potenza del proprio io rispetto alle istanze del popolo; l'assoluta incapacità ad uscire da logiche del tutto autoreferenziali; l'attività di sciacallaggio e di cannibalizzazione svolta da movimenti, partiti, media, gruppi finanziari, soggetti al potere e via dicendo. Qualcosa di distante dai nostri bisogni e soprattutto da quelli delle famiglie e dei giovani ridotti a merce svenduta sulla piazza dello sfruttamento. Stiamo esagerando? non credo. Se ci mettiamo anche la tecnologia, che ha portato a grosse conquiste che però hanno già di fatto diminuita la presenza dell'uomo e della sua fervida fantasia in gran parte delle attività; se aggiungiamo poi la globalizzazione che rende immediatamente fruibili cose ed idee da un capo all'altro del Globo appiattendo le differenze, allora possiamo dire con Stephen HAWKING, che non è proprio l'ultimo arrivato, che qualcosa si è rotto e sta cambiando per sempre e che solo la riscoperta di quella che, come ho sempre sostenuto, è una delle più grandi doti dell'intelligenza umana: l'UMILTA', potrà forse salvarci dal tragico epilogo .

Per questo posto l'articolo  

 

 

This is the most dangerous time for our planet
 
02 DEC 2016
 
 BY PROFESSOR STEPHEN HAWKING

 

 

As a theoretical physicist based in Cambridge, I have lived my life in an extraordinarily privileged bubble. Cambridge is an unusual town, centered around one of the world’s great universities. Within that town, the scientific community which I became part of in my twenties is even more rarefied. And within that scientific community, the small group of international theoretical physicists with whom I have spent my working life might sometimes be tempted to regard themselves as the pinnacle. Add to this, the celebrity that has come with my books, and the isolation imposed by my illness, I feel as though my ivory tower is getting taller.  

So the recent apparent rejection of the elite in both America and Britain is surely aimed at me, as much as anyone. Whatever we might think about the decision by the British electorate to reject membership of the European Union, and by the American public to embrace Donald Trump as their next President, there is no doubt in the minds of commentators that this was a cry of anger by people who felt that they had been abandoned by their leaders. It was, everyone seems to agree, the moment that the forgotten spoke, finding their voice to reject the advice and guidance of experts and the elite everywhere.  

I am no exception to this rule. I warned before the Brexit vote that it would damage scientific research in Britain, that a vote to leave would be a step backward, and the electorate, or at least a sufficiently significant proportion of it, took no more notice of me than any of the other political leaders, trade unionists, artists, scientists, businessmen and celebrities who all gave the same unheeded advice to the rest of the country. 

What matters now however, far more than the choices made by these two electorates, is how the elites react. Should we, in turn, reject these votes as outpourings of crude populism that fail to take account of the facts, and attempt to circumvent or circumscribe the choices that they represent? I would argue that this would be a terrible mistake.  

The concerns underlying these votes about the economic consequences of globalisation and accelerating technological change are absolutely understandable. The automation of factories has already decimated jobs in traditional manufacturing, the rise of AI is likely to extend this job destruction deep into the middle classes, with only the most caring, creative or supervisory roles remaining. 

This in turn will accelerate the already widening economic inequality around the world. The internet and the platforms which it makes possible allow very small groups of individuals to make enormous profits while employing very few people. This is inevitable, it is progress, but it is also socially destructive. 

We need to put this alongside the financial crash, which brought home to people that a very few individuals working in the financial sector can accrue huge rewards and that the rest of us underwrite that success and pick up the bill when their greed leads us astray. So taken together we are living in a world of widening, not diminishing, financial inequality, in which many people can see not just their standard of living, but their ability to earn a living at all, disappearing. It is no wonder then that they are searching for a new deal, which Trump and Brexit might have appeared to represent.  

It is also the case that another unintended consequence of the global spread of the internet and social media is that the stark nature of these inequalities are far more apparent than they have been in the past. For me, the ability to use technology to communicate has been a liberating and positive experience. Without it, I would not have been able to continue working these many years past. But it also means that the lives of the richest people in the most prosperous parts of the world are agonisingly visible to anyone, however poor and who has access to a phone.  And since there are now more people with a telephone than access to clean water in Sub-Saharan Africa, this will shortly mean nearly everyone on our increasingly crowded planet will not be able to escape the inequality. 

The consequences of this are plain to see; the rural poor flock to cities, to shanty towns, driven by hope. And then often, finding that the Instagram nirvana is not available there, they seek it overseas, joining the ever greater numbers of economic migrants in search of a better life. These migrants in turn place new demands on the infrastructures and economies of the countries in which they arrive, undermining tolerance and further fuelling political populism.  

For me, the really concerning aspect of this, is that now, more than at any time in our history, our species needs to work together. We face awesome environmental challenges. Climate change, food production, overpopulation, the decimation of other species, epidemic disease, acidification of the oceans. Together, they are a reminder that we are at the most dangerous moment in the development of humanity. We now have the technology to destroy the planet on which we live, but have not yet developed the ability to escape it. Perhaps in a few hundred years, we will have established human colonies amidst the stars, but right now we only have one planet, and we need to work together to protect it.  

To do that, we need to break down not build up barriers within and between nations. If we are to stand a chance of doing that, the world’s leaders need to acknowledge that they have failed and are failing the many. With resources increasingly concentrated in the hands of a few, we are going to have to learn to share far more than at present. With not only jobs but entire industries disappearing, we must help people to re-train for a new world and support them financially while they do so. If communities and economies cannot cope with current levels of migration, we must do more to encourage global development, as that is the only way that the migratory millions will be persuaded to seek their future at home. 

We can do this, I am an enormous optimist for my species, but it will require the elites, from London to Harvard, from Cambridge to Hollywood, to learn the lessons of the past month. To learn above all a measure of humility. 

 
 
 

IL GIORNO DI DONALD TRUMP

 

Una giornata a dir poco strana quella di oggi, 9 Novembre 2016, nella quale milioni di persone, ognuno nel proprio fuso orario e con i propri tempi di reazione, si è risvegliata. Una giornata che per tanti non ha avuto alcuna soluzione di continuità con quella precedente nella quale i cittadini americani sono stati chiamati ad eleggere il loro 45esimo Presidente: Il Presidente e non Un Presidente, la figura ritenuta la più importante nel panorama politico mondiale, colui che tiene o che fino ad oggi ha tenuto nelle proprie mani i fili delle diverse storie di Paesi molto lontani, molto diversi, ma sui quali nulla accade senza che ne sia parte. La sfida tra Trump, - il buffone, il cafone, l’antipolitico, il puttaniere che si vanta delle molestie denunciate da ben 11 donne lacrimose e lacrimanti – e la signora Hillary Clinton, - donna, da cinquant’anni in politica, moglie di un ex Presidente, anche lui discretamente puttaniere, del quale non ha inteso separare la storia neanche nel cognome, Clinton appunto, sacrificando il suo di cognome – si è conclusa con il trionfo del primo, Donald Trump appunto, che da oggi è il nuovo Presidente degli Stati Uniti.

Perché è avvenuto questo? Con quale ragionamento in testa, semmai uno ce n’è stato, gli americani si sono recati in massa alle urne? Partiamo dal carattere dei due protagonisti – antagonisti e da quello che rappresentavano per il variegato popolo americano. Hillary, in quanto moglie di Bill Clinton e First lady, ebbe già un gran ruolo durante la presidenza di suo marito, dovendosi occupare anche delle non proprio nobili pratiche sessuali del marito, consumate peraltro nello Studio Ovale della Casa Bianca. E’ vero, lei sarebbe stata la prima donna presidente e questo già sarebbe stato un evento, ma la maggior parte dell’elettorato maschile non desiderava affatto che, dopo un Presidente nero, ma pur sempre maschio, si potesse passare addirittura ad un presidente donna. Le donne, dal canto loro, non vedevano in lei quel modello aderente a quello proposto dalle femministe: non veniva dal basso, era una donna di potere anche ben oltre quello del marito, era stata Segretario di Stato di Obama ed aveva dovuto lasciare l’incarico dopo la morte del giovane ambasciatore Christopher Stevens, avvenuta durante l’attacco al Consolato di Bengasi, e la cui responsabilità era in parte attribuita a negligenza da parte della signora Clinton. In realtà il caso era stato chiuso proprio quest’anno e l’allora Segretario di Stato era stata ritenuta del tutto incolpevole nel rapporto stilato, dopo l’indagine, da parte dei Parlamentari Repubblicani. Una carta a suo favore dunque, questo era sembrato, ma quanti sono gli Americani che sanno tutto ciò? Per quanti è prioritaria l’informazione quando tutti i giorni ci si deve confrontare con ciò che manca, con ciò che non c’è e che prima c’era. Prima si era più ricchi e l’America era il modello di versatilità e di possibilità infinite per ognuno. La crisi finanziaria ha impoverito le famiglie e le varie comunità e sui sentimenti di frustrazione hanno fatto ben presto presa le istanze populiste che vedono spesso nei più poveri un rischio, un sopruso, un possibile ulteriore impoverimento per sé. Ma sto divagando perché, nel parlare della signora Clinton, mi sono fermata al fatto che fosse una donna e, possibilmente la prima a poter diventare Presidente degli Stati Uniti: ma quanti americani hanno visto i propri figli partire per guerre dalle quali, spesso, sono tornati cadaveri o ancora distrutti nella psiche dall’enorme uso di droghe, necessarie per sopprimere le pesanti conseguenze del vivere da vicino una guerra, con tutto il suo carico di morte e di dolore. Sono i reduci, quelli che non sono più nulla, che sono partiti sentendosi dei Rambo, e che giunti nelle terre di Afghanistan o Iraq, si sono ritrovati a dover affrontare davvero quel videogioco che era forse per loro, fino a qualche giorno prima, la guerra. Lasciati andare mentre la forza, il potere, i soldi, la finanza, tutto girava per i soliti noti; e girava alla grande arricchendo sempre meno ed impoverendo sempre più la maggioranza. Una storia uguale ovunque, perché tutto il mondo è paese da quando il mondo si è globalizzato e da quando lo ha fatto non per migliorare le condizioni di vita di tutti, ma creando al contrario un’incredibile quantità di diseguaglianze, le più profonde che non ci siano mai state. Perché questo popolo, così variegato, avrebbe dovuto votare dunque una donna così coinvolta nel potere come Hillary Clinton che segna il passo a tutto quello detto finora? Che ha fortemente voluto la guerra in Libia, che sostiene gli Emirati Arabi rimpinguandoli perché acquistino armi destinate ai Jihadisti? Questo ed altro ha pesato ed ha determinato il risultato che ha fatto vivere a noi tutti una giornata strana, incomprensibile a pelle, ma di cui capiremo i contorni solo a partire da domani.

 
 
 

RIFORMA COSTITUZIONALE TITOLO V

Ieri, frequentando, come purtroppo ormai abitualmente faccio, le pagine di Facebook, mi sono imbattuta nel post del mio amico Andrea N. Ruffolo, persona di grande cultura e del quale apprezzo molte qualità fra le quali quella di essere un fine conoscitore di arte e storia, nonché compagno di lotta negli anni caldi della contestazione sessantottina al liceo Giulio Cesare di Roma. Ho iniziato dunque a leggerne il contenuto che si riferiva ad un esercizio, che ogni cittadino consapevole dovrebbe compiere, prima di fare la sua scelta attraverso una scheda referendaria. Al di là di quello che percepiamo; al di là di quale sia - ed il mio è negativo - il giudizio sulle politiche renziane e sullo stato del PD e della sinistra; al di là del fatto che magari siamo impegnati nella costruzione di una nuova sinistra o siamo rimasti fedeli al pensiero bersaniano, insomma in ogni caso dovremmo assolutamente leggere e cercare di comprendere gli articoli della Costituzione come modificati e come originariamente sono oggi. Un semplice testo a fronte, facile facile, di cui Andrea ci dava le coordinate che io ora offro, a mia volta, a miei lettori.  

Va bene, insomma ho subito scaricato il testo comparato ed ho trascorso il mio pomeriggio a leggerne testo originario e modifiche. Leggi che ti rileggi sono così giunta al Capo V della Costituzione, quello che la sinistra volle cambiare anche con una risicata maggioranza. Un testo che mi toccò anche studiare per il mio concorso interno e che ho anche dovuto, a mia volta, insegnare a colleghi della vigilanza ( leggi custodi ). Quella riforma, per quanto rigardava me ed i beni culturali, sui quali avevo alacremente lavorato fina dal 1978, toglieva allo Stato competenze esclusive in materia di valorizzazione e gestione dei Beni Culturali, lasciandole solo per quanto riguardava la tutela; anche per quest'ultima erano però fortissime le intromissioni di Enti locali se solo pensiamo che sono le Province a gestire gli elenchi dei Catalogatori di Beni Culturali. Un caos che di fatto, da un giorno all'altro, vanificava tutto il lavoro svolto e poneva nella disponibilità di Amministratori locali un tesoro di valore inestimabile, che diveniva ulteriore occasione o per l'oblio ( se non se ne poteva cogliere un vantaggio) o per la smisurata voglia di guadagni. Grazie a quel cambiamento ed alla confusione che comunque generò questo passaggiodi competenze, fu possibile che manager privati occupassero, ad esempio, Pompei, succhiando avidamente milioni e milioni di euro senza che il Parco archeologico ne beneficiasse. Fu per lo stesso motivo che la Certosa di Padula, da magnifico luogo restaurato dallo Stato e di proprietà dello stesso, sede di grandi mostre e di progetti arditi in materia di giardini e di Arte contemporanea, potè divenire  di nuovo un luogo abbandonato a se stesso, con l'erba alta che nessuno taglia più, con problematiche che nessuno più gestisce:  tanto, di quel territorio, chi se ne frega? Neanche i locali, nei quali non è che riponessi molte speranze, Loro aspettano con ansia il pensionamento dell'ultimo impiegato statale, per rimetterci sopra le mani e riportarla ad una dimensione localista dalla quale faticosamente era stata strappata. 

Dunque vi dirò che la riconquista esclusiva da parte dello Stato della valorizzazione e della tutela, mi fa propendere per il SI, perché ora o mai più. Non è un'idea di oggi e pertanto propongo la rilettura del mio post linkato qui sotto e, se avete la pazienza di cercare fra tutti, anche degli altri sullo stesso tema.

IL MIO POST DEL 2011

 
 
 

Tragedia annunciata

 

Post scritto dalla Presidente Nazionale Legambiente Rossella Muroni, scritto nella giornata di ieri 24 agosto, e dunque non aggiornato al numero dei morti comunque in continuo aggiornamento:

 

160 morti. Ho passato una giornata in apnea. Sotto choc. I giornalisti che chiamavano per avere commenti dalla presidente nazionale di Legambiente. Io che mi sfilavo imbarazzata. So che sono io la presidente nazionale di Legambiente ma insomma...perché la mia opinione sarebbe importante ad 8/10/12 ore da una tragedia così enorme? Cosa aggiunge? Alla fine un pezzo per il manifesto scritto con grande pudore. Non vorrei essere fraintesa, non voglio fare la morale a nessuno. Ma oggi ho letto commenti terribili. Pieni di certezze e di odio. Per me l'unica certezza è che tra 20 giorni si parlerà di altro e invece saranno ancora centinaia le persone nelle tende. Per me l'unica certezza è che bisognerà vigilare sulla ricostruzione, sugli appalti, su dove finiranno le macerie. Tra 20 giorni. Ora ci sono i morti, i dispersi, i feriti. I commenti razzisti ("i migranti nelle tende gli sfollati negli hotel"...vorrei sommessamente far notare che si tratta di esseri viventi e per me pari sono sia che siano nati ad Amatrice piuttosto che in Siria. Lo so per molti è una bestemmia. Vi prego levatemi dalle vostre amicizie. Ci tocca condividere il pianeta ma le bacheche anche no) e i selfie in spiaggia mi annichiliscono. Il fervore di quelli che si buttano in auto improvvisandosi soccorritori mi sgomenta. Le polemiche su Renzi mi imbarazzano (ma uno che deve dire in situazioni del genere. Che avrebbe dovuto fare?). Che posso dire allora? Io ho solo la certezza che questo Paese avrebbe bisogno di una grande opera pubblica prioritaria ovvero la messa in sicurezza del proprio territorio. Ed accanto che bisognerebbe insegnare agli italiani a convivere con il rischio perché siamo un paese fragile anche dal punto di vista sismico ed idrogeologico. Che dobbiamo cambiare comportamenti (tipo bisognerebbe iniziare a sputare in faccia a quelli che ancora pensano a proporre condoni edilizi per portare a casa dei voti nonché a quelli che poi li votano), sapere cosa fare in caso di emergenza, investire sulla qualità delle nostre abitazioni e qui si il Governo potrebbe fare molto nella prossima finanziaria introducendo detrazioni fiscali x la ristrutturazione sismica degli edifici (estensione ecobonus). Ecco io questo so e vale tra 20 giorni. Del dolore, della disperazione, della paura di queste ore non so nulla ma ne ho grande pudore. Ecco, ci vorrebbe un pò più di pudore. E poi la memoria.

 

E parto con il mio post proprio dall'ultimo argomento trattato, ovverosia la messa in sicurezza antisismica dei centri storici e degli edifici sensibili, come vengono definiti quei luoghi - ospedali, scuole, Comuni, Prefetture, che serve mantengano la loro integrità così da permettere alle autorità ed agli addetti ai lavori, per così dire, di organizzare i soccorsi e dirigerne il coordinamento. Sarebbe ovvio e lo sarebbe già da tanto visto che di episodi di questo ed altro genere, ne sono successi diversi e tutti con conseguenze maggiori di quelle che avrebbero potuto esserci se fosse stato attuato un qualche straccio di intervento. Perché Legambiente dovrebbe fare dichiarazioni? Forse per il suo ruolo di premonitore e di gufaccio di immani disastri che annuncia se non verranno prese misure? Sono altri quelli che dovrebbero parlare facendo un mea culpa solenne piuttosto che far aprire la solita polemica all'italiana che preluda, come sempre, alla dimenticanza totale del territorio devastato e dei suoi sfortunati abitanti. 

In mezzo a tanta inutile retorica, prendo in esame quella che è stata la tendenza negli ultimi decenni in questo nostro così fragile Paese, ovvero la cementificazione selvaggia e la riduzione delle aree adibite a verde; l'abbandono, non contrastato con alcuna politica di incentivo, del territorio collinare e montano, della rete di fiumi e torrenti, dei terreni agricoli. Si sono semplificate le procedure di intervento sugli edifici esistenti che oggi possono avvenire con semplice comunicazione, il che comporta spesso il verificarsi di peggioramenti statici degli edifici stessi, appesantiti da strutture poste in atto per recuperare ulteriori piani abitativi, in barba alla verifica statica della struttura portante, non sempre con solide fondamenta atte a sostenere un peso maggiorato.  Si tagliano colonne per far spazio ad ambienti unici eliminando i piedi su cui un palazzo si tiene ed abbiamo visto fabbricati crollare all'improvviso a causa di tali 'allargamenti'.  Si costruisce spesso l'edilizia pubblica giocando ad accaparrarsi un margine di guadagno sporco e pubblici funzionari infedeli, per corruzione o per superficialità, hanno così contribuito a creare ponti che crollano, strade che cedono, ospedali che si sbriciolano come avvenne in Irpinia al nuovissimo ospedale di S. Angelo dei Lombardi che venne giù travolgendo chi avrebbe dovuto proteggere. 

 

Nei prossimi mesi gli effetti della riforma, fortemente voluta da questo Governo per, come dicono, tutelare e valorizzare i beni culturali, ma, in realtà fatta con il perverso scopo di togliere ai funzionari pubblici - quelli eroici ed onesti che sono la maggioranza - ogni potere di controllo, renderà l'abuso un diritto ed il vantaggio economico immediato superiore in valore a quello della conservazione e del restauro dei tanti centri storici che fanno grande l'Italia ed appetibile il turismo culturale. 

 
 
 

23 GIUGNO 2016 BREXIT

Post n°414 pubblicato il 25 Giugno 2016 da Superfragilistic
 

 

Non si può che ricominciar da qui e dal 24 giugno 2016, il giorno in cui l'Europa intera si è svegliata sotto choc per il risultato del Referendum sulla Brexit, indetto da Cameron in Gran Bretagna.
Ma per arrivare ad oggi dobbiamo partire da molto lontano, da una generazione che aveva visto nella Gran Bretagna la frontiera della libertà, il luogo dove tabú, ancora forti altrove, non trovavano spazio; un luogo dove andare per incontrare il mondo, lavorando, studiando ed imparando una lingua la cui conoscenza, presto, sarebbe diventata un indispensabile bagaglio da portare nel proprio zainetto di competenze. Quanti amici allora andavano lí e da lí ripartivano per raggiungere altre mete, magari dopo aver concluso un ciclo di studi presso una delle sue prestigiose Università.

La Gran Bretagna, sempre in lotta con la vicina Irlanda; la Gran Bretagna terra fiera dove la Monarchia sopravvive fieramente alla Repubblica in un equilibrio istituzionale, superando persino, in innovazione ideologica, le politiche antioperaie dell'era della Thatcher. Chissà quanto s'è arrabbiata la Regina nel vedere tanto lavoro distrutto da una voglia di affermazione, tutta interna, di un piccolo leader temporale, Cameron, che volendo dimostrare ai popoulisti la sua forza, è rimasto sepolto sotto il crogiuolo di colpi costituiti dai voti di quegli elettori, per lo più over 65 e residenti in zone periferiche ed appartenenti a classi socio culturali basse, che, volendo conservare il proprio status quo, hanno non si sa quanto consapevolmente, dato la spallata decisiva all'europeismo.

Quando ero bambina ogni anno si teneva nelle scuole un concorso per l'unità dell'Europa e potevi parteciparvi con un tema o con un disegno che di solito variava tra il girotondo di bimbi di ogni nazione, alla rappresentazione delle tante bandiere nazionali. Un concetto che esaltava il fatto che insieme si vince ed isolati no. Un invito alla pace attraverso la conoscenza, la condivisione, il libero scambio, le politiche comuni. Siamo cresciuti in Paesi con rigide frontiere in cui era impensabile per i giovani viaggiare,mentre per i più grandi uscire dai confini della Nazione equivaleva ad un'emigrazione ed una rinuncia della propria vita lavorativa in Patria e di una identità nazionale. I giovani non hanno vissuto questo limite e per loro, in pochi anni, tutto è cambiato: chi non è andato a Londra almeno una volta don la Ryanair o con altre compagnie low cost, per rimanerci o per fare tappa alla volta di altre destinazioni? I nostri giovani hanno conosciuto l'Europa grazie all'abbattimento delle frontiere ed ai programmi Erasmus, con tutte le varianti oggi possibili, col Servizio Civile Europeo e tante altre forme di lavoro e di stage pre o post universitario. Ma lo hanno fatto anche lavorando per pochi mesi in bar, pub o Mac Donalds, ed imparando una lingua ormai strumento irrinunciabile di ogni scambio globale. Anche il progetto Leonardo è figlio dell'Europa e non esisterebbe senza di essa. Per questo oggi i giovani anglosassoni, stupiti per quanto accaduto, si sono svegliati attoniti perché si è realizzato ciò che loro neanche immaginavano e che da qui a due anni potrebbe vedere scomparire le prestigiose Università britanniche tra quelle meta degli studenti europei, che ne sono oggi i maggiori fruitori, a favore di altre magari tedesche.
Quella dell'umarells è una categoria sociologica ed il termine non è desunto da una parola inglese, ma dal dialetto romagnolo rivisitato: si tratta di quegli anziani che, solitamente, si incontrano presso i cantieri controllandone l'andamento. Sono pensionati, parlano tra di loro, criticano, si scambiano opinioni e costituiscono una comunità ormai riconosciuta sebbene i loro incontri siano casuali e spesso senza seguito: ma qualche volta, ed è il caso inglese, i pub o i ritrovi dove ci si incontra bevendo una pinta di birra, divengono luoghi dove continuare ad esprimere opinioni, per lo più basate sulla pocoa conoscenza approssimativa di fatti, valutati relativamente all'impatto emotivo o reale della loro comunità. Ma che diventano generali e popolari o populisti. La perdita di lavoro o la perdita di potere di una classe di lavoratori, dovuta ad una serie di contingenze, diviene male assoluto di cui addossare le colpe al più debole di turno: gli immigrati per esempio, di qualunque genere essi siano, anche europei . ‘Che stiano a casa loro che qui ci tolgono il lavoro ed i diritti': e pare, secondo l'analisi di Danilo Masotti che questa categoria di persone ha definito e studiato, siano stati loro per lo più i fautori della Brexit. Nessuno si è curato di loro che non erano per strada a manifestare ma, tra un bicchiere e un altro, a parlare di come, finalmente, ci si potesse scrollare questa Europa con tutti i suoi cittadini questuanti di dosso. Nonostante la pioggia torrenziale essi non si sono sottratti al voto ed, armati di stivali e pastrani, sono andati a salvare queto cantiere, magari per fare un piacere ai nipoti o almeno pensando che questo sarebbe stato il fine. Peccato che quei giovani nipoti, per lo più, non immaginassero nemmeno un Regno Unito non più multiculturale, avendo vissuto loro per primi, la promiscua frequentazione di luoghi del loro e di altri Paesi, in cui si recavano o da cui tornavano dopo aver appreso un po' di quella cultura. Ed ora che fare? Covare vendetta verso un'Inghilterra che, di fatto, nell'Unione europea non è mai entrata del tutto? Pensare ad un'uscita lacrime e sangue? Ma non è così facile, sono tanti e complessi i fattori da mettere in conto di cui io ignoro quasi tutto. Ma ho sentito tanti parlare ed ho capito che l'Italia, come prima mossa, cercherà di appropriarsi, candidando Milano, di una Agenzia europea di strategica importanza, l'EBA, ovvero l' European Banking Authority, che naturalmente dovrà essere spostata dalla sua attuale sede inglese. Insomma, io credo che i problemi veri li dovrà affrontare soprattutto l'Inghilterra, e non saranno pochi; mentre si troverà una soluzione per i tanti lavoratori già stabilmente impegnati in aziende inglesi. Staremo a vedere.

 

 
 
 

IVAN AGATIELLO: dalla Basilicata a Parma per raccontare storie

Di proprietà di Ivan Agatiello

 

Stamattina, leggendo i giornali locali sul mio Ipad, mi sono imbattuta in una notizia che mi ha riportato alla mente una storia di 5 o 6 anni fa. Era una sera ed io ero appena salita sul treno Regionale che collega Bologna a Milano, passando per Parma dove mi stavo recando per andare a trovare mia figlia.

Nel mentre mi accingevo a tirar su il mio bagaglio, si offre di aiutarmi un giovane che si era accomodato proprio nella poltrona avanti alla mia ed al cui fianco, nel corridoio del treno, era accucciato un bel cane da caccia. Lo ringrazio, mi siedo  e, subito dopo, come faccio di solito quando ritengo che possa essere di qualche interesse farlo, inizio una piacevole conversazione con questo simpatico giovane; lui è diretto a Parma, proprio come me,  e per raggiungerla ha dovuto affrontare un lunghissimo, penoso viaggio: è infatti partito prestissimo, all’alba, da Matera e, come ben sa chi in terra del Sud vive e soprattutto chi vive in Basilicata, non esiste nessuna linea di treni che copra direttamente questo percorso.

E’ dovuto passare per La Puglia e quindi prendere la linea da Bari.  Di conseguenza, mi dice, sono molto molto stanchi lui ed il suo cane. Sul suo volto non c’è tristezza ma voglia di raccontarsi e lo fa senza che io lo preghi più di tanto: un giorno è partito da Matera, con nella borsa una cartella piena di fotografie – me le fa vedere in parte – che fermano immagini di vita comune della sua terra e di splendidi pezzi di Paesaggio. Sono immagini che conosco per averle viste tante volte nei Paesi del Cilento o del Vallo di Diano. Il bianco e nero di queste immagini rende subito l’idea di una realtà sospesa, sofferta ma anche serena, antica, legata ad altrettanto antichi mai perduti valori.

Ivan, così si chiama, arrivato a Parma, con l’intraprendenza dei giovani del Sud – almeno di quei giovani, pochi, che ancora ce l’hanno – si reca direttamente al Comune e chiede di parlare con l’Assessore; sa che questa è una città viva, intraprendente, aperta al nuovo, ma non immagina ciò che ne seguirà.  L'Assessore  lo riceve, e non solo: stregato da quelle immagini che colpiscono fortemente per la loro ‘unicità’, bellezza, espressività, gli propone di esporle in una mostra personale presso l’ Informagiovani. Ivan me ne parla e mi invita a visitarla in quanto, proprio in quei giorni, le sue foto sono esposte. Mi racconta di come, pur non conoscendo nessuno, non gli sia stata negata nessuna opportunità,  tanto da metterlo anche in contatto con affermati personaggi nel campo fotografico. Una cosa impensabile per Ivan venuto da un Sud che, al massimo, lo considerava uno sfigato perdigiorno piuttosto che una promettente realtà artistica emergente. Sappiamo come funziona qui in terra di meridione dove merito è una parola inesistente.

Quel ragazzo mi colpì così tanto che ne parlai diffusamente a tutta la mia famiglia. Mi esaltava il suo entusiasmo, la sua voglia di mettersi in gioco, il successo ottenuto, le speranze di crescita in una professione artistica che è anche storia narrata. Storia della sua terra ieri, storia di una realtà dura in Emilia oggi. Oggi, si, perché di quel ragazzo non ricordavo più il nome ed il cognome, tenuto a mente per i primi anni ma poi dissoltosi nella confusione dei miei ricordi;  ed oggi, quando ho letto questo articolo, ho subito associato quelle foto in bianco e nero al suo stile di lavoro: rappresentare delle realtà sospese; e la realtà che stavolta ci mostra in tutto il suo crudo aspetto, non addolcito da alcun sprazzo di colore, è quella dei Manicomi  che hanno visto quotidianamente consumarsi ogni specie di dolore e di umiliazione e che ne portano i segni come stigmate indelebili. Lo fa varcando le tristi mura dello Psichiatrico di Colorno e documentandone tanti particolari. Ma poi intuisce che questo progetto può crescere mostrando altri luoghi come quello, altre storie, fino a percorrere stanze di manicomi di altre città: Volterra, Ferrara, Mombello, Firenze, Reggio Emilia, Racconigi. La raccolta documentaria si conclude a fine Dicembre e diviene progetto di più ampio respiro in confronto a quello originariamente concepito.

Ivan Agatiello tornerà al Sud con la sua mostra "Prigioni della Mente - Quel che resta di Quel che era" che si immagina itinerante e che troverà il suo spazio espositivo centrale proprio a Napoli, dove sarà inaugurata il prossimo Maggio presso il Centro OPG ‘Je so pazzo’  per poi spostarsi  a Ferrara.

Chissà se Ivan si ricorderà di quella bella chiacchierata fatta in treno con una signora che da Salerno raggiungeva Parma e che di lui e del suo coraggio non si è mai dimenticata.

L’articolo di presentazione è qui

 

 
 
 

COME TI DISTRUGGO LA COSA PUBBLICA

 

 

 

E’ in corso da diversi giorni una campagna di stampa rivolta contro i  fannulloni della Pubblica Amministrazione e che ce li mostra in  ogni posa: mentre timbrano in mutande o mentre timbrano per poi recarsi a fare la spesa, al bar, dal parrucchiere o in palestra. Ce li hanno mostrati intenti a cornificare la moglie in riva al mare con quell’altra o a svolgere la seconda attività, per non dire la prima. A questa, per il potere che la commissiona, ‘opportuna’, campagna scandalistica sull’infedeltà e la truffa di una categoria, quella dei dipendenti pubblici appunto, si è aggiunto il proclama del Governo, Renzi in testa, sulla necessità della riforma che, a sua detta, avrebbe consentito che il suddetto fannullone avrebbe potuto essere licenziato in sole 24 ore. Perché, sottindente questo proclama, oggi i giudici cattivi lo reintegrano e dunque il povero Dirigente rischia, se prende provvedimenti, di rimanere vittima lui stesso a livello personale e pecuniario.

Allora mi sono fatta due conti: Mina, ma tu non sei andata via dalla Pubblica amministrazione per non sopportare oltre la frustrazione di vedere il perpetrarsi di reati, di pochi, non puniti anzi premiati dai Dirigenti? Non eri tu che il fannullone,che per anni aveva svolto il secondo lavoro venendo solo a timbrare a tarda serata e facendosi marcare, chiamava a voce alta ‘questa stronza’ anche in presenza della Dirigente? Non eri stata dalla Dirigente minacciandola di denuncia se avesse ancora consentito ad un tale individuo di minacciarti impunemente sul luogo di lavoro, con epiteti volgari? Ma alla fine te ne eri dovuta andare perché quel personaggio era un rappresentante del Sindacato che quella Dirigente aveva favorito e che avrebbe aiutato poi ad essere promossa a Direttore Generale a Roma….

La legge Brunetta conteneva in sé tutti gli strumenti per procedere al licenziamento nei casi descritti e le reintegrazioni dei giudici non vanno certo prese come un capriccio, ma come conseguenti a perizie mediche ed a certificazioni che quasi sempre accompagnano  la storia dei fannulloni. Ma di questo nessuno parla. Sono lobbies che vanno protette, e che, molto più dei medici ospedalieri, servono al sistema politico affaristico che si è creato ormai da tanto e che mangia la maggior parte delle risorse della Sanità attraverso le corruttele, le false invalidità, le certificazioni per malattie inesistenti. I proclami di Renzi e la favola che non si potesse licenziare prima della sua riforma servono a due scopi: distruggere le ultime motivazioni dei tanti tantissimi pubblici dipendenti che svolgono il proprio lavoro con amore e cura e distruggere ciò che è pubblico: la scuola, la sanità, i Beni culturali e i controlli sugli scempi paesaggistici. Il lavoro sporco del Governo Berlusconi trova il suo compimento nella politica renziana e completa il disegno che la P2 aveva delineato e per la cui realizzazione aveva scelto Berlusconi prima, Verdini e Renzi ora. Penso alle orde di maleducati che ogni giorno, con prepotenza, premono sul Pronto soccorso di questa città ed insultano medici e personale, sentendosene autorizzati mentre i loro medici curanti, pagati profumatamente, si astengono dal prestare loro assistenza. Ospedale come sostituto dell’ambulatorio Asl, Pronto soccorso per non pagare ticket e saltare i passaggi necessari al ricevere una visita specialistica. Un ufficio di medicina Legale che, come mi disse il medico di turno, ha deciso di non fare visite oculistiche. Tranne poi offrirmi la sua disponibilità, ma solo a me, quando gli dicevo di essere la moglie di un collega; opportunità naturalmente rifiutata da me  che invece, a questo punto, gli chiedevo se non si sentisse in dovere di sputarsi addosso per stare tante ore seduto a qulla sedia a non far nulla. Ma così vanno le cose e chi parla viene punito o va verso il mobbing. Perché chiediamoci chi sono i Dirigenti? Chi li nomina? A chi devono rispondere del loro operato? Quali capacità hanno di organizzare il lavoro?E dall’altra parte quanti impiegati ed anche Funzionari sono chiamati a svolgere da soli compiti prima condivisi; quanti anni hanno e quanta motivazione in questo deserto morale? Con spesso a casa genitori malati da assistere e figli lasciati soli giornate intere? Con stipendi fermi e contratti  scaduti da sei anni. Ieri un’impiegata di una struttura a cui mi sono rivolta, si è messa a piangere per il dolore di vedere questo continuo parlar male di chi lavora, e tanto, lasciando a casa il papà con l’Alzaimer di cui si deve occupare al suo ritorno, ed i suoi tre figli adolescenti. Sola a coprire un servizio in cui prima si alternavano in sei questa donna mi ha aperto il cuore ed alla fine mi ha dato il suo telefono privato perché io possa, in ogni momento, contattarla per avere il miglior servizio possibile.

Infine giusto un piccolo appunto, per capirci. Il fannullone VITTORIO SGARBI venne infine licenziato da parte del Ministero per i Beni Culturali perché si dava malato ed intanto partecipava, pagato fir di quattrini, a mille trasmissioni televisive sulle reti del Biscione. Truffa ai danni dello Stato, licenziato senza appello ( prima della legge Brunetta, molto prima). Ma non è questo il punto: alla fine ce lo siamo ritrovato ai vertici come Vice Ministro del Ministero Beni Culturali, lo stesso che aveva truffato per anni in conbutta con il medico certificatore delle sue presunte malattie. Meditate gente.

 
 
 

IL VALORE DELLA SCRITTURA

           

 

 

 

Alla fine è passato tanto tempo prima che potessi tornare sul mio amato spazio di libertà, il mio blog. Abbiamo scavalcato i confini tra il vecchio ed il nuovo anno, scorrendo in noi le immagini di quanto avevamo investito e quanto realizzato nel tempo volato via. 

E mi ritrovo con delle considerazioni forse un po' datate ma sempre assolutamente valide, sulla mia vita,  che parlano di libertà. Tutto parte dal consiglio di un caro amico, assolutamente titolato a darlo,  che, dopo un rapido riassunto della mia vita trascorsa da quando non ci eravamo più visti,  mi disse: ' Mantieni sempre i tuoi spazi di libertà e di autonomia'.  

Ecco qui il punto:  vivere la propria autonomia al di là del ruolo in cui, tuo malgrado, ti ritrovi; e farlo soprattutto se questo ti è di ostacolo al libero fluire dello spirito vitale che senti ancora emanare dal tuo io più intimo e segreto e che cerca il quid in cui realizzare almeno qualche obiettivo tra i tanti che ti sei prefissato nella vita.  

Lo scrivere è una magia che ti rende libero o libera, se vogliamo porre attenzione alle desinenze piuttosto che alla sostanza delle cose. Per questo ci sto provando a tirare fuori quello che ho dentro  e che, ne sono certa, è solo parte di quello spirito o forza o energia che dà vita a questo fantoccio umano che noi, senza di esso,  saremmo.  Dunque lo spirito vitale è la parte immortale di noi perché intangibile, non corruttibile, emanazione dello stesso Creatore che ne nutre gli aneliti. Ciò che scriviamo  dà forma alla nostra stessa essenza ed, allo stesso tempo, è esso stesso essenza che, a volte, inconsapevolmente abbiamo dentro senza saperlo. Per questo è necessario fare uno sforzo e sedersi, con carta e penna, lasciando che la mano interpreti e partorisca quei contenuti altrimenti sconosciuti anche a noi stessi. Per questo vorrei tornare indietro  di qualche anno per riprendere quel racconto  di una bambina curiosa della vita e del percorso che l'ha portata ad essere non una semplice comparsa, ma la protagonista di una vita vissuta consapevolmente. Quante cose da dire, raccontare, ricordare; ma non per sedare l'animo, ma perché la parola sia feconda e produca frutti.

 
 
 

IL COMUNE DI SALERNO VENDE I LOCALI STORICAMENTE SEDE DI SPAZIODONNA

 

Oggi è un giorno molto triste per tutti quanti noi abbiamo in questi anni potuto trovare, presso i locali dell'Associazione Spaziodonna, una casa accogliente, un luogo dove dare seguito alle nostre istanze di volontariato, ai bisogni più vari di chi vuole dare un contributo alla Città ma non ha una casa dove poter svolgere il volontariato. Spaziodonna nasce negli anni '70 come casa delle donne, in quegli anni alla ricerca di una pari dignità con gli uomini, fino ad allora padroni indiscussi delle loro vite.  Da allora ha saputo andare avanti e progredire attivando nel corso degli anni prima dei Consultori familiari, quindi dei veri e propri ambulatori ginecologici; forse molti giovani non lo sanno, ma fino alla fine degli anni 70 la medicina non è un servizio pubblico garantito uguale per tutti: intanto se non lavori non hai assistenza medica  e rientri nei 'poveri del Comune', assistiti ad un livello di base da parte di un medico condotto comunale ( lo so bene per averlo avuto in famiglia ). Poi se lavori, dipende che lavoro fai perché se sei privato come operaio o via dicendo, insomma non dirigente, allora hai l'INAM, che fa abbastanza schifo; poi se sei statale hai l'ENPAS che garantisce un buon livello di assistenza; se sei dirigente o industriale hai l'INPDAP, fortunato te! Questa è la realtà in cui ci sitrova ad operare in quegli anni e dunque immaginate quanto sia stato importante far nascere unn luogo dove tutte le donne che ne hanno bisogno, possono andare ed essere assistite dal punto di vista fisico ed anche psicologico. Pina Mossuto fa la cuoca presso un ricovero per anziani, ma mette, da allora in poi, il suo tempo libero a disposizione della casa Spaziodonna le cui mura e le cu stanze appartengono al Comune di Salerno ma per le quali lo stesso Comune non versa un soldo. Così è solo grazie al contributo dei tanti che si avvicinano alla Casa, che si va avanti fino ad oggi. E grazie al lavoro di avvocatesse, di personale specializzato nel settore della famiglia, nel campo della cultura e soprattutto con elevata sensibilità verso il prossimo, perché di volontariato si tratta, Spaziodonna continua la lotta a sostegno delle donne. Lo fa attivando un telefono, il telefono rosa, a cui si possono rivolgere le donne che subiscono violenze o che già sono rimaste vittime di tale violenza. Un caso per tutte: la donna che il marito ha sfigurato con l'acido, Filomena Lamberti. La sua storia, poco conosciuta, ha trovato dentro Spaziodonna un luogo di ascolto e di assistenza: perché la poveretta, ritrovatasi sola dopo il terribile sfregio, non è riuscita neanche ad avere giustizia ed il marito ha avuto una lieve condanna non  essendogli state riconosciute le lesioni gravi ma solo il reato di violenza in famiglia. Ed infatti lui non ha fatto un giorno di prigione praticamente. Ora la nuova casa di Filomena è Spaziodona; e con le donne che l'hanno aiutata, ha iniziato ad incontrare gli studenti ed a raccontare la sua storia, ritrovando il senso della sua vita che ora è tutto in questo suo poter essere finalmente libera e forte per poter condividere con tanti. Ultimissimo poi il caso delle liceali violentate a scuola dai compagni che, non avendo avuto il coraggio di parlarne in famiglia, si sono rivolte a Spaziodonna che, garantendo loro l'anonimato, sta dando loro supporto ed aiuto nel denunciare perché non si diffonda l'omertà ed ognuno debba rispondere del proprio operato, a prescindere dalla propria posizione sociale.

Ma a prescindere dalle attività proprie di Spaziodonna, come dimenticare i bellissimi incontri con le famiglie ed i ragazzi Intercultura che abbiamo tenuto nel Salone, il cibo condiviso, le esperienze raccontate da loro, l'interazione tra culture e religioni, le più diverse, di cui abbiamo parlato. E poteva succedere che una ragazza musulmana partecipasse, con la sorella ospitante, a tutti i riti natalizi e cantasse nel Coro durante le celebrazioni. E poi le interazioni con altre Associazioni e realtà come quella dei Cori, Silvana Noschese ed il suo coro per adulti o per bambini, i nostri incontri o le nostre attività con quella colonna sonora e poi delle iniziative fatte insieme per sottolineare e sviluppare sentimenti di mondialità e di condivisione. O il corso di Autodifesa per donne, o gli incontri di anziani, o tante e tante cose che, magari, in altre città non c'è bisogno che faccia il Volontariato perché sono servizi del Comune. Ma qua il Comune ci dava solo le mura ed ora se l'è vendute ad una immobiliare, per finanziare buchi stratosferici di bilancio creati per improbabili manifestazioni ed altrettanto improbabili opere pubbliche. Alcuni mesi fa anche la Casa dei Creativi, ex scuola, fatiscente, data in concessione ad alcune associazioni, è stata ripresa dal Comune con una scusa. Lì c'erano compagnie teatrali, scuole di Ballo popolare, Associazioni di intrattenimento per giovani come il Guiscardo, Intercultura, altri importanti Cori......

Che dire? Credo che ci abbiano tolto del tutto la speranza e venderemo cara la pelle. La città di De Luca Vincenzo, nostro dittatore, ha detto che la cultura non è una priorità inserita nel suo programma. Come non lo è nessun servizio al cittadino, dai trasporti ai parchi per bambini e ragazzi. L'ignoranza rende ormai Salerno una città 'finita'. Certo ora, anche se dovesse cambiare e riuscissimo, noi oppositori, a conseguire una vittoria con Salerno di tutti, formazione che raccoglie in un'unica casa la sinistra, saremmo comunque un po' più poveri. 

 

 
 
 

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