Creato da lapassante0 il 11/02/2008

Chiaraviola

"Ci sono persone che lottano tutta la vita è di loro che non si può fare a meno" B. Brecht

 

 

The Allianz Arena Show

Post n°126 pubblicato il 22 Ottobre 2008 da lapassante0
 

Uno stadio da sogno: ecco come mi è apparso l'Allianz Arena di Monaco di Baviera... difficile trovargli difetti, se proprio dobbiamo trovarglieli l'interno appare troppo (volutamente?) semplice, essenziale, spartano rispetto alla straordinaria scenografia esterna dei pannelli in traslucido rosso luccicante.

Ero anche nel terzo anello un settore notoriamente economico, meno confortevole rispetto ad altri e devo dire che la visuale non era niente male, forse troppo ripido per i miei gusti... la sensazione di essere in sospeso era netta e si sa che per guardare tranquillamente la partita non è propriamente il massimo.

Senza dubbio uno stadio eccezionale dal punto di vista dell'accessibilità, pragmatico, semplice e chiaro: difficilissimo perdersi in questo stadio concepito in maniera molto intelligente, ci si accede con il bus direttamente nel parcheggio poco prima degli ingressi, che incredibilmente (rispetto a quello che siamo abituati a vivere e vedere in Italia) sono in comune con quello dei tifosi locali... si avete sentito bene tifosi locali e tifosi ospiti entrano insieme allo stadio, ed esiste rispetto reciproco. Cosa, che mi dicono altri amici, abituati ad andare nelle trasferte europee già dall'anno scorso quando seguivano la Viola in coppa Uefa, è una esperienza che ormai è possibile praticare solo fuori dall'Italia.

Mi riserverò di scrivere nei prossimi giorni un articolo più esauriente, quando la mia mente sarà meno annebbiata dalla stanchezza.

Lascio intanto alcune mie immagini.

 
 
 

Max Frisch... il mio alter ego?

Post n°125 pubblicato il 19 Ottobre 2008 da lapassante0
 

"Vivere è noioso, faccio esperienze soltanto quando scrivo".

Max Frisch

Oggi leggendo il Sole 24 ore della Domenica(straordinario supplemento che per fortuna mio padre acquista sempre) ho scoperto per caso un articolo scritto da Max Frisch, a pagina 3, intitolato "Chi ascolta Madre Coraggio?".

Max Frisch (1911-1991), definito uno dei massimi esponenti della letteratura europea del tardo Novecento, mi era del tutto sconosciuto, e ammetto che ha saputo catturare la mia attenzione per un motivo molto semplice, al di là dell'interessante argomento di cui l'articolo parlava (il ruolo della letteratura nella società), infatti Max Frisch è stato giornalista ed era laureato in Architettura, ma dopo avere prima interrotto gli studi di germanistica (a causa di problemi finanziari), abbandonò prima la carriera di giornalismo e infine quella di architetto (dopo avere realizzato tra l'altro una piscina all'aperto a Zurigo - oggi sotto tutela dei Beni artistici - e qualche altra rara costruzione), per dedicarsi a pieno titolo alla scrittura. Divenne così uno degli scrittori di lingua tedesca più famosi del Secondo dopoguerra.

Questa la sua biografia.

Max Frisch è nato a Zurigo nel 1911. Era figlio dell’architetto Franz Bruno Frisch e di sua moglie Karolina Bettina Frisch. Nel 1930 si iscrisse all'Università di Zurigo in germanistica, ma dopo la morte del padre il 1932 dovette interrompere gli studi per motivi finanziari. Nel 1936 iniziò lo studio di architettura presso l’università tecnica di Zurigo laureandosi nel 1942. Nel 1947 incontrò Bertolt Brecht e Friedrich Dürrenmatt. Nel 1951 una borsa di studio della Fondazione Rockefeller . Nel 1954 si separò dalla sua famiglia, e dopo aver chiuso il suo studio di architettura nel 1955 iniziò a lavorare come libero scrittore.
E' noto soprattutto per le opere teatrali, che rivelano l'influsso di Brecht e di Thorton Wilder. Adesso cantano ancora (1945) sul problema della responsabilità dei crimini di guerra. La muraglia cinese (1946) è una denuncia del sempre latente pericolo della dittatura. Don Juan o l'amore per la geometria (1953), una delle sue opere più argute e raffinate. Il signor Biedermann e gli incendiari (1953) «dramma didattico senza insegnamento» che smaschera la doppia morale del borghese. Andorra (1962) satira del pavido conformismo che rende possibile il trionfo del razzismo. Tra i suoi romanzi si ricordano: Stiller (1954), Homo faber (1957), Il mio nome sia Gantenbein (1964). Frisch qui esplora il tema dell'alienazione dell'uomo moderno. Negli ultimi anni, nella sua narrativa prevale l'impronta autobiografica: Montauk (1975), L'uomo compare nell'olocene (1979). Tutta la sua opera, nella quale si alternano toni saggistici e spunti di comicità grottesca, è centrata sul rapporto tra individuo e collettività, e sulla tragica sopraffazione di cui il singolo è vittima.

Frasi Celebri di Max Frisch
Tolleranza è sempre indice di potere sicuro; quando si sente in pericolo, nasce sempre la pretesa di essere assoluto; nasce dunque la falsità, il diritto divino del mio privilegio, l'inquisizione.
Non è che il successo cambi l'uomo; lo smaschera.
La gelosia non è altro che paura del confronto.

Ciò che vorrei approfondire meglio  è conoscere il reale  motivo per cui ha lasciato il mestiere dell'Architetto (nonostante Bertolt Brecht, suo amico, gli sconsigliasse di farlo), per dedicarsi a tempo pieno alla scrittura: una scelta finale, come scrive Alessandro Melazzini, di correre il rischio e darsi appieno alla scrittura riuscendoci in quello che invece negò sempre ai suoi personaggi, ovvero ricomporre l'intimo dissidio tra la propria insoddisfacente vita e il desiderio di altre e più ricche esistenze.

Mi ha colpito perchè sono gli stessi pensieri tormentati che mi stanno affliggendo da molti mesi ormai...

Particolare della Piscina all'aperto realizzata da Max Frisch (Max Frisch Bad)

 
 
 

Fenomeno Facebook: la grande babele virtuale finalmente trasparente.

Post n°124 pubblicato il 13 Ottobre 2008 da lapassante0
 

Una nuova realtà virtuale si è imbattuta sulle nostre vite, come se non fossero già abbastanza tecnologizzate... per molti di noi facebook è una nuova scoperta.

Eh sì dico nuova perchè siamo di fronte a qualcosa che raramente si è visto prima: certo c'è chi da anni aveva aperto un blog sulle varie piattaforme che permettono di aprirne uno gratis (splinder, libero, alice, wordpress, etc), c'è chi utilizza windows messenger che permette di chattare istantaneamente, c'è chi si collega ai vari forum e chat, spesso con tematiche particolari e passioni comuni (sport, calcio, politica, arte, motori, donne, gossip o chi vuoi tu...), c'è chi aveva aperto una pagina su myspace (altro grande, ma più macchinoso social network).

Ma niente assomiglia a facebook: lo posso dire con quasi certezza, io che navigo la rete ormai dal 1997, quando con il mio vecchio pc IBM andavo alla scoperta del mondo e fui conquistata definitivamente da internet e dalla sua capacità di reperire informazioni ovunque. Da allora è stato un viaggio continuo, una ricerca ossessiva di nuovi modi di comunicare, di nuove amicizie, di emozioni, di delusioni... e di pensieri e di parole.

Perchè nessun dubbio che la vita vera è fuori dalle mura di casa, nella nostra città, nel nostro quartiere, tra le persone che ci circondano e non in uno schermo del pc che rischia pure di rovinarci gli occhi, è anche vero, però, che la profondità che si instaura dietro le tastiere, la complicità che si prova leggendo e scrivendo, le riflessioni che nascono attraverso la parola scritta raramente si riesce a trovarle fuori, con quella parlata, dove trionfa in realtà l'effimero e la frivolezza... e forse anche solo per timidezza non si ha quasi mai il coraggio di manifestare pensieri profondi, succede a me come a tantissime persone.

Una cosa che mi piaceva meno di internet e della vita virtuale, è che quasi sempre mi capitava di conoscere persone, il cui volto mi era quasi sempre sconosciuto... e spesso si nascondevano dietro a nick dal nome impronunciabile. Ciò creava in me una grande diffidenza e mi impediva di lasciarmi andare del tutto... mancava secondo me uno dei valori più importanti, a mio avviso, dell'amicizia: la trasparenza.

Facebook ha abbattuto perfino questo tabù: ha reso trasparente la comunità virtuale e finalmente ho trovato uno spazio dove incontrare tantissima gente anche della mia città: qui ho trovato i miei compagni delle elementari, medie, liceo, università e perfino i miei colleghi! Ho ritrovato amici che avevo già incontrato sempre nella vita virtuale e poi in quella reale. Un miracolo... nemmeno ai matrimoni succede qualcosa di simile...

Avevo da qualche mese un blog, dove mettere on line tutto quello che mi passava in testa: immagini, parole, pensieri... ma era una sorta di diario moderno che non interessava a nessuno, se non a qualche coraggioso amico, che scriveva commenti più per pietà che per altro... quasi forzatamente. Piano piano mi accorgevo che i miei post non li commentava più nessuno... andavo a senso unico, e mi rendevo conto che era assurdo avere un blog senza che nessuno partecipasse. Mi sentivo ridicola... anche se ammetto che mi aiutava ugualmente a mettere ordine ai miei pensieri e rileggere le mie riflessioni (sempre meglio di niente).

Ecco che si è risolto anche il problema della comunicazione: facebook è bello e coinvolgente, ma nello stesso tempo mi spaventa... rischia di diventare una droga per chi se ne appassiona, difficile farne a meno e non avere la voglia di andare a vedere se qualcuno ci ha scritto e commentato appena si accende il pc la mattina al lavoro.

Io mi conosco e sono praticamente dipendente dai mezzi tecnologici, non riesco più a fare a meno del cellulare (sms) e del pc che sono diventate le mie protesi tecnologiche... sono giustificata certo (non posso telefonare), ma vi avviso... dobbiamo cercare di darci un rigore comportamentale e non farci condizionare da tutto questo mondo bellissimo, ma dispersivo...

In mio soccorso arrivano puntuali le parole del mio grande amico Roberto, critico cinematografico per passione e fondatore di un bellissimo blog sul cinema (cinemavistodame.splinder.com) che parla del film Babel di Alejandro Inarritu, con Brad Pitt e Cate Blanchett, e la docente del Politecnico di Milano (facoltà di design) Eleonora Fiorani, epistemologa di fama mondiale che ha osservato brillantemente il rapporto tra uomo e tecnologia.

Buon divertimento!

Le parole di Roberto, un amico conosciuto nel mondo virtuale:

"(...) Dobbiamo ammetterlo proprio noi blogger che lavoriamo con questi nuovi mezzi di comunicazione.

Più, paradossalmente, aumentano i media e meno le persone riescono a comunicare tra loro ed a comprendersi. Questa è, peraltro, la metafora infondo usata anche nel titolo dell'opera Babel di Inarritu.

Ecco allora che il regista ex DJ ci compone gradualmente un quadro in cui il tema centrale dell'opera, quello della incomunicabilità (che giustifica, peraltro, pienamente il titolo), viene sviluppato intrecciando storie che vivono nel medesimo momento le conseguenze dell'incapacità dell'uomo contemporaneo di ascoltare e di comprendere l'altro. González Iñárritu
invece usa la sordità.

In questo altro visto sempre con diffidenza, in questa assenza di fratellanza fra le genti a volte persino all'interno di una coppia di sposi, si palesa forse l'intento primario di comunicazione del regista.

Nessuno degli esistenti è in grado, forse anche avendone la potenzialità, di comunicare con gli altri.

Ogni gesto, ogni piccolo accadimento è foriero di equivoci, di errate interpretazioni.

Michelangelo Antonioni - forse il più importante regista italiano che ha affrontato, nel suo cinema, il tema della incomunicabilità - utilizzava, spesso, nei suoi film la metafora della nebbia quale elemento formale di suggello di tale condizione umana.


Kôji Yakusho - Yasujiro

La principale funzione drammaturgica dell'esistente Yasujiro, splendidamente interpretato dalla giovane attrice Kôji Yakusho è proprio quella di creare una storia centrale in cui l'handicap della ragazza fornisce spunti filmici molto evocativi grazie alle sequenze in cui il linguaggio audiovisivo si priva della traccia sonora per trasmetterci amplificandolo, lo stato d'incomunicabilità di quell'esistente, quale metafora unificante un po' tutti gli altri eventi e gli altri esistenti del film.
(tratto da Roberto Bernabò, Recensione del film Babel)
Le parole di Eleonora Fiorani:
"Dobbiamo capire che le strutture esterne lavorano sulla nostra interiorità, sulla nostra dimensione profonda, generando in quella sede i nuovi bisogni.
In realtà, però, i veri bisogni, le vere necessità, restano insoddisfatti.
Noi infatti, nella situazione attuale, siamo sempre più circondati da oggetti, ma in realtà siamo sempre più poveri, poveri rispetto alla capacità di comunicare, di elaborare stimoli, di interpretare ciò che ci circonda, pur nell’iperstimolazione che ci proviene dalle parole e, ancora di più, dalle immagini.
Certamente io sono dell’idea che le cose vadano molto male; penso che
quello che sta capitando è che stiamo cercando di fare a noi stessi quello che abbiamo fatto alla Natura, vogliamo dimenticarci la nostra dimensione originaria, remota, e questo mi fa molta paura, mi spaventa molto.
Vogliamo cercare di adeguare i ritmi umani, biologici, del corpo, che hanno i loro tempi, ai ritmi dell’artificiale, mentre sarebbe giusto vivere anche, ma non solo, la dimensione artificiale e tecnologica.
Noi pensiamo di manipolare le macchine, ma in realtà anche le macchine manipolano noi, agiscono su di noi; non è mai un rapporto unilaterale, ma di scambio.
E’ il problema della cosiddetta “deriva tecnologica”, cioè la tecnologia che non è più in funzione dell’Uomo ma del mercato, ed è questo che non funziona. Non è la tecnologia in se stessa ad essere un male, ma il modo in cui la società la vive e la gestisce.

Per uscire da questa situazione Noi non abbiamo che Noi stessi. Le risposte devono venire da noi stessi. Certamente stiamo attraversando un periodo molto difficile, di transizione, che non sappiamo quanto potrà durare e dove ci porterà; io non ho delle risposte ma so che non abbiamo che noi stessi, non c’è niente e nessuno che può aiutarci. "

 
 
 

Noi dobbiamo essere i genitori

Post n°123 pubblicato il 09 Ottobre 2008 da lapassante0
 

(...) La letteratura postmodernista si è a lungo concentrata sui "postumi" seguiti alla sbornia del moderno. Gli autori postmoderni hanno sviluppato un tipo di ironia che all'inizio aveva un valore critico, e io sono contento che quei libri siano stati scritti, amo alcune di quelle opere, penso che dobbiamo tenere il buono e portarcelo appresso lungo la via, scartando quello che non ci serve più; oppure, se preferite un'altra metafora, dobbiamo ricostruire su quelle fondamenta, ma per ri-costruirci sopra dobbiamo prima demolire la casa squinternata che c'è adesso.
Il problema del postmodernismo è che ha generato un esercito di seguaci e imitatori, e presto si è ubriacato di se stesso, si è intossicato della propria ironia, del proprio sarcasmo e disincanto. L'ironia si è fatta sempre più fredda e anaffettiva, il che era perfetto per il nuovo spirito dei tempi: il disincanto ha invaso e impregnato l'intero paesaggio artistico e mediatico, finché a un certo punto, probabilmente durante gli anni Ottanta, è diventato il sentimento dominante nella cultura occidentale. Nulla andava più preso sul serio. Se prendevi qualcosa sul serio, facevi la figura del seccatore.

Vorrei citare lo scomparso David Foster Wallace. Questo è uno stralcio da una famosa, classica intervista rilasciata a Larry McCafferty per la "Review of Contemporary Fiction", estate 1993. E' l'ultimissima risposta, ed è molto interessante:

Questi ultimi anni dell'era postmoderna mi sono sembrati un po' come quando sei alle superiori e i tuoi genitori partono e tu organizzi una festa. Chiami tutti i tuoi amici e metti su questo selvaggio, disgustoso, favoloso party, e per un po' va benissimo, è sfrenato e liberatorio, l'autorità parentale se ne è andata, è spodestata, il gatto è via e i topi gozzovigliano nel dionisiaco. Ma poi il tempo passa e il party si fa sempre più chiassoso, e le droghe finiscono, e nessuno ha soldi per comprarne altre, e le cose cominciano a rompersi o rovesciarsi, e ci sono bruciature di sigaretta sul sofà, e tu sei il padrone di casa, è anche casa tua, così, pian piano, cominci a desiderare che i tuoi genitori tornino e ristabiliscano un po' di ordine, cazzo... Non è una similitudine perfetta, ma è come mi sento, è come sento la mia generazione di scrittori e intellettuali o qualunque cosa siano, sento che sono le tre del mattino e il sofà è bruciacchiato e qualcuno ha vomitato nel portaombrelli e noi vorremmo che la baldoria finisse. L'opera di parricidio compiuta dai fondatori del postmoderno è stata importante, ma il parricidio genera orfani, e nessuna baldoria può compensare il fatto che gli scrittori della mia età sono stati orfani letterari negli anni della loro formazione. Stiamo sperando che i genitori tornino, e chiaramente questa voglia ci mette a disagio, voglio dire: c'è qualcosa che non va in noi? Cosa siamo, delle mezze seghe? Non sarà che abbiamo bisogno di autorità e paletti? E poi arriva il disagio più acuto, quando lentamente ci rendiamo conto che in realtà i genitori non torneranno più - e che noi dovremo essere i genitori.

dfw1.jpgDa quell'intervista sono passati quindici lunghi anni, Wallace non è più tra noi e finalmente capiamo quanto avesse ragione. Noi dobbiamo essere i genitori, i capostipiti, i nuovi fondatori. Abbiamo bisogno di riappropriarci di un senso del futuro, perché sotto il sole sta accadendo qualcosa di radicalmente nuovo. E' un pericolo senza precedenti, è un GROSSO problema e il disincanto non è la soluzione migliore.

(tratto da "Noi dobbiamo essere i genitori", Wu Ming1)

 
 
 

TI VOGLIAMO BENE!!!!

Post n°122 pubblicato il 09 Ottobre 2008 da lapassante0
 

 
 
 
 
 

AREA PERSONALE

 

I MIEI PROGETTI

Trust me I'm an architect
(Renzo Piano)
Questi sono i miei progetti, l'architettura è il mio lavoro nonostante non abbia mai scelto di farlo...
 

AMO FIRENZE

La ragione l'è dei bischeri

Il fiorentino ama la rissa (verbale) , il dissenso aperto, la battuta pronta e diffida di chi gli dà facilmente ragione, perché ci tiene ad averla, ma quando si sente dire "L'ha ragione, l'ha ragione..." sospetta che lo si prenda in giro (per bischero) e che uno gli dia ragione per poter continuare a fare quello che gli pare.

In passato era ben vivo il gusto per le allusioni, la battuta con o senza doppio senso da cogliere al volo o dimenticare per sempre. Perché una battuta spiegata è un disastro. (Caterina)

Io con Caterina, la mia sorellina di cuore...

I Fiorentini sono dei passionali trattenuti e la fiorentinità è loro scudo. Prendono in giro gli altri soprattutto quando fanno cose che farebbero anche loro, in un festival perverso di autoironia. Questo scudo li rende spesso un po' chiusi, un po' orsi, tanto sono diffidenti, sospettosi, sempre pronti a pensare che gli altri li vogliano fregare. Ma è anche la loro salvezza: Firenze difficilmente si plasma, difficilmente si piega. Il loro terreno non è fertile per chi vuole piazzare le tende delle limitazioni alla libertà, e di questo i Fiorentini ne saranno sempre tremendamente orgogliosi e fieri! (Sandro)

I miei amici con i quali condivido la mia passione viola... Sandro, Caterina, Cristian, Simone e Salvatore, intelligenza e cuore: persone splendide.

 

E LA FIORENTINA

E’ tutto peggiorato nel mondo, non solo nel calcio, e allora bisogna partire da se stessi: in Italia si amano i riti, anche quelli falsi, evidenti, ridicoli… il calcio è un po’ tutto questo. Non so se siamo tifosi idioti, ma so che siamo veramente innamorati e che allo stadio andremo ancora. E sia chiaro:  non vogliamo regali, anche perché sappiamo che così è più bello vincere e non ce ne frega niente se siamo gli unici a farlo (o forse qui mi illudo?). Siamo rimasti solo noi? E allora diamo il meglio di noi stessi, non ci pentiremo, ma soprattutto teniamoci ben stretta la nostra diversità.

... penso all’urlo collettivo di Firenze, a quel modo di gridare al mondo la propria voglia di esserci.
Non esistono tifoserie capaci di esplodere d’amore infinito come i fiorentini. Una parte dell’Italia se ne è accorta, ma sinceramente non ci interessa… in fondo quelli che ora ci fanno i complimenti, sono gli stessi che hanno cercato di distruggerci… ipocriti…
Ci guardiamo in faccia e ci accorgiamo di avere negli occhi una luce nuova, intensa, brillante…quella luce è la Fiorentina. Hanno provato a portarcela via, non ci sono riusciti. E sapete perché? Immaginate di chiudere gli occhi, di riaprirli e accorgersi di vivere un sogno vero. Un sogno chiamato Fiorentina. Squilla il telefono, è un’amica, non tifosa, ma evidentemente contagiata…”Chiara, sono strafelice per te…un amore sincero non muore mai”.

 

BOICOTTIAMO PECHINO 2008

 

 

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194: NON TOCCARLA

Mettici la pancia: www.nontoccarla.it Un movimento di uomini e donne che vogliono esprimere una volontà semplice: 194, non toccarla. 

 

Essenso figlia privilegiata di due ex sessantottini il mio cuore è inevitabilmente ROSSO... Posso vantarmi di essere sempre rimasta fedele alle mie idee, anche se i tempi cambiano e la politica di oggi non è granchè. VORREI PIUTTOSTO AVERE LA STESSA DIGNITA' E FORZA MORALE DI QUESTI GRANDI UOMINI E DONNE, ALCUNI DI LORO VERI MARTIRI... SALVADOR ALLENDE, ERNESTO CHE GUEVARA, FIDEL CASTRO, JOSE' ZAPATERO, ENZO BIAGI, NILDE IOTTI, ENRICO BERLINGUER, PALMIRO TOGLIATTI, ALDO MORO. NELL'ATTUALITA', OLTRE A WALTER VELTRONI E ZAPATERO, ABBIAMO ROBERTO SAVIANO, UN RAGAZZO ECCEZIONALE E SONO ORGOGLIOSA CHE CI SIA UN ITALIANO, COETANEO CAPACE DI RIMANERE COSI' INTEGRO, LUCIDO, INTELLIGENTE E FORTE... LA SUA TRAGICITA' MI RICORDA PER CERTI VERSI QUELLA DI PASOLINI, LA SUA COERENZA INTELLETTUALE E' LA STESSA DI ENZO BIAGI, LA SUA PASSIONE PARI A QUELLA DI INDRO MONTANELLI... FINCHE' SCRIVERANNO PERSONE COME LUI, POTREMO ANCORA AVERE SPERANZA IN QUESTO MONDO.

«Le verità che contano, i grandi principi, alla fine, restano sempre due o tre. Sono quelli che ti ha insegnato tua madre da bambino.» Enzo Biagi

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